venerdì, marzo 02, 2012
PARLIAMO DI...SCULTURE
Ovviamente non intendo discettare sul lato estetico di questa forma d’arte, ma utilizzare alcune notizie per fare un discorso assolutamente “non artistico”.
La prima scultura balzata agli onori della cronaca è quella che la cittadina di Nogent sur Marne, in Francia, dedicherà alle lavoratrici italiane impiegate nella locale fabbrica di piume nel primi del ‘900; ma la notizia “vera” non è questa, ma quella che a dare le forme all’opera sarà un’italiana che in Francia ha un ruolo prestigioso, quella Carla (mi raccomando di pronunciare con l’accento sulla a finale) Bruni che ha sposato il Presidente Sarkozy e dallo stesso attende un figlio.
Non mi chiedete che cosa c’entra la “nostra” Carla con una proletaria immigrata in Francia per lavorare; diciamo che la Bruni sta all’operaia come un panino con la mortadella sta al celebre cuoco Vissani, cioè un qualcosa di non paragonabile.
Ma non prendiamocela con i francesi: anche noi abbiamo dedicato una statua a Manuela Arcuri; è successo a Porto Cesareo in Provincia di Lecce e il manufatto è oggetto di ammirazione da parte di tanti fan della bella Manuela. Se poi vogliamo riportarci ai commenti impossibili, diciamo che Cicerone avrebbe detto “O tempora o mores”; chiaro il concetto.
Un’altra statua che diventerà famosa è in via di realizzazione a Vagli Sotto, Provincia di Lucca: la cittadinanza si sta tassando e cerca di raggiungere la somma di 60/mila euro da consegnare all’artista che realizzerà due statue (immagino uguali) del comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio De Falco, il quale è famoso per una frase che è arrivata a campeggiare addirittura sulle magliette dei giovani.
La frase in questione è diventata una sorta di tormentone e recita: “Schettino, torni a bordo; cazzo!!”; ricorderete immagino il colloquio con la nave “Concordia” in cui il comandante intimava al capitano di fare il proprio dovere. Ed è diventato famoso!!
Il terzo caso riguarda l’uso di più statue e si sta verificando a Carrara, dove si stanno approntando 6 copie in bronzo di altrettanti capolavori realizzati da Michelangelo; questi lavori sono stati commissionati dai cinesi e rappresenteranno l’attrazione principale del progetto “Michelangelo in Cina”.
Potrebbe sembrare una nemesi se consideriamo che il Paese che viene accusato di copiare tutto, dai mocassini ai motori, si esalti per delle statue riprodotte; e per quanto ci riguarda – per la verità – sembra quasi che, storditi dal “nulla” che ci circonda, non ci rendiamo conto di quanto grande sia stato il nostro Genio, al punto da emozionare anche se esposto in forma di copia.
Diciamola tutta: ci sembra strano che il Paese che ha dato i natali a Leonardo e Caravaggio, a Botticelli e a Verdi ed anche a Canova ed a Marconi, ma potrei continuare riempiendo tutta la pagina, sia diventata una terra alla deriva fatta dagli Schettino e dagli Scilipoti; e tutto ciò non può che entrare in rotta di collisione con il rimpianto; insomma: da culla della civiltà a pagliericcio del niente.
E per concludere, diciamo che le nostre “bellezze” sono copiate in tante parti del Mondo; ecco alcuni esempi: a Las Vegas, di fronte all’Hotel Venetian”, sono stati riprodotti il Ponte di Rialto e il Campanile di San Marco; in Cina, nel Centro Commerciale “Florentia Village”, si possono ammirare versioni, ovviamente fasulle, del Colosseo ed infine, a Monaco di Baviera, nella Feldherrnhalle c’è una bellissima copia della Loggia dei Lanzi di Firenze, voluta dal re Ludwig I nel 1844 e viene tenuta con somma cura e grande ammirazione. Tutto il contrario della nostra Pompei!
La prima scultura balzata agli onori della cronaca è quella che la cittadina di Nogent sur Marne, in Francia, dedicherà alle lavoratrici italiane impiegate nella locale fabbrica di piume nel primi del ‘900; ma la notizia “vera” non è questa, ma quella che a dare le forme all’opera sarà un’italiana che in Francia ha un ruolo prestigioso, quella Carla (mi raccomando di pronunciare con l’accento sulla a finale) Bruni che ha sposato il Presidente Sarkozy e dallo stesso attende un figlio.
Non mi chiedete che cosa c’entra la “nostra” Carla con una proletaria immigrata in Francia per lavorare; diciamo che la Bruni sta all’operaia come un panino con la mortadella sta al celebre cuoco Vissani, cioè un qualcosa di non paragonabile.
Ma non prendiamocela con i francesi: anche noi abbiamo dedicato una statua a Manuela Arcuri; è successo a Porto Cesareo in Provincia di Lecce e il manufatto è oggetto di ammirazione da parte di tanti fan della bella Manuela. Se poi vogliamo riportarci ai commenti impossibili, diciamo che Cicerone avrebbe detto “O tempora o mores”; chiaro il concetto.
Un’altra statua che diventerà famosa è in via di realizzazione a Vagli Sotto, Provincia di Lucca: la cittadinanza si sta tassando e cerca di raggiungere la somma di 60/mila euro da consegnare all’artista che realizzerà due statue (immagino uguali) del comandante della Capitaneria di Porto di Livorno, Gregorio De Falco, il quale è famoso per una frase che è arrivata a campeggiare addirittura sulle magliette dei giovani.
La frase in questione è diventata una sorta di tormentone e recita: “Schettino, torni a bordo; cazzo!!”; ricorderete immagino il colloquio con la nave “Concordia” in cui il comandante intimava al capitano di fare il proprio dovere. Ed è diventato famoso!!
Il terzo caso riguarda l’uso di più statue e si sta verificando a Carrara, dove si stanno approntando 6 copie in bronzo di altrettanti capolavori realizzati da Michelangelo; questi lavori sono stati commissionati dai cinesi e rappresenteranno l’attrazione principale del progetto “Michelangelo in Cina”.
Potrebbe sembrare una nemesi se consideriamo che il Paese che viene accusato di copiare tutto, dai mocassini ai motori, si esalti per delle statue riprodotte; e per quanto ci riguarda – per la verità – sembra quasi che, storditi dal “nulla” che ci circonda, non ci rendiamo conto di quanto grande sia stato il nostro Genio, al punto da emozionare anche se esposto in forma di copia.
Diciamola tutta: ci sembra strano che il Paese che ha dato i natali a Leonardo e Caravaggio, a Botticelli e a Verdi ed anche a Canova ed a Marconi, ma potrei continuare riempiendo tutta la pagina, sia diventata una terra alla deriva fatta dagli Schettino e dagli Scilipoti; e tutto ciò non può che entrare in rotta di collisione con il rimpianto; insomma: da culla della civiltà a pagliericcio del niente.
E per concludere, diciamo che le nostre “bellezze” sono copiate in tante parti del Mondo; ecco alcuni esempi: a Las Vegas, di fronte all’Hotel Venetian”, sono stati riprodotti il Ponte di Rialto e il Campanile di San Marco; in Cina, nel Centro Commerciale “Florentia Village”, si possono ammirare versioni, ovviamente fasulle, del Colosseo ed infine, a Monaco di Baviera, nella Feldherrnhalle c’è una bellissima copia della Loggia dei Lanzi di Firenze, voluta dal re Ludwig I nel 1844 e viene tenuta con somma cura e grande ammirazione. Tutto il contrario della nostra Pompei!
mercoledì, febbraio 29, 2012
SE ISRAELE ATTACCA L’IRAN COSA FANNO GLI USA?
In America si sta valutando molto seriamente l’eventualità che Israele, nel timore di attacchi nucleari da parte dell’Iran, precede le mosse e cerchi di neutralizzare l’arsenale degli Ayatollah; a questo punto cosa farebbero gli USA? Aspettano di vedere come va a finire la vicenda oppure intervengono a fianco dell’alleato israeliano?
Sembrerebbe che l’amministrazione Obama non gradisca molto impegnarsi – alla vigilia delle elezioni – in un confronto muscolare con l’Iran e quindi si rivolge continuamente all’ONU per suggerire e richiedere sanzioni economiche contro il Paese arabo che incidano sulla sua politica di potenza atomica; da notare che questi tentativi vengono frustrati dai veti di Cina e Russia contro sanzioni più incisive e pesanti e quindi la situazione può essere definita “di stallo”.
Nel frattempo, il popolo iraniano – non so se “spinto” da qualcuno o meno – si sta ribellando alle leggi coraniche volute dagli Ayatollah e promujlgate dal Parlamento iraniano; anche questa potrebbe rappresentare una sorta di “miccia” innescata in una situazione che rischia di sfuggire di mano a tutti; il fatto che le Nazioni Occidentali – USA in testa – chiedano il rispetto dei diritti umani contro i dimostranti che invece vengono uccisi come mosche, mi sembra solo una minaccia di facciata, in quanto non trova nessuno sbocco istituzionale dato che il veto delle due Grandi Potenze vale anche per questa particolare situazione.
L’Iran si è spinto molto avanti in questa politica di provocazioni, mostrando i denti per difendere la bomba e quando l’AIEA, l’Agenzia dell’ONU per il controllo del nucleare, ha sbandierato ai quattro venti che il rischio è reale, è addirittura dietro l’angolo, e quindi tutte le minacce di Ahmadjnejad lasciano intravedere che la follia dell’apocalisse mondiale, in vista di un possibile califfato universale ha acquistato un diverso significato ed un più consistente spessore verso la verità.
Se – o meglio: quando – l’Iran avrà la bomba, la continua minaccia che porterà verso i vicini e poi verso tutto il resto del Mondo, con una verosimiglianza ben diversa da quello che accade adesso, vedrà in prima fila Israele; e poi?
Siamo dunque in attesa di uno scontro che vede tre combattenti: da una parte Israele contro l’Iran e dall’altra gli USA ancora contro l’Iran, ma con la motivazione di correre in aiuto dell’amico israeliano; questo scontro – ammesso e non concesso che avvenga – sembra avere le caratteristiche dell’evento definitivo, comunque venga gestito, e verte soprattutto sulla paura della bomba: nessuno, in Arabia e in altre parti del Mondo, può concepire un Iran con la bomba, mentre senza la bomba l’Iran può ringhiare finché vuole ma non è certamente in grado di azzannare nessuno.
Gli iraniani hanno minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz se gli USA e l’Unione Europea daranno attuazione a “super-sanzioni” verso di loro; stanno cioè spingendo la sfida verbale sempre più vicino a un punto di non ritorno, ma dietro la durezza delle parole potrebbe farsi strada la possibilità di aprire una soluzione negoziata.
Tutto questo a condizione che si passi dalle minacce e dagli ultimatum agli “affari”, comprendendo il petrolio ma non solo quello; ovviamente se gli israeliani non porteranno avanti il loro progetto di un “bombardamento chirurgico preventivo” dei siti nucleari, anche senza consultarsi prima con gli USA, poiché in questo caso la situazione precipiterebbe verso un punto di non ritorno che farebbe infiammare il teatro mediorientale in modo tale che non vedo all’orizzonte nessun “pompiere” che lo possa spengere; aggiungo che il ruolo dell’UE è, al momento, molto marginale; purtroppo!!
Sembrerebbe che l’amministrazione Obama non gradisca molto impegnarsi – alla vigilia delle elezioni – in un confronto muscolare con l’Iran e quindi si rivolge continuamente all’ONU per suggerire e richiedere sanzioni economiche contro il Paese arabo che incidano sulla sua politica di potenza atomica; da notare che questi tentativi vengono frustrati dai veti di Cina e Russia contro sanzioni più incisive e pesanti e quindi la situazione può essere definita “di stallo”.
Nel frattempo, il popolo iraniano – non so se “spinto” da qualcuno o meno – si sta ribellando alle leggi coraniche volute dagli Ayatollah e promujlgate dal Parlamento iraniano; anche questa potrebbe rappresentare una sorta di “miccia” innescata in una situazione che rischia di sfuggire di mano a tutti; il fatto che le Nazioni Occidentali – USA in testa – chiedano il rispetto dei diritti umani contro i dimostranti che invece vengono uccisi come mosche, mi sembra solo una minaccia di facciata, in quanto non trova nessuno sbocco istituzionale dato che il veto delle due Grandi Potenze vale anche per questa particolare situazione.
L’Iran si è spinto molto avanti in questa politica di provocazioni, mostrando i denti per difendere la bomba e quando l’AIEA, l’Agenzia dell’ONU per il controllo del nucleare, ha sbandierato ai quattro venti che il rischio è reale, è addirittura dietro l’angolo, e quindi tutte le minacce di Ahmadjnejad lasciano intravedere che la follia dell’apocalisse mondiale, in vista di un possibile califfato universale ha acquistato un diverso significato ed un più consistente spessore verso la verità.
Se – o meglio: quando – l’Iran avrà la bomba, la continua minaccia che porterà verso i vicini e poi verso tutto il resto del Mondo, con una verosimiglianza ben diversa da quello che accade adesso, vedrà in prima fila Israele; e poi?
Siamo dunque in attesa di uno scontro che vede tre combattenti: da una parte Israele contro l’Iran e dall’altra gli USA ancora contro l’Iran, ma con la motivazione di correre in aiuto dell’amico israeliano; questo scontro – ammesso e non concesso che avvenga – sembra avere le caratteristiche dell’evento definitivo, comunque venga gestito, e verte soprattutto sulla paura della bomba: nessuno, in Arabia e in altre parti del Mondo, può concepire un Iran con la bomba, mentre senza la bomba l’Iran può ringhiare finché vuole ma non è certamente in grado di azzannare nessuno.
Gli iraniani hanno minacciato di chiudere lo stretto di Hormuz se gli USA e l’Unione Europea daranno attuazione a “super-sanzioni” verso di loro; stanno cioè spingendo la sfida verbale sempre più vicino a un punto di non ritorno, ma dietro la durezza delle parole potrebbe farsi strada la possibilità di aprire una soluzione negoziata.
Tutto questo a condizione che si passi dalle minacce e dagli ultimatum agli “affari”, comprendendo il petrolio ma non solo quello; ovviamente se gli israeliani non porteranno avanti il loro progetto di un “bombardamento chirurgico preventivo” dei siti nucleari, anche senza consultarsi prima con gli USA, poiché in questo caso la situazione precipiterebbe verso un punto di non ritorno che farebbe infiammare il teatro mediorientale in modo tale che non vedo all’orizzonte nessun “pompiere” che lo possa spengere; aggiungo che il ruolo dell’UE è, al momento, molto marginale; purtroppo!!
lunedì, febbraio 27, 2012
PARLIAMO DI LAVORO
Quale sarà il motivo “vero” per cui il governo Monti – con tutti i problemi che si ritrova – ha messo mano ad una riforma della normativa sul lavoro, nella quale primeggia un attacco al celebre articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quell’articolo che vieta i licenziamenti senza “giusta causa”?
La prima cosa che mi viene in mente è che il nostro governo, alla caccia di qualsiasi provvedimento che faccia imboccare al Paese la strada della “crescita”, si deve essere reso conto che la situazione della nostra imprenditoria è bloccata, stagnante, cioè non ci sono all’orizzonte degli industriali capaci di inventarsi qualcosa per uscire dalla secche attuali.
Ecco allora che lo sguardo di Monti e della Fornero è corso al di là dei nostri confini e cioè ha cercato di vedere quali possano essere le cose che invogliano un industriale straniero a venire in Italia a fare impresa; sembra – a detta di tutti – che oltre alle tante tasse, alla giustizia lentissima ed alla burocrazia famelica, il fatto che un proprietario d’azienda non possa licenziare qualcuno a suo insindacabile giudizio, sarebbe un elemento ostativo all’investimento nel nostro Paese; e quindi……aboliamo l’art.18.
Ho sentito la Marcegaglia che inveiva contro i Sindacati rei di difendere fannulloni e assenteisti e mi sono detto che questo atteggiamento – ripreso anche da alcuni industriali – è sicuramente indice di una situazione difficile, anche in Confindustria, dove peraltro sono iniziate le manovre per cambiare Presidente.
Ma veniamo al succo: è vero che i sindacati si comportano così oppure la Marcegaglia sbaglia? In parte è vero, in quanto al sindacato compete la difesa dei propri iscritti e nel fare questo, a volte, incappa in qualche errore, ma proviamo a metterci anche nei panni del lavoratore; prima di tutto una battuta: “oggi chi lavora non può diventare ricco: perde troppo tempo a lavorare!”.
Ma siamo seri e torniamo a bomba: anzitutto diciamo che il lavoro diventa un “valore” solo con la Rivoluzione Industriale; prima non esisteva neppure il concetto come adesso lo intendiamo, ma il tutto era riportato sul termine “mestiere” (contadini artigiani). Con la suddetta rivoluzione industriale, cambia anche il modo di concepire, di pensare e di sentire il lavoratore; il signore, il maestro artigiano o il padrone della bottega non considera i propri dipendenti “una merce” che si può vendere o comprare, né essi si sentono tali.
Oggi, il lavoratore è una merce come un’altra – tant’è vero che esiste un “mercato del lavoro” così come c’è un mercato delle vacche o dei latticini – e quindi l’atteggiamento dell’operaio o dell’impiegato nei confronti del “capo” è diventato una sorta di lotta al coltello; non dimentichiamo che gli scioperi alla FIAT vertevano su una manciata di secondi per eseguire buna determinata operazione di supporto al robot.
E non dimentichiamo che adesso, ipocritamente, per mascherare la mercificazione i lavoratori vengono definiti “risorse”; ma se sono tali, come mai i signori proprietari se ne liberano così volentieri?
Insomma, se vogliamo risolvere il problema, troviamo delle formule che salvino capra e cavoli e non mettiamo gli operai di fronte ad un fatto compiuto che potrebbe aumentare la loro frustrazione; ricordiamoci che la fabbrica la mandano avanti loro e non altri!!
Un’ultima battuta: i nostri parlamentari, saputo dell’affermazione della Marcegaglia che i sindacati proteggono i fannulloni, si sono messi in coda per tesserarsi e, di conseguenza, “per farsi proteggere”; chiaro il concetto??
La prima cosa che mi viene in mente è che il nostro governo, alla caccia di qualsiasi provvedimento che faccia imboccare al Paese la strada della “crescita”, si deve essere reso conto che la situazione della nostra imprenditoria è bloccata, stagnante, cioè non ci sono all’orizzonte degli industriali capaci di inventarsi qualcosa per uscire dalla secche attuali.
Ecco allora che lo sguardo di Monti e della Fornero è corso al di là dei nostri confini e cioè ha cercato di vedere quali possano essere le cose che invogliano un industriale straniero a venire in Italia a fare impresa; sembra – a detta di tutti – che oltre alle tante tasse, alla giustizia lentissima ed alla burocrazia famelica, il fatto che un proprietario d’azienda non possa licenziare qualcuno a suo insindacabile giudizio, sarebbe un elemento ostativo all’investimento nel nostro Paese; e quindi……aboliamo l’art.18.
Ho sentito la Marcegaglia che inveiva contro i Sindacati rei di difendere fannulloni e assenteisti e mi sono detto che questo atteggiamento – ripreso anche da alcuni industriali – è sicuramente indice di una situazione difficile, anche in Confindustria, dove peraltro sono iniziate le manovre per cambiare Presidente.
Ma veniamo al succo: è vero che i sindacati si comportano così oppure la Marcegaglia sbaglia? In parte è vero, in quanto al sindacato compete la difesa dei propri iscritti e nel fare questo, a volte, incappa in qualche errore, ma proviamo a metterci anche nei panni del lavoratore; prima di tutto una battuta: “oggi chi lavora non può diventare ricco: perde troppo tempo a lavorare!”.
Ma siamo seri e torniamo a bomba: anzitutto diciamo che il lavoro diventa un “valore” solo con la Rivoluzione Industriale; prima non esisteva neppure il concetto come adesso lo intendiamo, ma il tutto era riportato sul termine “mestiere” (contadini artigiani). Con la suddetta rivoluzione industriale, cambia anche il modo di concepire, di pensare e di sentire il lavoratore; il signore, il maestro artigiano o il padrone della bottega non considera i propri dipendenti “una merce” che si può vendere o comprare, né essi si sentono tali.
Oggi, il lavoratore è una merce come un’altra – tant’è vero che esiste un “mercato del lavoro” così come c’è un mercato delle vacche o dei latticini – e quindi l’atteggiamento dell’operaio o dell’impiegato nei confronti del “capo” è diventato una sorta di lotta al coltello; non dimentichiamo che gli scioperi alla FIAT vertevano su una manciata di secondi per eseguire buna determinata operazione di supporto al robot.
E non dimentichiamo che adesso, ipocritamente, per mascherare la mercificazione i lavoratori vengono definiti “risorse”; ma se sono tali, come mai i signori proprietari se ne liberano così volentieri?
Insomma, se vogliamo risolvere il problema, troviamo delle formule che salvino capra e cavoli e non mettiamo gli operai di fronte ad un fatto compiuto che potrebbe aumentare la loro frustrazione; ricordiamoci che la fabbrica la mandano avanti loro e non altri!!
Un’ultima battuta: i nostri parlamentari, saputo dell’affermazione della Marcegaglia che i sindacati proteggono i fannulloni, si sono messi in coda per tesserarsi e, di conseguenza, “per farsi proteggere”; chiaro il concetto??