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sabato, dicembre 11, 2010

DUE MORTI DIVERSE 

Non infamatemi se faccio un post che parla di “morte”; magari fate i soliti gesti scaramantici, ma cercate di rimanere lucidi per capire appieno dove voglio arrivare.
Cominciamo dalle due “morti”: la prima si riferisce all’indimenticabile Mario Monicelli, passato a miglior vita in quel certo modo di cui parlerò appresso; la seconda è quella della sorella di una mia cara amica, morte che si è svolta in Ospedale, con marito e figlio al capezzale, insomma, con le regole tradizionali di questi trapassi; comunque, entrambi – che pure sono ”dipartiti” con forme diverse, si ritroveranno nello stesso “posto” e forse faranno amicizia; chissà!!.
Ed ora torniamo a bomba, cioè a Monicelli: il grande regista, inventore della commedia all’italiana, era diventato mio conoscente (amico mi sembra eccessivo) in quanto c’incontravamo tutti gli anni al Festival di Venezia e vedevamo i film sempre nello stesso settore del cinema riservato alla stampa; ed è così che scambiavamo qualche battuta e lui, in particolare, mi chiamava ”il toscano” e apprezzava il mio idioma. Come tutti i comuni mortali, aveva una paura fottuta della morte, di quell’istante cioè nel quale si cessa di respirare e si cessa di vivere; certo che odiava anche “invecchiare”, non potere più fare quello che faceva prima; mi ricordo una sua battuta sul regista portoghese Oliveira – classe 1908, quindi più vecchio di lui di 7 anni – che ogni anno sfornava un nuovo film: “come lo odio e come lo invidio, mi disse varie volte il grande Mario”. È celebre la sua frase “tranquilli, tanto quando arriverà la morte io non ci sarò” ed infatti, quando ha sentito avvicinarsi l’alito della morte, è uscito sul balcone e si è gettato di sotto per non incontrarla; un modo per “dimostrare” anche a se stesso che la morte è arrivata in camera e lui era uscito.
Un celebre detto recita che “chi ha paura di morire, muore ogni giorno”, ma al di là della grande saggezza contenuta nella frase, la trovo pleonastica, perché avere paura dell’ignoto, di quello di cui non sappiamo niente non è anormale, ma rientra appieno nel modo di essere dell’uomo .
L’altra “morte” che cito all’inizio, è quella di una donna “normale”, che si comporta normalmente di fronte ad un evento così poco normale – per chi lo subisce – e che muore serenamente (se possiamo parlare di serenità di fronte alla morte) per una malattia che l’ha costretta in Ospedale per un bel po’ di tempo; il marito dolente era al suo capezzale e così il figlio, medico, e le sorelle l’avevano visitata in clinica pochissimi giorni prima del tragico evento; avrà sofferto al momento del decesso? Non si sa, perché il volto più disteso può nascondere la pena ed il dolore più grandi.
Di certo possiamo dire – ma questo riguarda entrambe le “morti” – che l’uomo contemporaneo è talmente abituato a dominare la natura che non è più in grado di accettare quelli che i filosofi hanno chiamato “i nuclei tragico dell’esistenza”: il dolore, la malattia, la vecchiaia e la morte; altra cosa nella civiltà pre-moderna, pre-tecnologica, dove l’uomo conosceva soltanto il ciclo “seme-pianta-seme” e quindi era consapevole che la morte non è solo la conclusione inevitabile della vita, ma è la “precondizione” della vita stessa; e quindi mi sento di dire agli amici di Monicelli ed ai parenti della sorella della mia amica, che la morte dei loro cari non è, e non PUO’ essere, la fine di tutto; non sono in grado di dire che cosa avverrà “DOPO”, ma sono certo che qualcosa ci aspetta, qualcosa che ci farà nuovamente incontrare le strutture IMMATERIALI delle persone che ci hanno preceduto, le quali ci condurranno alla nostra “postazione”, dove trascorreremo un tempo infinito: l’eternità!! Altro non so!!

giovedì, dicembre 09, 2010

COMMENTI SU DUE NOTIZIE DI STAMPA 

Queste due notizie sono molto diverse tra loro, ma entrambe sono degne di essere commentate; la prima si riferisce al drammatico incidente in cui un automobilista - marocchino, ma nato in Italia e comunque non è un elemento rilevante – al volante di un’auto di grossa cilindrata ha effettuato un sorpasso in curva, ha perso il controllo dell’auto ed ha trovato nella corsia opposta un gruppetto di 10 “ciclisti della domenica” e li ha presi in pieno; risultato: sette morti sul colpo e gli altri tre malconci.
Per completezza d’informazione, il conducente aveva già avuto la patente ritirata per alcuni mesi a causa del solito “vizietto”: sorpasso in curva a forte velocità; inoltre, all’esame tossicologico, è risultato positivo alla cannabis, il che indicherebbe che si era messo al volante, insieme al nipotino di soli otto anni (per fortuna rimasto illeso) già “fumato”. Nel caso in esame è evidente che la componente umana è preminente, in quanto l’auto in questione è tra le più sicure e affidabili; purtroppo, ha anche il “vizio” di andare forte e, infatti, sembra che nel caso in esame, viaggiasse ad oltre 150 Kh.
Due problemi: l’investitore probabilmente sarà processato per “omicidio” colposo, mentre da più parti si comincia ad invocare l’uso del reato di “omicidio volontario”; in America, chi provoca incidenti mortali rischia fino alla pena di morte o, in subordine, all’ergastolo; secondo pro0blema: stante che l’elemento umano non è “gestibile”£ in via preventiva da nessuna normativa, perché si ammette che esistano delle auto che vanno ad una velocità CHE NON E’ AMMESSA IN NESSUN PUNTO DELLO STATO ITALIANO? Mi spiego meglio: la massima velocità consentita è 130 in autostrada, 90 in superstrada e in alcune strade statali, 50 nei centri urbani; chiaro fino a questo punto? Ora, ditemi voi se esiste un’auto che abbia questi parametri! Qualunque vettura di piccola/media cilindrata ha una velocità superiore ai 130 e quindi si può dire che lo Stato mette in commercio delle “bombe” pronte a scoppiare nelle mani del primo sprovveduto. Allora, con una delle mie proposte “bislacche”, mi chiedo perché non si adotta una sorta di “fermo” all’acceleratore delle auto che superano la velocità di 130 Kh, con l’avvertenza che tale accorgimento si può aggiornare in caso che la velocità massima delle strade venga aumentata o diminuita.
Ia seconda notizia riguarda la serata di S.Ambrogio e la “prima” della Scala di Milano con “la Valchiria” di Wagner diretta da Barenboim; prima della rappresentazione, un nutrito gruppo di contestatori ha fatto ala ai VIP che entravano nel prestigioso teatro milanese: si protestava per la situazione dell’Università, per la situazione economica e, soprattutto, per i tagli alla cultura; la manifestazione è degenerata e si sono avuti contusi e qualche ferito tra le forze dell’ordine.
All’interno del Teatro, il maestro Barenboim – dopo l’esecuzione dell’inno di Mameli in onore del Presidente Napolitano presente nel palco reale – si è fatto portare un microfono ed ha “arringato” il pubblico con un discorso contro i tagli alla cultura, leggendo addirittura l’articolo 9 della Costituzione che si riferisce proprio all’arte; il Presidente ha applaudito calorosamente e altrettanto hanno fatto quasi tutti i VIP.
Dopo di che, Barenboim ha dato inizio alla sua “fatica”, per la quale percepisce un compenso con il quale ci potrebbero campare alcune decine di cassaintegrati; ed anche gli altri VIP hanno tranquillamente ripreso a pensare agli affari propri: voglio dire che invece di questi appelli, perché non si fa qualche gesto concreto, come – ad esempio – la direzione gratuita di un certo numero di lavori scaligeri per Barenboim e qualche sacrificio “importante” per il Presidente e gli altri VIP (reale, non simbolico)?

martedì, dicembre 07, 2010

ANCORA DUE PAROLE SU WIKILEAKS 

Torno sulla vicenda Wikileaks per fare alcuni paragoni – per me ovvi – ma che nessuno sulla stampa nazionale ha provato a fare.
Anzitutto ricordo che tutta la vicenda del sito wikileaks.org, prende le mosse dai “rapporti” – confidenziali o top-secret - che partono dalle varie Ambasciate americane, dirette al Dipartimento di Stato USA e riguardanti sia cose serie del Paese di riferimento, che “pettegolezzi” e “dicerie” sui dirigenti della Nazione che ospita il consolato; dal Dipartimento di Stato, le notizie prendevano la strada del sito “pirata” messo in piedi dall’australiano Assange e a fare quest’ultima operazione erano uno o più impiegati o dirigenti della struttura americana che fa riferimento al Ministero degli Esteri, non sappiamo se per soldi o per senso di “giustizia universale”.
Cambiamo per un momento discorso e facciamo riferimento al periodo, peraltro assai recente, in cui i giornali italiani – qualcuno con maggiore insistenza di altri – avevano preso l’andazzo di pubblicare le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura a carico di varie persone, alcune già note ed altre diventate note dopo questa ventata di notizie rubate.
Ed allora mi chiedo e vi chiedo: che differenza – sotto il profilo sostanziale – possiamo individuare tra il sito pirata e la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche? A mio giudizio, a parte i personaggi implicati – da una parte Capi di Stato o di Governo e dall’altra personaggi malavitosi o anche politici implicati in squallidi affari – la differenza è soltanto nel mezzo: wikileaks pubblica sul proprio sito internet, sul quale si accede attraverso un computer, mentre le “nostre” intercettazioni figuravano con intere paginate all’uopo dedicate, sui maggiori quotidiani e periodici italiani.
Quindi, a parte la normativa – inesistente per i siti internet e poco funzionante per le intercettazioni – le cose sono molto simili e partono dalla stessa matrice: colui che detiene la notizia e decide di renderla pubblica.
Se parlate con un giornalista o meglio, se assimilate Assange ad un nostro direttore di giornale, vedrete che non c’è la minima differenza: entrambi si riferiscono alla “libertà di informare la gente”.
Un piccolo commento: mentre il nostro Paese – ma anche tante altre Nazioni europee – si dibatte nei problemi della crisi economica, i giornali europei – sempre per “difendere la libertà d’informazione” – parlano dei Capi di Stato che si spiano a vicenda oppure sugli abusi sessuali di qualche Premier (il nostro è in testa alla classifica) senza approfondire i problemi del lavoro e del modo di arrivare alla fine del mese.
O meglio, uno delle soluzioni che ci vengono proposte l’ho letto su una rivista: riciclare il cibo “scaduto” che pertanto dovrebbe costare meno: mi viene segnalato – non so se è vero o meno – che la “data di scadenza” apposta sui prodotti alimentari, è tassativa solo se non ha la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”; in quest’ultimo caso, la scadenza che appare sulla confezione può essere tranquillamente spostata di un anno; l’unico alimento che – a detta di una associazione emiliana che si batte contro gli sprechi (Last Minute market) - è il latte fresco che deve essere consumato entro sei giorni dalla mungitura; per tutti gli altri elementi ci sono le due scritte: la prima è “da consumare entro” e la data indicata deve essere rispettata, mentre l’altra “da consumare preferibilmente entro il” può essere spostata di un anno.
Sarà vero o vogliono avvelenarci e quindi toglierci di torno?? Come diceva Andreotti, a pensare male si fa peccato, ma ci si indovina quasi sempre!!

domenica, dicembre 05, 2010

IL PEGGIO DEL PEGGIO DEL PEGGIO! 

Non so per voi, ma per me le cose che più mi provocano repulsione, disgusto e voglia di cazzottare qualcuno, sono alcune notizie che apprendo dalla stampa e altre cose che vedo per le strade con i miei occhi tutti i giorni e che mi provocano analoghe arrabbiature: sono stereotipi del nostro Paese? Penso che sia proprio così!!
Cominciamo dalle notizie di stampa: con la crisi che continua a perseguitarci ed a mettere sul lastrico tante famiglie, nella mia città sono stati scoperti 79 evasori fiscali che si fingevano poveri per sfruttare le agevolazioni per il contributo per la mensa dei figli e che – udite, udite – sono stati scoperti tutti in possesso di case (alcuni addirittura 10) e fino a 200/mila euro disponibili presso Istituti di Credito; in apparenza si tratta di un peccato veniale, ma per il mio modo di vedere si colloca ai vertici dell’inciviltà, in quanto “toglie a chi ha veramente bisogno” e questo lo reputo un reato da codice penale e da punire con una pena severissima che comprenda anche la carcerazione; il tutto ovviamente per “insegnare” ai tanti altri “furbetti”, come si può andare a finire perseverando in questo modo di fare. Chiaro il concetto??
Un altro evento che mi ha colpito e che prendo dalla stampa quotidiana, è quello di una ASL toscana, dove c’è stato un “duplice” intervento dei Carabinieri: il primo ha riguardato due medici e due dirigenti oltre a un impiegato e ad un tecnico, che avevano preso il “vizio” di arrivare in ufficio, timbrare regolarmente il cartellino e andarsene subito dopo per i fatti propri; a questa, chiamiamola pure irregolarità, si aggiunge anche un’altra “sceneggiata”, messa in piedi da un dipendente che, dopo aver fatto richiesta di partecipazione ad un corso di aggiornamento e averne incassato il relativo rimborso spese, ha pensato bene di andare ad “aggiornarsi” in montagna per trascorrere una settimana sugli sci, a spese del sistema sanitario nazionale.
Tutte queste vicende – per me gravissime - sono all’esame della magistratura e sono certo che si faranno i relativi processi, ma a parte che le pene che verranno comminate saranno, al solito, dei lievi buffetti, di queste risultanze le strutture pubbliche non danno mai notizia e non prendono posizione circa le sentenze emesse (coda di paglia??).
Ma chi sono questi “furbetti” che sempre di più si aggirano tra noi? Io avrei una sorta di identikit che si riferisce ad un “personaggio” che tutti noi siamo soliti incontrare e con cui abbiamo spesso da ridire: mi riferisco al tipico “italiano arrivato”, dell’età di circa 40 o 45 anni, ma celati dietro tutta una serie di accorgimenti che gli fanno calare una diecina di anni; veste da giovane e indossa abiti di una taglia più bassa di quella che dovrebbe, facendo così vedere un fisico asciutto, frutto di ore ed ore di palestra. Usa il consueto SUV, in alcuni caso addirittura uno che costa quanto un appartamento, guida tenendo costantemente il telefonino all’orecchio e parla con fantomatici interlocutori; se ne frega della normativa della strada, in particolare di semafori e limiti di velocità, tanto al massimo rischia una multa che per lui rappresenta lo stesso “costo” che per me è quello di un caffé; eventuali sanzioni a danno della patente verranno scaricati su collaboratori compiacenti, cosicché il nostro “eroe” rimane immacolato. In caso di piccoli urti con qualche automobilista o motociclista, tratta i malcapitati con sufficienza, offrendo soldi in cambio del silenzio, soldi che, in genere, poi non arrivano neppure.
Avete riconosciuto il tipo? Lo avete incontrato per la strada? Spero che tra i miei lettori non ce ne sia nessuno, dato che a questo “figuro”, auguro tutto il male possibile e spero che, prima o poi, incappi in qualcuno (un vigile? un poliziotto) che gli faccia scontare tutti questi atteggiamenti arroganti. Sono stato chiaro??

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