sabato, settembre 25, 2004
Ed ora un po' di politica nostrale
Quello che noi chiamiamo politica in effetti non è altro che “starnazzare di anatre nel pollaio”; i due cosiddetti poli – ognuno per suo conto – sono agitati al loro interno, anziché esserlo nei confronti dell’avversario.
Il polo attualmente al governo è agitato da una serie di questioni: la ricerca di visibilità delle formazioni minori (UDC in testa) è tutta riversata nella prossima “finanziaria”, con la quale il governo dovrebbe determinare la propria attività economica per il prossimo anno (2005). In concreto ognuno cerca di strappare un po’ di soldi per i propri sodali e, nel caso che non ci riesca, fa finta di arrabbiarsi e di piantare delle grane oltre ogni dire: è la solita tattica, inventata ai tempi della “Balena Bianca” e proseguita con l’ovvio aggiornamento ai tempi moderni.
Dopo aver risolto, almeno diciamo “rabberciato”, il problema della devolution e la conseguente modifica della costituzione – tutt’ora in Parlamento ma sembrerebbe bene avviata – un altro problema che attualmente scuote la coalizione è la più recente affermazione del premier, “il Cavaliere levigato”, in base alla quale con l’attuale legge elettorale la Casa della Libertà di avvia ad una sonora sconfitta alle prossime elezioni del 2006.
Comunque niente paura, vorrà dire che si cambia: non più maggioritario ma proporzionale, con eventuale premio alla lista vincente. Tutto questo non è frutto della fantasia dei giornalisti – i solito parolai comunisti – ma è stato affermato dal Berlusca in occasione di un mega summit al quale hanno partecipato tutti i leader del Centro Destra (pensate, c’era pure De Michelis).
Ora mi domando: ma si può adeguare le riforme ai sondaggi che Istituti compiacenti sfornano in continuazione? Notare comunque che il pallino della proporzionale Lui c’è l’ha sempre avuto: così ci contiamo e vediamo quanto ogni partito vale in termini di ministeri!
Dall’altra parte il Centro Sinistra che – diviso sul problema dell’Irak - è ancora travagliato dalle cosiddette “primarie” (mi piacerebbe sapere chi tra gli elettori ne è minimamente interessato), elezioni ufficiose che verrebbero tenute sui nomi indicati dai partiti: è chiaramente un modo attraverso il quale si arriva ad un conteggio – che varrà poco ma qualcosa vale – sulla forza dei vari partiti.
Su questo, ovviamente, alcuni – che vantano delle posizioni di rendita – non possono essere d’accordo, perché rischiano di perdere punti a beneficio di amici (ma nemici in questo caso) che aspirano a contare di più.
E’ il caso, molto chiaro, dei partiti di centro – racchiusi nel calderone della “Margherita” – che vorrebbero avere più spazio e più visibilità nella coalizione; di questa “Margherita”, il cui leader logico dovrebbe essere Romano Prodi, al quale però si rimprovera di essere in Italia quando gli fa comodo e in Europa quando invece c’è da scottarsi le dita qui da noi.
Si tratta insomma del vecchio detto “tenere i piedi su più staffe” che, mi sembra bene attagliato all’italico Mortadella, abituato a giocare su più tavoli ed a fare le puntate più importanti solo quando intravede o addirittura già conosce con esattezza come andrà a finire.
Questo – molto sommariamente – il quadro che abbiamo di fronte: non è molto gradevole ma questo è e questo dobbiamo tenerci. Qualcuno ha detto: “ognuno ha il governo che si merita”; potremmo aggiungere: “la classe politica che si merita” .
Il polo attualmente al governo è agitato da una serie di questioni: la ricerca di visibilità delle formazioni minori (UDC in testa) è tutta riversata nella prossima “finanziaria”, con la quale il governo dovrebbe determinare la propria attività economica per il prossimo anno (2005). In concreto ognuno cerca di strappare un po’ di soldi per i propri sodali e, nel caso che non ci riesca, fa finta di arrabbiarsi e di piantare delle grane oltre ogni dire: è la solita tattica, inventata ai tempi della “Balena Bianca” e proseguita con l’ovvio aggiornamento ai tempi moderni.
Dopo aver risolto, almeno diciamo “rabberciato”, il problema della devolution e la conseguente modifica della costituzione – tutt’ora in Parlamento ma sembrerebbe bene avviata – un altro problema che attualmente scuote la coalizione è la più recente affermazione del premier, “il Cavaliere levigato”, in base alla quale con l’attuale legge elettorale la Casa della Libertà di avvia ad una sonora sconfitta alle prossime elezioni del 2006.
Comunque niente paura, vorrà dire che si cambia: non più maggioritario ma proporzionale, con eventuale premio alla lista vincente. Tutto questo non è frutto della fantasia dei giornalisti – i solito parolai comunisti – ma è stato affermato dal Berlusca in occasione di un mega summit al quale hanno partecipato tutti i leader del Centro Destra (pensate, c’era pure De Michelis).
Ora mi domando: ma si può adeguare le riforme ai sondaggi che Istituti compiacenti sfornano in continuazione? Notare comunque che il pallino della proporzionale Lui c’è l’ha sempre avuto: così ci contiamo e vediamo quanto ogni partito vale in termini di ministeri!
Dall’altra parte il Centro Sinistra che – diviso sul problema dell’Irak - è ancora travagliato dalle cosiddette “primarie” (mi piacerebbe sapere chi tra gli elettori ne è minimamente interessato), elezioni ufficiose che verrebbero tenute sui nomi indicati dai partiti: è chiaramente un modo attraverso il quale si arriva ad un conteggio – che varrà poco ma qualcosa vale – sulla forza dei vari partiti.
Su questo, ovviamente, alcuni – che vantano delle posizioni di rendita – non possono essere d’accordo, perché rischiano di perdere punti a beneficio di amici (ma nemici in questo caso) che aspirano a contare di più.
E’ il caso, molto chiaro, dei partiti di centro – racchiusi nel calderone della “Margherita” – che vorrebbero avere più spazio e più visibilità nella coalizione; di questa “Margherita”, il cui leader logico dovrebbe essere Romano Prodi, al quale però si rimprovera di essere in Italia quando gli fa comodo e in Europa quando invece c’è da scottarsi le dita qui da noi.
Si tratta insomma del vecchio detto “tenere i piedi su più staffe” che, mi sembra bene attagliato all’italico Mortadella, abituato a giocare su più tavoli ed a fare le puntate più importanti solo quando intravede o addirittura già conosce con esattezza come andrà a finire.
Questo – molto sommariamente – il quadro che abbiamo di fronte: non è molto gradevole ma questo è e questo dobbiamo tenerci. Qualcuno ha detto: “ognuno ha il governo che si merita”; potremmo aggiungere: “la classe politica che si merita” .
venerdì, settembre 24, 2004
E l'Europa cosa fa?
In occasione del dibattito all’Assemblea dell’O.N.U. sulla riforma del Consiglio di Sicurezza, da più parti si invoca la partecipazione non più a livello di stati, ma con base regionale.
Questo, ovviamente, per l’Europa significherebbe che i vari paesi europei che fanno parte della U.E. dovrebbero essere rappresentati soltanto da uno (il delegato U.E. appunto) che parlerebbe per l’intera Europa.
Bella ipotesi, bel sogno, ma proprio soltanto un sogno. E la riprova l’abbiamo avuta con la crisi irakena, nel corso della quale il vecchio continente non è riuscito ad esprimere una posizione comune ed è andato in ordine sparso, fino a che la sua voce si è praticamente spenta.
Credo che non ci sia bisogno di rimarcare come in caso di crisi acute come quella che stiamo vivendo, l’unione dell’America con l’Europa rappresenta l’unica carta vincente che possiamo opporre alla violenza ed al terrorismo; gli U.S.A. senza l’Europa valgono la metà della loro potenza, l’Europa senza gli U.S.A. vale…poco o niente.
Questa è l’amara ma esatta considerazione che possiamo fare circa l’importanza dei continenti, ma a patto che la loro politica sia una ed una sola e che la loro voce sia una ed una sola.
Nel nostro caso invece cerchiamo sempre – per quel bizantinismo che tanto ci affascina – di legare con alcuni a scapito degli altri: la Francia che fino a qualche anno fa era strettamente legata all’Inghilterra, si è ora staccata da essa e si è avvicinata a Germania e Spagna, mentre l’Inghilterra si è unita a sua volta a Italia e Polonia.
Questo cosa dimostra? Soprattutto che anche in caso di crisi internazionale, i leader dei singoli paesi europei guardano l’evento alla luce dei loro interessi interni e non come rappresentanti del continente; con questo modo di agire è praticamente impensabile avere una sola posizione in campo, tanto è vero che la nuova Costituzione pone tali e tanti vincoli alle decisioni che, per forza di cose, non potranno essere che delle mediazioni o delle divisioni in blocchi.
In un futuro nemmeno tanto lontano, si affacceranno all’orizzonte internazionale delle “regioni” che – se non stiamo attenti – prenderanno il nostro posto accanto agli Stati Uniti: sto riferendomi al Sud America che non appena avrà risolto i suoi problemi economici sarà pronto a schierarsi; sto riferendomi al continente asiatico che – almeno sotto il profilo numerico – sarebbe in grado di polverizzare qualunque coalizione: pensiamo, solo per amore di discussione, ad un accordo tra la Cina, l’India e il Giappone. Se questi tre colossi s’intendono e capiscono che è loro interesse stare insieme, se ne accorgerà l’Europa con tutte le sue leggine che regolamentano la lunghezza del pisello e la grossezza delle arance, soli argomenti che trovano l’accordo tra tutti i paesi!
Negare che l’Europa sotto il profilo della regionalità non esiste è nascondere la testa sotto la sabbia; negare che i Paesi attualmente aderenti all’unione non sono in grado di formulare una politica estera comune è come voler negare l’evidenza; qualunque altra considerazione lascia il tempo che trova e rimanda – eventualmente – ad un futuro che non è affatto imminente, mentre le crisi con l’islam non ammettono proroghe e non ci concedono ancora tanto tempo.
Questo, ovviamente, per l’Europa significherebbe che i vari paesi europei che fanno parte della U.E. dovrebbero essere rappresentati soltanto da uno (il delegato U.E. appunto) che parlerebbe per l’intera Europa.
Bella ipotesi, bel sogno, ma proprio soltanto un sogno. E la riprova l’abbiamo avuta con la crisi irakena, nel corso della quale il vecchio continente non è riuscito ad esprimere una posizione comune ed è andato in ordine sparso, fino a che la sua voce si è praticamente spenta.
Credo che non ci sia bisogno di rimarcare come in caso di crisi acute come quella che stiamo vivendo, l’unione dell’America con l’Europa rappresenta l’unica carta vincente che possiamo opporre alla violenza ed al terrorismo; gli U.S.A. senza l’Europa valgono la metà della loro potenza, l’Europa senza gli U.S.A. vale…poco o niente.
Questa è l’amara ma esatta considerazione che possiamo fare circa l’importanza dei continenti, ma a patto che la loro politica sia una ed una sola e che la loro voce sia una ed una sola.
Nel nostro caso invece cerchiamo sempre – per quel bizantinismo che tanto ci affascina – di legare con alcuni a scapito degli altri: la Francia che fino a qualche anno fa era strettamente legata all’Inghilterra, si è ora staccata da essa e si è avvicinata a Germania e Spagna, mentre l’Inghilterra si è unita a sua volta a Italia e Polonia.
Questo cosa dimostra? Soprattutto che anche in caso di crisi internazionale, i leader dei singoli paesi europei guardano l’evento alla luce dei loro interessi interni e non come rappresentanti del continente; con questo modo di agire è praticamente impensabile avere una sola posizione in campo, tanto è vero che la nuova Costituzione pone tali e tanti vincoli alle decisioni che, per forza di cose, non potranno essere che delle mediazioni o delle divisioni in blocchi.
In un futuro nemmeno tanto lontano, si affacceranno all’orizzonte internazionale delle “regioni” che – se non stiamo attenti – prenderanno il nostro posto accanto agli Stati Uniti: sto riferendomi al Sud America che non appena avrà risolto i suoi problemi economici sarà pronto a schierarsi; sto riferendomi al continente asiatico che – almeno sotto il profilo numerico – sarebbe in grado di polverizzare qualunque coalizione: pensiamo, solo per amore di discussione, ad un accordo tra la Cina, l’India e il Giappone. Se questi tre colossi s’intendono e capiscono che è loro interesse stare insieme, se ne accorgerà l’Europa con tutte le sue leggine che regolamentano la lunghezza del pisello e la grossezza delle arance, soli argomenti che trovano l’accordo tra tutti i paesi!
Negare che l’Europa sotto il profilo della regionalità non esiste è nascondere la testa sotto la sabbia; negare che i Paesi attualmente aderenti all’unione non sono in grado di formulare una politica estera comune è come voler negare l’evidenza; qualunque altra considerazione lascia il tempo che trova e rimanda – eventualmente – ad un futuro che non è affatto imminente, mentre le crisi con l’islam non ammettono proroghe e non ci concedono ancora tanto tempo.
giovedì, settembre 23, 2004
E se noi...
Continuano le notizie – false o vere – sulla sorte delle due Simone; comunicati su alcuni siti islamici danno come eseguite le sentenze di morte, mentre altri gruppi (gli ulema) smentiscono questo triste evento.
Mi sembra chiaro che finché se lo possono permettere, i delinquenti – come io li definisco – tendono ad “uccidere” tutti i giorni gli ostaggi, per continuare il più possibile l’effetto terrore nei confronti dei Paesi interessati (in questo caso sulla graticola ci siamo noi e gli inglesi).
A parte la ricerca di vie segrete e conosciute dagli “007”, poco ci resta da fare per quanto attiene alle autorità; così mi sono dilettato di fare una ipotesi (che vale solo la carta su cui è scritta): e se noi e gli inglesi si cominciasse a fare atti di ritorsione nei confronti dei concittadini dei delinquenti? Dato che affermano di non temere la morte – e i kamikaze lo dimostrano – perché non li mettiamo alla prova nei nostri Paesi.
In che modo non lo so, ma vorrei che ci facessimo sentire più incazzati, che smettessimo di dire che bisogna distinguere tra islamici buoni e cattivi (non è vero!), che questa non è una “guerra di religione (lo afferma oggi anche il nostro Presidente), quando invece si tratta proprio di questo: una specifica guerra per la riconquista dei territori occidentali, abitati da “infedeli” degni soltanto di essere soppressi.
Questo discorso che ho fatto, badate bene, non è farina del mio sacco, ma è ripreso semplicemente dall’ultimo comunicato di Al Zarqawi, il quale aggiunge poi che la Svaria consente la razzia di donne infedeli per farne delle schiave.
A giustificazione religiosa viene citato il versetto cranico che afferma “catturateli, assediateli e tendete loro agguati”; questo sarebbe anche secondo alcuni commentatori del Corano, la giustificazione pratica dei rapimenti dal punto di vista del diritto islamico.
Sempre nello stesso messaggio che precede lo sgozzamento e la decapitazione dell’americano Armstrong, il delinquente n.1 Al Zarqawi afferma beatamente che l’uccidere sulla via di Allah alza il loro morale, e per questo stiamo uccidendo i cani romani in applicazione agli ordini di Allah.
Questi comunicati, che passano in secondo ordine rispetto alla forza brutale delle immagini e vengono messi in onda con un audio basso e distorto, rivestono invece un interesse non solo filologico, ma anche filosofico per arrivare a comprendere dove i delinquenti pensano di arrivare.
Dobbiamo quindi cercare anche noi di fargli capire che non sarà facile sottomettere l’occidente, a meno che non si pensi proprio il contrario e si sia già rassegnati al peggio.
Certo che potremmo invocare l’aiuto di Dio, antitetico ad Allah ma anche lui assolutamente antidemocratico in quanto convinto di aver ragione solo Lui, però non so se ne avrà voglia di intervenire: potrebbe mandare un nuovo diluvio, ma pensate che faremmo un grande affare?
E mi raccomando: smettiamola di dire che esiste anche un islam che vuole andare d’accordo con noi; non è vero, é soltanto in attesa che si crolli sotto il peso della nostra opulenza o sotto il peso del nostro benessere. Esattamente come fecero i romani con i barbari.
E, di conseguenza, smettiamola di dire che non è una guerra di religione, perché proprio di questo si tratta.
E la dobbiamo combattere tutti!
Mi sembra chiaro che finché se lo possono permettere, i delinquenti – come io li definisco – tendono ad “uccidere” tutti i giorni gli ostaggi, per continuare il più possibile l’effetto terrore nei confronti dei Paesi interessati (in questo caso sulla graticola ci siamo noi e gli inglesi).
A parte la ricerca di vie segrete e conosciute dagli “007”, poco ci resta da fare per quanto attiene alle autorità; così mi sono dilettato di fare una ipotesi (che vale solo la carta su cui è scritta): e se noi e gli inglesi si cominciasse a fare atti di ritorsione nei confronti dei concittadini dei delinquenti? Dato che affermano di non temere la morte – e i kamikaze lo dimostrano – perché non li mettiamo alla prova nei nostri Paesi.
In che modo non lo so, ma vorrei che ci facessimo sentire più incazzati, che smettessimo di dire che bisogna distinguere tra islamici buoni e cattivi (non è vero!), che questa non è una “guerra di religione (lo afferma oggi anche il nostro Presidente), quando invece si tratta proprio di questo: una specifica guerra per la riconquista dei territori occidentali, abitati da “infedeli” degni soltanto di essere soppressi.
Questo discorso che ho fatto, badate bene, non è farina del mio sacco, ma è ripreso semplicemente dall’ultimo comunicato di Al Zarqawi, il quale aggiunge poi che la Svaria consente la razzia di donne infedeli per farne delle schiave.
A giustificazione religiosa viene citato il versetto cranico che afferma “catturateli, assediateli e tendete loro agguati”; questo sarebbe anche secondo alcuni commentatori del Corano, la giustificazione pratica dei rapimenti dal punto di vista del diritto islamico.
Sempre nello stesso messaggio che precede lo sgozzamento e la decapitazione dell’americano Armstrong, il delinquente n.1 Al Zarqawi afferma beatamente che l’uccidere sulla via di Allah alza il loro morale, e per questo stiamo uccidendo i cani romani in applicazione agli ordini di Allah.
Questi comunicati, che passano in secondo ordine rispetto alla forza brutale delle immagini e vengono messi in onda con un audio basso e distorto, rivestono invece un interesse non solo filologico, ma anche filosofico per arrivare a comprendere dove i delinquenti pensano di arrivare.
Dobbiamo quindi cercare anche noi di fargli capire che non sarà facile sottomettere l’occidente, a meno che non si pensi proprio il contrario e si sia già rassegnati al peggio.
Certo che potremmo invocare l’aiuto di Dio, antitetico ad Allah ma anche lui assolutamente antidemocratico in quanto convinto di aver ragione solo Lui, però non so se ne avrà voglia di intervenire: potrebbe mandare un nuovo diluvio, ma pensate che faremmo un grande affare?
E mi raccomando: smettiamola di dire che esiste anche un islam che vuole andare d’accordo con noi; non è vero, é soltanto in attesa che si crolli sotto il peso della nostra opulenza o sotto il peso del nostro benessere. Esattamente come fecero i romani con i barbari.
E, di conseguenza, smettiamola di dire che non è una guerra di religione, perché proprio di questo si tratta.
E la dobbiamo combattere tutti!
martedì, settembre 21, 2004
Al Zarqawi: uomo no
Avrei voluto intitolare “Al Zarqawi: uomo o bestia?”, ma poi mi è sovvenuto che le bestie potrebbero farmi causa e mangiarmi il patrimonio (sic!) e quindi mi limito a mettere il “no” in antitesi al sostantivo “uomo”.
Questo signore, inviato di Al Qaeda in Irak, rappresenta ai nostri occhi quello che finora consideravamo “il male assoluto”, quel tipo di contrapposizione al “bene” che non si capisce neppure da cosa e da chi provenga, quel tipo di male che si poteva identificare con “il diavolo” (noi cristiani) contrapposto a nostro Dio.
Alcuni giorni or sono, commentando la violenza imperante in Irak ho definito quella situazione come una ricerca del bagno di sangue, come un monito per tutti gli occidentali, sfidati dal sangue che viene fatto scorrere a fiumi.
L’ultimo esempio: con un video l’esercito dell’Islam ha mostrato il disgraziato americano ultracinquantenne (un ingegnere civile) che veniva preso alle spalle da un delinquente (lo stesso Al Zarqawi) che brandendo un coltellaccio lo ha barbaramente (i barbari mi scusino se li nomino) decapitato.
Questo video è passato in un loro sito Internet ed è poi andato a finire sulla solita Al Jazeera che lo ha messo in onda; qui lo abbiamo visto fino al mo0mento in cui il delinquente comincia la decapitazione; il corpo del povero ingegnere tremava tutto, essendosi reso conto di quello che gli stava per accadere e un sordo mugolio usciva dalle sue labbra.
L’ostaggio ucciso faceva parte dei tre catturati (due americani e un inglese), per i quali era stata richiesta come contropartita la liberazione di tutte le donne irakene imprigionate; non ce ne sono – a detta degli americani – ma l’esecuzione è avvenuta lo stesso.
Una considerazione che potremmo fare: il delinquente Al Zarqawi forse non sa che questi spargimenti di sangue propagandati ad arte attraverso i mass – media, scuotono soprattutto le Nazioni latine (Spagna, noi, Filippine, Francia) e meno quei Paesi che fanno riferimento alla cultura protestante (Inghilterra, Stati Uniti), oltre poi ad Israele che – per principio – non accetta neppure l’idea di trattate con i rapitori.
Dicevo che le Nazioni protestanti non si fanno condizionare dalla barbarie: ne è esempio Pearl Harbour che mise il turbo nel motore degli americani e la ritirata di Dunquerque che, anziché scoraggiare, dette la carica agli inglesi.
Anche l’opinione pubblica di quei Paesi non si scatena come facciamo noi latini; hanno forse più spirito patriottico?
Per concludere una polemica che sta scoppiando in queste ore: come avvenne all’epoca delle B.R., ci domandiamo se la stampa e le televisioni debbano continuare a mettere in onda i comunicati (audio e video) dei rapitori o è forse preferibile ignorare il tutto? È ovvio che una presa di posizione dovrebbe essere assolutamente unitaria, il che è praticamente impensabile; e poi con Internet come la mettiamo? Quindi mi sembra che il bivio si riconduca ad una sola strada: pubblicare ma con giudizio.
Questo signore, inviato di Al Qaeda in Irak, rappresenta ai nostri occhi quello che finora consideravamo “il male assoluto”, quel tipo di contrapposizione al “bene” che non si capisce neppure da cosa e da chi provenga, quel tipo di male che si poteva identificare con “il diavolo” (noi cristiani) contrapposto a nostro Dio.
Alcuni giorni or sono, commentando la violenza imperante in Irak ho definito quella situazione come una ricerca del bagno di sangue, come un monito per tutti gli occidentali, sfidati dal sangue che viene fatto scorrere a fiumi.
L’ultimo esempio: con un video l’esercito dell’Islam ha mostrato il disgraziato americano ultracinquantenne (un ingegnere civile) che veniva preso alle spalle da un delinquente (lo stesso Al Zarqawi) che brandendo un coltellaccio lo ha barbaramente (i barbari mi scusino se li nomino) decapitato.
Questo video è passato in un loro sito Internet ed è poi andato a finire sulla solita Al Jazeera che lo ha messo in onda; qui lo abbiamo visto fino al mo0mento in cui il delinquente comincia la decapitazione; il corpo del povero ingegnere tremava tutto, essendosi reso conto di quello che gli stava per accadere e un sordo mugolio usciva dalle sue labbra.
L’ostaggio ucciso faceva parte dei tre catturati (due americani e un inglese), per i quali era stata richiesta come contropartita la liberazione di tutte le donne irakene imprigionate; non ce ne sono – a detta degli americani – ma l’esecuzione è avvenuta lo stesso.
Una considerazione che potremmo fare: il delinquente Al Zarqawi forse non sa che questi spargimenti di sangue propagandati ad arte attraverso i mass – media, scuotono soprattutto le Nazioni latine (Spagna, noi, Filippine, Francia) e meno quei Paesi che fanno riferimento alla cultura protestante (Inghilterra, Stati Uniti), oltre poi ad Israele che – per principio – non accetta neppure l’idea di trattate con i rapitori.
Dicevo che le Nazioni protestanti non si fanno condizionare dalla barbarie: ne è esempio Pearl Harbour che mise il turbo nel motore degli americani e la ritirata di Dunquerque che, anziché scoraggiare, dette la carica agli inglesi.
Anche l’opinione pubblica di quei Paesi non si scatena come facciamo noi latini; hanno forse più spirito patriottico?
Per concludere una polemica che sta scoppiando in queste ore: come avvenne all’epoca delle B.R., ci domandiamo se la stampa e le televisioni debbano continuare a mettere in onda i comunicati (audio e video) dei rapitori o è forse preferibile ignorare il tutto? È ovvio che una presa di posizione dovrebbe essere assolutamente unitaria, il che è praticamente impensabile; e poi con Internet come la mettiamo? Quindi mi sembra che il bivio si riconduca ad una sola strada: pubblicare ma con giudizio.
lunedì, settembre 20, 2004
Ancora sul blocco dei prezzi
Torniamo un momento sull’accordo che il Governo ha stipulato con la Grande Distribuzione: vediamo alcuni punti della vicenda e cerchiamo di accorgerci in che modo siamo stati fregati.
Il primo elemento che balza agli occhi è che l’accordo è limitato ai prodotti con il marchio del Super o Iper Mercato (circa 10-16% del consumo a seconda delle zone); questo comporta che nel fare la spesa bisogna tenere non un occhio aperto, ma due e possibilmente tre sul prodotto che viene scelto.
Un altro elemento che scaturisce dal mio pensar male è il seguente: e se la Grande Distribuzione si facesse preparare delle confezioni con meno prodotto e allo stesso costo?
Mi spiego meglio: una confezione di un chilo di pasta costa – mettiamo – due euro, ma se anziché aumentare il costo della pasta si mette in commercio una confezione di 950 grammi sempre al costo di due euro chi se ne accorge. Non certo il consumatore che dovrebbe mettersi a leggere tutte le etichette e, soprattutto, dovrebbe conoscere le etichette di prima dell’accordo.
Anche qui si rientra nel campo della più totale aleatorietà:mi spiego meglio ancora una volta: mettiamo per assurdo che il sig. Rossi si ritrova una confezione che è di 950 grammi e, armato di sacro fuoco giustizialista, si reca alla direzione del Supermercato per protestare: per fare questo il nostro sig. Rossi deve essere ben certo che le confezioni di quel prodotto erano anche prima di un chilo, e chi può essere così certo? Attenzione, perché se accusiamo senza prove rischiamo l’accusa di diffamazione!
Un altro punto dell’accordo che mi è ostico capire è il seguente: le altre marche di prodotti che solitamente albergano negli scaffali, dopo questo accordo vengono ritirate dalle Aziende produttrici oppure restano “insieme” alle altre, ma con una concorrenza che definirei sleale a favore di quelle del Grande Magazzino.
Sì perché tra le altre cose dobbiamo anche considerare l’impatto mediatico che questa operazione ha e avrà sempre più nel tempo, con una ricaduta pubblicitaria di valore incalcolabile.
E tutto questo, oltre ad altri vantaggi negli orari di apertura dei vari Punti Vendita, è la contropartita che tutti noi paghiamo perché “non ci sia l’aumento”
Detto così sembra poco, ma chissà!
Per il momento le Associazioni che raggruppano i commercianti si stanno pronunciando sfavorevolmente a questa operazione: non mi meraviglia, perché i prossimi tre mesi (ottobre, novembre e dicembre) rappresentano il miglior periodo dell’anno per gli incasso e se – malauguratamente – il cliente è ancora di più dirottato verso la Grande Distribuzione, a Gennaio c’è da “contare i morti”.
Speriamo che non sia così perché nel commercio più voci operano e meglio sta il consumatore, però nessuno mi toglie dalla testa che il tutto comporti una dura battaglia.
Per il recupero del 2,50 % di potere d’acquisto previsto dal Governo nel 2005 mi sembra che questo non c’entri, visto che scade a dicembre 2004; evidentemente il Cavaliere Levigato ne avrà pensata qualcuna delle sue!
Il primo elemento che balza agli occhi è che l’accordo è limitato ai prodotti con il marchio del Super o Iper Mercato (circa 10-16% del consumo a seconda delle zone); questo comporta che nel fare la spesa bisogna tenere non un occhio aperto, ma due e possibilmente tre sul prodotto che viene scelto.
Un altro elemento che scaturisce dal mio pensar male è il seguente: e se la Grande Distribuzione si facesse preparare delle confezioni con meno prodotto e allo stesso costo?
Mi spiego meglio: una confezione di un chilo di pasta costa – mettiamo – due euro, ma se anziché aumentare il costo della pasta si mette in commercio una confezione di 950 grammi sempre al costo di due euro chi se ne accorge. Non certo il consumatore che dovrebbe mettersi a leggere tutte le etichette e, soprattutto, dovrebbe conoscere le etichette di prima dell’accordo.
Anche qui si rientra nel campo della più totale aleatorietà:mi spiego meglio ancora una volta: mettiamo per assurdo che il sig. Rossi si ritrova una confezione che è di 950 grammi e, armato di sacro fuoco giustizialista, si reca alla direzione del Supermercato per protestare: per fare questo il nostro sig. Rossi deve essere ben certo che le confezioni di quel prodotto erano anche prima di un chilo, e chi può essere così certo? Attenzione, perché se accusiamo senza prove rischiamo l’accusa di diffamazione!
Un altro punto dell’accordo che mi è ostico capire è il seguente: le altre marche di prodotti che solitamente albergano negli scaffali, dopo questo accordo vengono ritirate dalle Aziende produttrici oppure restano “insieme” alle altre, ma con una concorrenza che definirei sleale a favore di quelle del Grande Magazzino.
Sì perché tra le altre cose dobbiamo anche considerare l’impatto mediatico che questa operazione ha e avrà sempre più nel tempo, con una ricaduta pubblicitaria di valore incalcolabile.
E tutto questo, oltre ad altri vantaggi negli orari di apertura dei vari Punti Vendita, è la contropartita che tutti noi paghiamo perché “non ci sia l’aumento”
Detto così sembra poco, ma chissà!
Per il momento le Associazioni che raggruppano i commercianti si stanno pronunciando sfavorevolmente a questa operazione: non mi meraviglia, perché i prossimi tre mesi (ottobre, novembre e dicembre) rappresentano il miglior periodo dell’anno per gli incasso e se – malauguratamente – il cliente è ancora di più dirottato verso la Grande Distribuzione, a Gennaio c’è da “contare i morti”.
Speriamo che non sia così perché nel commercio più voci operano e meglio sta il consumatore, però nessuno mi toglie dalla testa che il tutto comporti una dura battaglia.
Per il recupero del 2,50 % di potere d’acquisto previsto dal Governo nel 2005 mi sembra che questo non c’entri, visto che scade a dicembre 2004; evidentemente il Cavaliere Levigato ne avrà pensata qualcuna delle sue!
domenica, settembre 19, 2004
Zibaldone n.7
Ho deciso di tornare allo “Zibaldone” poiché gli argomenti che mi hanno colpito in questo fine settimana sono più di uno, anzi sono tre.
Il PRIMO si riferisce ad una notizia in base alla quale una esecuzione mafiosa di un “traditore” della cosca è stata eseguita dal figlio del condannato che si è così macchiato del peccato di parricidio. Potremmo chiederci: va bene, ma il giovane non lo ha fatto spontaneamente, ma è stato costretto dal capo cosca a comportarsi così, pena la perdita anche della propria vita. E invece no! Nel senso che l’omicida non solo non è stato costretto a fare niente ma anzi ha commesso l’omicidio per riparare al tradimento del padre e, così facendo, riacquistare l’onore per la propria famiglia.
Questo, signori miei nel 2004!
Il SECONDO evento che mi ha colpito si riferisce ai continui sbarchi di clandestini, quasi tutti partiti da porti libici; con questo paese sono state fatte più di una trattativa per indurlo a controllare meglio le partenze dalle sue coste e, con una altalena piena di contraddizioni, a volte sembra di avere risolto, la volta dopo siamo daccapo a quindici.
L’ultima battuta delle autorità libiche – già ventilata in passato, ma mai esplicitata con questa chiarezza – è la seguente: poiché noi siamo ancora sottoposti a embargo internazionale, non possiamo dotarci dei mezzi necessari per il controllo delle coste, in special modo di mezzi navali idonei.
Le nostre autorità, anziché infuriarsi per il chiarissimo “ricatto” che veniva fatto ai paesi occidentali, si sono scagliate contro le nazioni che ancora non hanno tolto questo stramaledetto embargo ed hanno affermato – papale, papale – che lo avremmo tolto noi unilateralmente, pur di fare felice i libici.
Se questo non è cedere alla prepotenza, non saprei come altro definirlo!
Un altro fatto ha destato il mio interesse – e siamo a TRE – e cioè la felice conclusione della vicenda Alitalia, durante la quale si è assistito ad una riduzione dei privilegi che i nostri piloti ed assistenti di volo avevano nei confronti degli analoghi colleghi tedeschi; in pratica si è ottenuto che questi signori lavorassero “quasi” come i tedeschi (dico quasi perché non li abbiamo ancora raggiunti completamente ma solo avvicinati). Inoltre, riguardo al cosiddetto personale di terra – che vantava esuberi mostruosi – si è ottenuto di poter collocare fuori ruolo circa l’80% degli esuberi richiesti.
A questo punto interviene lo Stato con gli “ammortizzatori sociali” e completa l’opera. Ora mi pongo due questioni: la prima – oltre ai complimenti al “tagliatore di teste” Cimoli” – riguarda la disponibilità alla trattativa di maestranze e sindacati, discendente direttamente dalla consapevolezza che “o si fa così o si chiude”; la seconda concerne gli ammortizzatori sociali e una mia pur breve e forse demagogica considerazione: quando uno o più negozi licenzia le maestranze (cinque o sei persone) perché un Iper Mercato ha drenato tutta la clientela della zona, non c’è nessun sindacalista e nessun politico che si interessa della questione e, soprattutto, non viene innescato nessun meccanismo che tenda a recuperare il lavoratore; tutti sono solidali, ma se ne fregano, tutti stigmatizzano quanto accaduto, ma se ne fregano. Questa è la politica sociale!
Il PRIMO si riferisce ad una notizia in base alla quale una esecuzione mafiosa di un “traditore” della cosca è stata eseguita dal figlio del condannato che si è così macchiato del peccato di parricidio. Potremmo chiederci: va bene, ma il giovane non lo ha fatto spontaneamente, ma è stato costretto dal capo cosca a comportarsi così, pena la perdita anche della propria vita. E invece no! Nel senso che l’omicida non solo non è stato costretto a fare niente ma anzi ha commesso l’omicidio per riparare al tradimento del padre e, così facendo, riacquistare l’onore per la propria famiglia.
Questo, signori miei nel 2004!
Il SECONDO evento che mi ha colpito si riferisce ai continui sbarchi di clandestini, quasi tutti partiti da porti libici; con questo paese sono state fatte più di una trattativa per indurlo a controllare meglio le partenze dalle sue coste e, con una altalena piena di contraddizioni, a volte sembra di avere risolto, la volta dopo siamo daccapo a quindici.
L’ultima battuta delle autorità libiche – già ventilata in passato, ma mai esplicitata con questa chiarezza – è la seguente: poiché noi siamo ancora sottoposti a embargo internazionale, non possiamo dotarci dei mezzi necessari per il controllo delle coste, in special modo di mezzi navali idonei.
Le nostre autorità, anziché infuriarsi per il chiarissimo “ricatto” che veniva fatto ai paesi occidentali, si sono scagliate contro le nazioni che ancora non hanno tolto questo stramaledetto embargo ed hanno affermato – papale, papale – che lo avremmo tolto noi unilateralmente, pur di fare felice i libici.
Se questo non è cedere alla prepotenza, non saprei come altro definirlo!
Un altro fatto ha destato il mio interesse – e siamo a TRE – e cioè la felice conclusione della vicenda Alitalia, durante la quale si è assistito ad una riduzione dei privilegi che i nostri piloti ed assistenti di volo avevano nei confronti degli analoghi colleghi tedeschi; in pratica si è ottenuto che questi signori lavorassero “quasi” come i tedeschi (dico quasi perché non li abbiamo ancora raggiunti completamente ma solo avvicinati). Inoltre, riguardo al cosiddetto personale di terra – che vantava esuberi mostruosi – si è ottenuto di poter collocare fuori ruolo circa l’80% degli esuberi richiesti.
A questo punto interviene lo Stato con gli “ammortizzatori sociali” e completa l’opera. Ora mi pongo due questioni: la prima – oltre ai complimenti al “tagliatore di teste” Cimoli” – riguarda la disponibilità alla trattativa di maestranze e sindacati, discendente direttamente dalla consapevolezza che “o si fa così o si chiude”; la seconda concerne gli ammortizzatori sociali e una mia pur breve e forse demagogica considerazione: quando uno o più negozi licenzia le maestranze (cinque o sei persone) perché un Iper Mercato ha drenato tutta la clientela della zona, non c’è nessun sindacalista e nessun politico che si interessa della questione e, soprattutto, non viene innescato nessun meccanismo che tenda a recuperare il lavoratore; tutti sono solidali, ma se ne fregano, tutti stigmatizzano quanto accaduto, ma se ne fregano. Questa è la politica sociale!