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giovedì, maggio 10, 2007

DUE MODI DI INTERVENIRE 

In questo post mi riferisco a due modi di intervento della “mano pubblica” in cui si avverte la differenza di tono e di sostanza e, in più, c’è anche – almeno per me – una sorta di sorpresa.

Ma andiamo con ordine e vediamo il primo “intervento”: sto parlando di una condanna della Corte dei Conti, ma prima di entrare nel merito, voglio spendere due parole per questo organismo che – come è noto – viene definita la Magistratura Contabile ed ha come scopo primario quello di riguardare le bucce di tutti gli organismo pubblici, dagli enti locali ai ministeri; ebbene, quante volte si è letto che la Corte stigmatizza questo o quello oppure dichiara sovradimensionata la spesa di questo o di quello: erano solo parole – almeno per quanto ne so io – che non producevano, se non in rarissimi casi, atti concreti; questa volta invece – ed ecco la mia “sorpresa” – l’atto è veramente concreto.

Si tratta infatti della condanna per un ex direttore dell’Ausl di una cittadina alle porte di Firenze a rifondere all’azienda la non indifferente somma di quasi 29 mila euro; si tratta di alcune consulenze affidate dall’allora manager ad una società, per “individuare il valore di mercato di un terreno sul quale sarebbe dovuta sorgere la nuova sede dell’azienda sanitaria.

Ebbene, la magistratura contabile ha ritenuto tale incarico “di alcuna utilità” ed ha condannato l’ex direttore a rifondere la cifra esposta in bilancio e cioè 28.800 euro alla Ausl che all’epoca era sua datrice di lavoro.

Credo che se la magistratura passasse dalle chiacchiere alle sentenze di questo genere che vanno a colpire proprio l’arricchimento dei signori manager, si otterrebbe sicuramente un elemento fortissimo verso la deterrenza a non delinquere.

Il secondo “intervento”, questo più sfilacciato e diversificato in tutta Italia, si riferisce all’annoso problema delle “lucciole”, cioè delle prostitute che esercitano il loro mestiere nelle strade delle città: se ci fate caso se ne parla sempre all’inizio della stagione estiva, della stagione cioè più “turistica” dell’anno.

Per questo problema, vediamo di mettere a fuoco alcuni postulati: anzitutto scacciare le prostitute dalle città – come si invoca da più parti – non è risolvere il problema della prostituzione, ma semplicemente spostarlo in altri luoghi o in altre città più permissive.

Quindi torniamo a parlare del “mestiere della prostituta”: anzitutto dobbiamo riconoscere che queste signore non possono essere “rinchiuse” in zone dove è scarso il traffico e la strada di difficile transitabilità, in quanto si toglie al mestiere una delle sue caratteristiche: la facilità di reperire la merce.

A Padova si è tentata una via che peraltro non è nuovissima: multare i clienti con la motivazione che la fase della “contrattazione” reca intralcio al traffico e pertanto viene comminata una contravvenzione di 50 euro; analogo tentativo degli scorsi anni, è stato dimesso perché la Cassazione ebbe a dichiarare illegittime tutte queste contravvenzioni in quanto recapitate al domicilio dell’automobilista (vero elemento di deterrenza) e non contestate sul posto.

Un’ultima notazione: le lucciole patavine sono scese in piazza ed hanno annunciato per il sedici maggio un corteo fino al Municipio, dove chiederanno di incontrare il Sindaco!! Ovviamente solo per discutere!!!


martedì, maggio 08, 2007

SECESSIONE 

Domenica scorsa, oltre al trionfo di Sarkozj, si è avuto un altro exploit nelle votazioni – di tutt’altro genere, ne convengo – che si sono tenute nel Veneto, dove otto Comuni dell’Altopiano di Asiago hanno scelto di abbandonare il Veneto e di trasferirsi nel Trentino Alto Adige: il risultato è stato a dir poco plebiscitario, con il 94,09% di cittadini che si sono pronunciati a favore della “emigrazione” in un’altra regione.

Alcuni giorni fa ho già affrontato il problema, ma vorrei approfondirlo, perché leggo commenti che si rifanno a concetti “ideologici” e invece – come diceva Sciascia, gratta solo un po’ l’ideologia e subito sotto ci trovi la “roba”, cioè l’interesse personale, tutto e soltanto materiale.

Anzitutto un commento del presidente della regione Veneto merita di essere riportato: “nessun comune potrà passare dalla nostra ad altre regioni, semplicemente perché gli oggetti dei desideri, in particolare la Provincia di Trento e quella di Bolzano, hanno votato nelle loro assemblee delle risoluzioni con cui dichiarano di non volere il passaggio di comuni del Veneto nella loro regione”.

Come si vede, c’è anche una difesa – probabilmente legittima – dei privilegi da parti di chi li ha e non li vuol allargare a nessun altro; cosa significa tutto questo: che il cittadino, se lasciato libero di fare come vuole, cerca il proprio tornaconto e basta, fregandosene non solo del bene comune – che nemmeno conosce – ma neppure di quello del vicino di casa.

Torniamo a parlare dei perché questi cittadini chiedono di “traslocare” in altre regioni; la ragione è di una semplicità disarmante e deriva dal fatto che questa regione dove si aspira di andare, gode di benefici che le altre nemmeno si sognano e quindi è facile attendersi che piano, piano anche altri comuni del Veneto (tra loro anche la celebrata Cortina) intraprenderanno la stessa strada e se non ci sarà una qualche disposizione legislativa, mi aspetto come minimo dei forti disordini di piazza.

A mio avviso la soluzione è semplice e complicata al tempo stesso: semplice perché basterebbe che lo Stato Centrale azzerasse tutti questi privilegi (attualmente ridicoli e antistorici) perché tutte queste ventilate secessioni rientrassero; difficile perché in tutti gli Stati – ma particolarmente in Italia – quando è stato concesso qualcosa a qualcuno è difficilissimo togliergliela; magari si preferisce ampliarla ad altri (non a tutti perché non sarebbe possibile) invece di toglierla a tutti.

Eppure diciamo la verità, eliminare i privilegi che queste Regioni hanno avuto all’indomani della seconda guerra mondiale, in quel particolarissimo clima, con le paure di autentiche secessioni, sembrerebbe la cosa più logica da fare, ma se fate caso, non se ne accenna neppure, proprio perché si ha paura che gli attuali destinatari dei privilegi da eliminare, si arrabbino e, da noi, chi si arrabbia ha quasi sempre ragione.

Ma qualcuno mi dovrà pure spiegare prima o poi per quale motivo il trattamento fiscale e le facilitazioni per l’acquisto di appartamenti, sono assai diverse nel Trentino rispetto all’Emilia? E perché gli stipendi dei dipendenti di enti locali in quelle regioni è almeno il doppio rispetto a quello dei toscani?


domenica, maggio 06, 2007

E SE... 

Dalle mie parti si dice che il “se” è il patrimonio dei bischeri, come a dire che sulle ipotesi non si costruisce niente; il mio “se”, però è puramente speculativo e vuol ragionare – insieme a voi – sulle ipotesi che una certa cosa sia avvenuta in modo diverso da come i mass-media l’hanno presentata e sulle relative conseguenze.

Già, diverso da come ce l’hanno propinata i mezzi di comunicazione (TV e giornali): e allora cominciamo con il famoso e stucchevole – se non ci fosse un bimbo che è morto – processo di Cogne; la stragrande maggioranza dei media è colpevolista e, per il momento, i primi due gradi di giudizio danno loro ragione.

Facciamo ora finta (ecco il “e se…” del titolo) che una certa persona confessi di aver commesso il reato o, peggio ancora, che venga appurato che abbia ragione l’autore del libro che sostiene che il piccolo è morto di morte naturale per una eccezionale emorragia facente seguito ad un violento attacco epilettico.

Ebbene, se in un modo o in un altro, si viene a determinare l’innocenza della Franzoni, come facciamo (o meglio, come fanno i media) a fare ammenda nei confronti della madre del bambino??

Mi spiego: quanti articoli dovranno scrivere a favore della beatificazione della signora per fare ammenda delle brutte cose scritte in questi anni??

Questi sono i guai delle situazioni nelle quali i media prendono posizione anziché limitarsi a far scorrere l’evento e tutto quello che se segue.

E se….le maestre (e congiunti) e la bidella della scuola di Rignano Flaminio fossero innocenti dagli abusi sessuali sui loro alunni, anziché già condannati e, addirittura, etichettati come mostri?

Anche qui siamo nel campo delle ipotesi, ma facciamo mente locale e vediamo come sta proseguendo l’indagine: mentre il paese si è diviso in due parti contrapposte – gli innocentisti ed i colpevolisti – le autorità giudiziarie e di polizia proseguono le indagini e fanno filtrare, ogni tanto, qualche notiziola che va ad assommarsi alle altre che formano il castello di accusa.

In questo contesto i media fanno il gioco della magistratura e danno le notizie sulla colpevolezza con dovizia di particolari, mentre le dimostrazioni di innocentismo sono trattate a livello folcloristico.

È di oggi un appello del Garante della Privacy rivolto ai mezzi di informazione, perché vengano rispettati (e tutelati, aggiungo io) i piccoli coinvolti nella vicenda; troppo materiale è finito sui giornali e – secondo il Garante – molto di questo potrebbe essere coperto dal segreto istruttorio.

Io mi permetto abbandonare il fronte strettamente giudiziario e pensare invece a questi piccoli che domani saranno grandi e dopodomani saranno degli uomini: non si ritiene che le etichette impresse a fuoco vivo nella tenera carne dei bimbi non possano essere mai più tolte e rappresentare, invece, un fardello psicologico che li segnerà per l’intera esistenza?

Ma come potrebbero fare i media a orientarsi civilmente in questo mondo fatto di scoop?

Credo che il modo sia uno e uno solo: abbandonare l’imperativo della vendita ad ogni costo del maggior numero possibile di copie e orientare il contesto editoriale ad una maggiore – e perciò meno appagante – equidistanza dai fatti, senza cioè che ad ogni evento si abbia a formare il partito dei si e quello dei no; sarebbero giornali e TG più piatti e noiosi, ma certamente con maggiore equità e minori danni verso i lettori.


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