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sabato, dicembre 17, 2005

Ma che Paese é questo??!! 

Poco prima del Natale 2005 si stanno verificando delle cose in questo disgraziato Paese che nessuno avrebbe potuto immaginare: pensate che un grande banchiere, quando rimetteva da qualche sua personale speculazione, non trovava di meglio che “tassare” un milione di conti della sua banca di “soli” 30 euro a testa, raggranellando così 30/milioni di euro che, al vecchio conio, fanno circa 60 miliardi di lire.

Come possiamo definire questa sorta di “taglieggiamento” che mi ricorda tanto il gabelliere del film “Non ci resta che piangere” che pretende da ciascun passante il fatidico fiorino?

È forse una nuova forma di “finanzia creativa”? Oppure è una manovra talmente “di bassa lega” da mettere in crisi anche gli analisti stranieri che non sanno trovare una parola – ovviamente inglese – per definire questa forma di ruberia.

Al di là delle altre scorrettezze compiute dal Fiorani per portare avanti le sue spericolate operazioni finanziarie, questa forma di “tassazione” mi ha colpito in modo particolare; ricordate che negli anni ’70, a proposito dell’uso smodato della “cassa integrazione” venne coniato lo slogan: i profitti sono miei e le perdite le socializziamo”. Ecco,mi sembra di trovare forti assonanze con quanto accaduto alla BPI.

Adesso i caporioni sono stati arrestati – ma solo per non inquinare le prove, vedrete che presto saranno liberati – ed è in corso una indagine poderosa che implicherà la connivenza con apparati dello Stato, regalie a chi doveva controllare e mazzette a politici.

Di tutto questo si sta occupando la magistratura e ne riparleremo a tempo debito, cioè quando ne sapremo di più; quello invece che mi premerebbe chiarire subito è che, ritornando ai famosi 30 euro addebitati su un milione di conti, ad esclusione degli uscieri, le guardie notturne e le donne delle pulizie, tutto il resto del personale della banca è colpevole e quanto meno dovrebbe essere rimosso e trasferito ad altro incarico, con retrocessione di grado e conseguente diminuzione dello stipendio.

Quando dico tutti, alludo proprio a tutti, a cominciare dal Presidente del Consiglio di Amministrazione all’impiegato che ha materialmente eseguito la fraudolenta operazione, magari su ordine del superiore, al quale però poteva tranquillamente rifiutarsi di obbedire , come hanno fatto alcuni (pochissimi per la verità).

Probabilmente non ci sono leggi per fare questo, sicuramente i sindacati insorgerebbero a tutela dei poveri dipendenti da tutelare ad ogni costo, però dovete convenire con me che un minimo di giustizia, quella con la G maiuscola, imporrebbe questo, perché l’associazione a delinquere applicata a Fiorani e ad altri “pezzi grossi”, andrebbe estesa a tutta la struttura bancaria, con pochissime eccezioni.

Se non bastasse questo malcostume a farci ridere dietro da tutto il mondo, abbiamo poi il filone “Banca d’Italia” che è anch’esso un bubbone purulento e maleodorante: si comincia con i suoi ispettori della vigilanza che non hanno “visto” queste forme di tassazione sui poveri ed ignari correntisti e si arriva fino al Governatore, il cattolicissimo Fazio, amico intimo di Scalfaro e compagno di Messe mattutine e di vacanze estive .

Lasciamo stare per un momento le intromissioni nelle varie operazioni di scalata bancaria (Fiorani per l’Antonveneta e Consorte per la BNL), ma che si arrivi a ricevere dei regali di un certo valore proprio da uno che si deve controllare è il massimo.

Io posso capire che ci può essere una preesistente amicizia che provoca tali regali, ma quando si assume un incarico di tale rilevanza, gli amici devono essere avvertiti di non mandare neppure un mazzo di fiori; e invece oggi tutti i quotidiani pubblicano l’elenco dei regali dal 2000 al 2003, suddivisi per destinatario (moglie o figli): credo che con questo si sia toccato il fondo, è l’ora di togliere le tende, con le buone o con le cattive.


venerdì, dicembre 16, 2005

Io non ci credo 

Questa mia affermazione di scetticismo, non vuole essere un particolare diniego, ma una forma di richiamo – per tutti i miei amici lettori – a soppesare con attenzione le cifre che sempre più vengono sparate sui quotidiani e nei telegiornali. A titolo puramente esemplificativo citerò due casi che mi sono sembrati emblematici di quanto affermato sopra.

Il primo riguarda la cattura di una banda formata da curdi iracheni, colpevoli di organizzare e gestire l’immigrazione clandestina nei vari paesi europei; l’operazione è stata coordinata dalla DIA (Direzione Investigativa antimafia) e, per la prima volta, è stato contestato il reato di associazione mafiosa per questa forma di malavita; il capo è un curdo di 30 anni che vive a Roma dove gestisce un “call center” ed ha un permesso di soggiorno “per motivi umanitari”.

La “balla spaziale” che a me ha dato fastidio, sta nella cifra che i malviventi chiedevano ai poveri migranti per farli arrivare in Europa: ogni clandestino doveva versare prima della partenza una cifra che variava dai 5.000 ai 15.000 dollari.

Alcune considerazioni: da cosa deriva questa amplissima forbice che fa variare il presso addirittura di tre volte? Facciamo una media ponderata e ammettiamo che la somma sia di 10.000 dollari, pari a circa 9.000 euro.

A quanto mi risulta, nei paesi di origine di questi disperati, con una cifra del genere si fanno i signori, altro che imbarcarsi su una delle tante carrette del mare ed approdare in Italia oppure in Francia o Spagna.

L’altra balla è il numero dei “passaggi” nei due anni di attività: sarebbero stati 5.000 che moltiplicati per la “media” come sopra ricavata, farebbe 50 milioni di dollari, pari a 45 milioni di euro, riconducibili al vecchio conio di oltre 90 miliardi di lire. Mi sembra tanto in due anni di attività, anche se le spese magari saranno state tante!!

Il secondo caso che desidero riferire riguarda l’annuale relazione della Guardia di Finanza che afferma di avere scoperto – nel 2005 – circa 6.900 “evasori totali”, persone cioè completamente sconosciute al fisco, le quali avrebbero dovuto dichiarare un reddito imponibile complessivo di circa 6,5 milioni di euro.

Due sono le cose che non mi quadrano molto: anzitutto la base imponibile singola che ammonterebbe a meno di 1.000 euro; non mi sembrano evasori “importanti”, però, come si dice dalle mie parti, “meglio di niente marito vecchio”.

Quello che poi mi lascia maggiormente perplesso è che da dieci anni queste “relazioni” riportano successi delle Fiamme Gialle e dati più o meno simili a quelli di quest’anno: ora mi chiedo, ma con tutti questi anni di successi, possibile che ancora si debba parlare di “evasione fiscale” a livelli mostruosi, come si continua a fare.

Forse la spiegazione è che le cifre che vengono presentate non sono né immediatamente e neppure facilmente esigibili dai cittadini evasori e quindi, non voglio dire che siamo a livello di cifre virtuali, ma quasi.

Comunque mi scuso per lo scetticismo che mostro con queste mie affermazioni, ma non so proprio che farci, per me le cose stanno proprio così!


giovedì, dicembre 15, 2005

La Magistratura a caccia di gloria e di TV 

La colpa è stata del Dott. Antonio Di Pietro, mitico P.M. milanese ai tempi di “mani pulite”; l’ho detto altre volte ma lo voglio ripetere, adesso che ho visto un caso tipico di “ricerca di notorietà” da parte di un collega del molisano Tonino, approdato come è noto, sugli scranni di Montecitorio.

Mi spiego meglio: ai tempi di “mani pulite” (inizio anni ’90) i telegiornali sia pubblici che privati avevano un’ampia finestra quotidiana sul Palazzo di Giustizia di Milano, dove cercavano notizie e, soprattutto, interviste con i protagonisti della grande purga, in particolare con il mitico Di Pietro; cosa pensate che avranno detto le mogli degli altri magistrati italiani, impegnati in inchieste certamente utili, ma che non approdavano alla notorietà di quelle milanesi e non richiamavano certamente le televisioni. Avranno detto al marito:”ma tu non vali proprio niente, non sei mai stato neppure una volta in TV; guarda quello (Di Pietro) che è sempre nei telegiornali, quello sì che vale, mica tu, che sei sempre a spulciare carte, ma non arresti mai nessuno d’importante, vergognati!”.

Scherzo, ma fino ad un certo punto, perché alcune iniziative della magistratura di questi tempi mi inducono a pensare che sia tutta una questione di notorietà e basta.

Mi riferisco in particolare alla riesumazione del cadavere del sfortunato cantante Luigi Tenco, suicidatosi in occasione di un Festival di Sanremo di oltre 40 anni fa; il Procuratore della Repubblica della cittadina ligure ha riaperto il caso e ordinato la riesumazione della salma alla quale non era stata fatta a suo tempo neppure l’autopsia e quindi non era stato neppure rintracciato il proiettile, per confrontarlo con l’arma rinvenuta vicino al cadavere.

L’ineffabile magistrato ha dichiarato che l’inchiesta era stata condotta malissimo – e fin qui siamo tutti d’accordo – e che addirittura il corpo era stato rimosso prima dell’intervento della Polizia Scientifica e rimesso poi al suo posto (grosso modo) in un secondo tempo per poterlo fotografare.

Come ho detto sopra, poiché non era stato estratto il proiettile dal corpo di Tenco, non era stato ovviamente possibile confrontarlo con l’arma rintracciata, cosa che invece adesso si potrà realizzare.

Il magistrato ha aggiunto che resta confermata la tesi del “suicidio” e che la riapertura del caso e la riesumazione del cadavere serve soltanto a completare il fascicolo che è stato archiviato senza una serie di dati.

Da aggiungere che la persona che ha scoperto il cadavere (Dalidà) è morta da diverso tempo; il vicino di camera (Sandro Ciotti) è anch’esso deceduto; resta il presentatore del Festival (l’inossidabile Mike Bongiorno), ma facciamo presto!!

Ma come, si mette in piedi tutta questa storia soltanto per sistemare un fascicolo della Procura? Ma come, con tante cose sulle quali indagare che aspettano pazientemente un magistrato che se ne occupi, si da la precedenza ad una indagine al solo scopo di “completare un fascicolo”?

Però, se avete notato, il magistrato in questione è tutte le sere in televisione, con i TG che lo intervistano a più riprese e parlano di lui e della sua inchiesta.

Chissà come sarà contenta sua moglie e che buoni pranzetti gli preparerà al suo ritorno dall’ufficio; e come saranno fieri di lui i suoi amici, ora che lo vedono sempre in TV!!


mercoledì, dicembre 14, 2005

Pornotax e altre amenità 

Notizie di stampa ci danno per certa l’introduzione, nella prossima legge finanziaria, di una nuovissima tassa che è stata subito battezzata “pornotax”, in quanto colpirà appunto i prodotti hard nella misura del 25% del reddito derivante da produzione, distribuzione, vendita e rappresentazione di materiale pornografico.

Ovviamente il nome esatto della nuova tassa non è pornotax, ma il più regolamentare “tassa etica”, come a dire che la pornografia è un qualcosa di non etico che si lascia in commercio purché paghi il tributo.

È un bel modo di ragionare, che sottace una volontà ancora più repressiva di quella dei cupi censori di una volta; pensate che questo nome (tassa etica) lo abbiamo preso pari, pari dalla Francia dove i disperati cugini francesi hanno una tassa similare alla nostra: della serie, mal comune mezzo gaudio.

In questa tassazione a luci rosse – principale paladina la bella Daniela Santanché – sono compresi anche gli abbonamenti TV a trasmissioni criptate di contenuto pornografico.

C’è da aggiungere poi che anche i “film violenti” avranno una loro particolare tassazione all’incirca simile a quella del materiale porno.

Quindi materiale hard e materiale violento tassati in modo particolare: per la prima categoria posso elencare alcuni oggetti, tipo quelli che affollano gli scaffali dei sexy shop, dalle bambole gonfiabili ai vibratori, dalla biancheria particolare agli strumenti sado-maso; ma per i film come la mettiamo? Chi è che etichetta il film come “pornografico” e soprattutto in base a quali criteri avviene questa classificazione.

E per i film “violenti” chi li classifica? Faccio un esempio: “Arancia Meccanica” come lo consideriamo? Ma voglio essere ancora più cattivo: “Passion”, l’ultimo film di Mel Gibson sulla morte di Gesù, a rigore di logica dovrebbe essere considerato “violento” e quindi sottoposto a tassazione particolare.

Ma ci rendiamo conto in quale ginepraio andiamo a cacciarci? E tutto questo per non voler mettere delle tasse assolutamente legittime, ma che andrebbero a colpire amici degli amici che non si possono toccare.

E di queste voglio parlare, citando due casi: il primo è l’esenzione dalle tasse di ambienti appartenenti a Enti religiosi (cattolici e di altro culto), anche se rivolti a svolgere una normale attività commerciale; mi spiego meglio: ovviamente gli edifici ecclesiastici adibiti al culto sono esenti e fin qui siamo tutti d’accordo, ma perché anche gli edifici dove enti ecclesiastici svolgono attività remunerata devono essere svincolati dall’obbligo delle tasse? A mo’ di esempio voglio citare i vari ostelli che accolgono giovani e meno giovani – a pagamento, naturalmente – ed anche tutte quelle strutture che vendono oggetti di propria produzione, tipo liquori, amari, ecc.; guardate che siamo pieni in Italia di queste strutture!!

Il secondo caso al quale mi riferisco è la tassazione dei guadagni di borsa, che vengono appena sfiorati da aliquote assolutamente ridicola; è stato detto in ambienti del Ministero dell’Economia, che una tale tassazione farebbe scappare i capitali dalle nostre borse e quindi è meglio soprassedere a questa che, peraltro, viene giudicata assolutamente legittima.

Chiudo con due consigli: per la pornotax includerei anche le prostitute ed i preservativi, ed aggiungerei il noto “Viagra”: mi sembra tutto materiale attinente all’hard; per la tassa sulla violenza ci metterei anche gli incontri di pugilato e le sedute al parlamento dove c’è violenza (si scazzottano spesso e volentieri) e c’è anche sesso (facce di c…in grande quantità).


martedì, dicembre 13, 2005

Uova marce e globalizzazione 

“Si, è vero, abbiamo usato quelle uova avariate. Spesso erano solo rotte o semplicemente incubate, ma non possiamo escludere che in alcuni casi fossero marce. Il motivo? Uno solo: comprare la materia prima a prezzi così bassi era l’unico modo per sopravvivere sul mercato e non eravamo certo i soli a farlo.” Questa l’ammissione testuale di uno degli indagati, confessi, dello scandalo delle uova marce, scandalo scoppiato a Bologna ma che comincia ad espandersi nel Veneto ed in altre regioni d’Italia.

L’ammissione è molto semplice: per continuare a restare sul mercato dovevamo portarci al “minimo” dei prezzi in uso, facendo i nostri lavorati in qualunque modo ci potesse consentire di raggiungere questo prezzo basso e di guadagnare qualcosa per noi.

Sappiamo benissimo che il costo di un prodotto – prima delle tasse – è formato da tre componenti: la materia prima, le spese generali e il costo della mano d’opera. Nel nostro paese la seconda e la terza componente sono intangibili, quindi l’unico elemento che può subire interventi è il primo, cioè il costo della materia prima. Ma questo va a scapito della qualità del prodotto! E chi se ne frega, tanto la concorrenza viene dall’oriente, dove certo la qualità non è all’apice dei pensieri del produttore.

Scavando nei procedimenti produttivi, si è scoperto anche che in alcune centrifughe venivano trattati simultaneamente albumi, tuorli e gusci, con evidenti problemi di igiene, ma contemporaneamente con notevoli abbassamenti dei costi di produzione.

Adesso resta la mano d’opera: non credo che resisterà a lungo, in quanto già alcuni vertici della Confindustria stanno ipotizzando l’aumento delle ore di lavoro a paga costante e analoga operazione sembra essere già stata messa in atto da aziende del nordeste, particolarmente attaccate dall’invasione del tessile cinese. Il discorso fatto agli operai è il seguente: “o accettate questo oppure si chiude e si trasferisce la fabbrica in un paese straniero”.

Quando lo dicevo io – oltre un anno fa – qualcuno mi ha dato del visionario; quando affermavo che la globalizzazione – così come la Comunità Europea – è operazione che comporta vantaggi per alcune strutture mentre la stragrande maggioranza ne soffre terribilmente la concorrenza, venivo tacciato di miopia industriale.

Ma non me ne faccio un vanto, perché non ci voleva certo la sfera di cristallo oppure particolari conoscenza di economia per accorgersi che la Cina, come l’India e adesso anche il Brasile, anziché rappresentare per i nostri produttori un enorme sfogo alla produzione, sarebbe presto diventata un nostro concorrente, così come siamo stati noi nei confronti della Germania e degli Stati Uniti negli anni ’60 e ’70.

Un mercato che nessuno controlla e che non è soggetto a nessuna regolamentazione non può sfociare altro che nel caos; mi si perdoni il paragone, ma è di pochi giorni or sono la notizia delle decine di morti in Cina per tumulti provocati dai contadini ai quali viene imposto un prezzo ridicolo per la loro merce; evidentemente le forze dell’ordine sono schierate dalla parte dei produttori e non dei tartassati. Impossibile solo il pensare di paragonare questa situazione ad analoghe nel nostro Paese.

Possibile però ricordarsi di queste cose quando si va a comprare qualcosa: è capitato a nessuno di voi di acquistare un aglio: sono quasi tutti di provenienza cinese e costano pochi soldi; se rifacciamo in senso inverso la filiera del prodotto, comprendiamo benissimo il perché i contadini cinesi cominciano a ribellarsi.

Comunque sono solo avvisaglie, stroncate duramente sul nascere, niente di paragonabile alle tutele che ci sono da noi; ovviamente siamo noi ad essere nel giusto, perché non vorrei che si arrivasse a imitare questi paesi anche sotto il profilo dei diritti dei lavoratori.


lunedì, dicembre 12, 2005

Natale sempre più pagano 

Come ogni anno, anche adesso, in prossimità del fatidico 25 dicembre, ci domandiamo se la festività del Natale abbia o meno perduto il suo autentico significato di festa religiosa, forse la più importante, per ridursi ad una mera occasione di scambio di regali, anche in prospettiva della tredicesima mensilità che se non altro invoglia alcune categorie a consumare maggiormente che in altre occasioni.

Il primo, ovviamente, a dolersi di tale situazione è il Papa, cioè il capo della religione che festeggia la nascita di Gesù: anche quest’anno – ripeto non è una novità – il Santo Padre si scaglia contro i consumi sfrenati che inquinano pericolosamente la festa della Natività e richiama i fedeli a una maggiore sobrietà e raccoglimento.

Volete la prima risposta a questo appello: l’ex Spice Girl Victoria Adams ha regalato al marito, David Bechkam una Rolls Royce del valore di 500.000 euro, pari – al vecchio conio – a circa un miliardo di lire: beati loro che possono permetterselo, ma – come ho avuto occasione di dire in altra occasione – tutto questo scialacquio è un vero schiaffo alla miseria e rende antipatici coloro che ne approfittano, anche se, è bene dircelo, se quell’auto viene costruita, evidentemente c’è chi la compra, altrimenti non la farebbero.

Ma torniamo al significato del Natale: il sociologo Enrico Finzi ha condotto una ricerca su un campione rappresentativo di italiani al di sopra dei 15 anni di età, dalla quale sono emersi alcuni dati molto interessanti; soltanto il 23% conferisce anche o in tutto un significato cristiano a questa festa. Da notare che tale percentuale è inferiore al 29%, cifra che rappresenta gli italiani che si dichiarano cattolici praticanti.

Dopo un madornale sfondone, certo di una percentuale bassa ma non trascurabile, che ritiene il 25 dicembre la festa dell’Annunciazione, si passa a una nota positiva e cioè che il Natale ha portato a galla due valori importanti: il primo è quello riguardante la famiglia, cioè il trascorrere la festività tutti insieme, dai nonni ai nipoti, e il secondo è quello della solidarietà, portato avanti per merito essenzialmente dell’avanzare del volontariato in Italia e che spinge chi può a stare vicino – non solo economicamente – ai più poveri ed ai più soli.

Nonostante le percentuali suddette e l’appellativo di “Natale consumistico”, è impressione generale che avremo un calo dei tipici consumi natalizi quantificabile in circa il 5%, ma questo, naturalmente, non discende dalla presa di coscienza del vero significato del Natale cristiano, ma da difficoltà congiunturali dell’Italia e dell’intera Europa: potremmo dire che un dato negativo porta un valore positivo (ma non per i commercianti!!).

Resta da aggiungere un’ultima considerazione circa i riflessi che questa Festa ha nell’intero pianeta: a parte tutti quei popoli e nazioni che stanno morendo di fame e che non hanno proprio niente da festeggiare, tantissime sono le situazioni di guerra o guerriglia che provocano morti e feriti: in questi luoghi maledetti da Dio, anche se ci sarà un qualche richiamo allo spirito natalizio, il maggior tempo sarà passato a cercare di restare vivi, la quale attività mi sembra veramente l’unica autenticamente produttiva.

Saremo inondati da immagini di tutti i tipi che riguardano il modo di trascorrere il Natale sia dei nostri soldati a Nassirija e in Afghanistan e sia di altri contingenti schierati in quei teatri di guerra: e tutti invocheranno la pace come valore aggiunto di questa festa.

Speriamo che il Bambinello quest’anno li ascolti tutti, in particolare coloro che chiedono la pace con cuore sincero!


domenica, dicembre 11, 2005

Edonismo e castità 

Facciamo un passo indietro: il mio medico curante mi ha da sempre definito come “edonista” e ha dato questa definizione con un misto di invidia e di riprovazione; all’epoca in cui per la prima volta venni etichettato con quella parola, mi precipitai sul Devoto-Oli e alla vice edonista ebbi a trovare la seguente definizione: “persona che fonda sul piacere i propri principi”.

Visto che queste parole non mi si attagliavano per niente – almeno come mi vedo io – passai sopra alla definizione e mi dissi che il mio medico, o non conosceva l’esatto significato del termine (può essere anche per un laureato!!) oppure non mi conosceva così a fondo dal dare questo tipo di giudizio.

Poi non ci ho pensato più, anche se il medico ogni tanto – per fortuna lo vedo una volta l’anno di media – mi ripeteva questa sua considerazione; adesso sento un'altra persona, ben più autorevole di lui, usare lo stesso termine, ovviamente non riferito a me ma a molta altra gente. Sentite qua sotto come è andata.

Il Papa ha riunito tutta una schiera di religiosi e religiose e li ha ringraziati per il “servizio quanto mai apprezzato” che svolgono inserendosi nelle varie realtà sociali e pastorali; dopo avere elogiato l’impegno dei religiosi su vari fronti ed il loro impegno nella collaborazione all’interno dei vari campi dell’azione pastorale, il Santo Padre ha proseguito affermando che “di fronte all’avanzata dell’edonismo, a voi è richiesta la coraggiosa testimonianza della castità, come espressione di un cuore che conosce la bellezza e il prezzo dell’amore di Dio. Di fronte alla sete di denaro, la vostra vita sobria e pronta al servizio dei più bisognosi ricorda che Dio è la ricchezza vera che non perisce”.

Capisco adesso di essermi cacciato in un bel pasticcio, nel voler commentare una definizione affibbiatami con un passo di un discorso papale; se ho ben capito, l’antitesi dell’edonismo sarebbe la castità, o meglio, l’esibizione della castità: questa formula mi sembra che porti poco lontano, in quanto la castità – come la vediamo noi laici – è solo una forma di privazione di una delle creazioni di Dio meglio riuscita: il sesso.

Se il Padreterno non avesse voluto che l’uomo e la donna di dedicassero con grande intensità ai piaceri della carne, li avrebbe “costruiti” in maniera diversa – intendo il dentro ovviamente – e invece, fin dai tempi antichi si è visto che “il piacere” in molti casi ha fatto aggio su altri valori allora imperanti: si pensi per un attimo alla costruzione del vitello d’oro oppure all’altra costruzione, quella della Torre di Babele. Entrambe queste manifestazioni, fedelmente riportate dai testi sacri, contengono una componente orgiastica che può ben sposarsi con il termina “edonismo” di cui abbiamo parlato.

Non voglio continuare su questa strada irta di bucce di banana, ma devo ribadire un concetto che mi riguarda personalmente: il sesso ha avuto e continua ad avere un posto preminente nella mia vita, nella mia attività di tutti i giorni; questo rivolgere la propria attenzione al sesso non mi ha intralciato (e non mi intralcia neppure adesso) nel dedicare una gran parte della mia quotidianità ad altri valori che potremmo definire “assistenziali” anche se non si possono catalogare pedissequamente in questa forma di volontariato; come ho avuto modo di dire altre volte, il mio campo di azione è – ed è stato da vari anni a questa parte – l’educazione ad una corretta fruizione dei mezzi di comunicazione di massa, una forma di “educazione” avversata da tutte le forme di potere presenti nella nostra società (politica, commerciale, religiosa, ecc), quindi non è facile tale azione e non è neppure ben remunerata, anzi è basata addirittura sul rimetterci di tasca propria.

Eppure l’ho fatta e continuo a farla, ovviamente , però, rimanendo il solito “edonista”.


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