sabato, novembre 26, 2005
Ancora violenza sulle donne: basta!!
In questi ultimi tempi si assommano sempre più gli episodi di violenza sulle donne, alcuni dei quali finiti poi tragicamente: lungi da me il cercare la causa scatenante (non ho né i mezzi né le capacità) ma vorrei parlarne con tutti voi che mi fate l’onore di leggermi per cercare insieme qualcosa che serva se non altro ad attenuare il problema.
Anzitutto analizziamo questi eventi (ovviamente solo i più clamorosi), partendo dal più recente e cioè quello che si è verificato a Bologna e che è stato anche ripreso dalle telecamere di un distributore che mostrano la ragazza (una trentenne friulana appena arrivata in città per seguire un master) che scende dall’autobus ed è seguita da un uomo che la spinge violentemente ad attraversare la strada e la porta di forza in un giardinetto, la picchia selvaggiamente e la violenta.
Le telecamere mostrano – per la verità – anche qualcos’altro: lungo la strada attraversata dalla strana coppia, transitano varie auto che, voglio sperare non si siano accorte di niente perché non solo non si fermano ma neppure rallentano; si vede poi che ai bordi della strada passano anche dei pedoni che però, anch’essi, o fanno finta di non vedere oppure non vedono veramente.
Qualcuno però ha visto, perché la volante della Polizia arriva su chiamata anonima: può trattarsi di un cittadino che non se la sentiva di mettersi contro al bruto violentatore, il quale sembrerebbe di origine nordafricana, sia dai dati somatici del volto e sia dalle poche parole pronunciate in francese.
E questo è uno; passiamo al secondo, finito purtroppo ancora più tragicamente: mi riferisco al killer di Deborah – tale Emiliano Santangelo – già incarcerato per avere fatto violenza a varie ragazze, tra le quali Deborah appena tredicenne, e uscito di prigione dopo alcuni anni di carcerazione e subito dedito ad altre violenze, a minacce verso coloro che l’avevano denunciato, sfociate in un delitto bestiale, fatto di svariate coltellate e culminato con il passaggio del delinquente sopra al cadavere della ragazza utilizzando la sua auto.
Questo signore che viene descritto da tutti come un violento e uno instabile di mente, si vantava con la gente delle proprie gesta e continuava imperterrito a proferire minacce nei confronti di tutti; dice la sorella di Deborah: “in dieci anni non hanno mai fatto niente (riferendosi alle Forze dell’Ordine) e la scusa era sempre la stessa, abbiamo le mani legate. La paura cresceva sempre più con il tempo, eravamo letteralmente perseguitati da questo pazzo, non solo Deborah, ma tutta la famiglia, arrivavano lettere minatorie e sms, ci hanno tagliato le gomme più volte e anche tentato di bruciare l’auto. E poi, Deborah, più che denunciarlo che cosa poteva fare?”.
In questi due fatti ci sono alcuni elementi che mi colpiscono particolarmente: nel primo la sostanziale indifferenza della gente che passa e si gira dall’altra parte mentre il bruto trascina con la violenza la ragazza nel giardinetto; successivamente qualcuno – richiamato dalle grida della giovane – telefona alle Forze dell’Ordine quasi a togliersi dagli impicci e a passare la patata bollente al militi; ma nessuno che faccia il minimo accenno di intervenire.
Nel secondo abbiamo invece una costante: il bruto può permettersi di preannunciare la propria violenza in tutti i modi ma l’autorità sembra impotente ad intervenire fino al momento in cui queste minacce diventano fatti reali. Anche qui abbiamo indifferenza, ma non della gente, che anzi denuncia le minacce, bensì delle autorità e la cosa mi sembra assai più grave.
Voi che ne pensate?
Anzitutto analizziamo questi eventi (ovviamente solo i più clamorosi), partendo dal più recente e cioè quello che si è verificato a Bologna e che è stato anche ripreso dalle telecamere di un distributore che mostrano la ragazza (una trentenne friulana appena arrivata in città per seguire un master) che scende dall’autobus ed è seguita da un uomo che la spinge violentemente ad attraversare la strada e la porta di forza in un giardinetto, la picchia selvaggiamente e la violenta.
Le telecamere mostrano – per la verità – anche qualcos’altro: lungo la strada attraversata dalla strana coppia, transitano varie auto che, voglio sperare non si siano accorte di niente perché non solo non si fermano ma neppure rallentano; si vede poi che ai bordi della strada passano anche dei pedoni che però, anch’essi, o fanno finta di non vedere oppure non vedono veramente.
Qualcuno però ha visto, perché la volante della Polizia arriva su chiamata anonima: può trattarsi di un cittadino che non se la sentiva di mettersi contro al bruto violentatore, il quale sembrerebbe di origine nordafricana, sia dai dati somatici del volto e sia dalle poche parole pronunciate in francese.
E questo è uno; passiamo al secondo, finito purtroppo ancora più tragicamente: mi riferisco al killer di Deborah – tale Emiliano Santangelo – già incarcerato per avere fatto violenza a varie ragazze, tra le quali Deborah appena tredicenne, e uscito di prigione dopo alcuni anni di carcerazione e subito dedito ad altre violenze, a minacce verso coloro che l’avevano denunciato, sfociate in un delitto bestiale, fatto di svariate coltellate e culminato con il passaggio del delinquente sopra al cadavere della ragazza utilizzando la sua auto.
Questo signore che viene descritto da tutti come un violento e uno instabile di mente, si vantava con la gente delle proprie gesta e continuava imperterrito a proferire minacce nei confronti di tutti; dice la sorella di Deborah: “in dieci anni non hanno mai fatto niente (riferendosi alle Forze dell’Ordine) e la scusa era sempre la stessa, abbiamo le mani legate. La paura cresceva sempre più con il tempo, eravamo letteralmente perseguitati da questo pazzo, non solo Deborah, ma tutta la famiglia, arrivavano lettere minatorie e sms, ci hanno tagliato le gomme più volte e anche tentato di bruciare l’auto. E poi, Deborah, più che denunciarlo che cosa poteva fare?”.
In questi due fatti ci sono alcuni elementi che mi colpiscono particolarmente: nel primo la sostanziale indifferenza della gente che passa e si gira dall’altra parte mentre il bruto trascina con la violenza la ragazza nel giardinetto; successivamente qualcuno – richiamato dalle grida della giovane – telefona alle Forze dell’Ordine quasi a togliersi dagli impicci e a passare la patata bollente al militi; ma nessuno che faccia il minimo accenno di intervenire.
Nel secondo abbiamo invece una costante: il bruto può permettersi di preannunciare la propria violenza in tutti i modi ma l’autorità sembra impotente ad intervenire fino al momento in cui queste minacce diventano fatti reali. Anche qui abbiamo indifferenza, ma non della gente, che anzi denuncia le minacce, bensì delle autorità e la cosa mi sembra assai più grave.
Voi che ne pensate?
venerdì, novembre 25, 2005
L'avarizia dell'Italia e degli altri
“Roma ha legami antichi con l’Africa ma l’Italia è avara con l’Africa e questa è una vergogna”; questa la dichiarazione rilasciata da Bob Geldof in occasione della consegna in Campidoglio del premio “Man for peace award 2005”; la denuncia di Geldof diventa poi globale e si riferisce all’intero occidente accusato di avarizia, nonostante i risultati positivi raggiunti nell’ultimo G8, come la cancellazione del debito di alcuni paesi e sostanziosi interventi per far fronte alle emergenze fame e AIDS.
A stretto giro di posta gli risponde Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, che afferma: “L’Italia non è avara, sta realizzando cose che nessuno ha mai fatto in Africa fino ad oggi”.
Non conosco in dettaglio le cifre e le percentuali relative all’interessamento dell’Italia e degli altri paesi occidentali, per cui non posso dire chi tra i due ha ragione in questa pacata polemica.
Sembra però che Geldof – dopo il periodo dell’assistenzialismo puro – punti adesso ad un aiuto ai paesi africani di altro tipo: favorire lo sviluppo dell’import/export che attualmente è fermo ad una cifra che rappresenta appena l’1% del commercio mondiale.
È una polemica di altissimo livello, ma credo che pur sentendo il peso della difficoltà nell’esprimersi, ognuno di noi abbia il dovere di dire la sua; comincio io.
Per quanto riguarda la parte del “commercio estero” è ovvio che le difficoltà della produzione africana per entrare nei mercati occidentali è dovuta principalmente dal proliferare della varie organizzazioni “pluri stati” che ci sono attualmente: l’U.E. è ovviamente la più importante, ma ve ne sono altre in Oriente e nelle Americhe.
Naturalmente queste organizzazioni fanno gli interessi – e questo si chiama egoismo e non avarizia – delle nazioni aderenti, per cui a loro vengono fatte mille facilitazioni mentre per coloro che ne sono al di fuori e cercano di entrarvi la vita è sempre più dura; a questo proposito si guardi l’attrito dell’Europa con l’Argentina, alla cui carne bovina vengono fatte mille difficoltà e comunque costa molto di più di quella europea: questo ovviamente per favorire le carni europee (francesi in testa).
L’Argentina rispose a modo suo bloccando i rimborsi dei famosi “tango – bond” ma senza che le decisioni europee venissero modificate, perché troppi erano gli interessi che vi gravitavano attorno.
Un altro punto importante riguardo ai rapporti dell’occidente con l’Africa, è senza ombra di dubbio la domanda che tutti i governanti si pongono: ma dove vanno a finire questi soldi?
Questo perché il continente africano è ancora percorso da vari predoni “moderni” che sono poi i dittatori di alcuni stati africani i quali impiegano i soldi che ricevono dall’occidente in cose che non vanno a migliorare il tenore di vita delle loro genti.
D’altro canto non possiamo certamente “imporre” la democrazia – l’esperimento in Iraq lo ha ampiamente dimostrato – che è un qualcosa da apprezzare generazione dopo generazione, fino a giungere ad una totale accettazione del metodo.
Dico questo perché da molte parti si invoca l’aiuto “a condizione che”, come se il dittatore di turno fosse stato messo al potere dai bambini e dagli onesti padri di famiglia, come se i piccoli ci guadagnassero qualcosa dal subire le soperchierie dei vari satrapi, come se la gente di quei posti fosse orgogliosa del loro sistema politico.
E allora? Allora non è facile rispondere, soprattutto è facile fare l’analisi della situazione ma difficile trovare la cura per risolvere il problema.
Almeno per me….
A stretto giro di posta gli risponde Guido Bertolaso, Capo del Dipartimento della Protezione Civile, che afferma: “L’Italia non è avara, sta realizzando cose che nessuno ha mai fatto in Africa fino ad oggi”.
Non conosco in dettaglio le cifre e le percentuali relative all’interessamento dell’Italia e degli altri paesi occidentali, per cui non posso dire chi tra i due ha ragione in questa pacata polemica.
Sembra però che Geldof – dopo il periodo dell’assistenzialismo puro – punti adesso ad un aiuto ai paesi africani di altro tipo: favorire lo sviluppo dell’import/export che attualmente è fermo ad una cifra che rappresenta appena l’1% del commercio mondiale.
È una polemica di altissimo livello, ma credo che pur sentendo il peso della difficoltà nell’esprimersi, ognuno di noi abbia il dovere di dire la sua; comincio io.
Per quanto riguarda la parte del “commercio estero” è ovvio che le difficoltà della produzione africana per entrare nei mercati occidentali è dovuta principalmente dal proliferare della varie organizzazioni “pluri stati” che ci sono attualmente: l’U.E. è ovviamente la più importante, ma ve ne sono altre in Oriente e nelle Americhe.
Naturalmente queste organizzazioni fanno gli interessi – e questo si chiama egoismo e non avarizia – delle nazioni aderenti, per cui a loro vengono fatte mille facilitazioni mentre per coloro che ne sono al di fuori e cercano di entrarvi la vita è sempre più dura; a questo proposito si guardi l’attrito dell’Europa con l’Argentina, alla cui carne bovina vengono fatte mille difficoltà e comunque costa molto di più di quella europea: questo ovviamente per favorire le carni europee (francesi in testa).
L’Argentina rispose a modo suo bloccando i rimborsi dei famosi “tango – bond” ma senza che le decisioni europee venissero modificate, perché troppi erano gli interessi che vi gravitavano attorno.
Un altro punto importante riguardo ai rapporti dell’occidente con l’Africa, è senza ombra di dubbio la domanda che tutti i governanti si pongono: ma dove vanno a finire questi soldi?
Questo perché il continente africano è ancora percorso da vari predoni “moderni” che sono poi i dittatori di alcuni stati africani i quali impiegano i soldi che ricevono dall’occidente in cose che non vanno a migliorare il tenore di vita delle loro genti.
D’altro canto non possiamo certamente “imporre” la democrazia – l’esperimento in Iraq lo ha ampiamente dimostrato – che è un qualcosa da apprezzare generazione dopo generazione, fino a giungere ad una totale accettazione del metodo.
Dico questo perché da molte parti si invoca l’aiuto “a condizione che”, come se il dittatore di turno fosse stato messo al potere dai bambini e dagli onesti padri di famiglia, come se i piccoli ci guadagnassero qualcosa dal subire le soperchierie dei vari satrapi, come se la gente di quei posti fosse orgogliosa del loro sistema politico.
E allora? Allora non è facile rispondere, soprattutto è facile fare l’analisi della situazione ma difficile trovare la cura per risolvere il problema.
Almeno per me….
giovedì, novembre 24, 2005
Ed ora pubblicità!!
E’ un po’ di tempo che non affronto il problema della pubblicità, televisiva e cartacea, che poi, come sapete, sarebbe il mio mestiere. Prima però di entrare nel dettaglio di alcuni spot (quattro) dobbiamo rimarcare che la prevalente categoria merceologica presente nei cluster pubblicitari è ancora appannaggio della telefonia mobile.
Tra tutti i commercial di questa specie attualmente in onda ho scelto quello di “Vodafone”, per me il più scemo di tutti: siamo all’aeroporto, un giovane di bell’aspetto, è in attesa di un aereo che – si deduce – è quello che appare sul tabellone della partenze con la dicitura “cancelled” che sta ad indicare che il volo, per qualche ragione, è stato annullato.
In quel momento passa la cavallona australiana, Megan Gale che lo apostrofa così: “il tempo è tuo, vivilo”; cosa ci incastra il tempo da vivere pienamente con un volo aereo perduto? Il giovane comunque si mette a sedere e comincia a smanettare sul telefonino e guarda caso su questo comincia a vedere una burrosa ragazza che ancheggia voluttuosamente – sembra per lui – e alla fine si toglie il reggiseno e lo getta verso il telefonino e arriva in mano al giovane che un po’ si sorprende, ma mica tanto.
Il “plus” dello spot è chiaramente di carattere sessuale e fa perno sull’appeal della ragazza che si spoglia, fino a gettare il proprio reggiseno al giovane che ha perduto l’aereo. C’è un po’ di logica in questo spot? Direi proprio di no e aggiungerei che lo stesso è basato solo sull’attrazione fisica per le donne di un certo tipo.
Il secondo spot mi costringe a chiamare in causa Giancarlo Fisichella, fermato dalla Polizia Stradale mentre sfrecciava a 138 Kmh in un luogo dove c’era una velocità massima consentita di 60 Kmh; risultato, ritirata la patente.
Il pilota di Formula 1, proprio il giorno prima aveva raccomandato dagli schermi di “Matrix” ai giovani alla guida di usare sempre la massima prudenza (sic!); ma cosa c’entra con la pubblicità, mi rimprovererete? C’entra perché Fisichella (“fisico” come lo chiamano i suoi tifosi) è “testimonial” di una azienda di birra a basso contenuto alcolico la cui campagna pubblicitaria dovrebbe prendere l’avvio il 12 dicembre, con alcuni cartelloni stradali: lo slogan ammiccante del pilota è “o passi a Drive Beer o rischi la patente”. Il titolare dell’azienda ha detto che dopo il ritiro della patente a Fisichella e saputo della sua partecipazione alla campagna pubblicitaria, le vendite della birra si sono triplicate; della serie “parlate di me, anche male, ma parlatene”.
Il terzo spot è quello dell’Istituto Bancario S. Paolo che ha lanciato una campagna pubblicitaria con la “Gialappa’s” come protagonista solo vocale e centrato su una serie di persone che vengono presentati come dipendenti della Banca; il tentativo del commercial è semplice e, sembrerebbe anche riuscito: umanizzare il più possibile il rapporto del cliente con l’Istituto di Credito, ponendo in primo piano tutta una serie di persone simpatiche, ma “normali” . Lo slogan della campagna è infatti “meno banca e più Alessio (o altro nome del dipendente presentato)”. La campagna appare talmente riuscita che una concorrente, la Fideuram, ha presentato una idea abbastanza simile, per il momento soltanto sulla carta stampata: in questa immagine di un gruppo di persone, tutte serie escluso una in primo piano, viene indicato lo slogan: “dietro il sorriso di ogni nostro private banker ci sono 1500 persone che con i tuoi investimenti non scherzano mai”. Anche in questo caso l’azienda si fa da parte per dare spazio all’umanizzazione dell’istituto attraverso la presentazione di una persona, l’incaricato degli investimenti, che appare tranquillo perché un così alto numero di persone lavora per lui.
Ci faremo fregare da questi prodotti in un prossimo futuro? Ceeerto!!
Tra tutti i commercial di questa specie attualmente in onda ho scelto quello di “Vodafone”, per me il più scemo di tutti: siamo all’aeroporto, un giovane di bell’aspetto, è in attesa di un aereo che – si deduce – è quello che appare sul tabellone della partenze con la dicitura “cancelled” che sta ad indicare che il volo, per qualche ragione, è stato annullato.
In quel momento passa la cavallona australiana, Megan Gale che lo apostrofa così: “il tempo è tuo, vivilo”; cosa ci incastra il tempo da vivere pienamente con un volo aereo perduto? Il giovane comunque si mette a sedere e comincia a smanettare sul telefonino e guarda caso su questo comincia a vedere una burrosa ragazza che ancheggia voluttuosamente – sembra per lui – e alla fine si toglie il reggiseno e lo getta verso il telefonino e arriva in mano al giovane che un po’ si sorprende, ma mica tanto.
Il “plus” dello spot è chiaramente di carattere sessuale e fa perno sull’appeal della ragazza che si spoglia, fino a gettare il proprio reggiseno al giovane che ha perduto l’aereo. C’è un po’ di logica in questo spot? Direi proprio di no e aggiungerei che lo stesso è basato solo sull’attrazione fisica per le donne di un certo tipo.
Il secondo spot mi costringe a chiamare in causa Giancarlo Fisichella, fermato dalla Polizia Stradale mentre sfrecciava a 138 Kmh in un luogo dove c’era una velocità massima consentita di 60 Kmh; risultato, ritirata la patente.
Il pilota di Formula 1, proprio il giorno prima aveva raccomandato dagli schermi di “Matrix” ai giovani alla guida di usare sempre la massima prudenza (sic!); ma cosa c’entra con la pubblicità, mi rimprovererete? C’entra perché Fisichella (“fisico” come lo chiamano i suoi tifosi) è “testimonial” di una azienda di birra a basso contenuto alcolico la cui campagna pubblicitaria dovrebbe prendere l’avvio il 12 dicembre, con alcuni cartelloni stradali: lo slogan ammiccante del pilota è “o passi a Drive Beer o rischi la patente”. Il titolare dell’azienda ha detto che dopo il ritiro della patente a Fisichella e saputo della sua partecipazione alla campagna pubblicitaria, le vendite della birra si sono triplicate; della serie “parlate di me, anche male, ma parlatene”.
Il terzo spot è quello dell’Istituto Bancario S. Paolo che ha lanciato una campagna pubblicitaria con la “Gialappa’s” come protagonista solo vocale e centrato su una serie di persone che vengono presentati come dipendenti della Banca; il tentativo del commercial è semplice e, sembrerebbe anche riuscito: umanizzare il più possibile il rapporto del cliente con l’Istituto di Credito, ponendo in primo piano tutta una serie di persone simpatiche, ma “normali” . Lo slogan della campagna è infatti “meno banca e più Alessio (o altro nome del dipendente presentato)”. La campagna appare talmente riuscita che una concorrente, la Fideuram, ha presentato una idea abbastanza simile, per il momento soltanto sulla carta stampata: in questa immagine di un gruppo di persone, tutte serie escluso una in primo piano, viene indicato lo slogan: “dietro il sorriso di ogni nostro private banker ci sono 1500 persone che con i tuoi investimenti non scherzano mai”. Anche in questo caso l’azienda si fa da parte per dare spazio all’umanizzazione dell’istituto attraverso la presentazione di una persona, l’incaricato degli investimenti, che appare tranquillo perché un così alto numero di persone lavora per lui.
Ci faremo fregare da questi prodotti in un prossimo futuro? Ceeerto!!
mercoledì, novembre 23, 2005
Corsi e ricorsi storici
La notizia è di quelle da trafiletto nelle pagine centrali, ma se appena, appena si sviscera un pochino e si lega con quanto già accaduto, ne viene fuori un articolo gustosissimo, specie per quei barbogi di politici abituati a “sembrare” sempre seriosi.
Allora, veniamo all’evento: il sindaco di un oscuro paesetto (Marano), certo Mauro Bertini appartenente al PDCI (Partito dei Comunisti Italiani) ha intestato una via del proprio paese ad Arafat, rifiutandosi di dedicarla ai ”caduti di Nassirya”; questa la motivazione del primo cittadino: “Non sono martiri, ma semplici caduti in un incidente sul lavoro”.
Detto tra noi – tanto non ci sente nessuno – il sindaco non ha tutti i torti, poiché i militari caduti a Nassirya sono tutti volontari, strapagati, che tra loro si litigano il posto per andare in missione all’estero; quindi, diamo al sindaco quel che è del sindaco, riconoscendogli una parte di giustezza nelle sue affermazioni, pero…via non si dice, specialmente da parte di una istituzione pubblica.
Ma l’amico Bertini – nel contesto della polemica – ha avuto un’altra sfortuna; sentite bene questa e ditemi se non ho ragione: siamo nel 1912, a Reggio Emilia, e precisamente al congresso del Partito Socialista Italiano, dove un oscuro delegato, Benito Mussolini, chiedeva l’espulsione dal partito del deputato Leonida Bissolati, reo di avere appoggiato la guerra di Libia; il partito si schierò con il più famoso Bissolati e la richiesta di Mussolini non andò avanti.
Nello stesso anno, ci fu l’attentato al re da parte di Antonio D’Alba che sparò contro la sua carrozza ma senza ferire l’augusto passeggero.
Al successivo Congresso del partito, Mussolini tornò a tuonare contro Bissolati, colpevole questa volta di essere andato al Quirinale per felicitarsi col sovrano per lo scampato pericolo.
Indovinate un po’ quali parole usò Mussolini: “L’attentato è solo un infortunio nel mestiere di re, cittadino inutile per definizione; non siete mai andati a congratularvi con un muratore scampato da una caduta da un’impalcatura non capisco perché vi siete mossi adesso”.
Insisti, insisti, Mussolini riuscì finalmente a cacciare Bissolati dal partito ed a prenderne il posto alla direzione dell’Avanti, ricevendo anche un plauso da Lenin sulla Prava per avere sconfitto i riformisti.
Come vedete l’accostamento c’è e si vede benissimo; come poi la storia si sia comportata con i personaggi del passato lo sappiamo benissimo: Mussolini sconfitto, Lenin idem, Bissolati vincitore.
Il problema però, a mio modo di vedere, è un altro: in questi tempi perigliosi, insistere troppo sulla demagogica virtù guerriera e sul sacrificio dei nostri soldati non mi appare una mossa azzeccata.
Adesso i tempi impongono altre filosofie altre visioni del mondo: i kamikaze terroristi per i loro mandanti sono degli eroi, mentre noi non riusciamo neppure a capacitarsi di quello che pensano prima del gesto.
Per i caduti di Nassirya, se qualcuno avesse la bontà di rivolgersi ai parenti – genitori e mogli – si sentirebbe dare delle risposte che niente hanno a che spartire con le frasi eroiche pronunciate dalle nostre Autorità – il Ciampi in testa – ma tutte convergono in un’unica direttrice: mio figlio/mio marito non c’è più, non capisco il motivo per il quale non c’è più e non ci sono medaglie di un qualunque metallo – nobile o meno nobile – che me lo possano ridare.
Sono frasi semplici, di persone semplici, ma che attribuiscono grande importanza ad uno dei valori principali: la vita umana; è con questo valore che credo si possa migliorare questo nostro mondo.
Allora, veniamo all’evento: il sindaco di un oscuro paesetto (Marano), certo Mauro Bertini appartenente al PDCI (Partito dei Comunisti Italiani) ha intestato una via del proprio paese ad Arafat, rifiutandosi di dedicarla ai ”caduti di Nassirya”; questa la motivazione del primo cittadino: “Non sono martiri, ma semplici caduti in un incidente sul lavoro”.
Detto tra noi – tanto non ci sente nessuno – il sindaco non ha tutti i torti, poiché i militari caduti a Nassirya sono tutti volontari, strapagati, che tra loro si litigano il posto per andare in missione all’estero; quindi, diamo al sindaco quel che è del sindaco, riconoscendogli una parte di giustezza nelle sue affermazioni, pero…via non si dice, specialmente da parte di una istituzione pubblica.
Ma l’amico Bertini – nel contesto della polemica – ha avuto un’altra sfortuna; sentite bene questa e ditemi se non ho ragione: siamo nel 1912, a Reggio Emilia, e precisamente al congresso del Partito Socialista Italiano, dove un oscuro delegato, Benito Mussolini, chiedeva l’espulsione dal partito del deputato Leonida Bissolati, reo di avere appoggiato la guerra di Libia; il partito si schierò con il più famoso Bissolati e la richiesta di Mussolini non andò avanti.
Nello stesso anno, ci fu l’attentato al re da parte di Antonio D’Alba che sparò contro la sua carrozza ma senza ferire l’augusto passeggero.
Al successivo Congresso del partito, Mussolini tornò a tuonare contro Bissolati, colpevole questa volta di essere andato al Quirinale per felicitarsi col sovrano per lo scampato pericolo.
Indovinate un po’ quali parole usò Mussolini: “L’attentato è solo un infortunio nel mestiere di re, cittadino inutile per definizione; non siete mai andati a congratularvi con un muratore scampato da una caduta da un’impalcatura non capisco perché vi siete mossi adesso”.
Insisti, insisti, Mussolini riuscì finalmente a cacciare Bissolati dal partito ed a prenderne il posto alla direzione dell’Avanti, ricevendo anche un plauso da Lenin sulla Prava per avere sconfitto i riformisti.
Come vedete l’accostamento c’è e si vede benissimo; come poi la storia si sia comportata con i personaggi del passato lo sappiamo benissimo: Mussolini sconfitto, Lenin idem, Bissolati vincitore.
Il problema però, a mio modo di vedere, è un altro: in questi tempi perigliosi, insistere troppo sulla demagogica virtù guerriera e sul sacrificio dei nostri soldati non mi appare una mossa azzeccata.
Adesso i tempi impongono altre filosofie altre visioni del mondo: i kamikaze terroristi per i loro mandanti sono degli eroi, mentre noi non riusciamo neppure a capacitarsi di quello che pensano prima del gesto.
Per i caduti di Nassirya, se qualcuno avesse la bontà di rivolgersi ai parenti – genitori e mogli – si sentirebbe dare delle risposte che niente hanno a che spartire con le frasi eroiche pronunciate dalle nostre Autorità – il Ciampi in testa – ma tutte convergono in un’unica direttrice: mio figlio/mio marito non c’è più, non capisco il motivo per il quale non c’è più e non ci sono medaglie di un qualunque metallo – nobile o meno nobile – che me lo possano ridare.
Sono frasi semplici, di persone semplici, ma che attribuiscono grande importanza ad uno dei valori principali: la vita umana; è con questo valore che credo si possa migliorare questo nostro mondo.
Questi T.G.!!
Proprio stasera, alle 20, nel corso del T.G. di maggiore ascolto, si è verificato un particolare “accostamento” che mi ha dato da pensare e quindi ho ritenuto doveroso segnalarvelo in modo che così facendo si potesse…pensare insieme; ovviamente non dico il nome del canale che lo ha mandato in onda.
Vi racconto il fatto: all’incirca a metà del telegiornale, l’annunciatrice presenta un servizio sulla prostituzione in Italia, dal quale viene fuori che l’età delle donne in strada sta diminuendo fortemente sino ad arrivare di molto al di sotto dei diciotto anni.
Il servizio era realizzato nel più classico dei modi: il giornalista che imbarca sulla sua auto – appositamente attrezzata sia per il video che per l’audio - una dopo l’altra, alcune prostitute alle quali rivolge le domande di rito, circa i motivi che le hanno indotte a fare questo mestiere, sulle abitudini sessuali dei clienti (con o senza preservativo), su quanto è l’incasso giornaliero, la loro età, se hanno figli, ecc.
Insomma tutta roba nient’affatto nuova, tutta roba vista e rivista, senza un briciolo di originalità.
Subito dietro a questo servizio è partito quello sulla fiducia ottenuta da Angela Merkel di fronte al Parlamento tedesco: questo sì che può considerarsi un evento di natura particolarissima.
Anzitutto la Merkel è la prima donna che è chiamata a governare in Germania e poi è il primo rappresentante dell’ex Germania Orientale che faccia quella carriera in Parlamento.
Mi sembrava che l’interesse per la notizia ci fosse, ma non ho capito quello che ha significato metterla subito dopo il servizio sulla prostituzione italiana.
Parlo di “accostamento”, perché in fase di analisi semiologica, l’accostamento di due o più eventi – sia in TV che sulla carta stampata – ha funzioni espressive nei confronti del fruitore delle notizie.
Mi spiego con un esempio: se accosto una notizia di disordini reiterati (un po’ sul tipo delle banlieu parigine) con delle disposizioni di ordine pubblico che limitano la libertà dell’individuo, fornisco una sorta di causa/effetto che annacqua tantissimo le norme della Polizia.
Se invece accanto alle disposizioni che limitano le libertà individuali ci metto una notizia asettica sotto il profilo dell’ordine pubblico, le citate norme appariranno con maggiore evidenza e saranno percepite dall’opinione pubblica con maggiore evidenza.
Questo è ciò che si verifica in fase di costruzione strutturale di una qualsiasi forma espressiva, ma nel caso specifico cosa ci vanno ad incastrare le prostitute con la neo Cancelliera Angela Merkel?
Questo sotto il profilo strettamente scientifico, se poi si scende a qualcosa di più concreto, mi chiedo cosa c’entri un servizio di oltre tre minuti nel telegiornale di massimo ascolto: ha forse qualcosa di realmente nuovo in quel campo? Non mi è parso, ma non si sa mai! L’unica cosa diversa dagli altri servizi del genere è l’indagine circa l’età delle ragazze che – a detta del giornalista - sarebbe notevolmente abbassata; notate che le ragazze vengono inquadrate sempre con la mascherina elettronica che gli copre il volto e quindi l’affermazione del curatore del servizio non può avere una diretta verifica da parte del telespettatore.
Magari il direttore del T.G. non avrà inteso comunicare niente di particolare, magari è soltanto un accostamento “capitato per caso”, ma di fatto l’espressività c’è stata e il teleutente ha recepito un certo legame tra la prostituzione e la classe politica tedesca.
Sicuramente non era nei desiderata del montatore del telegiornale, ma la concreta realtà della comunicazione è questa!
Vi racconto il fatto: all’incirca a metà del telegiornale, l’annunciatrice presenta un servizio sulla prostituzione in Italia, dal quale viene fuori che l’età delle donne in strada sta diminuendo fortemente sino ad arrivare di molto al di sotto dei diciotto anni.
Il servizio era realizzato nel più classico dei modi: il giornalista che imbarca sulla sua auto – appositamente attrezzata sia per il video che per l’audio - una dopo l’altra, alcune prostitute alle quali rivolge le domande di rito, circa i motivi che le hanno indotte a fare questo mestiere, sulle abitudini sessuali dei clienti (con o senza preservativo), su quanto è l’incasso giornaliero, la loro età, se hanno figli, ecc.
Insomma tutta roba nient’affatto nuova, tutta roba vista e rivista, senza un briciolo di originalità.
Subito dietro a questo servizio è partito quello sulla fiducia ottenuta da Angela Merkel di fronte al Parlamento tedesco: questo sì che può considerarsi un evento di natura particolarissima.
Anzitutto la Merkel è la prima donna che è chiamata a governare in Germania e poi è il primo rappresentante dell’ex Germania Orientale che faccia quella carriera in Parlamento.
Mi sembrava che l’interesse per la notizia ci fosse, ma non ho capito quello che ha significato metterla subito dopo il servizio sulla prostituzione italiana.
Parlo di “accostamento”, perché in fase di analisi semiologica, l’accostamento di due o più eventi – sia in TV che sulla carta stampata – ha funzioni espressive nei confronti del fruitore delle notizie.
Mi spiego con un esempio: se accosto una notizia di disordini reiterati (un po’ sul tipo delle banlieu parigine) con delle disposizioni di ordine pubblico che limitano la libertà dell’individuo, fornisco una sorta di causa/effetto che annacqua tantissimo le norme della Polizia.
Se invece accanto alle disposizioni che limitano le libertà individuali ci metto una notizia asettica sotto il profilo dell’ordine pubblico, le citate norme appariranno con maggiore evidenza e saranno percepite dall’opinione pubblica con maggiore evidenza.
Questo è ciò che si verifica in fase di costruzione strutturale di una qualsiasi forma espressiva, ma nel caso specifico cosa ci vanno ad incastrare le prostitute con la neo Cancelliera Angela Merkel?
Questo sotto il profilo strettamente scientifico, se poi si scende a qualcosa di più concreto, mi chiedo cosa c’entri un servizio di oltre tre minuti nel telegiornale di massimo ascolto: ha forse qualcosa di realmente nuovo in quel campo? Non mi è parso, ma non si sa mai! L’unica cosa diversa dagli altri servizi del genere è l’indagine circa l’età delle ragazze che – a detta del giornalista - sarebbe notevolmente abbassata; notate che le ragazze vengono inquadrate sempre con la mascherina elettronica che gli copre il volto e quindi l’affermazione del curatore del servizio non può avere una diretta verifica da parte del telespettatore.
Magari il direttore del T.G. non avrà inteso comunicare niente di particolare, magari è soltanto un accostamento “capitato per caso”, ma di fatto l’espressività c’è stata e il teleutente ha recepito un certo legame tra la prostituzione e la classe politica tedesca.
Sicuramente non era nei desiderata del montatore del telegiornale, ma la concreta realtà della comunicazione è questa!
lunedì, novembre 21, 2005
Incidenti della strada
Ieri, domenica, è stato il giorno dedicato dallo Stato alla commemorazione delle vittime di incidenti stradali: le cifre, riferite al 2004, sono agghiaccianti: 7.000 morti, poco meno di 20 al giorno, i feriti assommano a 300.000, tra i quali 20.000 restano disabili, diciamoci la verità, i caduti in Iraq non sono niente rispetto a questa carneficina.
Con questi dati per le mani, dopo i soliti discorsi di circostanza, dopo le solite contrite condoglianze ai familiari delle vittime ed il rammarico per coloro che sono rimasti inabili, le cerimonie non hanno visto altro, nessuna nuova decisione, nessuna presa di posizione né delle autorità e neppure delle famiglie, insomma niente di niente.
Ma allora a cosa servono queste manifestazioni, se non a riprendere in TV qualche politico??
Se gli addetti ai lavori non sono in grado di partorire nessuna idea per una nuova normativa atta a far diminuire questa carneficina, vorrà dire che ci proverò io, modestia a parte..
Dunque procediamo con ordine: quali sono le principali cause di incidenti stradali? Dalle statistiche risultano essere l’eccessiva velocità e la distrazione durante la guida.
Inoltre, quali sono le procedure maggiormente invalidanti? Anche per questo abbiamo le statistiche che ci dicono che il mancato uso delle cinture di sicurezza è una delle principali causa di aggravamento negli incidenti.
Allora, torniamo alle cause degli incidenti: mi sembrerebbe tutto molto semplice (forse troppo) ma non riesco a capire il motivo per il quale viene concessa l’autorizzazione a mettere in commercio automobili che sfrecciano a oltre 200 chilometri all’ora, quando la massima velocità consentita è centotrenta; quindi, come immediata procedura, mettere dei fermi ai motori attuali, tutti supercompressi, in modo che essi non sviluppino più dei canonici centotrenta chilometri all’ora e costruire i prossimi sulla base di tale normativa.
Seconda causa, la distrazione durante la guida: sappiamo benissimo che l’avvento dei telefonini ed il suo uso smodato – in Italia abbiamo il maggior numero mondiale di cellulari proporzionalmente alla popolazione – provoca sovente molte distrazioni; anche per questo la soluzione mi sembrerebbe semplice, basterebbe costringere le case automobilistiche a dotare le auto di un sistema di vivavoce (in alcune c’é già) in modo da tenere libere le mani del conducente e quindi diminuire le distrazioni durante la marcia. Questo perché ovviamente non possiamo neppure lontanamente ipotizzare il divieto di uso dei cellulari sulle automobili: il divieto esiste, ma dalle statistiche solo il 30% lo segue, cioè un automobilista su tre, mentre con questo sistema si ovvierebbe al problema alla radice.
Del resto se siamo stati costretti ad acquistare il famoso giubbetto a colori vivaci e fosforescenti, possiamo essere altrettanto costretti ad acquistare automobili con il sistema del vivavoce.
Passiamo adesso al mancato uso delle cinture di sicurezza, massimo colpevole di ferite invalidanti; per questo un sistema è già presente in alcune macchine – per la verità straniere – ed è quel suono gracchiante e scocciante che viene prodotto dall’impianto elettronico in assenza di uso delle cinture e che cessa con l’innesco di queste; potremmo sostituire tale sistema con uno un po’ più drastico: se non vengono indossate le cinture il motore non si avvia; con l’elettronica di cui sono dotate adesso le auto, sarebbe un gioco da ragazzi.
Questi sono tre facili sistemi per ridurre gli incidenti e i loro effetti, senza peraltro provocare eccessivi disturbi agli automobilisti: quale sarà il motivo per cui non vengono adottati?
Con questi dati per le mani, dopo i soliti discorsi di circostanza, dopo le solite contrite condoglianze ai familiari delle vittime ed il rammarico per coloro che sono rimasti inabili, le cerimonie non hanno visto altro, nessuna nuova decisione, nessuna presa di posizione né delle autorità e neppure delle famiglie, insomma niente di niente.
Ma allora a cosa servono queste manifestazioni, se non a riprendere in TV qualche politico??
Se gli addetti ai lavori non sono in grado di partorire nessuna idea per una nuova normativa atta a far diminuire questa carneficina, vorrà dire che ci proverò io, modestia a parte..
Dunque procediamo con ordine: quali sono le principali cause di incidenti stradali? Dalle statistiche risultano essere l’eccessiva velocità e la distrazione durante la guida.
Inoltre, quali sono le procedure maggiormente invalidanti? Anche per questo abbiamo le statistiche che ci dicono che il mancato uso delle cinture di sicurezza è una delle principali causa di aggravamento negli incidenti.
Allora, torniamo alle cause degli incidenti: mi sembrerebbe tutto molto semplice (forse troppo) ma non riesco a capire il motivo per il quale viene concessa l’autorizzazione a mettere in commercio automobili che sfrecciano a oltre 200 chilometri all’ora, quando la massima velocità consentita è centotrenta; quindi, come immediata procedura, mettere dei fermi ai motori attuali, tutti supercompressi, in modo che essi non sviluppino più dei canonici centotrenta chilometri all’ora e costruire i prossimi sulla base di tale normativa.
Seconda causa, la distrazione durante la guida: sappiamo benissimo che l’avvento dei telefonini ed il suo uso smodato – in Italia abbiamo il maggior numero mondiale di cellulari proporzionalmente alla popolazione – provoca sovente molte distrazioni; anche per questo la soluzione mi sembrerebbe semplice, basterebbe costringere le case automobilistiche a dotare le auto di un sistema di vivavoce (in alcune c’é già) in modo da tenere libere le mani del conducente e quindi diminuire le distrazioni durante la marcia. Questo perché ovviamente non possiamo neppure lontanamente ipotizzare il divieto di uso dei cellulari sulle automobili: il divieto esiste, ma dalle statistiche solo il 30% lo segue, cioè un automobilista su tre, mentre con questo sistema si ovvierebbe al problema alla radice.
Del resto se siamo stati costretti ad acquistare il famoso giubbetto a colori vivaci e fosforescenti, possiamo essere altrettanto costretti ad acquistare automobili con il sistema del vivavoce.
Passiamo adesso al mancato uso delle cinture di sicurezza, massimo colpevole di ferite invalidanti; per questo un sistema è già presente in alcune macchine – per la verità straniere – ed è quel suono gracchiante e scocciante che viene prodotto dall’impianto elettronico in assenza di uso delle cinture e che cessa con l’innesco di queste; potremmo sostituire tale sistema con uno un po’ più drastico: se non vengono indossate le cinture il motore non si avvia; con l’elettronica di cui sono dotate adesso le auto, sarebbe un gioco da ragazzi.
Questi sono tre facili sistemi per ridurre gli incidenti e i loro effetti, senza peraltro provocare eccessivi disturbi agli automobilisti: quale sarà il motivo per cui non vengono adottati?
domenica, novembre 20, 2005
Le ingerenze della Chiesa
E’ di questi giorni l’ultima polemica tra partiti, associazioni laiciste e la Chiesa circa la norma sulla devolution approvata dalla Camera dei Deputati.
Prima di affrontare un argomento – ma questo lo avrete già notato – mi piace chiarire bene di cosa stiamo parlando (forse è la mia formazione “tomista” che mi spinge a questo), ed in questo caso noi siamo portati ad usare il termine Chiesa con troppa superficialità; infatti le polemiche si aprono sempre con la C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) che dell’intera Chiesa è una parte, importante quanto si vuole ma sempre e comunque una parte; faccio un esempio, se la Conferenza Episcopale Belga affronta un problema ed emana una sorta di direttiva ai suoi cattolici circa il comportamento da tenere, noi italiani non lo veniamo neppure a sapere.
Quindi, primo punto fermo: la CEI non è la Chiesa, il Magistero; acclarato questo proseguiamo nella nostra disanima circa le polemiche che regolarmente si aprono ad ogni affermazione dei Vescovi italiani.
Circa le uscite dei Vescovi, il mio pensiero è che anch’essi – come gli odontotecnici, i fabbricanti di materassi, le donne di servizio, ecc. – hanno diritto di dire la loro sulle questioni di carattere etico che cozzano con i dettami della loro religione.
Se poi noi laici – più o meno credenti – ci sentiamo coartati da queste esternazioni, questo è un nostro problema che esula dalla situazione di fatto.
Non capisco poi le prese di posizione di alcune associazioni che raggruppano gli agnostici e gli atei d’Italia che ad ogni affermazione dei Vescovi si inalberano e gli contestano il diritto di affermare la loro idea su materia etica: forse sarebbero più credibili se altrettanta presa di posizione ci fosse nei confronti dei protestanti, dei mussulmani, degli ebrei o, stando più vicino a noi, dei protestanti e degli ortodossi.
E qui sorge una nuova domanda: perché le prese di posizione dei Vescovi hanno così risalto sulla gente (anche laica)? Probabilmente perché anche gli agnostici, o atei che dir si voglia, hanno un trascorso passato nelle sacrestie delle Chiese nostrali, dalle quali poi si sono allontanati per qualche motivo, più o meno nobile.
Un'altra motivazione dell’incidenza maggiore della Chiesa cattolica sulle altre è dato da due fattori: il primo è la maggiore presenza, in Italia, di cattolici rispetto a seguaci di altre religioni; ed il secondo motivo è dato dalla presenza, a Roma, del Pontefice, cioè della massima autorità.
Non si dimentichi che le alte cifre dal turismo che si fanno a Roma – oltre che dai ruderi romani – provengono dalle visite a Chiese e Catacombe dei cattolici; questa forma di “servitù” della città alla struttura religiosa è una precisa realtà che non può essere disattesa.
Una cosa dobbiamo affermare con forza: i Vescovi hanno piena facoltà di pronunciarsi sulle questioni di carattere etico e, ovviamente, religioso; quando invece la normativa scende maggiormente nel politico, farebbero meglio a non intromettersi, poiché rischiano di essere tirati per la giacca da questo o quel partito che sono sempre disposti all’arruolamento della Chiesa nelle loro file.
Quindi, per concludere, queste esternazioni vengano pronunciate, ma “cum cautio”, tanto per usare una lingua cara a nostri Vescovi.
Prima di affrontare un argomento – ma questo lo avrete già notato – mi piace chiarire bene di cosa stiamo parlando (forse è la mia formazione “tomista” che mi spinge a questo), ed in questo caso noi siamo portati ad usare il termine Chiesa con troppa superficialità; infatti le polemiche si aprono sempre con la C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) che dell’intera Chiesa è una parte, importante quanto si vuole ma sempre e comunque una parte; faccio un esempio, se la Conferenza Episcopale Belga affronta un problema ed emana una sorta di direttiva ai suoi cattolici circa il comportamento da tenere, noi italiani non lo veniamo neppure a sapere.
Quindi, primo punto fermo: la CEI non è la Chiesa, il Magistero; acclarato questo proseguiamo nella nostra disanima circa le polemiche che regolarmente si aprono ad ogni affermazione dei Vescovi italiani.
Circa le uscite dei Vescovi, il mio pensiero è che anch’essi – come gli odontotecnici, i fabbricanti di materassi, le donne di servizio, ecc. – hanno diritto di dire la loro sulle questioni di carattere etico che cozzano con i dettami della loro religione.
Se poi noi laici – più o meno credenti – ci sentiamo coartati da queste esternazioni, questo è un nostro problema che esula dalla situazione di fatto.
Non capisco poi le prese di posizione di alcune associazioni che raggruppano gli agnostici e gli atei d’Italia che ad ogni affermazione dei Vescovi si inalberano e gli contestano il diritto di affermare la loro idea su materia etica: forse sarebbero più credibili se altrettanta presa di posizione ci fosse nei confronti dei protestanti, dei mussulmani, degli ebrei o, stando più vicino a noi, dei protestanti e degli ortodossi.
E qui sorge una nuova domanda: perché le prese di posizione dei Vescovi hanno così risalto sulla gente (anche laica)? Probabilmente perché anche gli agnostici, o atei che dir si voglia, hanno un trascorso passato nelle sacrestie delle Chiese nostrali, dalle quali poi si sono allontanati per qualche motivo, più o meno nobile.
Un'altra motivazione dell’incidenza maggiore della Chiesa cattolica sulle altre è dato da due fattori: il primo è la maggiore presenza, in Italia, di cattolici rispetto a seguaci di altre religioni; ed il secondo motivo è dato dalla presenza, a Roma, del Pontefice, cioè della massima autorità.
Non si dimentichi che le alte cifre dal turismo che si fanno a Roma – oltre che dai ruderi romani – provengono dalle visite a Chiese e Catacombe dei cattolici; questa forma di “servitù” della città alla struttura religiosa è una precisa realtà che non può essere disattesa.
Una cosa dobbiamo affermare con forza: i Vescovi hanno piena facoltà di pronunciarsi sulle questioni di carattere etico e, ovviamente, religioso; quando invece la normativa scende maggiormente nel politico, farebbero meglio a non intromettersi, poiché rischiano di essere tirati per la giacca da questo o quel partito che sono sempre disposti all’arruolamento della Chiesa nelle loro file.
Quindi, per concludere, queste esternazioni vengano pronunciate, ma “cum cautio”, tanto per usare una lingua cara a nostri Vescovi.