sabato, aprile 11, 2009
FORSE E' VERO: QUALCUNO S'ARRABBIA!
Se qualcuno va a rileggersi il mio post del 27 marzo, vedrà che ipotizzavo che qualche anelito rivoluzionario cominciasse a prendere piede anche da noi, nella società opulenta, nella società del benessere, in quella società nella quale Lenin reputava impossibile qualsiasi movimento rivoluzionario, in quanto non “ci sono le condizioni oggettive” e nel dire questo ipotizzava, ovviamente, che si potesse fare una rivoluzione solo dove c’era un popolo che stava morendo di stenti, cioè l’esatto opposto di quello che sta avvenendo da noi. Mi scuso per questo lungo preambolo, ed entro subito nel vivo della questione: nel mio post sopra indicato, dal titolo “E se fosse vero davvero?”, riportavo alcuni atti di violenza – non eccessiva, state tranquilli – accaduti a danno di qualche manager di aziende straniere sul suolo francese e nei confronti dei dirigenti della Royal Bank of Scotland, la banca europea più inguaiata in assoluto.
Adesso siamo di nuovo nel territorio francese, dove un gruppo di dipendenti di una società inglese, ha “preso in ostaggio” quattro manager , sull’onda dell’emozione (chiamiamola con il nome giusto: incazzatura) seguita all’annuncio della chiusura della fabbrica; e dire che sull’argomento il Presidente Sarkozy aveva minacciato pene gravissime per gli autori di simili reati: gli operai avranno pensato che un signore “con il culo al caldo” non può intimidire la gente che sta “col culo al freddo”.
E in Italia? Per ora i nostri operai non hanno posto in essere alcuna azione dimostrativa, ma i loro colleghi belgi, hanno “assediato” tre dirigenti della Italian Automotive Center, la grande Filiale FIAT di Bruxelles, durante una trattativa che verteva sui tagli del personale: il motivo del contendere, licenziamenti di 24 persone su 90 (circa il 30%). “Non trattiamo con i violenti”, il commento della FIAT!!
Tutte queste manifestazioni ci mostrano una classe operaia che – al di là della logica incazzatura – è sbalordita da tutto quello che gli succede e non sa più a quale santo votarsi; ma perché è così sbalordita? Eppure della crisi se ne parla ormai da circa 5 mesi e quindi dovrebbe essersi assuefatta e avere capito il problema.
E invece questo non sta accadendo, a mio modo di vedere per due motivi: il primo è che in questa crisi – come in quasi tutti gli eventi della vita – la gente non ci vede “giustizia”, cioè non avverte che le disgrazie stanno arrivando per tutti ed in forma egualitaria, ma vede che il vicino di casa cambia regolarmente il suo SUV, senza quindi risentire della stramaledetta crisi; e si chiede: come mai??
Il secondo motivo è che gli “opinion leader”, coloro cioè che vengono ascoltati e “seguiti” dalla brava gente, non hanno dato una logica e chiara spiegazione delle motivazioni che stanno alla base dello sconquasso e, conseguentemente, non hanno neppure prospettato le contromisure per fronteggiare questa situazione.
L’unica cosa che appare agli occhi delle persone è l’annuncio – quasi giornaliero – che lo stato “X” ha dato tot miliardi di euro alle banca “Y” e ne ha stanziati altrettanti per sovvenzionare le aziende in crisi; tutto questo sembra quasi un gioco da tavolo, un Monopoli, senza che ci sia niente di reale, anche perché ci viene propinato dai mass-media e quindi il gioco “finzione – realtà” è normale; e infine c’è la domanda chiave: ma tutti questi miliardi che ricaduta hanno nei miei confronti?? E nessuno sa rispondersi!!
E infine non c’è “un cane” che prospetti un nuovo modo di affrontare la vita per i prossimi anni: si dice che la crisi farà cambiare molte cose ma non viene detto “cosa” e in quale modo; non viene ipotizzato un diverso modo di produrre e di consumare, insomma un diverso modo di vedere la vita; da qui ad arrabbiarsi il passo è logico.
Adesso siamo di nuovo nel territorio francese, dove un gruppo di dipendenti di una società inglese, ha “preso in ostaggio” quattro manager , sull’onda dell’emozione (chiamiamola con il nome giusto: incazzatura) seguita all’annuncio della chiusura della fabbrica; e dire che sull’argomento il Presidente Sarkozy aveva minacciato pene gravissime per gli autori di simili reati: gli operai avranno pensato che un signore “con il culo al caldo” non può intimidire la gente che sta “col culo al freddo”.
E in Italia? Per ora i nostri operai non hanno posto in essere alcuna azione dimostrativa, ma i loro colleghi belgi, hanno “assediato” tre dirigenti della Italian Automotive Center, la grande Filiale FIAT di Bruxelles, durante una trattativa che verteva sui tagli del personale: il motivo del contendere, licenziamenti di 24 persone su 90 (circa il 30%). “Non trattiamo con i violenti”, il commento della FIAT!!
Tutte queste manifestazioni ci mostrano una classe operaia che – al di là della logica incazzatura – è sbalordita da tutto quello che gli succede e non sa più a quale santo votarsi; ma perché è così sbalordita? Eppure della crisi se ne parla ormai da circa 5 mesi e quindi dovrebbe essersi assuefatta e avere capito il problema.
E invece questo non sta accadendo, a mio modo di vedere per due motivi: il primo è che in questa crisi – come in quasi tutti gli eventi della vita – la gente non ci vede “giustizia”, cioè non avverte che le disgrazie stanno arrivando per tutti ed in forma egualitaria, ma vede che il vicino di casa cambia regolarmente il suo SUV, senza quindi risentire della stramaledetta crisi; e si chiede: come mai??
Il secondo motivo è che gli “opinion leader”, coloro cioè che vengono ascoltati e “seguiti” dalla brava gente, non hanno dato una logica e chiara spiegazione delle motivazioni che stanno alla base dello sconquasso e, conseguentemente, non hanno neppure prospettato le contromisure per fronteggiare questa situazione.
L’unica cosa che appare agli occhi delle persone è l’annuncio – quasi giornaliero – che lo stato “X” ha dato tot miliardi di euro alle banca “Y” e ne ha stanziati altrettanti per sovvenzionare le aziende in crisi; tutto questo sembra quasi un gioco da tavolo, un Monopoli, senza che ci sia niente di reale, anche perché ci viene propinato dai mass-media e quindi il gioco “finzione – realtà” è normale; e infine c’è la domanda chiave: ma tutti questi miliardi che ricaduta hanno nei miei confronti?? E nessuno sa rispondersi!!
E infine non c’è “un cane” che prospetti un nuovo modo di affrontare la vita per i prossimi anni: si dice che la crisi farà cambiare molte cose ma non viene detto “cosa” e in quale modo; non viene ipotizzato un diverso modo di produrre e di consumare, insomma un diverso modo di vedere la vita; da qui ad arrabbiarsi il passo è logico.
venerdì, aprile 10, 2009
NOI, NOI E GLI ALTRI
Mi è venuto in mente questo titolo che parafrasa un celebre film di Blasetti sull’egoismo, dal titolo “Io, Io, …..e gli altri” ed io mi sono limitato a sostituire l’io con il noi, in quanto siamo tutti implicati in questa vicenda, io per primo.
Dunque, vediamo i fatti: a Roma ed a Milano sono stati scoperti turbe di ragazzini che abitano sistematicamente nelle fogne delle città alle quali affluiscono dai tombini che si trovano nelle strade; si è accorto del fatto un negoziante che ha la propria bottega proprio di fronte ad una di queste “entrate/uscite” e che ha visto, un bel mattino, alzarsi il tombino e uscire da quel pertugio una frotta di ragazzini che sciamavano per la strada alla ricerca del modo per trovare da mangiare; a questo proposito mi viene in mente la bellissima frase napoletana su chi va giornalmente alla ricerca del cibo quotidiano: “’a campata”!
Chi sono questi bambini – di età tra i 10 e i 17 anni – e soprattutto che ci fanno tutti rammontati nelle fogne cittadine: chi sono è molto semplice scoprirlo: sono afgani , in massima parte, ma anche di altre etnie, che i genitori – anch’essi alla ricerca della “campata”, hanno abbandonato e che cercano di sbarcare il lunario.
Scusate se faccio riferimento spesso ai film, ma è nel mio DNA e poi credo che il cinema esplori continuamente il vivere civile; dunque dicevo che esiste un film di Marco Pontecorvo dal titolo “PARADA”, che illustra la vita e le possibili azioni di sostegno per questi bambini che vivono nelle fogne; nel film – che sembra narri una storia vera – è Miloud, un clown franco-algerino che si impegna a far uscire questi ragazzini dalle fogne di Bucarest ed a trovar loro una occupazione in un circo che mette su insieme a loro.
Il film non è un gran ché, ma il messaggio che lancia è sinceramente accattivante e pieno di speranza.
Ma noi che cosa possiamo fare per occuparci di questa situazione che – in uno dei paesi più civili ed importanti del pianeta – fa arrossire anche le pietre che circondano i tombini? Non è facile dirlo, anche perché ognuno di noi è impegnato a consumare il più possibile perché ci hanno detto che se si ferma la spirale “produzione/consumo” andiamo tutti a carte quarantotto e quindi noi, o meglio, coloro tra noi che possono, consumano talmente tanto che non gli resta tempo per fare nient’altro.
Oppure, sempre nell’ondata del consumismo, proviamo a “consumare beneficenza”; come? Seguitemi un attimo e ve lo spiego: un comune della Toscana sta pensando ad un “bonus” tra i 500 e i 1000 euro da destinare ai rom che si dichiarano disposti a rientrare in Romania; le due cifre di cui sopra sono il minimo ed il massimo e variano con il variare del numero dei componenti il nucleo familiare.
Con questo sistema di “consumo” raggiungiamo l’obiettivo di togliere dalla nostra vista questi rom sudici, puzzolenti e petulanti nell’accattonaggio: li rimandiamo a casa e loro, magari, dopo aver finito il nostro “bonus” ritornano e così la strada del consumismo continua a funzionare.
Questa nostra società è dedita soprattutto a “fare l’abitudine” a tutto, a qualsiasi nefandezza venga consumata, a ogni porcheria ci venga presentata dai mezzi di comunicazione di massa; a tutto questo noi si reagisce come se fossimo dentro un orribile reality del quale non conosciamo la fine e neppure le modalità per uscirne, ma almeno sappiamo che non è “la verità”, non può esserlo, perché non è possibile che l’essere umano sia ridotto in questo modo; e ci diciamo: deve per forza essere finzione!
Dunque, vediamo i fatti: a Roma ed a Milano sono stati scoperti turbe di ragazzini che abitano sistematicamente nelle fogne delle città alle quali affluiscono dai tombini che si trovano nelle strade; si è accorto del fatto un negoziante che ha la propria bottega proprio di fronte ad una di queste “entrate/uscite” e che ha visto, un bel mattino, alzarsi il tombino e uscire da quel pertugio una frotta di ragazzini che sciamavano per la strada alla ricerca del modo per trovare da mangiare; a questo proposito mi viene in mente la bellissima frase napoletana su chi va giornalmente alla ricerca del cibo quotidiano: “’a campata”!
Chi sono questi bambini – di età tra i 10 e i 17 anni – e soprattutto che ci fanno tutti rammontati nelle fogne cittadine: chi sono è molto semplice scoprirlo: sono afgani , in massima parte, ma anche di altre etnie, che i genitori – anch’essi alla ricerca della “campata”, hanno abbandonato e che cercano di sbarcare il lunario.
Scusate se faccio riferimento spesso ai film, ma è nel mio DNA e poi credo che il cinema esplori continuamente il vivere civile; dunque dicevo che esiste un film di Marco Pontecorvo dal titolo “PARADA”, che illustra la vita e le possibili azioni di sostegno per questi bambini che vivono nelle fogne; nel film – che sembra narri una storia vera – è Miloud, un clown franco-algerino che si impegna a far uscire questi ragazzini dalle fogne di Bucarest ed a trovar loro una occupazione in un circo che mette su insieme a loro.
Il film non è un gran ché, ma il messaggio che lancia è sinceramente accattivante e pieno di speranza.
Ma noi che cosa possiamo fare per occuparci di questa situazione che – in uno dei paesi più civili ed importanti del pianeta – fa arrossire anche le pietre che circondano i tombini? Non è facile dirlo, anche perché ognuno di noi è impegnato a consumare il più possibile perché ci hanno detto che se si ferma la spirale “produzione/consumo” andiamo tutti a carte quarantotto e quindi noi, o meglio, coloro tra noi che possono, consumano talmente tanto che non gli resta tempo per fare nient’altro.
Oppure, sempre nell’ondata del consumismo, proviamo a “consumare beneficenza”; come? Seguitemi un attimo e ve lo spiego: un comune della Toscana sta pensando ad un “bonus” tra i 500 e i 1000 euro da destinare ai rom che si dichiarano disposti a rientrare in Romania; le due cifre di cui sopra sono il minimo ed il massimo e variano con il variare del numero dei componenti il nucleo familiare.
Con questo sistema di “consumo” raggiungiamo l’obiettivo di togliere dalla nostra vista questi rom sudici, puzzolenti e petulanti nell’accattonaggio: li rimandiamo a casa e loro, magari, dopo aver finito il nostro “bonus” ritornano e così la strada del consumismo continua a funzionare.
Questa nostra società è dedita soprattutto a “fare l’abitudine” a tutto, a qualsiasi nefandezza venga consumata, a ogni porcheria ci venga presentata dai mezzi di comunicazione di massa; a tutto questo noi si reagisce come se fossimo dentro un orribile reality del quale non conosciamo la fine e neppure le modalità per uscirne, ma almeno sappiamo che non è “la verità”, non può esserlo, perché non è possibile che l’essere umano sia ridotto in questo modo; e ci diciamo: deve per forza essere finzione!
giovedì, aprile 09, 2009
STORIE DI PENSIONATI
I pensionati di cui parlo in questo mio post sono – come dire – un po’ speciali, sono gente che, seguendo le indicazioni del Presidente Berlusconi, quando sono rimasti senza lavoro “si sono dati daffare” e con grande successo, a vedere i risultati conseguiti e i soldi che stanno incassando.
Sto parlando dei politici ad alto livello, di premier o di vice premier, che ad un certo momento della loro vita si sono visti scaraventati fuori dall’agone e che, anziché attendere l’occasione per rientrare, si sono diretti verso altri campi operativi.
Il primo esempio che mi viene in mente è quello di Winston Churhill, il quale dopo aver contribuito da par suo alla vittoria sui nazi-fascisti, perse le prime elezioni del dopoguerra e il grande statista – anziché stare a rimuginare sull’ingratitudine degli inglesi – si mise a scrivere “La storia della seconda guerra mondiale”, libro che gli frutto il Nobel per la letteratura e anche tanti bei soldini.
Un altro che è stato scaraventato fuori di forza è stato Gorbaciov, ed anche lui si è messo in giro per il mondo a raccontare le sue esperienze: ovviamente a pagamento!
Ma veniamo ai nostri giorni ed alla classifica dei guadagni che un quotidiano ha pubblicato: Tony Blair ha incassato, per due conferenze, di complessivi 60 minuti, tenute all’Università di Manila, la ragguardevole somma di 440mila euro, che rapportata al tempo, significa circa 7.000 euro al minuto: non male, proprio non male!
Fino a qualche anno fa, simili exploit erano appannaggio di Bill Clinton che riusciva a incassare fino a 200mila euro a conferenza; adesso, sarà l’apparizione della moglie, sarà la crisi, fatto sta che il suo cachet è di 112mila euro ad esibizione; contentiamoci!
Il suo vice – Al Gore – è naturalmente una spanna sotto: il sostenitore dell’ambientalismo riesce a farsi pagare 75mila euro per ogni suo intervento che, a casa mia, è proprio un bel prendere, soprattutto perché in tali apparizioni si parla soltanto di come salvare il pianeta, cioè l’unica cosa che conosce.
In Germania c’era una coppia di grandi politici – Khol e Schroeder – entrambi usciti in malo modo dalla politica: il primo venne preso con le mani nel vasetto della marmellata per un piccolo finanziamento illecito e non è più riapparso in scena, il secondo invece, prima di cedere lo scettro alla Merkel, riuscì a firmare un accordo con la Russia di Putin per la costruzione di un gasdotto sul Baltico; ovviamente chi meglio di lui poteva dirigere la realizzazione della mastodontica opera? Ovviamente, per la modica somma di 250mila euro l’anno; bel colpo!!
Torniamo un momento a Blair e sottolineiamo che le entrato da conferenze non sono le uniche fonti di sopravvivenza: infatti l’ex premier britannico, percepisce 2 milioni e 200mila euro l’anno per “consulenze” alla Jp Morgan Chase ed altri 550mila con analoga motivazione, questa volta a beneficio della Zurich Financial Service; a tutto questo si deve aggiungere l’anticipo di 5 milioni ricevuto dal suo editore per le “memorie” che sta scrivendo. Non c’è che dire, è proprio un bel partito!
E i nostri? No, qui da noi non ci sono queste usanze, i nostri politici “in pensione” non sono richiesti né in Italia e tanto meno all’estero, per questo rimangono attaccati alla poltrona finché gli resta un briciolo di fiato; possiamo dire che anche quando gli va male, sperano che alla prossima tornata il vento cambi e se non è alla prima si riprova alla seconda e così via nei tentativi: tanto la pensione “decorosa” c’è già!!
L’unica eccezione mi sembra essere Romano Prodi che, quando non fa il nonno, si barcamena tra incarichi UE e ONU: non moltissimi soldi, ma belle soddisfazioni!
Sto parlando dei politici ad alto livello, di premier o di vice premier, che ad un certo momento della loro vita si sono visti scaraventati fuori dall’agone e che, anziché attendere l’occasione per rientrare, si sono diretti verso altri campi operativi.
Il primo esempio che mi viene in mente è quello di Winston Churhill, il quale dopo aver contribuito da par suo alla vittoria sui nazi-fascisti, perse le prime elezioni del dopoguerra e il grande statista – anziché stare a rimuginare sull’ingratitudine degli inglesi – si mise a scrivere “La storia della seconda guerra mondiale”, libro che gli frutto il Nobel per la letteratura e anche tanti bei soldini.
Un altro che è stato scaraventato fuori di forza è stato Gorbaciov, ed anche lui si è messo in giro per il mondo a raccontare le sue esperienze: ovviamente a pagamento!
Ma veniamo ai nostri giorni ed alla classifica dei guadagni che un quotidiano ha pubblicato: Tony Blair ha incassato, per due conferenze, di complessivi 60 minuti, tenute all’Università di Manila, la ragguardevole somma di 440mila euro, che rapportata al tempo, significa circa 7.000 euro al minuto: non male, proprio non male!
Fino a qualche anno fa, simili exploit erano appannaggio di Bill Clinton che riusciva a incassare fino a 200mila euro a conferenza; adesso, sarà l’apparizione della moglie, sarà la crisi, fatto sta che il suo cachet è di 112mila euro ad esibizione; contentiamoci!
Il suo vice – Al Gore – è naturalmente una spanna sotto: il sostenitore dell’ambientalismo riesce a farsi pagare 75mila euro per ogni suo intervento che, a casa mia, è proprio un bel prendere, soprattutto perché in tali apparizioni si parla soltanto di come salvare il pianeta, cioè l’unica cosa che conosce.
In Germania c’era una coppia di grandi politici – Khol e Schroeder – entrambi usciti in malo modo dalla politica: il primo venne preso con le mani nel vasetto della marmellata per un piccolo finanziamento illecito e non è più riapparso in scena, il secondo invece, prima di cedere lo scettro alla Merkel, riuscì a firmare un accordo con la Russia di Putin per la costruzione di un gasdotto sul Baltico; ovviamente chi meglio di lui poteva dirigere la realizzazione della mastodontica opera? Ovviamente, per la modica somma di 250mila euro l’anno; bel colpo!!
Torniamo un momento a Blair e sottolineiamo che le entrato da conferenze non sono le uniche fonti di sopravvivenza: infatti l’ex premier britannico, percepisce 2 milioni e 200mila euro l’anno per “consulenze” alla Jp Morgan Chase ed altri 550mila con analoga motivazione, questa volta a beneficio della Zurich Financial Service; a tutto questo si deve aggiungere l’anticipo di 5 milioni ricevuto dal suo editore per le “memorie” che sta scrivendo. Non c’è che dire, è proprio un bel partito!
E i nostri? No, qui da noi non ci sono queste usanze, i nostri politici “in pensione” non sono richiesti né in Italia e tanto meno all’estero, per questo rimangono attaccati alla poltrona finché gli resta un briciolo di fiato; possiamo dire che anche quando gli va male, sperano che alla prossima tornata il vento cambi e se non è alla prima si riprova alla seconda e così via nei tentativi: tanto la pensione “decorosa” c’è già!!
L’unica eccezione mi sembra essere Romano Prodi che, quando non fa il nonno, si barcamena tra incarichi UE e ONU: non moltissimi soldi, ma belle soddisfazioni!
mercoledì, aprile 08, 2009
STORIE DI ORDINARIA POLITICA
Siamo in un Comune del Centro Italia e le due cose che vi sto per raccontare rappresentano, per me, lo specchio della situazione nella quale è caduta la nostra amministrazione della cosa pubblica, sia nazionale che locale.
La prima: una di queste mattine, prima dell’inizio della seduta consiliare, arriva nel salone – invitato da una consigliera del PD, partito al governo della città – un pretino giovane, lo definirei implume se non fosse per il pizzetto nero, e benedice l’aula con l’aspersione dell’acqua benedetta, secondo la tradizione popolare che prevede tale operazione nelle vicinanze della Pasqua. Apriti cielo, spalancati terra, i consiglieri – opportunamente avvertiti – si precipitano in Aula e accusano il sacerdote di essere “venuto a marcare il territorio così come fanno i cani con la propria orina”, battuta di una finezza esaltante.
La consigliera che ha invitato il prete a benedire l’aula ribatte che “Don Marco (il nome è di fantasia) non è venuto qui per marcare il territorio, ma solo per effettuare una benedizione pasquale che rientra nella tradizione popolare”; il prete se ne va!
Ovviamente la rissa prosegue e assume i toni della pochade (a mio giudizio), specie quando un consigliere della maggioranza ha asserito di “essere rimasto turbato dall’atto della benedizione e di essersi sentito discriminato in quanto siamo in un’aula pubblica nella quale ci sono consiglieri atei, un musulmano, un ebreo e un valdese e tutti sono stati costretti a subire un rito di una religione alla quale non appartengono”.
Se il Consigliere Rossi (altro nome di fantasia) avesse fatto questo discorso di fronte alla sua mamma, tutto sarebbe finito con uno scapaccione e con la raccomandazione di pensare alle cose serie, con l’aggiunta che una benedizione, qualunque essa sia, non ha mai fatto male a nessuno; comunque, la rissa è continuata per tutta la mattinata (il pomeriggio hanno fatto festa, naturalmente); e qui chiudiamo il primo racconto.
La seconda “puttanata” cui mi riferisco è accaduta di pomeriggio ed ha riguardato la revoca della cittadinanza a Benito Mussolini, onorificenza attribuitagli in occasione della sua visita nel giugno del 1923. Non sto a ricordarvi che Mussolini è deceduto nel 1945 e, da quella data, non appare, o non dovrebbe apparire più nei registri comunali.
Dunque, ritorniamo a bomba: su proposta di un consigliere del PD, il Consiglio è stato investito della discussione sulla revoca di tale cittadinanza e, come era facile prevedere, l’atmosfera di è subito surriscaldata.
Anzitutto le presenze in aula sono sintomatiche: solo 36 i consiglieri presenti su 47; di questi 29 i favorevoli e 7 i contrari; durante il dibattito, un consigliere di area AN ha difeso appassionatamente la figura “storica” di Mussolini, mentre un altro – di area PD – si è impegnato per denigrarla, operazione che al momento non è certamente di grande difficoltà: si potrebbe dire che è “come sparare sulla Croce Rossa”. Comunque, un'altra giornata di lavoro se n’è andata!
Il commento più interessante, a mio giudizio, è stato quello di una consigliera di area PDL che ha detto: “entro il 22 aprile (fine legislatura) ci sono ancora 32 delibere da approvare (o no), ma la maggioranza preferisce occuparsi di queste questioni che ai cittadini non interessano proprio niente”.
Aggiungo che in politica si usa fare discorsi “sui massimi sistemi” quando non si riesce a fare le cose “normali”; questo avviene naturalmente sia in campo nazionale che in quello locale, perché i protagonisti sono tutti della stessa pasta, cioè hanno a cuore le stesse cose: la poltrona e basta e se ne fregano degli interessi dei cittadini.
La prima: una di queste mattine, prima dell’inizio della seduta consiliare, arriva nel salone – invitato da una consigliera del PD, partito al governo della città – un pretino giovane, lo definirei implume se non fosse per il pizzetto nero, e benedice l’aula con l’aspersione dell’acqua benedetta, secondo la tradizione popolare che prevede tale operazione nelle vicinanze della Pasqua. Apriti cielo, spalancati terra, i consiglieri – opportunamente avvertiti – si precipitano in Aula e accusano il sacerdote di essere “venuto a marcare il territorio così come fanno i cani con la propria orina”, battuta di una finezza esaltante.
La consigliera che ha invitato il prete a benedire l’aula ribatte che “Don Marco (il nome è di fantasia) non è venuto qui per marcare il territorio, ma solo per effettuare una benedizione pasquale che rientra nella tradizione popolare”; il prete se ne va!
Ovviamente la rissa prosegue e assume i toni della pochade (a mio giudizio), specie quando un consigliere della maggioranza ha asserito di “essere rimasto turbato dall’atto della benedizione e di essersi sentito discriminato in quanto siamo in un’aula pubblica nella quale ci sono consiglieri atei, un musulmano, un ebreo e un valdese e tutti sono stati costretti a subire un rito di una religione alla quale non appartengono”.
Se il Consigliere Rossi (altro nome di fantasia) avesse fatto questo discorso di fronte alla sua mamma, tutto sarebbe finito con uno scapaccione e con la raccomandazione di pensare alle cose serie, con l’aggiunta che una benedizione, qualunque essa sia, non ha mai fatto male a nessuno; comunque, la rissa è continuata per tutta la mattinata (il pomeriggio hanno fatto festa, naturalmente); e qui chiudiamo il primo racconto.
La seconda “puttanata” cui mi riferisco è accaduta di pomeriggio ed ha riguardato la revoca della cittadinanza a Benito Mussolini, onorificenza attribuitagli in occasione della sua visita nel giugno del 1923. Non sto a ricordarvi che Mussolini è deceduto nel 1945 e, da quella data, non appare, o non dovrebbe apparire più nei registri comunali.
Dunque, ritorniamo a bomba: su proposta di un consigliere del PD, il Consiglio è stato investito della discussione sulla revoca di tale cittadinanza e, come era facile prevedere, l’atmosfera di è subito surriscaldata.
Anzitutto le presenze in aula sono sintomatiche: solo 36 i consiglieri presenti su 47; di questi 29 i favorevoli e 7 i contrari; durante il dibattito, un consigliere di area AN ha difeso appassionatamente la figura “storica” di Mussolini, mentre un altro – di area PD – si è impegnato per denigrarla, operazione che al momento non è certamente di grande difficoltà: si potrebbe dire che è “come sparare sulla Croce Rossa”. Comunque, un'altra giornata di lavoro se n’è andata!
Il commento più interessante, a mio giudizio, è stato quello di una consigliera di area PDL che ha detto: “entro il 22 aprile (fine legislatura) ci sono ancora 32 delibere da approvare (o no), ma la maggioranza preferisce occuparsi di queste questioni che ai cittadini non interessano proprio niente”.
Aggiungo che in politica si usa fare discorsi “sui massimi sistemi” quando non si riesce a fare le cose “normali”; questo avviene naturalmente sia in campo nazionale che in quello locale, perché i protagonisti sono tutti della stessa pasta, cioè hanno a cuore le stesse cose: la poltrona e basta e se ne fregano degli interessi dei cittadini.
martedì, aprile 07, 2009
IL TERREMOTO
Nella notte tra domenica e lunedì, precisamente alle 3,32, la terra ha tremato in Abruzzo, magnitudo 5.8, epicentro Paganica, a pochi chilometri da L’Aquila, distruggendo una serie di piccolo paesi vicini al capoluogo della regione e facendo danni immensi nel centro della città; i morti al momento in cui scrivo sfiorano le 200 unità, i feriti 1500 e i senza tetto superano i 50.000.
Come si può capire da questi numeri siamo in presenza di una autentica catastrofe alla quale possiamo al momento contrapporre solo degli aiuti per gli sfollati e delle promesse di una pronta ricostruzione dell’intero patrimonio abitativo.
Però, un paio di commenti sull’evento me li dovete concedere: anzitutto dobbiamo notare l’enorme affetto che il mondo intero ci sta riversando addosso; da tutte le parti piovono offerte di aiuti e grandissima solidarietà. Questo ritengo che dipenda dalla solidarietà che abbiamo offerto agli altri nei “loro” momenti di bisogno: della serie “chi compie un atto di generosità verrà ripagato nel medesimo senso”.
Ma in mezzo a tutto questo fiorire di iniziative solidaristiche, non poteva mancare la polemica, aspra e delicata al tempo stesso: un tecnico che dice di essere dipendente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, ma che lo stesso Ente smentisce di averlo tra i collaboratori, afferma che tramite le sue ricerche – sembra che impieghi una tecnica che ricerca il radon nell’aria, un gas che secondo lui anticiperebbe il sisma – avrebbe previsto, nella notte fatidica, cioè verso la mezzanotte, il tragico evento che si sarebbe verificato tre ore dopo; a parte che tutti gli scienziati non concordano su questa tecnica e a parte anche il fatto che analoga “profezia” era stata fatta nei giorni precedenti per la città di Sulmona (pensate se fosse stata evacuata), le tre ore di anticipo sul terremoto non mi sembra che consentano grandi manovre.
A questo proposito, cioè la previsione dei terremoti, c’è da dire che la Cina mi sembra essere all’avanguardia di tali sperimentazioni: il 4 febbraio del 1975 i sismologi e geofisici cinesi previdero luogo, ora e intensità di un sisma, grazie a misurazioni e raccolte dati nei 5 anni precedenti: come reazione, il governo evacuò la città di Hai Cheng evitando un’ecatombe data la particolare intensità del sisma (magnitudo 7.3).
Peccato che gli stessi scienziati cinesi non sapessero prevedere poco più di un anno dopo (28 luglio 1976) il sisma di magnitudo 8.2 che rase al suolo la città di Tangshan facendo 800mila morti.
Nel mondo la maggiore prova di “attitudine” alla lotta ai terremoti credo che ci pervenga dal Giappone, dove anziché spendere tutti quei soldi per la rilevazione di dati “preventivi”, compilano una mappa delle zone a rischio e in quelle aree impongono un tipo di costruzione antisismica fino al nono grado di magnitudo.
Purtroppo da noi abbiamo dei secoli di ritardo su questo sistema; non a caso si è visto che nelle riprese televisive, le macerie risultano composte quasi interamente da calcinacci di materia non cementizzata, eppure tutto l’Abruzzo è considerato zona a rischio sismico, così come tante altre parti d’Italia: chi ha controllato?
Quindi, a mio giudizio, quello che chiede la gente che ha subito – ma anche quella che ha “visto” – le tragiche situazioni derivate dal sisma, è una attenta e rigida applicazione della tecnica di costruzione antisismica nelle zone a rischio; che poi non sia una cosa semplice entrare a regime in qualche decennio, posso essere d’accordo (si tratta di regole e di miliardi), ma sono anche certo che finché non si comincia non si potrà mai arrivare in fondo; e questo è quello che chiedono i morti de L’Aquila.
Come si può capire da questi numeri siamo in presenza di una autentica catastrofe alla quale possiamo al momento contrapporre solo degli aiuti per gli sfollati e delle promesse di una pronta ricostruzione dell’intero patrimonio abitativo.
Però, un paio di commenti sull’evento me li dovete concedere: anzitutto dobbiamo notare l’enorme affetto che il mondo intero ci sta riversando addosso; da tutte le parti piovono offerte di aiuti e grandissima solidarietà. Questo ritengo che dipenda dalla solidarietà che abbiamo offerto agli altri nei “loro” momenti di bisogno: della serie “chi compie un atto di generosità verrà ripagato nel medesimo senso”.
Ma in mezzo a tutto questo fiorire di iniziative solidaristiche, non poteva mancare la polemica, aspra e delicata al tempo stesso: un tecnico che dice di essere dipendente dell’Istituto nazionale di Fisica nucleare, ma che lo stesso Ente smentisce di averlo tra i collaboratori, afferma che tramite le sue ricerche – sembra che impieghi una tecnica che ricerca il radon nell’aria, un gas che secondo lui anticiperebbe il sisma – avrebbe previsto, nella notte fatidica, cioè verso la mezzanotte, il tragico evento che si sarebbe verificato tre ore dopo; a parte che tutti gli scienziati non concordano su questa tecnica e a parte anche il fatto che analoga “profezia” era stata fatta nei giorni precedenti per la città di Sulmona (pensate se fosse stata evacuata), le tre ore di anticipo sul terremoto non mi sembra che consentano grandi manovre.
A questo proposito, cioè la previsione dei terremoti, c’è da dire che la Cina mi sembra essere all’avanguardia di tali sperimentazioni: il 4 febbraio del 1975 i sismologi e geofisici cinesi previdero luogo, ora e intensità di un sisma, grazie a misurazioni e raccolte dati nei 5 anni precedenti: come reazione, il governo evacuò la città di Hai Cheng evitando un’ecatombe data la particolare intensità del sisma (magnitudo 7.3).
Peccato che gli stessi scienziati cinesi non sapessero prevedere poco più di un anno dopo (28 luglio 1976) il sisma di magnitudo 8.2 che rase al suolo la città di Tangshan facendo 800mila morti.
Nel mondo la maggiore prova di “attitudine” alla lotta ai terremoti credo che ci pervenga dal Giappone, dove anziché spendere tutti quei soldi per la rilevazione di dati “preventivi”, compilano una mappa delle zone a rischio e in quelle aree impongono un tipo di costruzione antisismica fino al nono grado di magnitudo.
Purtroppo da noi abbiamo dei secoli di ritardo su questo sistema; non a caso si è visto che nelle riprese televisive, le macerie risultano composte quasi interamente da calcinacci di materia non cementizzata, eppure tutto l’Abruzzo è considerato zona a rischio sismico, così come tante altre parti d’Italia: chi ha controllato?
Quindi, a mio giudizio, quello che chiede la gente che ha subito – ma anche quella che ha “visto” – le tragiche situazioni derivate dal sisma, è una attenta e rigida applicazione della tecnica di costruzione antisismica nelle zone a rischio; che poi non sia una cosa semplice entrare a regime in qualche decennio, posso essere d’accordo (si tratta di regole e di miliardi), ma sono anche certo che finché non si comincia non si potrà mai arrivare in fondo; e questo è quello che chiedono i morti de L’Aquila.
lunedì, aprile 06, 2009
A CHI MUORE DI FAME? NIENTE!
A sentire tutti quei potenti del pianeta riuniti prima a Londra, poi a Strasburgo e infine a Praga, si direbbe che hanno tutti “le tasche bucate” come si dice dalle mie parti, cioè sono disposti a spendere a piene mani; ne fanno fede tutti i fantastiliardi che vengono erogati a Banche in difficoltà, Industrie sull’orlo del fallimento e ad altre situazioni di emergenza causata dalla crisi (per la quale nessuno ha pagato).
E quindi si potrebbe pensare che i soldi per i “poveri del mondo” sono una goccia nel mare delle disponibilità di questi signori; e invece, se vi andate a rileggere i vari comunicati del G20, non c’è una riga destinata a questo problema e quindi il tutto è rinviato a “impegni precedenti”, peraltro disattesi, oppure a iniziative locali che, pur nella loro generosità, lasciano le cose come stanno.
A queste iniziative – ripeto, poche e mal coordinate – si oppone anche la ferraginosa burocrazia amministrativa che governa ormai tutto l’universo; pensate che nella mia regione, un comune alle porte di Firenze ha stanziato la “stratosferica” somma di 15.214 euro per un cofinanziamento alla costruzione di un ospedale nella Selva Locandina (Messico), per contributi per un lebbrosario in Guinea gestito dalle suore e per un pozzo in Angola; ebbene, la Corte dei Conti – come è noto il Tribunale amministrativo – ha deciso che non è giusto spendere i soldi dei cittadini per aiutare popolazioni distanti mille miglia; eventualmente la donazione si può fare, ma solo inviando i soldi al Ministero degli Esteri, l’unico autorizzato a effettuare simili interventi.
Quindi non viene riconosciuto il concetto di “cooperazione decentrata”, sulla quale si basano tante iniziative dei singoli Enti Locali (grandi e piccoli); da notare che la gente ha l’idea che se questi denari entrano nel calderone della cooperazione centralizzata, va a finire che ne arrivano una minima parte!
Comunque, dopo la sentenza della Corte dei Conti, il Sindaco del Comune finanziatore rischia di pagare quei soldi di tasca propria rimettendoli nelle casse dell’Istituzione; e sembra anche che da questa sentenza possa discendere un provvedimento che rimette in discussione l’intera cooperazione decentrata, anche quella regionale che – nel 2008 – è stata di 8 milioni di euro per vari interventi anche di natura sanitaria.
Insomma, tutto, se del caso, dovrebbe passare dal Ministero degli Esteri: questo mi ha richiamato un mio vecchio pallino circa gli aiuti al terzo mondo; seguite un attimo il mio ragionamento: si fa riferimento agli aiuti che il Ministro Frattini ha consegnato all’ANP nella striscia di Gaza, al termine dei noti accadimenti che hanno provocato vittime, danni e dolori infiniti; si tratta di 40 tonnellate di “generi umanitari” che, ritengo siano rappresentati da alimenti (a lunga conservazione), da generi di abbigliamenti e di copertura e da oggetti occorrenti in una casa “normale”.
Soffermiamoci in uno di questi comparti – il latte in polvere – e vediamo come può fare il ministero a scegliere quello da mandare; non producendo lo stesso dicastero un suo alimento del genere, dovrà rivolgersi al mercato, ma a chi si rivolge, alla Ditta Bianchi o alla Ditta Rossi? Magari si potrà fare un’asta, ma sappiamo bene come vanno a finire queste cose; in buona sostanza, voglio dire che scegliere la Ditta Rossi anziché l’altra, sposta e di parecchio la bilancia industriale di queste due aziende del settore e quindi danno alla stessa una facilitazione non da poco; la scelta è gratuita? Se così fosse ne resterei fortemente meravigliato; credo invece che ci siano interessi (soldi) che corrono!! Quindi si lucra anche sulle disgrazie? Certo!! Anzi, è proprio quando la gente soffre che il vero “carognone” specula sul dolore! Chiaro il concetto??
E quindi si potrebbe pensare che i soldi per i “poveri del mondo” sono una goccia nel mare delle disponibilità di questi signori; e invece, se vi andate a rileggere i vari comunicati del G20, non c’è una riga destinata a questo problema e quindi il tutto è rinviato a “impegni precedenti”, peraltro disattesi, oppure a iniziative locali che, pur nella loro generosità, lasciano le cose come stanno.
A queste iniziative – ripeto, poche e mal coordinate – si oppone anche la ferraginosa burocrazia amministrativa che governa ormai tutto l’universo; pensate che nella mia regione, un comune alle porte di Firenze ha stanziato la “stratosferica” somma di 15.214 euro per un cofinanziamento alla costruzione di un ospedale nella Selva Locandina (Messico), per contributi per un lebbrosario in Guinea gestito dalle suore e per un pozzo in Angola; ebbene, la Corte dei Conti – come è noto il Tribunale amministrativo – ha deciso che non è giusto spendere i soldi dei cittadini per aiutare popolazioni distanti mille miglia; eventualmente la donazione si può fare, ma solo inviando i soldi al Ministero degli Esteri, l’unico autorizzato a effettuare simili interventi.
Quindi non viene riconosciuto il concetto di “cooperazione decentrata”, sulla quale si basano tante iniziative dei singoli Enti Locali (grandi e piccoli); da notare che la gente ha l’idea che se questi denari entrano nel calderone della cooperazione centralizzata, va a finire che ne arrivano una minima parte!
Comunque, dopo la sentenza della Corte dei Conti, il Sindaco del Comune finanziatore rischia di pagare quei soldi di tasca propria rimettendoli nelle casse dell’Istituzione; e sembra anche che da questa sentenza possa discendere un provvedimento che rimette in discussione l’intera cooperazione decentrata, anche quella regionale che – nel 2008 – è stata di 8 milioni di euro per vari interventi anche di natura sanitaria.
Insomma, tutto, se del caso, dovrebbe passare dal Ministero degli Esteri: questo mi ha richiamato un mio vecchio pallino circa gli aiuti al terzo mondo; seguite un attimo il mio ragionamento: si fa riferimento agli aiuti che il Ministro Frattini ha consegnato all’ANP nella striscia di Gaza, al termine dei noti accadimenti che hanno provocato vittime, danni e dolori infiniti; si tratta di 40 tonnellate di “generi umanitari” che, ritengo siano rappresentati da alimenti (a lunga conservazione), da generi di abbigliamenti e di copertura e da oggetti occorrenti in una casa “normale”.
Soffermiamoci in uno di questi comparti – il latte in polvere – e vediamo come può fare il ministero a scegliere quello da mandare; non producendo lo stesso dicastero un suo alimento del genere, dovrà rivolgersi al mercato, ma a chi si rivolge, alla Ditta Bianchi o alla Ditta Rossi? Magari si potrà fare un’asta, ma sappiamo bene come vanno a finire queste cose; in buona sostanza, voglio dire che scegliere la Ditta Rossi anziché l’altra, sposta e di parecchio la bilancia industriale di queste due aziende del settore e quindi danno alla stessa una facilitazione non da poco; la scelta è gratuita? Se così fosse ne resterei fortemente meravigliato; credo invece che ci siano interessi (soldi) che corrono!! Quindi si lucra anche sulle disgrazie? Certo!! Anzi, è proprio quando la gente soffre che il vero “carognone” specula sul dolore! Chiaro il concetto??
domenica, aprile 05, 2009
E DOPO IL G20??
Si è chiuso il G20 di Londra e alcuni attori (gli europei e l’America) si sono spostati a Strasburgo per una grande commemorazione della NATO; ovviamente anche lì, più delle realtà militari – salvo la richiesta americana di incrementare l’impegno europeo in Afghanistan – si è continuato a parlare della crisi in atto nel mondo intero.
Anche noi – io e chi vorrà seguirmi – facciamo lo stesso e tentiamo qualche riflessione sui “perché” di questa situazione che per molti ha rappresentato una autentica catastrofe; come faccio di solito, andiamo per ordine e cominciamo dalla vicenda.
Tutto sembra avere avuto inizio in U.S.A., dove speculatori immobiliari hanno cominciato a vendere le case a prezzo basso e con mutui al di sotto di quello che era il costo del mercato (il cosiddetto subprime); coloro che hanno comprato la casetta, non lo ha fatto per andarci ad abitare con la deliziosa famigliola americana, ma l’ha rivenduta dopo poco a prezzo più alto; il nuovo proprietario – su suggerimento dell’immobiliare intermediaria – dopo poco ha cessato di pagare le rate del debito, rendendo così praticamente “carta straccia” le obbligazioni fondiarie emesse.
Tutte queste obbligazioni hanno dato luogo al paniere dei famosi “titoli tossici” che le banche si sono rimpallate tra loro più volte, senza accertare che non valevano neppure la carta sui cui erano scritti; tutto questo transito veloce ha dato a questa porcheria sempre maggiore valore e da qui si è cominciato a intossicare la finanza degli Istituti che avevano prestato la loro opera per l’inizio dell’operazione truffaldina.
Le Banche quindi hanno nei loro portafogli una quantità di titoli dal valore nullo, a fronte dei quali non ci sono più neppure le case – che peraltro valevano molto meno del valore plateale del titolo – in quanto le stesse sono state rivendute varie volte, senza le necessarie garanzie, e quindi erano diventate intangibili per gli Istituti di Credito.
La cura per questa situazione è stata trovata da “tutti” con l’immissione di cifre colossali di denaro, materia che mi sento di definire “tossica” allo stesso modo dei titoli tossici, in quanto – come questi – tenta una nuova scommessa su un futuro iperbolico che non c’è o se potrà riapparire, durerà un'altra manciata di anni. E poi…?!
L’inevitabile che ci attende – l’ho detto varie volte ma voglio ripeterlo – è la “decrescita”, situazione che, per tutti gli economisti, è simile all’ apocalisse ma che dobbiamo imparare a guardare in faccia serenamente e, in particolare, sarebbe cosa saggia poterne gestirne l’arrivo. E invece con queste immissioni sconsiderate di denaro tossico si cerca di “drogare” un cavallo che ormai è azzoppato per fargli compiere ancora qualche metro, ma non si pensa a quello che invece accadrà dopo.
Per la verità qualcosa si sta muovendo nel senso del modo nuovo di affrontare le cose, e a questo scopo cito alcune prese di coscienza: Diego Della Valle, Presidente della “Fiorentina”, ha proposto a tutti i club calcistici un accordo vincolante per la riduzione del 50% degli ingaggi di allenatori e giocatori; in un contesto diverso il leader dell’UDC, Casini, ha proposto il taglio del 10% (troppo poco signor leader!!) agli stipendi dei parlamentari. E adesso gli altri, manager pubblici e privati in testa!!
Sono tentativi – timidi finché volete – che fanno capire come qualcuno che abbia l’occhio rivolto ad un futuro diverso c’è; sono d’accordo che è troppo poco, ma almeno è qualcosa da cui partire; perché ricordiamoci bene che quando i miliardi di persone costrette ad inurbarsi, si accorgeranno che non si può mangiare l’asfalto, faranno fare alle leadership cosiddette democratiche la stessa fine che queste riservarono agli aristocratici!! E allora, meditiamo, gente, meditiamo!
Anche noi – io e chi vorrà seguirmi – facciamo lo stesso e tentiamo qualche riflessione sui “perché” di questa situazione che per molti ha rappresentato una autentica catastrofe; come faccio di solito, andiamo per ordine e cominciamo dalla vicenda.
Tutto sembra avere avuto inizio in U.S.A., dove speculatori immobiliari hanno cominciato a vendere le case a prezzo basso e con mutui al di sotto di quello che era il costo del mercato (il cosiddetto subprime); coloro che hanno comprato la casetta, non lo ha fatto per andarci ad abitare con la deliziosa famigliola americana, ma l’ha rivenduta dopo poco a prezzo più alto; il nuovo proprietario – su suggerimento dell’immobiliare intermediaria – dopo poco ha cessato di pagare le rate del debito, rendendo così praticamente “carta straccia” le obbligazioni fondiarie emesse.
Tutte queste obbligazioni hanno dato luogo al paniere dei famosi “titoli tossici” che le banche si sono rimpallate tra loro più volte, senza accertare che non valevano neppure la carta sui cui erano scritti; tutto questo transito veloce ha dato a questa porcheria sempre maggiore valore e da qui si è cominciato a intossicare la finanza degli Istituti che avevano prestato la loro opera per l’inizio dell’operazione truffaldina.
Le Banche quindi hanno nei loro portafogli una quantità di titoli dal valore nullo, a fronte dei quali non ci sono più neppure le case – che peraltro valevano molto meno del valore plateale del titolo – in quanto le stesse sono state rivendute varie volte, senza le necessarie garanzie, e quindi erano diventate intangibili per gli Istituti di Credito.
La cura per questa situazione è stata trovata da “tutti” con l’immissione di cifre colossali di denaro, materia che mi sento di definire “tossica” allo stesso modo dei titoli tossici, in quanto – come questi – tenta una nuova scommessa su un futuro iperbolico che non c’è o se potrà riapparire, durerà un'altra manciata di anni. E poi…?!
L’inevitabile che ci attende – l’ho detto varie volte ma voglio ripeterlo – è la “decrescita”, situazione che, per tutti gli economisti, è simile all’ apocalisse ma che dobbiamo imparare a guardare in faccia serenamente e, in particolare, sarebbe cosa saggia poterne gestirne l’arrivo. E invece con queste immissioni sconsiderate di denaro tossico si cerca di “drogare” un cavallo che ormai è azzoppato per fargli compiere ancora qualche metro, ma non si pensa a quello che invece accadrà dopo.
Per la verità qualcosa si sta muovendo nel senso del modo nuovo di affrontare le cose, e a questo scopo cito alcune prese di coscienza: Diego Della Valle, Presidente della “Fiorentina”, ha proposto a tutti i club calcistici un accordo vincolante per la riduzione del 50% degli ingaggi di allenatori e giocatori; in un contesto diverso il leader dell’UDC, Casini, ha proposto il taglio del 10% (troppo poco signor leader!!) agli stipendi dei parlamentari. E adesso gli altri, manager pubblici e privati in testa!!
Sono tentativi – timidi finché volete – che fanno capire come qualcuno che abbia l’occhio rivolto ad un futuro diverso c’è; sono d’accordo che è troppo poco, ma almeno è qualcosa da cui partire; perché ricordiamoci bene che quando i miliardi di persone costrette ad inurbarsi, si accorgeranno che non si può mangiare l’asfalto, faranno fare alle leadership cosiddette democratiche la stessa fine che queste riservarono agli aristocratici!! E allora, meditiamo, gente, meditiamo!