sabato, giugno 30, 2012
QUESTA SAREBBE L'EUROPA?
Non riesco proprio a farmi un’immagine
dell’Europa, vista come dovrebbe essere, cioè un continente che abbia regole
comuni, interessi comuni, frontiere comuni, politica estera comune e tante
altre cose comuni.
Invece, non andiamo altre la dannatissima
sfera monetaria, con un enorme baraccone creato a Bruxelles a uso e consumo di
alcuni Stati e non per regolamentare e difendere la moneta comune, cioè l’euro:
il grande economista Milton Friedman ebbe a dire agli albori della moneta unica
che “a Bruxelles hanno tirato su una grande struttura monetaria e poi hanno
buttato via la chiave della porta d’accesso”.
Friedman sostiene – con questa metafora – che
non era stato prevista la possibilità del fallimento dell’euro e quindi della
necessità di intervenire nella stanza dei bottoni per cercare di riparare la
situazione.
Forse l’inizio di tutti i guai della moneta
unica è stato nell’imposizione – piovuta dall’alto – del valore di cambio tra
le vecchie valute nazionali e l’euro (per noi 1.936,27) dato che nella vita di
tutti i giorni il potere d’acquisto delle famiglie si è praticamente dimezzato
e oggi siamo ad inseguire questa situazione per cercare di raddrizzarla..
Ma il gruppo degli inseguitori non è neppure
compatto, poiché ad esso manca una delle Nazioni più importanti, l’Inghilterra,
che è entrata nell’eurozona con una mezza gamba mentre il resto del corpo è
rimasto fuori, a vedere quello che succedeva e a prendere eventuali posizioni.
Mi riferisco alla moneta che l’Inghilterra
non ha accettato e che continua a non accettare, preferendo usare la propria
gloriosa sterlina; qualcuno ha detto che tutto questo si deve all’amore degli
inglesi per la “tradizione”, ma io direi che la ragione è molto più concreta:
la sterlina, ogniqualvolta viene attaccata dagli speculatori, ha a propria
disposizione la banca centrale inglese che la difende, cosa che non avviene con
l’euro, in quanto la BCE
dipende dagli umori dei maggiorenti europei (Merkel!!).
C’è poi la diversa imposizione fiscale tra
quello che avviene in Inghilterra e quello che succede negli altri Paesi
europei; volete un esempio: Hollande, all’indomani della vittoria elettorale,
ha tirato fuori una sua vecchia idea, quella di creare un’aliquota al 75% per i
redditi superiori al milione di euro; pronta la replica del premier britannico,
David Cameron, che si è detto disposto a “stendere un tappeto rosso” a tutti
quei francesi che porteranno i loro soldi
in Gran Bretagna per evitare le tasse francesi; mi sembra più che ovvio
che con questi principi non si crea certo quella coesione tra gli stati europei
che è considerata un elemento indispensabile per la sua crescita.
Ma c’è un’altra situazione che evidenzia
questa “malattia” nelle relazioni europee:all’ultimo vertice dei Capi di Stato
europei, si è deciso di istituire la celebre Tobin Tax, quella tassa che prende
il nome dal suo “inventore” – James Tobin, Premio Nobel per l’economia; questa
tassazione colpirebbe le transazioni finanziarie, cercando di penalizzare in
modo particolare la speculazione.
Ebbene, ancora prima di renderla ufficiale, i
premier dell’eurozona si sono precipitati a dichiarare che la normativa vedrà
la luce senza la Gran Bretagna,
che è notoriamente contraria a questa tassa, in quanto teme che colpisca gli
affari della City, con conseguente fuga di capitali dall’Inghilterra. Mi sembra
ovvio che istituire una simile normativa fiscale senza l’unanimità, induce i
capitali sottoposti a questa tassazione a cercare il Paese che consente di
evaderla. Chiaro il concetto??
Insomma, questa Europa è una coperta piena di
buchi che serve poco a coprirci!!
giovedì, giugno 28, 2012
FORNERO: UNA NE FA E CENTO NE PENSA
E’ un modo di dire delle mie parti che si
riferisce al ministro Fornero, quella della lacrima facile; ultimamente ne ha
combinate alcune di una certa gravità; di cosa si tratta? Di “bischerate” come
si dice dalla mie parti, ma comunque di affermazioni gravissime specie
perché escono dalla bocca di una persona
con tale “autorità”.
Ha cominciato con il caso degli “esodati”,
cioè persone che, d’accordo con azienda e INPS, sono usciti dal lavoro per
andare in pensione anticipata e che con la riforma pensionistica si ritrovano
senza più niente (né lavoro né pensione); in questo contesto è nato il problema
del numero di questi disgraziati che per il ministro erano 50.000, poi portati
a 65.000, mentre l’INPS ha segnalato che siamo in presenza di un numero ben più
elevato (oltre 300.000). La diatriba non è stata ancora risolta, se si esclude
alcuni “vedremo di fare il possibile” che mi assomigliano tanto ai pannicelli
caldi di proverbiale memoria; diciamola tutta: i soldi non ci sono e le idee
neppure!!
Non paga della figuraccia sugli esodati, la Fornero ha fatto bis: a
proposito della riforma pensionistica e della mancanza di concertazione con i
sindacati, ha detto, testualmente: “bisognava amputare in fretta la gamba
malata con rischio cancrena; in questi casi non si chiede ai parenti cosa
fare”. Frase bruttissima e con paragoni che lasciano perplessi; ovviamente la
risposta dei sindacati non si è fatta attendere ed è in chiave con la
dichiarazione iniziale: “la gamba malata era un’altra e non è stata amputata;
si tratta di quella dei privilegi, degli sprechi, dell’evasione fiscale”.
Ma torniamo alla Fornero ed al “lavoro”,
sostantivo che dovrebbe occuparla al massimo; a questo proposito mi viene in
mente l’ultima gaffe del ministro: “il lavoro non è un diritto ma va
guadagnato”; su quest’argomento mi sarebbero un paio di idee “bislacche”: la
prima è quella della Costituzione che all’articolo 1 recita “l’Italia è una
Repubblica democratica fondata sul lavoro”;
ebbene, visto l’andamento del settore e l’idea della Fornero, unito allo
scarso interesse dell’esecutivo per cambiare la situazione, propongo di
modificare la carta costituzionale come segue: “l’Italia è una Repubblica
fondata sulla speculazione e sui poteri forti”; siete d’accordo?? Voi forse no,
ma al governo saranno in molti ad essere d’accordo!!
L’altra idea mi deriva da uno sciopero che ho
“subito” in questi giorni: ebbene, cosa è materialmente lo sciopero se non una
protesta più o meno forte verso il
“padrone” che si è comportato male con i lavoratori e quindi “la deve pagare” (se
scioperano i metalmeccanici, la
FIAT produce meno automobili e quindi “ci rimette”; chiaro
fin qui?
Ma se lo sciopero è indetto da lavoratori del
trasporto pubblico, chi sono i destinatari della protesta? Chiaramente gli
ignari utenti che niente hanno fatto contro i lavoratori, se non pagare il
biglietto che permette di fornire lo stipendio; allora con chi ce l’hanno
veramente gli scioperanti? Con la
Presidenza e la
Direzione della struttura e quindi, in questi casi, propongo
che i protestatori, anziché con l’incolpevole utenza, se la rifaccia con il
management dell’azienda; come? Semplice: presentandosi alla sede della
Direzione e in particolare negli uffici del Presidente e del Direttore
Generale; entrambi dovrebbero essere sonoramente fischiati e raggiunti anche da
qualche pernacchio o magari qualche scapaccione; i sindacati mi dicono che così
facendo sono passibili di azione legale, mentre nell’altro caso, gli utenti non
li possono denunciare.
Il discorso è veritiero, ma non “giusto”; gli
scioperanti se la rifanno con chi non li denuncia e lasciano perdere i veri “responsabili”;
ma questo tipo di sciopero può produrre qualcosa di positivo oppure no? Temo
che vinca questa seconda ipotesi!!
martedì, giugno 26, 2012
NON CAPISCO
Solo un paio di cose che ho letto sulla
stampa nazionale; solo due eventi che mi hanno turbato, non solo per la loro
brutalità, ma anche perché il giorno seguente non se ne parlava più; allora, mi
sono detto, sono l’unico che sia rimasto colpito?!
La prima proviene dai luoghi “terremotati”,
dove la laboriosità degli imprenditori emiliano-romagnoli, ha subito messo in
azione al loro voglia di ricominciare, alla faccia del terremoto e di chi ce lo
ha mandato.
Peccato che in alcuni caso le strutture non
erano ancora state dichiarate “a norma” e – dopo una delle tante scossa di
assestamento – il tetto di un capannone è crollato e un paio di operai ci hanno
rimesso la vita.
Ebbene, sempre la laboriosità degli
industriali della zona ha trovato la soluzione: non aspetta che il Genio Civile
dichiari che le strutture murarie sono “a posto” ed allora cosa ti hanno
inventato? Il rischio di ulteriori, eventuali crolli è a carico dei lavoratori;
come sarebbe a dire! Semplice, ciascun dipendente che ritiene opportuno
continuare a svolgere la propria attività, “libera la proprietà da qualsiasi
responsabilità penale e civile”; il tutto ovviamente messo nero su bianco e
quindi avente la caratteristica di una vera e propria “liberatoria”.
Non so come definire questo atteggiamento; da
una parte vedo la voglia di lavorare di tutti – imprenditori e lavoratori – ma
dall’altra sento un sottile puzzo di schiavismo, aggravato dal fatto che “se
non lavori non ti pago”; a occhio e croce mi sembra una faccenda veramente
nauseante.
L’altro evento ha per protagonista la nostra
magistratura, come personaggio principale di un duplice evento: il primo si
svolge circa un anno e mezzo fa sulle strade vicino a Mazara, dove Fabio
Gulotta, 22 anni, guidando a folle
velocità una Bmw, travolge un’altra auto uccidendo sul colpo tre delle quattro
persone a bordo: due bambini – 10 e 12 anni – e la loro madre di 37 anni; si
salva solo il capofamiglia, Baldassarre Quinci.
Ma l’autore del triplice omicidio non farà
neppure un giorno di carcere: il Gip di Marsala ha condannato il Gullotta a 2
anni con la sospensione della pena.
Tale epilogo discende dal fatto che il
giovane – secondo l’accusa – guidava in stato di ebbrezza e patteggiava la
pena, appunto due anni con la sospensione.
Non so voi, ma io non riesco a capire il
giudice che ha emesso la sentenza; sicuramente l’avrà fatto in perfetto
ossequio alla legge, ma se è così direi che mi sembra l’ora di cambiare questa
legge che rimette in libertà un signore che – ubriaco – si schianta contro una
famiglia e ne uccide i tre quarti.
Ho scritto sopra che siamo in presenza di un
“duplice” evento; ebbene, dopo aver narrato il primo – incidente e sentenza –
ecco il secondo: il capofamiglia che si era salvato dal tremendo impatto non ha
retto al dolore per la scomparsa della famiglia e si è suicidato pochi mesi
dopo il tragico incidente; almeno il signor Baldassarre si è risparmiato il
seguito della vicenda che lo ha visto come ignaro protagonista, cioè non ha
visto la sostanziale assoluzione dell’assassino dei propri familiari e quindi
non si è presa la conseguente arrabbiatura.
Magari, se dal posto dove si trova adesso,
potesse fare qualcosa per chiedere al “comandante” se è possibile cambiare –
dall’alto – questo sporco, terribile, Mondo che stiamo abitando; se è possibile
dargli qualche sistemata per farlo marciare su binari di logica e di
correttezza; insomma se possiamo renderlo più umano. Noi, da soli non ce la
facciamo, ci provi il signor Baldassarre con
l’aiuto di qualcuno più “alto” di noi!
domenica, giugno 24, 2012
LE TRE SORELLE
Non mi riferisco all’omonima commedia di
Anton Cechov, ma alle “tre sorelle del rating”, cioè alle tre strutture che
emettono “sentenze” sull’andamento dell’economia
degli stati: sono “Moody’s”, “Standard & Poor’s”e “Fitch”.
Sono tutte e tre aziende “private” che
forniscono i loro servizi ad altrettanti “privati”; un po’ come delle
cartomanti – buone per chi ci crede – ma che stanno avendo rilevanza
istituzionale (un po’ come quel braccialetto di plastica che alcuni anni fa
doveva far bene alla salute).
Una di loro – esattamente la filiale italiana
della Standard & Poor’s – è sotto un’inchiesta penale messa in piedi dal
Tribunale di Trani e a giorni dovrebbe arrivare la richiesta di rinvio a
giudizio sul parere dato sul “rischio
Italia”; la Procura
di Trani sostiene che ci fu interesse privato in questa operazione, tant’è vero
che potrebbero venire a galla clamorose rivelazioni sulle pressioni esercitate
dai vertici americani sugli analisti italiani per pilotare – in negativo – i
giudizi sull’Italia; staremo a vedere, ma quello che mi interessa al momento è
vedere la cosa da un altro punto di vista.
Non è facile arrivare a comprendere perché
queste tre Agenzie sono diventate “opinioniste” ufficiali sugli andamenti degli
Stati; eppure tutti sanno che le loro considerazioni non sono “verità rivelata”
ma, come tutte le metodologie economiche, sono imperfette e possono produrre
previsioni sbagliate; eppure basta che una di loro abbassi il rating di uno
Stato perché si produca il finimondo.
Paradossalmente, possiamo dire che il
problema si risolverebbe con la battuta: “smettiamola di accreditarle e una
risata le seppellirà”, ma questo deregolamentare le situazioni finanziarie
degli Stati è un rischio che nessuno se la sente di correre; insomma, si tratta
di non pretendere garanzie sull’operato delle Agenzie, ma di prenderle per
quello che sono e non dare loro la veste di certificatori ma solo quella di
“alcuni esperti” – tra tantissimi che invadono il Pianeta – che emettono i loro
pareri.
Inoltre, bisognerebbe togliere ogni
riferimento al rating (cioè al parere) dalla regolamentazione dei rischi
bancari e finanziari, anche perché nel mondo contemporaneo .- sono saltati
tutti i sistemi per emettere queste valutazioni che non hanno niente di scientifico.
Aggiungiamo che per regolamentare un po’
meglio il sistema, bisognerebbe che due cose fossero messe in atto: la prima è
che le Agenzie non siano pagate dagli “emittenti” col rischio “umanamente
comprensibile” che i giudizi siano inquinati da altri interessi; la seconda
riguarda i metodi di comunicazione di questi giudizi al mercato.
Ormai è chiaro che il mercato è molto
sensibile a queste decisioni e, in particolare, al modo di riceverne le
comunicazioni; ed allora, perché non provare a comunicare i rating solo a
mercati chiusi e, meglio ancora, nei week end?
In questo modo le autorità monetarie dei
singoli Stati potrebbero avere le possibilità di attenuare l’impatto di questi
giudizi con il mercato, attuando qualche decisione d’intervento che venga
ritenuta utile per il caso in questione; e poi, ci sarebbe comunque un certo
lasso di tempo fino alla riapertura delle contrattazioni, tempo che potrebbe
essere usato in qualche modo.
Mi sembrano due norme di facile attuazione ma
che potrebbero salvaguardare il mercato dai rischi di inquinamento delle realtà
finanziarie, dei declassamenti a orologeria, come paiono essere le ultime
retrocessioni appioppate ai debiti sovrano e ad alcune grandi banche
dell’Eurozona.