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sabato, ottobre 22, 2005

Le bugie di New Orleans 

Ricordate il recente disastro di New Orleans? Ricordate il drammatico procedere dell’uragano Katrina che seminava morti e distruzioni lungo il proprio percorso? Ricordate le cifre impressionanti che circolavano in quei giorni? Diecimila morti, secondo lo sciagurato sindaco di New Orleans; venticinquemila, secondo il pool di cronisti che erano sul posto e prevedevano questa tremenda cifra che poi veniva ripresa da tutti i giornali del globo.
Dopo poco più di un mese dal tragico evento, escono finalmente le cifre ufficiali e autentiche del disastro; aprite bene gli occhi perché sono veramente inattese – almeno io non me le aspettavo – e sono confermate da tutte le autorità: i morti sono stati 972 non solo a New Orleans ma in tutta la Louisiana ed altri 211 nel Mississippi cifre sempre alte ma un quarantesimo di quelle diffuse in precedenza.
Ricorderete le tremende narrazioni di stupri, di persone barbaramente uccise da bande di predatori che sparavano all’impazzata, ebbene di quelle 972 persone soltanto 4 sono decedute perché colpite da un colpo di arma da fuoco, il resto erano solo balle.
Ci sarebbero altre due cose, almeno, da aggiungere: la prima riguarda il “Superdome”, lo stadio della locale squadra di basket dove – è stato scritto – alcune decine di corpi sono stati trovati nei freezer della cucina: una balla colossale, della quale si è assunto la responsabilità il Capo della Polizia che infatti si è già dimesso.
L’ultima cosa da citare: ricordate le apocalittiche descrizioni – riportate anche in un mio post di metà settembre – dei coccodrilli e degli squali che si aggiravano nelle acque della città per divorare i morti? Ebbene, anch’essa una tragica balla, messa in piedi da giornalisti in vena di drammatizzare ancora di più la situazione già difficilissima.
La possiamo definire la più grande debacle giornalistica degli ultimi decenni che – solo adesso – alcuni giornali americani cominciano ad ammettere, facendo autocritica e cospargendosi il capo di cenere.
Io mi ero accorto di qualcosa quando ho visto al TG la ripresa filmata dell’aggressione da parte di tre poliziotti ad un negro un po’ ubriaco: i tre “tutori della legge” (si fa per dire) colpiscono ripetutamente questo poveretto, non accorgendosi però che la scena era immortalata dalla telecamerina di un turista svedese; ebbene, in quelle riprese si vedeva una città completamente ritornata al suo fulgore, le strade già a posto, le case altrettanto. Ma allora – mi sono chiesto – dov’è tutto il disastro per sistemare il quale hanno parlato di vari anni e di uno sproposito di miliardi di dollari. Ho pensato però che la ripresa fosse settoriale e riguardasse soltanto “uno” dei luoghi – dove stavano picchiando il negro – ma che nel resto della città regnava ancora il caos e la distruzione; e invece…
Ma perché è stato montato tutto questo polverone; noi italiani – maestri in dietrologia – pensiamo subito a chi è stato l’organizzatore di queste false notizie che poi si sono sparse in tutto il mondo.
Le notizie sembrano partite solo dall’interno di New Orleans; la colpa della stampa è stata quella di averle prese per buone senza verificarle e questo perché i propri pregiudizi anti Bush collimavano perfettamente con quanto veniva riportato.
E l’altro motivo è il colore della pelle dei disgraziati investiti dall’uragano; ha detto il Direttore del “Times” di New Orleans che “se al Superdome anziché afroamericani ci fossero stati bianchi di ceto medio, non ci sarebbe stato terreno fertile per lo spaccio di queste voci infondate”.
Consoliamoci che le fesserie si dicono anche all’estero, non solo in Italia.

venerdì, ottobre 21, 2005

Questi ragazzi, cosa penseranno di noi! 

Sul principale sito e-commerce dell’Asia (Eachnet, acquistata due anni fa dal colosso eBay) è apparsa una vendita all’asta di bambini cinesi: due le cifre di partenza, 3.500 dollari per i maschi e 1.600 per le femmine; garantita la consegna entro 100 giorni dal pagamento a saldo; il tutto simile alle collane o alle penne stilografiche di pregio!
Adesso il mostruoso bando è stato tolto, forse per l’intervento delle autorità cinesi o forse per qualche altra ragione, non ultima quella “di avere i prezzi troppo alti” per il mercato dell’infanzia.
Infatti, in Etiopia, i bambini costano non più di uno o al massimo due euro e vengono venduti dalla stessa famiglia che così si toglie una bocca da sfamare e compie anche – questo almeno è il “finto” pensiero dei genitori – un’opera buona per il loro figlio che, a detta degli acquirenti, andrà incontro ad una vita molto migliore di quella che potrebbe condurre in patria, fatta di studi e di lavoro.
E invece, il futuro che attende questi disgraziati è ben miserevole: schiavitù per i maschi, che vengono avviati al lavori sottopagati in paesi più sviluppati dell’Etiopia, ad esempio minibraccianti per l’agricoltura o minatori in cave anguste e pericolose, oppure nelle vetrerie o nelle fornaci.
Le bambine, invece, hanno due tipi di sbocchi: se appaiono graziose vengono avviate alla prostituzione, cominciando con quella minorile e proseguendo poi con quella più adulta; se sono bruttine, il loro destino è ancora una forma sottile di schiavitù: fare la “serva” in case padronali dove poi la ragazzina può diventare il balocco di tutti i maschietti della famiglia, oppure in strutture ricettive tipo alberghi, bar e ristoranti; il tutto, ovviamente gestito da una struttura malavitosa che affitta questa particolare mano d’opera oppure la vende, se del caso, a prezzi molto maggiori di quello che le hanno pagate.
Ammetto tutto, sono costretto ad accettare tutto, ma queste bassezze nei confronti dell’infanzia, proprio non riesco a digerirle; pensate che secondo una indagine dell’O.N.U., con quello che “spreca” un bambino occidentale (non quello che mangia, sia chiaro, proprio quello che butta via) un bambino etiopico campa per quaranta giorni.
Un altro dato, e poi mi fermo con i numeri: in Etiopia la metà circa della popolazione “vive” (si fa per dire) con un reddito di 28 centesimi di dollaro al giorno: il dato è significativo perché in esso sono compresi grandi e piccini, uomini e donne, e quindi possiamo rilevare che la miseria è talmente spalmata sull’intera popolazione da essere considerata un autentico modo di vita.
E il Padreterno cosa fa? Suggerisco a coloro che creano le preghiere di coniarne una che reciti grosso modo così: Ti preghiamo Dio di aiutare questi bisognosi, ma anche di colpire con i tuoi fulmini più roventi, coloro che sono responsabili di queste situazioni. Io non lo so chi sono, ma Lui sicuramente si!
Può bastare l’invenzione di una preghiera e la successiva recita – magari anche giornaliera – per metterci la coscienza in pace?
Non credo, tutte le volte che incrociamo il nostro sguardo con gli occhi di un bambino negro, impariamo ad abbassarlo, ma subito dopo a riaprire gli occhi e a vedere se è possibile fare qualcosa per questa creatura del Signore che ha sicuramente bisogno di te, di noi, di tutti.

Questi bambini, cosa penseranno di noi! 

Scrivo questa breve nota prima che inizi la nuova trasmissione di Celentano “Rockpolitik”, alla quale dovrebbe partecipare – previe dimissioni da eurodeputato – il “martire” della sinistra Michele Santoro; ripeto che voglio terminare questo post prima dell’inizio della puntata perché non voglio dare l’idea di stare a vedermela, o peggio ancora di avere scritto dopo la visione.
Allora, dicevamo della “strana coppia”: anzitutto il conduttore, Adriano Celentano che si riprova – come ogni anno – a mettere in piedi una trasmissione che produca della buona musica (e questo ci riuscirà senz’altro) ed inoltre gli consenta di mettere in scena i suoi famosi monologhi, fatti per la maggior parte dalle sue altrettanto famose pause silenti; nei due anni scorsi “il molleggiato” non è riuscito a graffiare come in precedenza e l’ascolto – pur molto alto (circa 10 milioni di spettatori - non lo ha gratificato come si attendeva.
Per questa edizione (4 puntate, 2,5 milioni di euro l’una e quindi 10 milioni complessivi) ha pensato di fare polemica ancora prima di iniziare e quindi di usufruire dell’effetto trascinamento che stampa e televisioni gli hanno assicurato; invito Biagi, Luttazzi, Santoro, cioè gli epurati di Berlusconi, e mi butto a capo fitto sulla satira politica: attenzione, però, perché Adriano è troppo intelligente per scendere a così bassi e facili livelli.
Biagi e Luttazzi non hanno accettato l’invito, mentre Santoro ne ha approfittato per annunciare il suo abbandono del seggio di eurodeputato a Bruxelles ed il rientro in grande stile nel mondo della televisione, specie ora che c’è da sostenere Prodi ed anche “dopo” quando il centro sinistra avrà vinto e ci sarà da spartirsi le spoglie degli avversari.
In pratica, questo “incontro scellerato” fa bene a entrambi, porta l’acqua ai mulini di tutti e due e quindi era logico che il matrimonio si facesse e in grande pompa.
Una cosa vorrei chiarire e voglio sperare che la gente che assisterà allo show di questa sera se ne renderà conto: i signori che fanno satira, che lamentano la poca libertà di azione (che poi invece gli è stata concessa), sono due miliardari, due che dalla vita hanno avuto soltanto caramelle ripiene e niente carbone, due che le hanno vinte tutte e sono sempre rimasti a galla – si potrebbe dire con un detto delle mie parti: “come le merde” – in qualunque situazione si siano trovati e, soprattutto, due che hanno sempre giocato le carte della vita partendo sempre da situazioni di comodo.
Stiamo attenti, perché la “pretesa” liberà totale di azione per oltre un’ora di trasmissione, di cui nessuno sa niente, di cui nessuno conosce neppure l’oggetto, è una tale anomalia che fa balzare sulla sedia chiunque ha fatto un po’ di televisione come me: non esistono altri casi del genere; forse se alla RAI si presentasse Papa Ratzinger per chiedere la stessa cosa di Celentano, qualcuno avrebbe da ridire; e giustamente, aggiungo io!
Comunque, beati chi può, basta che non tiri troppo la corda perché potrebbe spezzarsi.

giovedì, ottobre 20, 2005

Celentano e Santoro: la "strana coppia"! 

Scrivo questa breve nota prima che inizi la nuova trasmissione di Celentano “Rockpolitik”, alla quale dovrebbe partecipare – previe dimissioni da eurodeputato – il “martire” della sinistra Michele Santoro; ripeto che voglio terminare questo post prima dell’inizio della puntata perché non voglio dare l’idea di stare a vedermela, o peggio ancora di avere scritto dopo la visione.
Allora, dicevamo della “strana coppia”: anzitutto il conduttore, Adriano Celentano che si riprova – come ogni anno – a mettere in piedi una trasmissione che produca della buona musica (e questo ci riuscirà senz’altro) ed inoltre gli consenta di mettere in scena i suoi famosi monologhi, fatti per la maggior parte dalle sue altrettanto famose pause silenti; nei due anni scorsi “il molleggiato” non è riuscito a graffiare come in precedenza e l’ascolto – pur molto alto (circa 10 milioni di spettatori - non lo ha gratificato come si attendeva.
Per questa edizione (4 puntate, 2,5 milioni di euro l’una e quindi 10 milioni complessivi) ha pensato di fare polemica ancora prima di iniziare e quindi di usufruire dell’effetto trascinamento che stampa e televisioni gli hanno assicurato; invito Biagi, Luttazzi, Santoro, cioè gli epurati di Berlusconi, e mi butto a capo fitto sulla satira politica: attenzione, però, perché Adriano è troppo intelligente per scendere a così bassi e facili livelli.
Biagi e Luttazzi non hanno accettato l’invito, mentre Santoro ne ha approfittato per annunciare il suo abbandono del seggio di eurodeputato a Bruxelles ed il rientro in grande stile nel mondo della televisione, specie ora che c’è da sostenere Prodi ed anche “dopo” quando il centro sinistra avrà vinto e ci sarà da spartirsi le spoglie degli avversari.
In pratica, questo “incontro scellerato” fa bene a entrambi, porta l’acqua ai mulini di tutti e due e quindi era logico che il matrimonio si facesse e in grande pompa.
Una cosa vorrei chiarire e voglio sperare che la gente che assisterà allo show di questa sera se ne renderà conto: i signori che fanno satira, che lamentano la poca libertà di azione (che poi invece gli è stata concessa), sono due miliardari, due che dalla vita hanno avuto soltanto caramelle ripiene e niente carbone, due che le hanno vinte tutte e sono sempre rimasti a galla – si potrebbe dire con un detto delle mie parti: “come le merde” – in qualunque situazione si siano trovati e, soprattutto, due che hanno sempre giocato le carte della vita partendo sempre da situazioni di comodo.
Stiamo attenti, perché la “pretesa” liberà totale di azione per oltre un’ora di trasmissione, di cui nessuno sa niente, di cui nessuno conosce neppure l’oggetto, è una tale anomalia che fa balzare sulla sedia chiunque ha fatto un po’ di televisione come me: non esistono altri casi del genere; forse se alla RAI si presentasse Papa Ratzinger per chiedere la stessa cosa di Celentano, qualcuno avrebbe da ridire; e giustamente, aggiungo io!
Comunque, beati chi può, basta che non tiri troppo la corda perché potrebbe spezzarsi.

martedì, ottobre 18, 2005

Il virus dei polli 

Dopo essere stato per un paio di post nel “pollaio” della politica, sarà meglio uscire all’aperto, visto anche l’imperversare di questo maledetto virus “H5” che dopo avere mietuto alcune vittime (non molte per la verità) in Oriente, sembra che si stia avvicinando al cuore dell’Europa: l’ultimo caso infatti riguarda la Grecia.
Cerchiamo adesso – con le nostre scarse conoscenze ma con un po’ di buon senso – di dare una sistematina a tutta la vicenda: una delle pochissime certezze che si hanno al momento è che il virus si trasmetta attraverso gli uccelli migratori che seguono le loro immutabili rotte che li portano a svernare nei paesi caldi; questi uccelli che evidentemente sono portatori sani del virus, nelle loro soste oppure in qualche altro modo (tipo la caccia) trasmettono questo virus agli altri volatili che trovano in forma stanziale e che sono poi destinati all’alimentazione umana.
Come primo provvedimento, per cercare di limitare il contatto tra fauna stanziale e migratoria, tutti i paesi europei stanno studiando la possibilità di bloccare la caccia; è ovvio che questo provvedimento deve essere preso da “tutti” i membri della U.E., nessuno escluso, altrimenti si perde l’effetto della limitazione.
Comunque sia, se stiamo al racconto dell’ultimo contagio, la caccia non c’entra poi moltissimo (magari andrebbe abolita per altri motivi), in quanto il focolaio virale è stato scoperto in una piccola fattoria situata su un isolotto a un tiro di schioppo da Chios, dove sono risultati affetti dal famigerato H5 un gruppo di otto dei venti tacchini presenti nell’allevamento; probabilmente un qualche migratore ha sostato nei pressi della fattoria ed ha così trasmesso l’infezione agli animali stanziali; la scoperta è avvenuta a seguito della morte repentina degli otto animali che sembra avvenuta in modo quasi contemporaneo, così da fare allarmare il proprietario che ha fatto intervenire un veterinario, il quale ha scoperto la presenza del virus.
Alcune voci danno per certa una moria di pollame nella vicina Macedonia, rendendo così ancora più intensa la paura dei consumatori; comunque sia, è da notare che l’arrivo del virus nel nostro paese potrebbe essere questione di giorni, dato che Grecia ed Italia sono sullo stesso livello di latitudine e se gli uccelli migratori hanno raggiunto la Grecia alcuni di loro potrebbero essere già arrivati in Italia.
A quanto ho capito, la trasmissione del virus da animale a uomo non è assolutamente automatica, neppure nel caso di ingestione della carne; tra i ceppi dell’H5 sembra che ce ne sia soltanto uno (l’H5N1) che può dare questi problemi; la presenza del virus in un isolotto greco (Inunes il suo nome) potrebbe essere una splendida occasione per sperimentare l’andamento della eventuale epidemia, trattandosi di un microcosmo chiuso – niente e nessuno potrà lasciare l’isola fino a nuovo ordine – che può dare risposte molto interessanti a fini epidemiologici.
In tutti gli stati si straparla a proposito di vaccinazione contro la cosiddetta “influenza aviaria”, ma – in concreto – il vaccino per questa operazione ancora non esiste; una azienda farmaceutica tedesca ha annunciato proprio ieri di avere messo a punto un nuovo vaccino che sembrerebbe aver superato i primi test ed entra adesso nella fase più avanzata della sperimentazione.
Il vaccino appare efficace contro tutti i ceppi dell’H5, anche quelli più virulenti, ma per consegnare il prodotto finito, i ricercatori tedeschi hanno chiesto ancora 60/90 giorni, il che sta ad indicare che ne riparliamo ad anno nuovo.
Intanto i produttori italiani di pollame si affannano a spiegare che i nostri polli sono al di sopra di ogni sospetto: niente da fare, i consumi sono in picchiata.

lunedì, ottobre 17, 2005

Trionfo di Prodi alle "primarie" 

Con quasi l’80% dei voti, Romano Prodi è l’autentico trionfatore delle “primarie” che si sono tenute ieri in tutta Italia e che hanno fatto registrare un’affluenza alle urne di oltre due milioni e mezzo di elettori; alle sue spalle si è confermato Bertinotti con quasi il 16% seguito da Mastella con oltre il quattro per cento e da Di Pietro con oltre il 3%; gli altri con quote da “sotto lo sbarramento”.
Prima di addentrarci nel “dopo primarie”, cerchiamo di chiarire bene il loro significato: questo rituale è stato importato direttamente dagli Stati Uniti, dove è in vigore un maggioritario perfetto, e viene utilizzato prima delle elezioni presidenziali per indicare i candidati (democratico e repubblicano) che rappresenteranno i due partiti antagonisti alle vere elezioni; si svolgono in modo completamente diverso dal nostro, poiché la gente non vota direttamente per il candidato presidente, bensì per alcuni “grandi elettori”, personaggi cioè che alle due convention dei partiti eleggeranno a sua volta il candidato definitivo tra i cinque o sei che sono in gara per ciascun partito.
Noterete subito le grandi differenze con il nostro sistema che più che a delle primarie assomiglia ad una “congresso di partito” (raffigurato dall’intero centro sinistra) durante il quale viene eletto il segretario.
Ma un’altra differenza balza agli occhi: nel sistema americano vince uno solo e tutti gli altri “scompaiono” dalla scena politica (di loro non ci ricordiamo neppure il nome), e si vince anche con un solo voto di scarto e chi vince prende tutto mentre chi perde non prende niente ma si prepara a vincere la prossima volta: da noi tutto questo è improponibile, vista la miriade di partiti e partitini che ci sono e che rimangono nonostante i risultati a quote irrisorie
Ma torniamo alle nostre primarie e cerchiamo di esaminarne il dopo; Prodi ha subito affermato, giustamente, che, sulla scorta di questo risultato, si sente autorizzato a rilanciare l’Ulivo e a “fare il programma della coalizione”; Bertinotti – dal canto suo – con il discreto risultato conseguito, si ritiene facoltizzato a mettere subito un paletto,affermando che “il programma si scrive tutti insieme” e sottacendo che non rinuncia a immetterci quelle “spruzzatine di rosso autentico” che solo lui può indicare (patrimoniale, abolizione della Legge Biagi, tassazione delle rendite di Borsa ed altro ancora), Boselli e Rutelli hanno a loro volta controbattuto che “L’Ulivo non esiste più” e via di questo passo.
Molti studiosi della politica hanno già teorizzato che “bisogna saper vincere la vittoria”, affermazione che sta ad indicare che dopo una vittoria bisogna saperne mettere a frutto il suo significato; ecco, se c’è una logica in questi quasi tre milioni di persone che sono andate a votare e che hanno lasciato oboli per circa 40 milioni di euro, dobbiamo dire che questa è tutta gente che di Berlusconi non ne puole proprio più, è gente che lo considera una anomalia della nostra scena politica e che dichiara espressamente “se lo incontro fuori lo riempio di cazzotti fino ad ucciderlo”, affermazione che non è mai stata usata per nessun avversario politico: non l’ho mai udita dai D.C. contro Berlinguer o D’Alema, né dai comunisti verso Moro, Fanfani e compagnia bella.
Mi sembra che il cavaliere si sia guadagnato la disistima di gran parte del nostro elettorato: basta poco perché questo sentimento venga ribaltato, per esempio da qualche senso di commiserazione per delle accuse che sono palesemente infondate e che lo rendono “martire” agli occhi del popolo.
Come ho già detto varie volte, ripeto ancora una volta alle forze del centro sinistra: “lasciatelo in pace, non consideratelo, ha già imboccato la china verso la sconfitta, non siate voi ad offrirgli l’unico appiglio che può trovare lungo la discesa: il compatimento”.

domenica, ottobre 16, 2005

Un'ardita teoria 

La teoria cui mi riferisco è quella che “i ricchi sono più infelici dei poveri” che si sente da qualche parte, a corollario della famosa battuta che la ricchezza non fa la felicità; bene, chiarito l’obiettivo, veniamo alla discussione della tesi: uno dei maggiori teorici del capitalismo,Ludwig von Mises, lancia questo postulato e lo fa diventare una delle caratteristiche principali del progresso: “Non è bene accontentarsi di ciò che si ha”.
Proviamo ora a ragionare su questo: se non possiamo accontentarsi di ciò che già abbiamo, dobbiamo inseguire ciò che non abbiamo, ma poiché “quello che non abbiamo” non ha limiti teoretici, colui che fa questa ricerca incappa, prima o poi, nella tipica frustrazione da inappagamento e cade in depressione.
Tale momento, ovviamente, per i ricchi arriva prima che per gli altri: se io ho già – “apparentemente” – tutto, ma non posso e anzi non devo accontentarmi, cosa mi resta da fare se non gettarmi dalla finestra oppure distruggermi con la droga?
Se io invece sono povero, ho ancora tante cose da conquistare prima di cadere in depressione, circostanza che potrà verificarsi soltanto al momento in cui avrò raggiunto la ricchezza; ma cosa vuol dire “ricchezza”, perché a questo termine non possiamo agganciare un significato preciso, dato che anche se sono ricco, ci sarà sempre uno più ricco di me; e quindi...
Questo discorso – scusate l’inciso – mi ricorda un film dei primi anni ’60 girato da Gregoretti e in particolare l’episodio in cui un giovane – interpretato da Mastroianni – arriva al suicidio perché non riesce ad identificare l’esatto limite estremo per il gonfiaggio di un palloncino: se non continua a soffiare rimane il dubbio che ci sia ancora posto; se continua a soffiare arriva a fare scoppiare il palloncino e quindi siamo daccapo a quindici.
Scusate l’inciso, ma credo che ci stia bene con il nostro discorso, e torniamo subito al nostro problema di base: alcuni pensatori moderni fanno risalire questa potenziale infelicità al proclama che “ogni individuo ha il diritto di ricercare la propria felicità”, contenuto nella Carta Costituzionale Americana,affermazione che ha generato l’attuale edonismo straccione ed un aprioristico diritto alla felicità che viene inculcato da ogni “cattivo maestro”; è ovvio che con siffatta prospettiva l’uomo contemporaneo ha dimenticato il sublime valore – anche pedagogico – della sofferenza e delle privazioni: so benissimo che se andiamo a fare un discorso del genere ai nostri giovani, riceviamo quanto meno una sequela di pernacchie, ma tant’é…..
Essi infatti non ci stanno a sentire poiché hanno già il loro obiettivo: se sono maschi, diventare come Totti o Del Piero (circa 10 miliardi del vecchio conio l’anno di ingaggio), se invece sono femmine, accaparrarsi un posto da “velina”, “letterina” o altro del genere e, infine, sposare un calciatore (pensate, una candidata a Miss Italia ha addirittura indicato tra i propri dati “fidanzata con un calciatore”).
Questi, amici carissimi, sono i desideri massimi che attualmente hanno i nostri giovani, ma non perché sono diversi da come eravamo noi alla loro età, ma soltanto perché questi sono gli stereotipi che la società attuale fornisce loro; quando si rileva in Auditel che la trasmissione su RAI 2 dal titolo “L’isola dei famosi”, sta polverizzando tutti i record di ascolto, dobbiamo chiederci chi sono quelle o quelli che si sorbiscono due ore di strilli della Ventura e di imbarazzanti interviste con questi ex-famosi e adesso sotto riciclaggio; e state certi, non sono dei marziani, non sono dei “diversi”, sono in tutto simili a me e a voi, tanto che li abbiamo accanto sulla metropolitano, in treno o in aereo e non li distinguiamo.
Quindi….

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