sabato, maggio 30, 2009
LA RELAZIONE DI BANKITALIA
Un altro dei riti dell’Italia economico-finanziaria si è tenuto ieri a Roma con la relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia; con una platea ricolma di personalità della politica e della finanza, Mario Draghi ha snocciolato tutta una serie di cifre ed ha sostanzialmente detto alcune schematiche realtà: la ripresa avverrà non prima del 2010 e fino ad allora dovremo tirare la cinghia.
Il secondo aspetto della relazione che riveste grande interesse è la richiesta al Governo di porre mano “alle riforme”; finora quando si citava questo nome (riforme) mi sembrava un facile modo per sottrarsi a più importanti responsabilità, specie perché la genericità del nome non fornisce materia per trarre giudizi.
Questa volta, invece, si è capito un po’ di più e quindi le cose vanno un po’ meglio; Draghi chiede al Governo una riforma delle pensioni che preveda un aumento dell’età pensionabile ma chiede anche di ridurre la spesa pubblica e parimenti di riprendere gli investimenti pubblici; e fin qui è chiaro, ma sono tutte cose a medio termine.
Ma il Governatore chiede anche un’altra cosa, forse la più interessante e la più “spendibile a breve”: completare gli ammortizzatori sociali e concedere un credito d’imposta sui salari bassi: nel primo aspetto si parla chiaramente della famigerata Cassa Integrazione Guadagni e si svela (a chi non lo sapeva, come me) che solo un terzo dei dipendenti privati è coperto da tale ammortizzatore sociale e che questi garantisce meno della metà della retribuzione media dell’industria.
Non so a chi si rivolgesse Draghi nel chiedere questa sistemazione del wellfare, ma penso che oltre al Governo chiami in causa anche le aziende che – per poter usufruire di tale strumento – pagano delle cifre (non conosco l’entità) e quindi debbono sborsare dei quattrini; è un po’ come le nostre assicurazioni: quando scade il premio ci viene la voglia di non rinnovarle, ma poi quando si verifica l’evento siamo ben lieti di averla.
Una scudisciata c’è stata anche per le Banche, che a parole sbandierano la propria disponibilità a sostenere le aziende ma che nella realtà si ritrovano solo a fare azioni di carattere finanziario e non il proprio mestiere di banchieri, cioè di coloro che acquistano denaro dai risparmiatori e lo rivendono a coloro che intendono investire; la differenza tra il costo ed il ricavo – il cosiddetto spreed – è l’utile delle banche.
Ma le banche sono sempre più invogliate a fare partecipazioni finanziarie ed a sottoscrivere i mega aumenti di capitale dei colossi italiani, sottovalutando il rischio che questi colossi, quando cadono, fanno molto più rumore e macerie degli altri; ma tanto c’è lo Stato a cui rivolgersi, perché sono “too big to fail”, cioè troppo grossi per fallire.
Sempre a proposito delle Banche, Draghi ha segnalato che queste hanno negato il credito all’8% delle imprese richiedenti e che il 10% delle aziende ha ricevuto richieste di rimborsi anticipati. E, per concludere, usa un termine molto interessante “lungimiranza” che è il punto in cui la professionalità delle Aziende di Credito incontra l’etica che “deve avere” ogni banchiere; con questo si può sperare di risolvere, almeno in parte, la situazione, altrimenti c’è il caos, sia finanziario sia soprattutto sociale.
Ovviamente nei dati che sono usciti dalla relazione, si riscontrano dei numeri e delle percentuali; vorrei ora sapere a chi sta appiccicare a fianco di ciascun dato l’immagine della gente che sta patendo i rigori di questa crisi; certo che tutti quelli presenti in sala non conoscono nessuno che versi in tali situazioni e le loro considerazioni avvengono soltanto per “interpretazione della macro-economia”; ma ricordiamoci che quella gente, oltre che il volto, ha anche mani e piedi: ed è di queste “armi” che dovreste temere!!
Il secondo aspetto della relazione che riveste grande interesse è la richiesta al Governo di porre mano “alle riforme”; finora quando si citava questo nome (riforme) mi sembrava un facile modo per sottrarsi a più importanti responsabilità, specie perché la genericità del nome non fornisce materia per trarre giudizi.
Questa volta, invece, si è capito un po’ di più e quindi le cose vanno un po’ meglio; Draghi chiede al Governo una riforma delle pensioni che preveda un aumento dell’età pensionabile ma chiede anche di ridurre la spesa pubblica e parimenti di riprendere gli investimenti pubblici; e fin qui è chiaro, ma sono tutte cose a medio termine.
Ma il Governatore chiede anche un’altra cosa, forse la più interessante e la più “spendibile a breve”: completare gli ammortizzatori sociali e concedere un credito d’imposta sui salari bassi: nel primo aspetto si parla chiaramente della famigerata Cassa Integrazione Guadagni e si svela (a chi non lo sapeva, come me) che solo un terzo dei dipendenti privati è coperto da tale ammortizzatore sociale e che questi garantisce meno della metà della retribuzione media dell’industria.
Non so a chi si rivolgesse Draghi nel chiedere questa sistemazione del wellfare, ma penso che oltre al Governo chiami in causa anche le aziende che – per poter usufruire di tale strumento – pagano delle cifre (non conosco l’entità) e quindi debbono sborsare dei quattrini; è un po’ come le nostre assicurazioni: quando scade il premio ci viene la voglia di non rinnovarle, ma poi quando si verifica l’evento siamo ben lieti di averla.
Una scudisciata c’è stata anche per le Banche, che a parole sbandierano la propria disponibilità a sostenere le aziende ma che nella realtà si ritrovano solo a fare azioni di carattere finanziario e non il proprio mestiere di banchieri, cioè di coloro che acquistano denaro dai risparmiatori e lo rivendono a coloro che intendono investire; la differenza tra il costo ed il ricavo – il cosiddetto spreed – è l’utile delle banche.
Ma le banche sono sempre più invogliate a fare partecipazioni finanziarie ed a sottoscrivere i mega aumenti di capitale dei colossi italiani, sottovalutando il rischio che questi colossi, quando cadono, fanno molto più rumore e macerie degli altri; ma tanto c’è lo Stato a cui rivolgersi, perché sono “too big to fail”, cioè troppo grossi per fallire.
Sempre a proposito delle Banche, Draghi ha segnalato che queste hanno negato il credito all’8% delle imprese richiedenti e che il 10% delle aziende ha ricevuto richieste di rimborsi anticipati. E, per concludere, usa un termine molto interessante “lungimiranza” che è il punto in cui la professionalità delle Aziende di Credito incontra l’etica che “deve avere” ogni banchiere; con questo si può sperare di risolvere, almeno in parte, la situazione, altrimenti c’è il caos, sia finanziario sia soprattutto sociale.
Ovviamente nei dati che sono usciti dalla relazione, si riscontrano dei numeri e delle percentuali; vorrei ora sapere a chi sta appiccicare a fianco di ciascun dato l’immagine della gente che sta patendo i rigori di questa crisi; certo che tutti quelli presenti in sala non conoscono nessuno che versi in tali situazioni e le loro considerazioni avvengono soltanto per “interpretazione della macro-economia”; ma ricordiamoci che quella gente, oltre che il volto, ha anche mani e piedi: ed è di queste “armi” che dovreste temere!!
venerdì, maggio 29, 2009
MA CHE SUCCEDE IN COREA?
Un’esplosione sotterranea della potenza di 20 kilotoni – di gran lunga più potente della bomba di Hiroshima – avvenuta nel nord del Paese ha provocato un terremoto con magnitudo 4.5 della scala Richter e subito dopo un lancio di tre missili a corto raggio: è questa l’ultima trovata del feroce dittatore coreano Kim Jong Il.
Per la verità la Corea del Nord – non nuova a queste manifestazioni di potenza – aveva lanciato un razzo intercontinentale nell’aprile 2009, affermando che si trattava di un satellite per le comunicazioni, ma adesso la situazione appare più pericolosa.
Dobbiamo dire con chiarezza che la Corea del Nord è in preda ad una gravissima crisi alimentare e che è ad un passo dalla carestia; l’occidente – e in particolare la Corea del Sud – hanno sempre subordinato gli aiuti ad una cessazione del programma nucleare del Paese e questo è stato, probabilmente, la cosa che ha fatto infuriare il “caro leader” (così chiamano Kim i suoi compatrioti).
C’è un classico ragionamento politico che afferma come in assenza di mezzi per far campare decentemente le persone, bisogna utilizzare quelle poche risorse disponibili per acquistare o costruire nuovi armamenti: Kim lo ha fatto!!
Insomma, atomiche e missili sono visti come risultati molto più prestigiosi del semplice e banale “benessere” della popolazione; volete mettere la maggiore goduria che coglie il dittatore del momento quando si affaccia al balcone del suo palazzo e annuncia di avere a disposizione una bomba atomica che potrà spazzare via qualsiasi nemico; In questo caso la gente è plaudente, se invece si limita ad annunciare che verrà fatto ogni sforzo per costruire qualche asilo in più, le ovazioni saranno molto più tiepide.
C’è poi il piccolo – ma non trascurabile – problema che se annunci di avere realizzato la bomba atomica, devi anche dimostrarlo, cioè farne scoppiare una, per il momento nel sottosuolo, ma annunciando che la prossima volta…..
Insomma, questa è la situazione di uno stato come la Corea del Nord, proveniente dalla divisione della Corea in Nord e Sud, che – a differenza della vicina Corea del Sud che sembra navigare nell’oro (ricordate, ha anche organizzato le Olimpiadi), non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena – come si dice dalle mie parti – e per mantenere il potere, il caro Kim cerca di infiammare i cuori dei propri “sudditi”, dato che non sa come fare s sfamarli.
Ma il dittatore non si è limitato a “infiammare” i suoi, ha anche fatto delle dichiarazioni estremamente bellicose e minacciose: “non ci sentiamo più vincolati dall’armistizio del 1953” ha detto a proposito dei vicini della Corea del Sud, il che significa che potrebbe inviare uno dei suoi missili a corto raggio armato di testata nucleare verso Seul; ed un altro – il Taepodong-2 a tre stadi – potrebbe colpire addirittura l’Alaska.
Così come avvenne in occasione dell’annosa guerra sfociata nell’armistizio del ’53 e che ha condotto il paese a dividersi in due stati sovrani, il pallino della vicenda è in mano alla Cina, unico Paese che possa parlare chiaramente con Kim e dissuaderlo dal commettere sciocchezze; mentre la comunità internazionale cerca di produrre – tramite l’ONU – una risoluzione di condanna, contenente anche delle sanzioni, la Cina, pur non schierandosi con Kim, cerca di far slittare il più a lungo possibile la realizzazione di una nuova risoluzione; al Palazzo di Vetro la parola d’ordine sembra essere “occorre ancora del tempo”, perché una qualunque presa di posizione dell’occidente che non veda schierata anche la Cina porterebbe come minimo ad un veto che sarebbe poi difficile rimuovere in futuro. La situazione non è facile ed è difficilissimo fare previsioni.
Per la verità la Corea del Nord – non nuova a queste manifestazioni di potenza – aveva lanciato un razzo intercontinentale nell’aprile 2009, affermando che si trattava di un satellite per le comunicazioni, ma adesso la situazione appare più pericolosa.
Dobbiamo dire con chiarezza che la Corea del Nord è in preda ad una gravissima crisi alimentare e che è ad un passo dalla carestia; l’occidente – e in particolare la Corea del Sud – hanno sempre subordinato gli aiuti ad una cessazione del programma nucleare del Paese e questo è stato, probabilmente, la cosa che ha fatto infuriare il “caro leader” (così chiamano Kim i suoi compatrioti).
C’è un classico ragionamento politico che afferma come in assenza di mezzi per far campare decentemente le persone, bisogna utilizzare quelle poche risorse disponibili per acquistare o costruire nuovi armamenti: Kim lo ha fatto!!
Insomma, atomiche e missili sono visti come risultati molto più prestigiosi del semplice e banale “benessere” della popolazione; volete mettere la maggiore goduria che coglie il dittatore del momento quando si affaccia al balcone del suo palazzo e annuncia di avere a disposizione una bomba atomica che potrà spazzare via qualsiasi nemico; In questo caso la gente è plaudente, se invece si limita ad annunciare che verrà fatto ogni sforzo per costruire qualche asilo in più, le ovazioni saranno molto più tiepide.
C’è poi il piccolo – ma non trascurabile – problema che se annunci di avere realizzato la bomba atomica, devi anche dimostrarlo, cioè farne scoppiare una, per il momento nel sottosuolo, ma annunciando che la prossima volta…..
Insomma, questa è la situazione di uno stato come la Corea del Nord, proveniente dalla divisione della Corea in Nord e Sud, che – a differenza della vicina Corea del Sud che sembra navigare nell’oro (ricordate, ha anche organizzato le Olimpiadi), non riesce a mettere insieme il pranzo con la cena – come si dice dalle mie parti – e per mantenere il potere, il caro Kim cerca di infiammare i cuori dei propri “sudditi”, dato che non sa come fare s sfamarli.
Ma il dittatore non si è limitato a “infiammare” i suoi, ha anche fatto delle dichiarazioni estremamente bellicose e minacciose: “non ci sentiamo più vincolati dall’armistizio del 1953” ha detto a proposito dei vicini della Corea del Sud, il che significa che potrebbe inviare uno dei suoi missili a corto raggio armato di testata nucleare verso Seul; ed un altro – il Taepodong-2 a tre stadi – potrebbe colpire addirittura l’Alaska.
Così come avvenne in occasione dell’annosa guerra sfociata nell’armistizio del ’53 e che ha condotto il paese a dividersi in due stati sovrani, il pallino della vicenda è in mano alla Cina, unico Paese che possa parlare chiaramente con Kim e dissuaderlo dal commettere sciocchezze; mentre la comunità internazionale cerca di produrre – tramite l’ONU – una risoluzione di condanna, contenente anche delle sanzioni, la Cina, pur non schierandosi con Kim, cerca di far slittare il più a lungo possibile la realizzazione di una nuova risoluzione; al Palazzo di Vetro la parola d’ordine sembra essere “occorre ancora del tempo”, perché una qualunque presa di posizione dell’occidente che non veda schierata anche la Cina porterebbe come minimo ad un veto che sarebbe poi difficile rimuovere in futuro. La situazione non è facile ed è difficilissimo fare previsioni.
giovedì, maggio 28, 2009
LA STRANA VICENDA OPEL
Se ricordate – almeno quelli che mi seguono con maggiore fedeltà – abbiamo già messo in evidenza la stranezza della vicenda OPEL-FIAT, con la prima che si atteggia a giovane principessa “dalle belle ciglia che tutti vogliono e nessuno piglia”.
Tutto nasce dalla crisi del settore auto – in particolare quello statunitense – e verte sulla precaria condizione della OPEL che – non scordiamocelo – è di proprietà General Motors, la quale non ha soldi per intervenire nel salvataggio.
Al capezzale della moribonda OPEL ci stanno gli italiani, gli austro-canadesi della Magna (con alle spalle la Gazprom di Putin) e gli americani della Ripplewood; l’ unico che faccia un mestiere similare all’azienda tedesca è l’Italiana FIAT, in quanto la cordata austriaca non è specificamente costruttrice di automobili, mentre il concorrente americano è addirittura “un fondo pensioni”, cioè una struttura che ha liquidità ma che deve fare utili e che non sa proprio niente di automobili.
Se ci pensate bene, la stranezza della vicenda è soprattutto quella che fa discendere la decisione da una delibera del governo tedesco, colui cioè che amministra la struttura in discussione, ma che non ne è proprietario.
C’è inoltre da considerare che in Germania il governo è formato dalla cosiddetta “grosse Koalition”, cioè socialdemocratici e cristiano sociali insieme; ebbene, questa bipartizione del potere statale si riflette anche sulle scelte e infatti la componente socialista capitanata dall’ex cancelliere è favorevole alla cordata Magna, dato che di essa fa parte l’amico e attuale datore di lavoro di Schroeder, quel Putin che oltre alla politica adesso si occupa stabilmente anche di finanza e manovra centinaia di miliardi di euro (ne è riprova l’accordo con Berlusconi per la costruzione del nuovo gasdotto).
La componente governativa capitanata dalla Merkel sembra invece favorevole alla FIAT, ma deve cercare di mantenere un equilibrio in quanto deve governare il paese insieme ai socialdemocratici; insomma, tra una dichiarazione di un governatore di land e un’altra di un responsabile aziendale OPEL, siamo ancora lontani dall’aver capito lo stato attuale della vicenda; molto calzanti le parole del capo del sindacato OPEL, Klaus Franz, che ha detto: “Stiamo giocando al lotto sulla pelle degli operai”.
Le due componenti governative stanno giocando un gioco sporco e pericoloso, diramando dichiarazioni di esponenti delle varie cordate sul numero degli esuberi riscontrati e sulle Filiali Opel da chiudere, il tutto per fare ricadere sugli altri la colpa di una decisione che ha un solo aspetto: la politica, quella più sporca e retriva, fatta di interessi personali e di acquisizione di potere; in barba alle necessità degli operai!
Dagli Stati Uniti il vero proprietario della OPEL tace, forse perché la General Motors non ha il becco di un quattrino per ripianare i debiti della controllata tedesca e quindi aspetta che lo facciano altri; analogamente si sta comportando il governo USA che, spolpato dalla trattativa Chrysler, lascia tutti i problemi al solo stato tedesco, purché non gli si chieda neppure un cent.
Ed un altro aspetto poco edificante è quello del modo scorretto con cui si mettono l’uno contro l’altro i lavoratori tedeschi e quelli italiani: gli uni dicono che non si deve chiudere nessuna fabbrica in Germania ma caso mai chiuderne qualcuna in Italia; i “nostri” dal canto loro ribaltano il discorso invocando il “nessuna chiusura da noi”.
La situazione attuale sembra “di stallo” e “di riflessione”: il governo tedesco ha chiesto alle tre cordate di rivedere al rialzo le tre offerte e solo dopo si potrà parlare di assegnazione a una o all’altra; staremo a vedere, ma non ci vedo niente di buono.
Tutto nasce dalla crisi del settore auto – in particolare quello statunitense – e verte sulla precaria condizione della OPEL che – non scordiamocelo – è di proprietà General Motors, la quale non ha soldi per intervenire nel salvataggio.
Al capezzale della moribonda OPEL ci stanno gli italiani, gli austro-canadesi della Magna (con alle spalle la Gazprom di Putin) e gli americani della Ripplewood; l’ unico che faccia un mestiere similare all’azienda tedesca è l’Italiana FIAT, in quanto la cordata austriaca non è specificamente costruttrice di automobili, mentre il concorrente americano è addirittura “un fondo pensioni”, cioè una struttura che ha liquidità ma che deve fare utili e che non sa proprio niente di automobili.
Se ci pensate bene, la stranezza della vicenda è soprattutto quella che fa discendere la decisione da una delibera del governo tedesco, colui cioè che amministra la struttura in discussione, ma che non ne è proprietario.
C’è inoltre da considerare che in Germania il governo è formato dalla cosiddetta “grosse Koalition”, cioè socialdemocratici e cristiano sociali insieme; ebbene, questa bipartizione del potere statale si riflette anche sulle scelte e infatti la componente socialista capitanata dall’ex cancelliere è favorevole alla cordata Magna, dato che di essa fa parte l’amico e attuale datore di lavoro di Schroeder, quel Putin che oltre alla politica adesso si occupa stabilmente anche di finanza e manovra centinaia di miliardi di euro (ne è riprova l’accordo con Berlusconi per la costruzione del nuovo gasdotto).
La componente governativa capitanata dalla Merkel sembra invece favorevole alla FIAT, ma deve cercare di mantenere un equilibrio in quanto deve governare il paese insieme ai socialdemocratici; insomma, tra una dichiarazione di un governatore di land e un’altra di un responsabile aziendale OPEL, siamo ancora lontani dall’aver capito lo stato attuale della vicenda; molto calzanti le parole del capo del sindacato OPEL, Klaus Franz, che ha detto: “Stiamo giocando al lotto sulla pelle degli operai”.
Le due componenti governative stanno giocando un gioco sporco e pericoloso, diramando dichiarazioni di esponenti delle varie cordate sul numero degli esuberi riscontrati e sulle Filiali Opel da chiudere, il tutto per fare ricadere sugli altri la colpa di una decisione che ha un solo aspetto: la politica, quella più sporca e retriva, fatta di interessi personali e di acquisizione di potere; in barba alle necessità degli operai!
Dagli Stati Uniti il vero proprietario della OPEL tace, forse perché la General Motors non ha il becco di un quattrino per ripianare i debiti della controllata tedesca e quindi aspetta che lo facciano altri; analogamente si sta comportando il governo USA che, spolpato dalla trattativa Chrysler, lascia tutti i problemi al solo stato tedesco, purché non gli si chieda neppure un cent.
Ed un altro aspetto poco edificante è quello del modo scorretto con cui si mettono l’uno contro l’altro i lavoratori tedeschi e quelli italiani: gli uni dicono che non si deve chiudere nessuna fabbrica in Germania ma caso mai chiuderne qualcuna in Italia; i “nostri” dal canto loro ribaltano il discorso invocando il “nessuna chiusura da noi”.
La situazione attuale sembra “di stallo” e “di riflessione”: il governo tedesco ha chiesto alle tre cordate di rivedere al rialzo le tre offerte e solo dopo si potrà parlare di assegnazione a una o all’altra; staremo a vedere, ma non ci vedo niente di buono.
mercoledì, maggio 27, 2009
E' MORTO UN MIO AMICO
Ieri sera è morto un mio carissimo, fraterno amico e oggi mi sento solo di parlare di lui; è morto dopo una lunga e dolorosissima agonia e con due anni di problemi gravissimi di salute; era maggiore a me di età, ma poi non di tanto ed aveva un fisico invidiabile.
La prima frase che mi è venuta in mente è stata quella di “pensare al futuro ma senza dimenticare il passato”, con ciò intendendo che l’uomo deve guardare a quello che lo aspetta, ma prendendo spunto anche da quello che ha già passato.
L’ho detto alla moglie, anch’essa in non buone condizioni di salute, ed ho aggiunto di farsi forza perché da ora in poi sarebbe stata veramente “sola”; i figli – presenti all’incontro – hanno subito replicato che la mamma non sarebbe stata sola, ma ci sarebbero stati sempre loro al suo fianco per tutto quello che le poteva occorrere.
Glielo auguro, ma so per esperienza diretta che a gioco medio/lungo ognuno riprende la propria esistenza – com’è giusto che sia – e quindi i figli ritornano ad occuparsi della propria famiglia e della propria vita ed alla madre riservano qualche telefonata settimanale; questo – almeno per i figli legati affettivamente – fino a quando la madre comincia ad avere qualche problema di salute che mano a mano si aggrava sempre più, fino all’infermità – grande scocciatura – e quindi alla morte (liberazione?)..
Sto usando il termine “morte”, ma mi rendo conto di essere in controtendenza alla nostra civiltà contemporanea che ha cancellato, interdetto questo nome: se ci fate caso, neppure sui necrologi si usa più, preferendo sostituirla con i più melliflui “la scomparsa”, “la dipartita”, “è mancato all’affetto dei suoi cari” e via di questo passo.
Ed è così che il ricordo di un fraterno amico mi si va trasformando in una riflessione sulla morte: nel contesto della civiltà del benessere, degna erede dell’illuminismo, è stato proclamato il “diritto alla felicità” e quindi – a conti fatti – che felicità ci può essere se alla fine dei salmi, sia pure con qualche dilazione, si muore lo stesso?
E soprattutto si continua ad avere una paura innaturale di quello che – a parole – consideriamo un evento biologicamente naturale, ma che nel nostro intimo continuiamo a non accettare.
Forse il motivo è che la moderna medicina tecnologica consente di vivere al di sopra di ogni previsione; ma se notate bene, questa forma di vita è qualcosa che non ha niente a che vedere con una normale esistenza.
Già Max Weber si pone il seguente quesito: “la conservazione della vita è un valore così assoluto da difendere con tutti i mezzi, a qualsiasi prezzo, oppure questa difesa a oltranza non finisce per risolversi in qualcosa che è contro la vita e contro la dignità della vita stessa?”.
Il presupposto della medicina moderna è che sia considerato positivo unicamente il compito della conservazione della vita e quindi tutte le scienze naturali sono chiamate a dare risposta a questo quesito (per me agghiacciante): cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare tecnicamente la vita?
Sono certo che anche il mio amico morto ieri avrebbe sottoscritto i dubbi che sto prospettando sulla liceità di certi comportamenti, ma anche lui è stato protagonista di un paio di anni di questa “non – vita” e non ha potuto ribellarsi a quello che in qualche caso si definisce “accanimento terapeutico”, proprio perché il primo organo che gli era stato colpito è stato il cervello e quindi le sue funzioni decisionali sono totalmente saltate. Comunque, amico mio, di lassù o di laggiù, dai un’occhiata a questa valle di lacrime e segui la nostra involuzione: ti farai un sacco di risate!!
La prima frase che mi è venuta in mente è stata quella di “pensare al futuro ma senza dimenticare il passato”, con ciò intendendo che l’uomo deve guardare a quello che lo aspetta, ma prendendo spunto anche da quello che ha già passato.
L’ho detto alla moglie, anch’essa in non buone condizioni di salute, ed ho aggiunto di farsi forza perché da ora in poi sarebbe stata veramente “sola”; i figli – presenti all’incontro – hanno subito replicato che la mamma non sarebbe stata sola, ma ci sarebbero stati sempre loro al suo fianco per tutto quello che le poteva occorrere.
Glielo auguro, ma so per esperienza diretta che a gioco medio/lungo ognuno riprende la propria esistenza – com’è giusto che sia – e quindi i figli ritornano ad occuparsi della propria famiglia e della propria vita ed alla madre riservano qualche telefonata settimanale; questo – almeno per i figli legati affettivamente – fino a quando la madre comincia ad avere qualche problema di salute che mano a mano si aggrava sempre più, fino all’infermità – grande scocciatura – e quindi alla morte (liberazione?)..
Sto usando il termine “morte”, ma mi rendo conto di essere in controtendenza alla nostra civiltà contemporanea che ha cancellato, interdetto questo nome: se ci fate caso, neppure sui necrologi si usa più, preferendo sostituirla con i più melliflui “la scomparsa”, “la dipartita”, “è mancato all’affetto dei suoi cari” e via di questo passo.
Ed è così che il ricordo di un fraterno amico mi si va trasformando in una riflessione sulla morte: nel contesto della civiltà del benessere, degna erede dell’illuminismo, è stato proclamato il “diritto alla felicità” e quindi – a conti fatti – che felicità ci può essere se alla fine dei salmi, sia pure con qualche dilazione, si muore lo stesso?
E soprattutto si continua ad avere una paura innaturale di quello che – a parole – consideriamo un evento biologicamente naturale, ma che nel nostro intimo continuiamo a non accettare.
Forse il motivo è che la moderna medicina tecnologica consente di vivere al di sopra di ogni previsione; ma se notate bene, questa forma di vita è qualcosa che non ha niente a che vedere con una normale esistenza.
Già Max Weber si pone il seguente quesito: “la conservazione della vita è un valore così assoluto da difendere con tutti i mezzi, a qualsiasi prezzo, oppure questa difesa a oltranza non finisce per risolversi in qualcosa che è contro la vita e contro la dignità della vita stessa?”.
Il presupposto della medicina moderna è che sia considerato positivo unicamente il compito della conservazione della vita e quindi tutte le scienze naturali sono chiamate a dare risposta a questo quesito (per me agghiacciante): cosa dobbiamo fare se vogliamo dominare tecnicamente la vita?
Sono certo che anche il mio amico morto ieri avrebbe sottoscritto i dubbi che sto prospettando sulla liceità di certi comportamenti, ma anche lui è stato protagonista di un paio di anni di questa “non – vita” e non ha potuto ribellarsi a quello che in qualche caso si definisce “accanimento terapeutico”, proprio perché il primo organo che gli era stato colpito è stato il cervello e quindi le sue funzioni decisionali sono totalmente saltate. Comunque, amico mio, di lassù o di laggiù, dai un’occhiata a questa valle di lacrime e segui la nostra involuzione: ti farai un sacco di risate!!
martedì, maggio 26, 2009
FORUM
Vorrei spendere qualche parola su una trasmissione televisiva che – oltre ad essere tra le più longeve – è anche, a mio modo di vedere, una delle più diseducative che ci possa capitare di vedere. Ma andiamo con ordine e cominciamo dalla vicenda, cioè da come nasce il programma: siamo nel 1985 e lo conduce Catherine Spaak su Canale 5; ha un format originale italiano – cioè non acquistato all’estero – ed è condotto dalla bella attrice belga fino al 1988, quando arriva Rita Dalla Chiesa che resta al comando fino al ‘97, sostituita da Paola Perego, salvo riprenderlo nel 2003 e tenerla fino ad ora.
Il programma nasce su Canale 5 ma si alterna anche su Rete 4, e al momento è diviso in due tronconi che impegnano entrambe le emittenti: dalle 11 alle 13 sulla rete ammiraglia e dalle 14.00 alle 15.30 sull’altra.
Il format della trasmissione utilizza la formula dell’arbitrato per risolvere piccole controversie tra cittadini in varie materie, dalle più spicciole (motivi condominiali) alle più impegnative (problematiche familiari); la sentenza che scaturisce alla fine del programma è in realtà un “lodo arbitrale”” e come tale non è sottoponibile ad appello; naturalmente per poter decidere in merito alla questione sottoposta, è indispensabile che i due contraenti firmino una liberatoria di accettazione.
Ogni causa viene analizzata tramite il dibattimento tra le parti ed inizia con un interrogatorio che il giudice svolge nei confronti della parte ricorrente; mentre il giudice è in camera di consiglio per stilare la sentenza, la conduttrice intervista il pubblico sia direttamente che aiutata da due personaggi fissi, tali Marco e Fabrizio. I “giudici” che si alternano sono lo “storico” Santi Licheri e i nuovi entrati Beatrice Dalia, Stefano Marzano e Francesco Riccio. In sostanza, abbiamo un giudizio “ufficiale” che stabilisce la ragione e il torto e una sorte di giudizio popolare che compie la stessa funzione, tant’è vero che viene stilato una percentuale di favorevoli ed una di contrari.
Qual è il problema che citavo all’inizio circa la diseducatività della trasmissione? Ce ne sono svariati e cercherò di riportarli brevemente: il primo è che le diatribe tra i due ricorrenti sembrano veri ma sono stilati a tavolino, o meglio, tra le tante richieste viene scelto quelle che hanno più “pruriginosità”; questi signori sono delle persone reali, ma ricevono un compenso per aver partecipato alla trasmissione; analogo compenso lo hanno coloro che formano “il pubblico”, i quali in ultima analisi sono coloro che fungono da contraltare al giudice.
Ma il grosso problema è quello delle sciocchezze che vengono sparate dal pubblico – ma anche dai collaboratori della conduttrice – i quali, tutti, si auto-nominano psicologi ed esperti di etica familiare; le frasi che vengono dette hanno la stessa valenza di quelle che possiamo ascoltare al Bar Sport quando si discute della partita di calcio e per una sorta di graduatoria, quello che dicono i due conduttori – di una ignoranza cavernosa – ha una valenza ancora superiore.
Mi si chiederà: ma sono chiacchiere in libertà, non c’è da preoccuparsi! E invece sta proprio qui il trucco: sono “chiacchiere” ma dette dalla TV e quindi assumono una importanza enorme per gli sprovveduti spettatori (e sono tanti); in sostanza, quello che viene detto è recepito come un “insegnamento” di carattere morale o etico che proviene da un insegnante particolarissimo come è la televisione. Gli interventi della stessa Dalla Chiesa, sono sulla stessa linea: chiacchiere dette dalla donna che sa fare bene il ragù; peccato che queste diventano degli insegnamenti sul modo di affrontare la vita. Capito il danno che sta facendo una trasmissione del genere?
Il programma nasce su Canale 5 ma si alterna anche su Rete 4, e al momento è diviso in due tronconi che impegnano entrambe le emittenti: dalle 11 alle 13 sulla rete ammiraglia e dalle 14.00 alle 15.30 sull’altra.
Il format della trasmissione utilizza la formula dell’arbitrato per risolvere piccole controversie tra cittadini in varie materie, dalle più spicciole (motivi condominiali) alle più impegnative (problematiche familiari); la sentenza che scaturisce alla fine del programma è in realtà un “lodo arbitrale”” e come tale non è sottoponibile ad appello; naturalmente per poter decidere in merito alla questione sottoposta, è indispensabile che i due contraenti firmino una liberatoria di accettazione.
Ogni causa viene analizzata tramite il dibattimento tra le parti ed inizia con un interrogatorio che il giudice svolge nei confronti della parte ricorrente; mentre il giudice è in camera di consiglio per stilare la sentenza, la conduttrice intervista il pubblico sia direttamente che aiutata da due personaggi fissi, tali Marco e Fabrizio. I “giudici” che si alternano sono lo “storico” Santi Licheri e i nuovi entrati Beatrice Dalia, Stefano Marzano e Francesco Riccio. In sostanza, abbiamo un giudizio “ufficiale” che stabilisce la ragione e il torto e una sorte di giudizio popolare che compie la stessa funzione, tant’è vero che viene stilato una percentuale di favorevoli ed una di contrari.
Qual è il problema che citavo all’inizio circa la diseducatività della trasmissione? Ce ne sono svariati e cercherò di riportarli brevemente: il primo è che le diatribe tra i due ricorrenti sembrano veri ma sono stilati a tavolino, o meglio, tra le tante richieste viene scelto quelle che hanno più “pruriginosità”; questi signori sono delle persone reali, ma ricevono un compenso per aver partecipato alla trasmissione; analogo compenso lo hanno coloro che formano “il pubblico”, i quali in ultima analisi sono coloro che fungono da contraltare al giudice.
Ma il grosso problema è quello delle sciocchezze che vengono sparate dal pubblico – ma anche dai collaboratori della conduttrice – i quali, tutti, si auto-nominano psicologi ed esperti di etica familiare; le frasi che vengono dette hanno la stessa valenza di quelle che possiamo ascoltare al Bar Sport quando si discute della partita di calcio e per una sorta di graduatoria, quello che dicono i due conduttori – di una ignoranza cavernosa – ha una valenza ancora superiore.
Mi si chiederà: ma sono chiacchiere in libertà, non c’è da preoccuparsi! E invece sta proprio qui il trucco: sono “chiacchiere” ma dette dalla TV e quindi assumono una importanza enorme per gli sprovveduti spettatori (e sono tanti); in sostanza, quello che viene detto è recepito come un “insegnamento” di carattere morale o etico che proviene da un insegnante particolarissimo come è la televisione. Gli interventi della stessa Dalla Chiesa, sono sulla stessa linea: chiacchiere dette dalla donna che sa fare bene il ragù; peccato che queste diventano degli insegnamenti sul modo di affrontare la vita. Capito il danno che sta facendo una trasmissione del genere?
lunedì, maggio 25, 2009
GLI INDIFFERENTI
Prendo in prestito il titolo del film realizzato nel 1964 da Francesco Maselli e tratto dall’omonimo romanzo del 1928 scritto da Moravia; nel film e nel libro il bersaglio – non sempre centrato, specie nel film – era la borghesia ma questa classe non veniva contestualizzata alla storia dell’epoca e quindi ne derivava una serie di smagliature specialmente in fase di sceneggiatura che rendevano incompleto il tema dell’opera.
Dicevo sopra che “uso” il titolo del film per attualizzare il problema dell’indifferenza, stante alcune risultanze cronachistiche che mettono i brividi: la prima vicenda, che poi è quella che ha dato la stura alla ricerca giornalistica, si è svolta nella civilissima Emilia, dove un bambino marocchino è affogato in una piscina, tra il menefreghismo (lo avevano visto benissimo morire!!) di coloro che erano con lui e che hanno continuato imperterriti a nuotare; i soccorsi – questa volta – sono arrivati tempestivamente e il ragazzo è stato estratto dall’acqua e adagiato sull’erba che circonda la piscina e su di lui sono stati tentati tutti i modi possibili per salvarlo, ma invano. Nel frattempo la gente in piscina continua a nuotare e a scherzare sguazzando nell’acqua; anche i ragazzi con cui il giovane era entrato in vasca si sono comportati allo stesso modo.
Nello stesso tempo – o quasi – un giovanissimo tifoso della squadra del Vicenza cadeva dagli spalti dello stadio del Parma e moriva sfracellato atterrando quasi sul terreno di gioco; nonostante i 24 minuti di interruzione, la partita è poi ripresa regolarmente ed è stata portata a compimento; sembra – dalle prime indagini – che tra le due squadre, la più incline a riprendere il gioco sia stata quella alla quale apparteneva il ragazzo deceduto.
I giornali, nel commentare la quasi contestuale morte di due ragazzi e la sostanziale indifferenza degli “altri”, sono andati a cercare altri eventi similari e due di questi ve li voglio riportare: il primo ha avuto luogo a Sanremo dove un uomo, a seguito di un attacco ischemico, è caduto dalle scale ed è morto 12 ore dopo la caduta senza che nessuno lo soccorresse ma neppure lo toccasse (sembra che coloro che dovevano scendere o salire si limitassero a scavalcare il corpo messo di traverso).
E l’altro evento si è svolto a Varese ed ha veramente dell’incredibile: una donna rimasta leggermente ferita ma in stato di comprensibile choc dopo un incidente stradale, non solo non veniva aiutata ma neppure le veniva chiesto notizie sullo stato di salute; sembra che gli automobilisti di passaggio si limitassero a suonare impazientemente il clacson dato che l’auto della donna ostruiva un incrocio; qualcuno l’ha addirittura offesa e tra questa schiera c’è anche il conducente dell’altra auto.
E adesso possiamo passare a porci alcune domande, del tipo “perché la gente, tutti noi, non ha più alcun interesse per il vicino”? La prima risposta che mi viene è perché è troppo impegnata nel “rito” che la vita gli propone, sia la nuotata in piscina che la partita di calcio, sia la girata in macchina che il salire le scale per rientrare in casa.
Tutti questi atti o gesti, sono diventati parte integrante di una ritualità che non consente variazioni e, soprattutto, sono diventati sempre più delle manifestazioni del nostro egoismo verso gli altri; diceva, quasi 70 anni fa, Hemingway in “Per chi suona la campana” che il rintocco a morto suona per tutti, non solo per la famiglia e gli amici del defunto, perché ogni essere umano che muore è un “pezzetto” di tutta l’umanità e quindi ha un valore cosmico, universale. Adesso questo concetto è talmente lontano da noi che addirittura non consentiamo neppure che suonino i “rintocchi a morto”: proprio perché possono disturbare uno dei tanti “riti” che la società ci costringe a fare.
Dicevo sopra che “uso” il titolo del film per attualizzare il problema dell’indifferenza, stante alcune risultanze cronachistiche che mettono i brividi: la prima vicenda, che poi è quella che ha dato la stura alla ricerca giornalistica, si è svolta nella civilissima Emilia, dove un bambino marocchino è affogato in una piscina, tra il menefreghismo (lo avevano visto benissimo morire!!) di coloro che erano con lui e che hanno continuato imperterriti a nuotare; i soccorsi – questa volta – sono arrivati tempestivamente e il ragazzo è stato estratto dall’acqua e adagiato sull’erba che circonda la piscina e su di lui sono stati tentati tutti i modi possibili per salvarlo, ma invano. Nel frattempo la gente in piscina continua a nuotare e a scherzare sguazzando nell’acqua; anche i ragazzi con cui il giovane era entrato in vasca si sono comportati allo stesso modo.
Nello stesso tempo – o quasi – un giovanissimo tifoso della squadra del Vicenza cadeva dagli spalti dello stadio del Parma e moriva sfracellato atterrando quasi sul terreno di gioco; nonostante i 24 minuti di interruzione, la partita è poi ripresa regolarmente ed è stata portata a compimento; sembra – dalle prime indagini – che tra le due squadre, la più incline a riprendere il gioco sia stata quella alla quale apparteneva il ragazzo deceduto.
I giornali, nel commentare la quasi contestuale morte di due ragazzi e la sostanziale indifferenza degli “altri”, sono andati a cercare altri eventi similari e due di questi ve li voglio riportare: il primo ha avuto luogo a Sanremo dove un uomo, a seguito di un attacco ischemico, è caduto dalle scale ed è morto 12 ore dopo la caduta senza che nessuno lo soccorresse ma neppure lo toccasse (sembra che coloro che dovevano scendere o salire si limitassero a scavalcare il corpo messo di traverso).
E l’altro evento si è svolto a Varese ed ha veramente dell’incredibile: una donna rimasta leggermente ferita ma in stato di comprensibile choc dopo un incidente stradale, non solo non veniva aiutata ma neppure le veniva chiesto notizie sullo stato di salute; sembra che gli automobilisti di passaggio si limitassero a suonare impazientemente il clacson dato che l’auto della donna ostruiva un incrocio; qualcuno l’ha addirittura offesa e tra questa schiera c’è anche il conducente dell’altra auto.
E adesso possiamo passare a porci alcune domande, del tipo “perché la gente, tutti noi, non ha più alcun interesse per il vicino”? La prima risposta che mi viene è perché è troppo impegnata nel “rito” che la vita gli propone, sia la nuotata in piscina che la partita di calcio, sia la girata in macchina che il salire le scale per rientrare in casa.
Tutti questi atti o gesti, sono diventati parte integrante di una ritualità che non consente variazioni e, soprattutto, sono diventati sempre più delle manifestazioni del nostro egoismo verso gli altri; diceva, quasi 70 anni fa, Hemingway in “Per chi suona la campana” che il rintocco a morto suona per tutti, non solo per la famiglia e gli amici del defunto, perché ogni essere umano che muore è un “pezzetto” di tutta l’umanità e quindi ha un valore cosmico, universale. Adesso questo concetto è talmente lontano da noi che addirittura non consentiamo neppure che suonino i “rintocchi a morto”: proprio perché possono disturbare uno dei tanti “riti” che la società ci costringe a fare.
domenica, maggio 24, 2009
IL TRAPPOLONE DI AHMADINEJAD
La visita diplomatica del nostro Ministro degli Esteri era stata programmata con cura ed aveva lo scopo di “impegnare” gli iraniani nella soluzione della guerriglia in Iraq e in Afghanistan; in entrambi i teatri, la presenza iraniana è palpabile ed il fatto che questi paesi abbiano frontiere comuni con l’Iran, permette il transito di uomini, mezzi e, soprattutto, di armi; questo era l’oggetto in discussione ma il Ahmadinejad aveva ben altre idee in testa.
Anzitutto ha fatto grandissima propaganda al lancio del nuovo missile intercontinentale Sejil-2 a combustibile solido, in grado di lanciare ordigni (anche nucleari??) su Israele ma anche su tutte le nazioni dell’area del Golfo e giungere fino ai paesi dell’Europa meridionale (Grecia, Turchia), quindi a un palmo da casa nostra.
Ma dove sta il “trappolone” che cito nel titolo? Semplice: il lancio del suddetto missile è avvenuto dalla base di Semnan, la città che ospita la più importante base missilistica e la visita di Frattini dove sarebbe dovuta avvenire? Ancora più semplice: nella stessa Semnan in modo che l’evento diplomatico avrebbe dato lustro e importanza internazionale al successo missilistico.
Il nostro Ministro degli Esteri ci deve avere pensato bene, magari si sarà anche consultato con i colleghi dell’Europa e degli Stati Uniti e, infine, ha deciso di “rinviare” (badate bene: non annullare) la visita ufficiale in Iran, sfuggendo così ad una sorta di abbraccio mortale che il furbo Ras di Teheran gli stava preparando.
Sull’intera vicenda mi sento di fare alcune modeste considerazioni: la prima è che l’atteggiamento di Ahmadinejad va visto anche alla luce delle imminenti elezioni in Iran, dove egli è in contrapposizione a Mohsen Rezai, sostenuto dalle lobbies economiche ed a Mir Hossein Moussavi, concorrente “riformista”; pertanto la sua ricerca di compiacere il più possibile i suoi sostenitori – i “pasdaran” e la parte più estremista del regime – è comprensibile e quindi alcune sue mosse vanno viste in questa ottica,
Per queste “punture di spillo” rivolte all’occidente, guarda caso è stato scelto Frattini (cioè l’Italia) come destinatario, mentre l’apertura nei confronti di Obama continua ad andare avanti, sia pure a piccolissimi passi; siamo forse considerati più “accessibili”?
Il Presidente USA, dal canto suo, ha ricevuto dai suoi esperti alcuni dati sull’impegno dell’Iran “a favore” del terrorismo: nel 2008 ha fornito più di 200milioni di dollari a Herbollah, addestrandone anche circa 3000 uomini; cifre ancora più alte sono state spese per finanziare la guerriglia in Iraq e, in questi ultimi tempi, anche in Afghanistan.
È quindi logico e naturale che anche l’Italia – con la propria diplomazia e d’intesa con gli Stati Uniti – s’impegni a ricercare qualche soluzione d’intesa con l’Iran, ma credo che questo possa avvenire solo ad elezioni concluse, perché prima di tale evento molte cose vengono fatte per puro spirito elettoralistico.
Però, nella stampa occidentale si comincia a far passare una parola che finora non era stata usata: guerra; e c’è addirittura chi si prepara a questo evento catastrofico che dovrebbe avvenire entro l’anno.
Sapere che il raggio di azione della potenza iraniana è stato portato a 2000 chilometri, non è certo un tranquillante ed anzi, ci sono alcuni osservatori che giurano che Israele lancerà un suo attacco preventivo, un minuto prima che lo faccia l’Iran; che cosa succederà dopo è difficile da dirsi, anche se nessuno può avanzare l’ipotesi che questi missili di ultima generazione possano essere armati con testate nucleari.
Staremo a vedere, ma ho paura che si avrà un autunno caldo in Medio Oriente.
Anzitutto ha fatto grandissima propaganda al lancio del nuovo missile intercontinentale Sejil-2 a combustibile solido, in grado di lanciare ordigni (anche nucleari??) su Israele ma anche su tutte le nazioni dell’area del Golfo e giungere fino ai paesi dell’Europa meridionale (Grecia, Turchia), quindi a un palmo da casa nostra.
Ma dove sta il “trappolone” che cito nel titolo? Semplice: il lancio del suddetto missile è avvenuto dalla base di Semnan, la città che ospita la più importante base missilistica e la visita di Frattini dove sarebbe dovuta avvenire? Ancora più semplice: nella stessa Semnan in modo che l’evento diplomatico avrebbe dato lustro e importanza internazionale al successo missilistico.
Il nostro Ministro degli Esteri ci deve avere pensato bene, magari si sarà anche consultato con i colleghi dell’Europa e degli Stati Uniti e, infine, ha deciso di “rinviare” (badate bene: non annullare) la visita ufficiale in Iran, sfuggendo così ad una sorta di abbraccio mortale che il furbo Ras di Teheran gli stava preparando.
Sull’intera vicenda mi sento di fare alcune modeste considerazioni: la prima è che l’atteggiamento di Ahmadinejad va visto anche alla luce delle imminenti elezioni in Iran, dove egli è in contrapposizione a Mohsen Rezai, sostenuto dalle lobbies economiche ed a Mir Hossein Moussavi, concorrente “riformista”; pertanto la sua ricerca di compiacere il più possibile i suoi sostenitori – i “pasdaran” e la parte più estremista del regime – è comprensibile e quindi alcune sue mosse vanno viste in questa ottica,
Per queste “punture di spillo” rivolte all’occidente, guarda caso è stato scelto Frattini (cioè l’Italia) come destinatario, mentre l’apertura nei confronti di Obama continua ad andare avanti, sia pure a piccolissimi passi; siamo forse considerati più “accessibili”?
Il Presidente USA, dal canto suo, ha ricevuto dai suoi esperti alcuni dati sull’impegno dell’Iran “a favore” del terrorismo: nel 2008 ha fornito più di 200milioni di dollari a Herbollah, addestrandone anche circa 3000 uomini; cifre ancora più alte sono state spese per finanziare la guerriglia in Iraq e, in questi ultimi tempi, anche in Afghanistan.
È quindi logico e naturale che anche l’Italia – con la propria diplomazia e d’intesa con gli Stati Uniti – s’impegni a ricercare qualche soluzione d’intesa con l’Iran, ma credo che questo possa avvenire solo ad elezioni concluse, perché prima di tale evento molte cose vengono fatte per puro spirito elettoralistico.
Però, nella stampa occidentale si comincia a far passare una parola che finora non era stata usata: guerra; e c’è addirittura chi si prepara a questo evento catastrofico che dovrebbe avvenire entro l’anno.
Sapere che il raggio di azione della potenza iraniana è stato portato a 2000 chilometri, non è certo un tranquillante ed anzi, ci sono alcuni osservatori che giurano che Israele lancerà un suo attacco preventivo, un minuto prima che lo faccia l’Iran; che cosa succederà dopo è difficile da dirsi, anche se nessuno può avanzare l’ipotesi che questi missili di ultima generazione possano essere armati con testate nucleari.
Staremo a vedere, ma ho paura che si avrà un autunno caldo in Medio Oriente.