venerdì, agosto 28, 2009
UN NUOVO MIRACOLO A LOURDES
Nel corrente mese di agosto, si è avuta a Lourdes una nuova “guarigione inspiegabile”, della quale ha beneficiato una donna, Antonietta, che si era recata nella Basilica con un viaggio organizzato dalla Diocesi di Lagonegro; la donna era (si dovrebbe dire è, ma di fatto non lo è più) affetta da una malattia tremenda e incurabile, la famosa SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e si arrangiava a spostarsi con una carrozzina; quando i barellieri l’hanno immersa nella vasca, la donna ha sentito prima un forte dolore alle gambe e subito dopo la voce di una donna che le diceva di non avere paura, di farsi coraggio finché la stessa voce le ha detto “adesso alzati”; da allora la nostra Antonietta cammina speditamente e della SLA le è rimasto – oltre al ricordo – solo una piccola traccia nella gamba sinistra, quasi un “segno” del passato.
La vicenda della signora Antonietta si innesta in un percorso costellato da 67 guarigioni che la Chiesa ha ufficialmente riconosciuto e da altre 7.200 dichiarate “inspiegabili” dal Comitato Medico Internazionale che si riunisce annualmente per esaminare i casi.
Chi scrive queste note è un laico convinto, sia pure alla ricerca di qualcosa di “superiore” che possa spiegare tutte le cose che non riesciamo a comprendere, ed è con profondo disagio che affronta questo argomento, dal quale scaturisce una parola che mette i brividi solo a pronunciarla: Miracolo. Così viene definito dal Devoto Oli: “fatto che si ritiene dovuto a un intervento soprannaturale in quanto supera i limiti delle normali prevedibilità dell’accadere e va oltre le possibilità dell’azione umana”.
Ma torniamo alla nostra Antonietta e scopriamo le finalità del viaggio a Loudes: “sono andata per chiedere la forza e la serenità di affrontare la malattia; la grazia mi sarebbe piaciuto che arrivasse ad una bambina di cinque anni che sta peggio di me”.
Ecco, con questa dichiarazione, Antonietta ci fornisce un “motivo” per cui è stata scelta lei: si è rivelata particolarmente “buona” e disposta a continuare a soffrire purché Dio le fornisse la forza necessaria; ma questo non mi spiega il perché la Madonna non abbia prescelto la bambina di cinque anni come, in un certo senso, le aveva suggerito la stessa Antonietta. Ed allora dobbiamo chinare la testa – laici e credenti – e ammettere che nessuno di noi è in grado di conoscere “il piano misterioso di Dio” e quindi neppure di suggerire gli eventuali interventi circa l’attuazione di questo piano.
Tutti noi siamo costretti a chinare la testa di fronte a questi eventi che anche la “scettica scienza” definisce inspiegabili e ammettere che qualcosa di questo piano misterioso di fatto veniamo a conoscerlo, sia pure in forma parziale e indecifrabile..
Storicamente non si conoscono comunità, società o civiltà che abbiano saputo fare a meno del “Divino”, con tutti i suoi misteri e tutte le sue proibizioni; per la verità l’unico esempio contrario proviene dalle Isole Andemane, dove gli abitanti avevano in origine un “Essere Supremo”, ma poiché questo Dio si dimostrava indifferente alla sorte degli uomini, finirono per dimenticarselo; di loro, scrive un antropologo, Paul Schebesta, che: “Gli Andemanensi non conoscono nessun culto di Dio, nessuna preghiera, nessun sacrificio, nessuna implorazione, nessuna forma di ringraziamento; essi sono miti, affettuosi, sorridenti e allegri”. Beati loro, ma è la classica eccezione che conferma la regola e cioè che l’uomo “ha bisogno” di Dio e chi non riesce a trovarlo è più infelice di colui che c’è riuscito; ovviamente nessuno conosce il modo di incontrarlo e se volete un mio parere vi dico che tutto dipende quasi esclusivamente da LUI, dalla SUA volontà di farsi conoscere; e noi in questa attesa cosa facciamo? Cerchiamo di meritarci l’incontro, vivendo secondo valori autentici. Non conosco nient’altro da dire!!
La vicenda della signora Antonietta si innesta in un percorso costellato da 67 guarigioni che la Chiesa ha ufficialmente riconosciuto e da altre 7.200 dichiarate “inspiegabili” dal Comitato Medico Internazionale che si riunisce annualmente per esaminare i casi.
Chi scrive queste note è un laico convinto, sia pure alla ricerca di qualcosa di “superiore” che possa spiegare tutte le cose che non riesciamo a comprendere, ed è con profondo disagio che affronta questo argomento, dal quale scaturisce una parola che mette i brividi solo a pronunciarla: Miracolo. Così viene definito dal Devoto Oli: “fatto che si ritiene dovuto a un intervento soprannaturale in quanto supera i limiti delle normali prevedibilità dell’accadere e va oltre le possibilità dell’azione umana”.
Ma torniamo alla nostra Antonietta e scopriamo le finalità del viaggio a Loudes: “sono andata per chiedere la forza e la serenità di affrontare la malattia; la grazia mi sarebbe piaciuto che arrivasse ad una bambina di cinque anni che sta peggio di me”.
Ecco, con questa dichiarazione, Antonietta ci fornisce un “motivo” per cui è stata scelta lei: si è rivelata particolarmente “buona” e disposta a continuare a soffrire purché Dio le fornisse la forza necessaria; ma questo non mi spiega il perché la Madonna non abbia prescelto la bambina di cinque anni come, in un certo senso, le aveva suggerito la stessa Antonietta. Ed allora dobbiamo chinare la testa – laici e credenti – e ammettere che nessuno di noi è in grado di conoscere “il piano misterioso di Dio” e quindi neppure di suggerire gli eventuali interventi circa l’attuazione di questo piano.
Tutti noi siamo costretti a chinare la testa di fronte a questi eventi che anche la “scettica scienza” definisce inspiegabili e ammettere che qualcosa di questo piano misterioso di fatto veniamo a conoscerlo, sia pure in forma parziale e indecifrabile..
Storicamente non si conoscono comunità, società o civiltà che abbiano saputo fare a meno del “Divino”, con tutti i suoi misteri e tutte le sue proibizioni; per la verità l’unico esempio contrario proviene dalle Isole Andemane, dove gli abitanti avevano in origine un “Essere Supremo”, ma poiché questo Dio si dimostrava indifferente alla sorte degli uomini, finirono per dimenticarselo; di loro, scrive un antropologo, Paul Schebesta, che: “Gli Andemanensi non conoscono nessun culto di Dio, nessuna preghiera, nessun sacrificio, nessuna implorazione, nessuna forma di ringraziamento; essi sono miti, affettuosi, sorridenti e allegri”. Beati loro, ma è la classica eccezione che conferma la regola e cioè che l’uomo “ha bisogno” di Dio e chi non riesce a trovarlo è più infelice di colui che c’è riuscito; ovviamente nessuno conosce il modo di incontrarlo e se volete un mio parere vi dico che tutto dipende quasi esclusivamente da LUI, dalla SUA volontà di farsi conoscere; e noi in questa attesa cosa facciamo? Cerchiamo di meritarci l’incontro, vivendo secondo valori autentici. Non conosco nient’altro da dire!!
giovedì, agosto 27, 2009
ANCORA PROBLEMI SULL'IMMIGRAZIONE
Il Governatore Draghi ha dichiarato recentemente che “il nostro Paese dispone di una risorsa potenzialmente di grande rilevanza per la nostra economia: la disponibilità del lavoro straniero, ma bisogna governarlo”; ecco, il problema sta tutto in questa frase che trasuda saggezza, ma tralascia un aspetto importante e cioè il fatto che l’Italia fa parte dell’Unione Europea, ma che – a causa della sua forma a “portaerei” – è l’ideale trampolino per chi vuole raggiungere il continente passando dal Mediterraneo.
Inoltre, i trattati europei ci vincolano a determinati controlli, ma analoga incombenza è di competenza anche degli altri paesi europei; quindi la situazione potrebbe essere sistemata con il varo di una normativa comune (che in parte già esiste), nella quale venga definito con esattezza il compito e le disponibilità economiche messe a disposizione del Paese che viene raggiunto dalla migrazione (in Italia nel 2008 ne sono arrivati 438mila, più che in ogni altro Paese della Comunità).
Facciamo una piccola parentesi e vediamo il problema della scelta del Paese da parte di coloro che si accingono a migrare; ho visto un’intervista con una ragazza di origine tunisina, la quale riferisce come l’Italia sia il Paese in assoluto più appetito dai migranti; volete sapere perché? Non perché siamo particolarmente accoglienti (non ce lo meriteremmo) ma perché le nostre leggi e la nostra giustizia in genere è la più lassista d’Europa; “da voi – ha continuato la ragazza – con una scusa o con l’altra si trova sempre il sistema per aggirare le leggi, cosa che non accade, per esempio, nei nostri paesi cosiddetti sottosviluppati, dove se ti trovano colpevole di qualcosa ti cacciano in galera e per uscire ce ne vuole delle belle”.
Comunque, dei circa 20milioni di stranieri residenti nella U.E., i due terzi si dividono tra Germania, Gran Bretagna e Francia; e allora possiamo dire che tra i migranti che vengono in Europa per lavorare, la maggioranza sceglie Nazioni con buone possibilità d’impiego, mentre coloro che vengono per “delinquere”, preferiscono l’Italia.
È infatti di queste ore l’ennesimo allarme sull’affollamento delle nostre carceri: pensate che i detenuti ammontano complessivamente a 63.587; di questi ben 21,562 sono stranieri (un terzo dell’intera popolazione carceraria), creando così un problema altissimo di sovraffollamento degli edifici preposti.
Anche in questo caso il nostro ministro competente – dopo avere affermato che le nostre carceri sono idonee ad ospitare soltanto detenuti italiani – si è rivolto alla U.E. per cercare gli aiuti idonei a risolvere la situazione; ma quali possono essere questi aiuti? Al massimo si tratterà di soldi per la costruzione di nuove strutture carcerarie, ma prima che queste siano operative passano degli anni e nel frattempo cosa si fa?
L’unica è diventare ancora più lassisti di quello che già siamo, disponendo la libertà provvisoria per un altro gruppo di stranieri che, magari, non siano colpevoli di reati di sangue: certo che così facendo aumentiamo il numero delle persone che scelgono l’Italia come loro meta “iniziale”; insomma aumentiamo il nostro “appeal”.
Il problema come è impostato al momento non mi appare di facile soluzione: in sintesi abbiamo l’Europa che “mette bocca” su un sacco di materie, ma per quanto riguarda l’immigrazione sceglie di abbandonare a se stessi i paesi che maggiormente sono raggiunti dai migranti (anche la Grecia si sente nella nostra posizione e così pure Malta); da qui a far nascere nella popolazione interessate dal fenomeno, delle posizioni xenofobe il passo è breve, ma guai a dare la colpa alla gente!! Quindi, stante l’ineluttabilità delle migrazioni, attrezziamoci per il meglio; e basta! Chiaro il concetto?
Inoltre, i trattati europei ci vincolano a determinati controlli, ma analoga incombenza è di competenza anche degli altri paesi europei; quindi la situazione potrebbe essere sistemata con il varo di una normativa comune (che in parte già esiste), nella quale venga definito con esattezza il compito e le disponibilità economiche messe a disposizione del Paese che viene raggiunto dalla migrazione (in Italia nel 2008 ne sono arrivati 438mila, più che in ogni altro Paese della Comunità).
Facciamo una piccola parentesi e vediamo il problema della scelta del Paese da parte di coloro che si accingono a migrare; ho visto un’intervista con una ragazza di origine tunisina, la quale riferisce come l’Italia sia il Paese in assoluto più appetito dai migranti; volete sapere perché? Non perché siamo particolarmente accoglienti (non ce lo meriteremmo) ma perché le nostre leggi e la nostra giustizia in genere è la più lassista d’Europa; “da voi – ha continuato la ragazza – con una scusa o con l’altra si trova sempre il sistema per aggirare le leggi, cosa che non accade, per esempio, nei nostri paesi cosiddetti sottosviluppati, dove se ti trovano colpevole di qualcosa ti cacciano in galera e per uscire ce ne vuole delle belle”.
Comunque, dei circa 20milioni di stranieri residenti nella U.E., i due terzi si dividono tra Germania, Gran Bretagna e Francia; e allora possiamo dire che tra i migranti che vengono in Europa per lavorare, la maggioranza sceglie Nazioni con buone possibilità d’impiego, mentre coloro che vengono per “delinquere”, preferiscono l’Italia.
È infatti di queste ore l’ennesimo allarme sull’affollamento delle nostre carceri: pensate che i detenuti ammontano complessivamente a 63.587; di questi ben 21,562 sono stranieri (un terzo dell’intera popolazione carceraria), creando così un problema altissimo di sovraffollamento degli edifici preposti.
Anche in questo caso il nostro ministro competente – dopo avere affermato che le nostre carceri sono idonee ad ospitare soltanto detenuti italiani – si è rivolto alla U.E. per cercare gli aiuti idonei a risolvere la situazione; ma quali possono essere questi aiuti? Al massimo si tratterà di soldi per la costruzione di nuove strutture carcerarie, ma prima che queste siano operative passano degli anni e nel frattempo cosa si fa?
L’unica è diventare ancora più lassisti di quello che già siamo, disponendo la libertà provvisoria per un altro gruppo di stranieri che, magari, non siano colpevoli di reati di sangue: certo che così facendo aumentiamo il numero delle persone che scelgono l’Italia come loro meta “iniziale”; insomma aumentiamo il nostro “appeal”.
Il problema come è impostato al momento non mi appare di facile soluzione: in sintesi abbiamo l’Europa che “mette bocca” su un sacco di materie, ma per quanto riguarda l’immigrazione sceglie di abbandonare a se stessi i paesi che maggiormente sono raggiunti dai migranti (anche la Grecia si sente nella nostra posizione e così pure Malta); da qui a far nascere nella popolazione interessate dal fenomeno, delle posizioni xenofobe il passo è breve, ma guai a dare la colpa alla gente!! Quindi, stante l’ineluttabilità delle migrazioni, attrezziamoci per il meglio; e basta! Chiaro il concetto?
mercoledì, agosto 26, 2009
L'ITALIA E GHEDDAFI
In occasione della vicenda relativa alla liberazione di uno dei due attentatori dell’aereo esploso su Lockerbie, si vede proprio come la stampa dei “pennivendoli” usi la vicenda a proprio piacimento, con l’intento di nuocere all’avversario politico di turno; ma ricordiamo, per i più distratti, a cosa ci stiamo riferendo.
Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: perirono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini di Lockerbie: prima dell'11 settembre 2001 è stato l'attacco terroristico più grave. L'ONU attribuì alla Libia la responsabilità di questo attentato aereo e chiese al governo di Tripoli l'arresto di due suoi cittadini accusati di esservi direttamente coinvolti. Al rifiuto di Gheddafi, le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 748, che sanciva un pesante embargo economico contro la Libia, la cui economia era già in fase calante; nel 1999, con la decisione della Libia di cambiare atteggiamento nei confronti dell’ONU, Tripoli consegnò i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi fu condannato all'ergastolo nel gennaio 2001 da una corte scozzese, mentre Al Amin Khalifa Fhimah fu assolto.
Adesso, causa un cancro incurabile e in fase terminale, ma forse anche a seguito di negoziati economici Libia-Gran Bretagna, Al Megrahi è stato liberato dal carcere scozzese nel quale si trovava rinchiuso ed è stato accolto da eroe al rientro in Libia.
E qui sono iniziate le contumelie nei confronti di Berlusconi che – a detta della sinistra unita (questa volta) non sarebbe dovuto andare il prossimo settembre in Libia per una visita di Stato già programmata; allora andiamo un po’ indietro nel tempo e scopriamo che cosa veniva detto di Gheddafi nel 2000: “adesso è possibile un rapporto di amicizia, collaborazione e rispetto reciproco; l’Italia si mette a disposizione”; chi l’ha detto? Ma è facile, sarà stato quel lecchino di Berlusconi! E invece no, fu “baffino” D’Alema che, nel solco tracciato da Prodi (pur in pieno embargo), continuava a trattare con Tripoli questioni economiche ma anche di altra natura.
Insomma, vediamo la vicenda dall’inizio: il consesso delle Nazioni decreta un embargo e Gheddafi deve abbozzare (avrebbe potuto chiudere i rubinetti del petrolio, ma non lo fece) e consegnare un presunto attentatore; questi viene processato e condannato all’ergastolo; durante la permanenza in carcere si becca un tumore maligno e adesso – in fase terminale – riceve un gesto di umanità dalla giustizia britannica: o non era più logico mettere la sordina all’evento e parlare d’altro?
E invece no, si attacca Berlusconi, anche se è in buona compagnia, perché a cominciare da Moro, poi Andreotti, poi Prodi, quindi D’Alema, tutti si sono adoperati per coltivare buoni rapporti con Gheddafi (e tutti sono stati attaccati dagli avversari) e Berlusconi ha seguito quindi una linea già tracciata, magari percorrendola con l’enfasi che gli è propria.
Insomma, i casi sono due: quando una Nazione impugna i diritti umani nei confronti della Libia significa che è stata tagliata fuori da un affare e – in politica interna – così come veniva attaccato Andreotti prima e Prodi dopo, adesso tocca a Berlusconi a subire gli strali degli avversari, ma ricordiamoci che è assai difficile scindere gli interessi economici dalla politica estera, la quale – come diceva quella grandissima “volpe” della Tatcher “consiste nel fare i propri interessi”.
E per quanto riguarda il signor al-Megrahi, lasciamolo morire in pace – se è vera la storia del tumore – e ricordiamoci che di fatti del genere sono pieni i giornali: ricordate Battisti e il Brasile o la signora terrorista mandata a morire in Italia: è ancora viva!
Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: perirono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini di Lockerbie: prima dell'11 settembre 2001 è stato l'attacco terroristico più grave. L'ONU attribuì alla Libia la responsabilità di questo attentato aereo e chiese al governo di Tripoli l'arresto di due suoi cittadini accusati di esservi direttamente coinvolti. Al rifiuto di Gheddafi, le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 748, che sanciva un pesante embargo economico contro la Libia, la cui economia era già in fase calante; nel 1999, con la decisione della Libia di cambiare atteggiamento nei confronti dell’ONU, Tripoli consegnò i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi fu condannato all'ergastolo nel gennaio 2001 da una corte scozzese, mentre Al Amin Khalifa Fhimah fu assolto.
Adesso, causa un cancro incurabile e in fase terminale, ma forse anche a seguito di negoziati economici Libia-Gran Bretagna, Al Megrahi è stato liberato dal carcere scozzese nel quale si trovava rinchiuso ed è stato accolto da eroe al rientro in Libia.
E qui sono iniziate le contumelie nei confronti di Berlusconi che – a detta della sinistra unita (questa volta) non sarebbe dovuto andare il prossimo settembre in Libia per una visita di Stato già programmata; allora andiamo un po’ indietro nel tempo e scopriamo che cosa veniva detto di Gheddafi nel 2000: “adesso è possibile un rapporto di amicizia, collaborazione e rispetto reciproco; l’Italia si mette a disposizione”; chi l’ha detto? Ma è facile, sarà stato quel lecchino di Berlusconi! E invece no, fu “baffino” D’Alema che, nel solco tracciato da Prodi (pur in pieno embargo), continuava a trattare con Tripoli questioni economiche ma anche di altra natura.
Insomma, vediamo la vicenda dall’inizio: il consesso delle Nazioni decreta un embargo e Gheddafi deve abbozzare (avrebbe potuto chiudere i rubinetti del petrolio, ma non lo fece) e consegnare un presunto attentatore; questi viene processato e condannato all’ergastolo; durante la permanenza in carcere si becca un tumore maligno e adesso – in fase terminale – riceve un gesto di umanità dalla giustizia britannica: o non era più logico mettere la sordina all’evento e parlare d’altro?
E invece no, si attacca Berlusconi, anche se è in buona compagnia, perché a cominciare da Moro, poi Andreotti, poi Prodi, quindi D’Alema, tutti si sono adoperati per coltivare buoni rapporti con Gheddafi (e tutti sono stati attaccati dagli avversari) e Berlusconi ha seguito quindi una linea già tracciata, magari percorrendola con l’enfasi che gli è propria.
Insomma, i casi sono due: quando una Nazione impugna i diritti umani nei confronti della Libia significa che è stata tagliata fuori da un affare e – in politica interna – così come veniva attaccato Andreotti prima e Prodi dopo, adesso tocca a Berlusconi a subire gli strali degli avversari, ma ricordiamoci che è assai difficile scindere gli interessi economici dalla politica estera, la quale – come diceva quella grandissima “volpe” della Tatcher “consiste nel fare i propri interessi”.
E per quanto riguarda il signor al-Megrahi, lasciamolo morire in pace – se è vera la storia del tumore – e ricordiamoci che di fatti del genere sono pieni i giornali: ricordate Battisti e il Brasile o la signora terrorista mandata a morire in Italia: è ancora viva!
martedì, agosto 25, 2009
MA C'E' QUESTA RIPRESA?
In Europa, da più parti, si sente “mormorare” che il peggio è passato e che si comincia a intravedere la fine del tunnel: insomma, tutta una serie di frasi fatte per dire che possiamo cominciare a parlare di ripresa; ma per chi ci sarà questa ripresa? Ovvio che le economie più forti (Germania e Francia) saranno il volano sul quale si va ad innescare l’aumento del “pil” di tutte o quasi le nazioni facenti parte dell’U.E., ma a noi – o meglio a me – degli altri adesso me ne importa poco o niente, ovverosia mi interessa solo quello che ci potrà portare vantaggio in casa nostra.
Ed ecco allora spostare l’occhio dall’Europa al nostro Paese, per andare a vedere cosa si prevede per il prossimo futuro: a sentire i sindacati non si intravedono segnali di ripresa a breve, ed anche gli Istituti Bancari parlano di ritardi sugli investimenti, di soldi stanziati e non spesi, insomma tutte le solite storie; in più c’è da aggiungere che si auspica “uno shock positivo”, cioè un qualcosa che possa servire ad innescare un piano più a lungo termine; tutto molto “fumoso”!!
Ed io che non sono né sindacalista né banchiere ho diritto di dire qualche sciocchezzuola in proposito? Se non ce l’ho me la prendo e comincio subito ad affermare che in Italia abbiamo due palle di piombo (cosa avevate capito??!) legate ai nostri piedi e cioè il costo della Pubblica Amministrazione e la poca tecnica negli studi dei nostri ragazzi.
Mi spiego meglio: il costo della P.A. – in rapporto al “pil” – confrontato con la Germania, ci fornisce dei dati a dir poco preoccupanti: dal 2000 al 2008, mentre la Germania è andata calando nettamente (dall’8.1 al 6.9) l’Italia è aumentata, sia pure di poco (dal 10.4 al 10.9); già da queste cifre si può notare che nel 2000 avevamo due punti percentuali di differenza e adesso i punti sono quattro; complimenti!!
Inoltre, il numero dei dipendenti pubblici, è pari a 55 ogni 1000 abitanti in Germania, mentre da noi si arriva a 61 ogni 1000 abitanti; anche queste sono cifre che incidono sull’economia, specie in questi momenti di crisi.
E facciamo un esempio fresco, fresco: indotti dalle “mattane” del ministro Brunetta, alcuni Comuni hanno fornito l’elenco delle retribuzioni dei manager; vi dico solo questo: in un Comune alle porte di Firenze, 5 manager (Direttore Affari Legali, Direttore Generale, Segretario Generale e due dirigenti) si sono portati a casa per il 2008, complessivamente, quasi 500mila euro che - al vecchio conio - vanno molto vicino al miliardo di lire; come dire: ce ne vuole di tasse e di autovelox per camparli!!
E vediamo il secondo aspetto: sapevate che l’Italia è agli ultimi posti per le lauree tecniche (Ingegneria, Fisica, Biologia, Medicina, ecc.) e che – al contrario – nelle nostre Università – per poter sistemare tutti i “cattedratici” che non dovrebbero insegnare neppure in un Asilo Nido – ci sono dei Corsi in svariate facoltà, con titoli, diciamo così, un po’ originali; sentitene qualcuno: “giurisprudenza italo-spagnola”, “scienza per la pace”, “scienza del fiore e del verde”, “scienze e tecnologie del fitness”, e potrei continuare ancora.
Insomma, se i nostri ragazzi facessero più materie tecniche e un po’ meno “scienza delle comunicazioni” (o similari), si avrebbe un buon aiuto per la nostra ripresa economica e, sul privato, l’ ingegnere o il fisico avranno grosse probabilità di trovare lavoro nel primo anno dopo la laurea, mentre il “comunicatore” (salvo genialità!!) farà il precario in strane strutture per lunghi anni.
Chiaro che non si può obbligare nessuno, ma pensiamoci un po’ prima di scegliere!!
Ed ecco allora spostare l’occhio dall’Europa al nostro Paese, per andare a vedere cosa si prevede per il prossimo futuro: a sentire i sindacati non si intravedono segnali di ripresa a breve, ed anche gli Istituti Bancari parlano di ritardi sugli investimenti, di soldi stanziati e non spesi, insomma tutte le solite storie; in più c’è da aggiungere che si auspica “uno shock positivo”, cioè un qualcosa che possa servire ad innescare un piano più a lungo termine; tutto molto “fumoso”!!
Ed io che non sono né sindacalista né banchiere ho diritto di dire qualche sciocchezzuola in proposito? Se non ce l’ho me la prendo e comincio subito ad affermare che in Italia abbiamo due palle di piombo (cosa avevate capito??!) legate ai nostri piedi e cioè il costo della Pubblica Amministrazione e la poca tecnica negli studi dei nostri ragazzi.
Mi spiego meglio: il costo della P.A. – in rapporto al “pil” – confrontato con la Germania, ci fornisce dei dati a dir poco preoccupanti: dal 2000 al 2008, mentre la Germania è andata calando nettamente (dall’8.1 al 6.9) l’Italia è aumentata, sia pure di poco (dal 10.4 al 10.9); già da queste cifre si può notare che nel 2000 avevamo due punti percentuali di differenza e adesso i punti sono quattro; complimenti!!
Inoltre, il numero dei dipendenti pubblici, è pari a 55 ogni 1000 abitanti in Germania, mentre da noi si arriva a 61 ogni 1000 abitanti; anche queste sono cifre che incidono sull’economia, specie in questi momenti di crisi.
E facciamo un esempio fresco, fresco: indotti dalle “mattane” del ministro Brunetta, alcuni Comuni hanno fornito l’elenco delle retribuzioni dei manager; vi dico solo questo: in un Comune alle porte di Firenze, 5 manager (Direttore Affari Legali, Direttore Generale, Segretario Generale e due dirigenti) si sono portati a casa per il 2008, complessivamente, quasi 500mila euro che - al vecchio conio - vanno molto vicino al miliardo di lire; come dire: ce ne vuole di tasse e di autovelox per camparli!!
E vediamo il secondo aspetto: sapevate che l’Italia è agli ultimi posti per le lauree tecniche (Ingegneria, Fisica, Biologia, Medicina, ecc.) e che – al contrario – nelle nostre Università – per poter sistemare tutti i “cattedratici” che non dovrebbero insegnare neppure in un Asilo Nido – ci sono dei Corsi in svariate facoltà, con titoli, diciamo così, un po’ originali; sentitene qualcuno: “giurisprudenza italo-spagnola”, “scienza per la pace”, “scienza del fiore e del verde”, “scienze e tecnologie del fitness”, e potrei continuare ancora.
Insomma, se i nostri ragazzi facessero più materie tecniche e un po’ meno “scienza delle comunicazioni” (o similari), si avrebbe un buon aiuto per la nostra ripresa economica e, sul privato, l’ ingegnere o il fisico avranno grosse probabilità di trovare lavoro nel primo anno dopo la laurea, mentre il “comunicatore” (salvo genialità!!) farà il precario in strane strutture per lunghi anni.
Chiaro che non si può obbligare nessuno, ma pensiamoci un po’ prima di scegliere!!
lunedì, agosto 24, 2009
AGUZZARE L'INGEGNO PER MANTENERE IL LAVORO
Ricorderete la vicenda della “Innse”, azienda milanese in via di chiusura che per “merito” dei lavoratori è stata acquistata da un altro soggetto che ha mantenuto i posti di lavoro ed ha promesso addirittura l’ampliamento della forza lavoro; che cosa avevano fatto i dipendenti già posti in cassa integrazione e prossimi al licenziamento? Si erano istallati su una gru a diversi metri dal suolo minacciando di non scendere se non a vertenza risolta. Ebbene, la situazione venne presa in mano dalla stampa che mobilitò l’opinione pubblica e fece in modo che si muovesse qualcosa all’interno della classe imprenditoriale; allora tutti felici e contenti? Aspettiamo qualche tempo per vedere se sono proprio tutte rose e, soprattutto, se “fioriranno”.
Adesso la situazione si è ripetuta a Roma, con l’intervento “decisivo” del Colosseo che ha ospitato alcune guardie giurate in procinto di perdere il posto di lavoro e ha consentito loro di attuare una protesta, che è stata peraltro copiata da un celebre film di Alberto Sordi: istallarsi sulla cima del monumento e non scendere da lì a nessun costo, senza che prima fosse risolta la questione del lavoro.
Non entro logicamente nel merito della vicenda, ma in questo caso la questione è ancora più complessa perché ci sono una serie di strutture che vanno dal Comune di Roma all’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci; insomma la cosa è più ingarbugliata, ma sembra sul punto di essere risolta in quanto è arrivata addirittura sul tavolo di Palazzo Chigi e se ne sta occupando il Governo: anche in questo caso, speriamo che siano rose e soprattutto che fioriscano.
Una lunga serie di “pennivendoli” (mia personale definizione dei giornalisti) si è scagliata su questo modo di affrontare le vicende sindacali, arrivando a parlare di “cattivo esempio” che nasce da queste due storie e potrà essere utilizzato anche in altre vertenze; e allora? Dove sta lo scandalo? I lavoratori – non so quanto “imboccati” dai sindacati – hanno utilizzato i sistemi che adesso sono in voga in questa nostra società della comunicazione: cercare di arrivare a colpire l’immaginario della gente e, così facendo, far passare la propria idea attraverso i mass-media, ma soprattutto, il disagio di alcune decine di persone in preda alla disperazione per la perdita del lavoro.
E vi voglio ripetere: se una qualsiasi “escort” (traduzione di puttana) o velina, può utilizzare i mezzi di comunicazione per “fare carriera”, cioè per fare i soldi con un calendario o meglio per trovare un gonzo che la mantenga, perché dei lavoratori sull’orlo della perdita del posto di lavoro non possono seguire la stessa “sceneggiata” per approdare a quella che rappresenta una vittoria per loro e la loro famiglia?
E poi mi chiedo: come mai, nel caso della “Innse”, l’azienda era da chiudere “prima della protesta della gru” e poi è diventata appetibile per un industriale che ha deciso di acquistarla? Due i casi: o non era decotta prima oppure la nuova fabbrica nasce per volontà di qualche “spirito santo”: chiaro il concetto ed i riferimenti?
Oggi siamo in presenza di una situazione nella quale il lavoratore è una merce come un’altra (tant’è vero che si parla del “mercato del lavoro” come si può parlare del “mercato del ferro o del legno”) e queste sceneggiate prendono le mosse da altre che si vedono in giro per motivi molto meno nobili; quindi ben venga la protesta sulla gru o sul Colosseo se risolve il problema, perché i discorsi li porta via il vento – come ben sappiamo – mentre i posti di lavoro li volatilizza la rapacità di una classe imprenditoriale che non ha neppure un briciolo di eticità e che deve essere quindi “scossa” da eventi massmediatici per “agire per il bene”. Chiaro il concetto?
Adesso la situazione si è ripetuta a Roma, con l’intervento “decisivo” del Colosseo che ha ospitato alcune guardie giurate in procinto di perdere il posto di lavoro e ha consentito loro di attuare una protesta, che è stata peraltro copiata da un celebre film di Alberto Sordi: istallarsi sulla cima del monumento e non scendere da lì a nessun costo, senza che prima fosse risolta la questione del lavoro.
Non entro logicamente nel merito della vicenda, ma in questo caso la questione è ancora più complessa perché ci sono una serie di strutture che vanno dal Comune di Roma all’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci; insomma la cosa è più ingarbugliata, ma sembra sul punto di essere risolta in quanto è arrivata addirittura sul tavolo di Palazzo Chigi e se ne sta occupando il Governo: anche in questo caso, speriamo che siano rose e soprattutto che fioriscano.
Una lunga serie di “pennivendoli” (mia personale definizione dei giornalisti) si è scagliata su questo modo di affrontare le vicende sindacali, arrivando a parlare di “cattivo esempio” che nasce da queste due storie e potrà essere utilizzato anche in altre vertenze; e allora? Dove sta lo scandalo? I lavoratori – non so quanto “imboccati” dai sindacati – hanno utilizzato i sistemi che adesso sono in voga in questa nostra società della comunicazione: cercare di arrivare a colpire l’immaginario della gente e, così facendo, far passare la propria idea attraverso i mass-media, ma soprattutto, il disagio di alcune decine di persone in preda alla disperazione per la perdita del lavoro.
E vi voglio ripetere: se una qualsiasi “escort” (traduzione di puttana) o velina, può utilizzare i mezzi di comunicazione per “fare carriera”, cioè per fare i soldi con un calendario o meglio per trovare un gonzo che la mantenga, perché dei lavoratori sull’orlo della perdita del posto di lavoro non possono seguire la stessa “sceneggiata” per approdare a quella che rappresenta una vittoria per loro e la loro famiglia?
E poi mi chiedo: come mai, nel caso della “Innse”, l’azienda era da chiudere “prima della protesta della gru” e poi è diventata appetibile per un industriale che ha deciso di acquistarla? Due i casi: o non era decotta prima oppure la nuova fabbrica nasce per volontà di qualche “spirito santo”: chiaro il concetto ed i riferimenti?
Oggi siamo in presenza di una situazione nella quale il lavoratore è una merce come un’altra (tant’è vero che si parla del “mercato del lavoro” come si può parlare del “mercato del ferro o del legno”) e queste sceneggiate prendono le mosse da altre che si vedono in giro per motivi molto meno nobili; quindi ben venga la protesta sulla gru o sul Colosseo se risolve il problema, perché i discorsi li porta via il vento – come ben sappiamo – mentre i posti di lavoro li volatilizza la rapacità di una classe imprenditoriale che non ha neppure un briciolo di eticità e che deve essere quindi “scossa” da eventi massmediatici per “agire per il bene”. Chiaro il concetto?