venerdì, ottobre 16, 2009
RIPARLIAMO DI RIFORME
All’indomani della bocciatura costituzionale del cosiddetto “lodo Alfano”, si è riaperta la problematica circa le riforme dell’ordinamento giudiziario, riforme che facevano parte integrante del programma di governo, ma che, pur essendo strutturate in due fasi, la riforma del processo civile (già approvata) e penale (non ancora entrata in discussione), rischia di suscitare polemiche ancora prima di conoscerne i contenuti.
Per quel che mi è dato sapere, le problematiche sul penale constano di due novità: la separazione delle carriere tra P.M., e giudici e l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Per il primo punto i pochi (ma importanti) giudici che continuano a sostenere l’utilità delle carriere unite al grido di “siamo tutti magistrati”, fanno armai parte di un esercito minoritario e quindi il problema dovrebbe essere ampiamente risolvibile; il secondo punto, invece, richiede una modifica costituzionale e – sappiamo benissimo – che quando si entra in questi gineprai, si sa quando si comincia ma non quando si finisce.
Il centro-destra avrebbe i numeri sufficienti – sia alla Camera che al Senato – per approvare tranquillamente i provvedimenti, senza la condivisione di tutta o di parte dell’opposizione. Ma – proprio come si fa quando non si vuole approvare una norma - ampie fette delle istituzioni (Presidenza della Repubblica e Presidenza della Camera dei Deputati) cominciano a mettere una sorta di obbligo che avrebbe la maggioranza: quello di approvare queste leggi, che si definiscono basilari per il vivere civile, con la più ampia convergenza possibile.
Ma questo cosa vuol dire? Non certo che finché non si è quadrato il cerchio si resta così come siamo, perché in questo caso saremmo in pieno immobilismo, tra l’altro ampiamente voluto o meglio, addirittura preparato e realizzato; infatti, se dobbiamo attendere quello che, in teoria, ma anche in pratica, non avverrà mai, cioè la convergenza di maggioranza e opposizione, tutto resta com’è fino alla fine dei secoli; mi sembra che la maggioranza deve fare il proprio mestiere e analogamente l’opposizione; e le Istituzioni – quelle con la “I” maiuscola – dovrebbero parlare meno e dare meno consigli possibili, specie per quanto riguarda quelli dati a mezzo stampa: chi vuol, capire capisca!
Dico questo perché è nota la posizione di Fini che dice – a proposito della riforma della giustizia – che il tutto deve avvenire “insieme” all’opposizione; da parte sua, l’attuale segretario del PD – maggiore partito di opposizione – avverte perentoriamente che, se verrà confermato alla guida del partito – “non farà nessuna riforma con questo Governo”. E allora come si può fare? Se continuiamo così, le riforme il Governo è tenuto a farle da solo! Oppure deve continuare ad aspettare??
Ma dico, se l’opposizione collaborasse con la maggioranza e mettesse fuori tutta una serie di proprie idee, avverrebbe che se la maggioranza ne facesse proprie alcune, sarebbe una vittoria non solo morale ma anche politica, se invece non ne accogliesse neppure una, sarebbe facile attaccarla sul merito del provvedimento.
A meno che non si voglia che poi la gente (o meglio, la stampa) non parli di “inciucio” se alcune parti della nuova normativa usciranno fuori in modo “condiviso”; ma penso che fare politica è anzitutto “scegliere” per il bene del popolo che si rappresenta e quindi – in alcuni casi – si può anche rischiare l’impopolarità per mandare avanti qualcosa di valido per tutti, qualcosa che è stata scelta da buona parte del Parlamento; o no?? Forse che la propria “immagine” vale più di ogni altra cosa?
Per quel che mi è dato sapere, le problematiche sul penale constano di due novità: la separazione delle carriere tra P.M., e giudici e l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Per il primo punto i pochi (ma importanti) giudici che continuano a sostenere l’utilità delle carriere unite al grido di “siamo tutti magistrati”, fanno armai parte di un esercito minoritario e quindi il problema dovrebbe essere ampiamente risolvibile; il secondo punto, invece, richiede una modifica costituzionale e – sappiamo benissimo – che quando si entra in questi gineprai, si sa quando si comincia ma non quando si finisce.
Il centro-destra avrebbe i numeri sufficienti – sia alla Camera che al Senato – per approvare tranquillamente i provvedimenti, senza la condivisione di tutta o di parte dell’opposizione. Ma – proprio come si fa quando non si vuole approvare una norma - ampie fette delle istituzioni (Presidenza della Repubblica e Presidenza della Camera dei Deputati) cominciano a mettere una sorta di obbligo che avrebbe la maggioranza: quello di approvare queste leggi, che si definiscono basilari per il vivere civile, con la più ampia convergenza possibile.
Ma questo cosa vuol dire? Non certo che finché non si è quadrato il cerchio si resta così come siamo, perché in questo caso saremmo in pieno immobilismo, tra l’altro ampiamente voluto o meglio, addirittura preparato e realizzato; infatti, se dobbiamo attendere quello che, in teoria, ma anche in pratica, non avverrà mai, cioè la convergenza di maggioranza e opposizione, tutto resta com’è fino alla fine dei secoli; mi sembra che la maggioranza deve fare il proprio mestiere e analogamente l’opposizione; e le Istituzioni – quelle con la “I” maiuscola – dovrebbero parlare meno e dare meno consigli possibili, specie per quanto riguarda quelli dati a mezzo stampa: chi vuol, capire capisca!
Dico questo perché è nota la posizione di Fini che dice – a proposito della riforma della giustizia – che il tutto deve avvenire “insieme” all’opposizione; da parte sua, l’attuale segretario del PD – maggiore partito di opposizione – avverte perentoriamente che, se verrà confermato alla guida del partito – “non farà nessuna riforma con questo Governo”. E allora come si può fare? Se continuiamo così, le riforme il Governo è tenuto a farle da solo! Oppure deve continuare ad aspettare??
Ma dico, se l’opposizione collaborasse con la maggioranza e mettesse fuori tutta una serie di proprie idee, avverrebbe che se la maggioranza ne facesse proprie alcune, sarebbe una vittoria non solo morale ma anche politica, se invece non ne accogliesse neppure una, sarebbe facile attaccarla sul merito del provvedimento.
A meno che non si voglia che poi la gente (o meglio, la stampa) non parli di “inciucio” se alcune parti della nuova normativa usciranno fuori in modo “condiviso”; ma penso che fare politica è anzitutto “scegliere” per il bene del popolo che si rappresenta e quindi – in alcuni casi – si può anche rischiare l’impopolarità per mandare avanti qualcosa di valido per tutti, qualcosa che è stata scelta da buona parte del Parlamento; o no?? Forse che la propria “immagine” vale più di ogni altra cosa?
mercoledì, ottobre 14, 2009
L'ELEZONE DEL PROSSIMO SEGRETARIO PD
Tra una diecina di giorni o poco più (il 25 ottobre), si eleggerà il nuovo segretario del P.D.; l’evento è di quelli importanti per la vita futura del Paese, perché un’opposizione forte è indispensabile per il corretto funzionamento del nostro sistema “maggioritario”.
I concorrenti alla carica sono tre e precisamente il segretario attuale, Franceschini, nonché i due “sfidanti”, Bersani e Marino; chi li elegge? Tutti, non solo gli appartenenti al partito, ma anche coloro che la pensano in modo diverso, ma si recheranno presso i luoghi deputati per le votazioni; è giusto così oppure gli elettori avrebbero dovuto essere soltanto gli iscritti al partito? Difficile dirlo, ma la stessa cosa è stata fatta con Veltroni ed ha funzionato, quindi perché cambiare, si devono essere detti gli organizzatori, anche se qualcuno (D’Alema in particolare) ha detto che avrebbero dovuto essere come quelle americane, cioè riservate agli iscritti.
Questa elezione avviene in un periodo particolare del Paese, durante il quale non si parla di “cose da fare” ma soprattutto di etica e di atteggiamenti morali, cose giuste ed importanti, ma che alla gente spicciola importano poco.
Di questo, ovviamente, se ne sono resi conto anche i dirigenti del PD, tant’è vero che il baffo fine Massimo D’Alema, si è espresso così: “questo antiberlusconismo che sconfina in una sorta di sentimento anti-italiano, è l’approccio peggiore alla grande sfida politica che il Paese ha di fronte”; anche in questo caso si deve notare che l’uomo, può avere tanti difetti ed anche qualche ambiguità, ma di sicuro non gli si può negare una qualità: sapere trovare, al momento giusto, delle felici sintesi che si contrappongono ai fumosi ragionamenti dell’establishment in puro stile politichese.
In concreto, D’Alema punta ad un confronto meno fumoso e più costruttivo, nel quale diminuisca l’importanza dei gossip ed emergano al suo posto le idee politiche, le soluzioni da prospettare agli italiani, insomma tutto quello che ormai siamo abituati da tempo a non vedere.
Ma torniamo alla “gara” e vediamo come sta andando; ovviamente, come era facilmente prevedibile, i tre candidati se le stanno suonando di santa ragione e questo discende proprio dal concetto di “gara”, nel quale è previsto che uno solo vinca e gli altri si accontentino di quello che il vincitore lascerà loro.
Con questa sfida al calor bianco è facile essere d’accordo con Enrico Letta quando afferma che “se continua così, il 26 ottobre troveremo macerie” ed aggiunge che non dobbiamo dimenticare che dopo soli sei mesi ci sono le regionali e verranno affrontate con i candidati che ancora se le stanno dando a tutto spiano; un solo esempio: nel sud sono stati candidati da Bersani la Jervolino, Bassolino e Loiero; tanto è bastato ai fans di Franceschini per affermare che egli “è rimasto al passato”, mentre Franceschini rappresenta “il futuro”.
Io, da non politico, mi limito a chiedere il perché un personaggio come D’Alema sia fuori dall’agone per la segreteria del PD; di lui il grande vecchio del PCI, Macaluso, afferma che “è il più intelligente e quello con maggiore cultura politica, ma il suo limite è che sopravvaluta la propria intelligenza e sottovaluta quella altrui e quindi la realtà che lui crede di governare gli sfugge regolarmente di mano”.
In questa elezione tiene per Bersani, ma devo dare al simpatico emiliano un avvertimento: D’Alema ha detto che “non è riuscito a far del male a nessuno, salvo che a se stesso”; speriamo che le cronache non gli facciano aggiungere “…e a chi ha sostenuto”; tocchi pure ferro o quello che ritiene più opportuno!!
I concorrenti alla carica sono tre e precisamente il segretario attuale, Franceschini, nonché i due “sfidanti”, Bersani e Marino; chi li elegge? Tutti, non solo gli appartenenti al partito, ma anche coloro che la pensano in modo diverso, ma si recheranno presso i luoghi deputati per le votazioni; è giusto così oppure gli elettori avrebbero dovuto essere soltanto gli iscritti al partito? Difficile dirlo, ma la stessa cosa è stata fatta con Veltroni ed ha funzionato, quindi perché cambiare, si devono essere detti gli organizzatori, anche se qualcuno (D’Alema in particolare) ha detto che avrebbero dovuto essere come quelle americane, cioè riservate agli iscritti.
Questa elezione avviene in un periodo particolare del Paese, durante il quale non si parla di “cose da fare” ma soprattutto di etica e di atteggiamenti morali, cose giuste ed importanti, ma che alla gente spicciola importano poco.
Di questo, ovviamente, se ne sono resi conto anche i dirigenti del PD, tant’è vero che il baffo fine Massimo D’Alema, si è espresso così: “questo antiberlusconismo che sconfina in una sorta di sentimento anti-italiano, è l’approccio peggiore alla grande sfida politica che il Paese ha di fronte”; anche in questo caso si deve notare che l’uomo, può avere tanti difetti ed anche qualche ambiguità, ma di sicuro non gli si può negare una qualità: sapere trovare, al momento giusto, delle felici sintesi che si contrappongono ai fumosi ragionamenti dell’establishment in puro stile politichese.
In concreto, D’Alema punta ad un confronto meno fumoso e più costruttivo, nel quale diminuisca l’importanza dei gossip ed emergano al suo posto le idee politiche, le soluzioni da prospettare agli italiani, insomma tutto quello che ormai siamo abituati da tempo a non vedere.
Ma torniamo alla “gara” e vediamo come sta andando; ovviamente, come era facilmente prevedibile, i tre candidati se le stanno suonando di santa ragione e questo discende proprio dal concetto di “gara”, nel quale è previsto che uno solo vinca e gli altri si accontentino di quello che il vincitore lascerà loro.
Con questa sfida al calor bianco è facile essere d’accordo con Enrico Letta quando afferma che “se continua così, il 26 ottobre troveremo macerie” ed aggiunge che non dobbiamo dimenticare che dopo soli sei mesi ci sono le regionali e verranno affrontate con i candidati che ancora se le stanno dando a tutto spiano; un solo esempio: nel sud sono stati candidati da Bersani la Jervolino, Bassolino e Loiero; tanto è bastato ai fans di Franceschini per affermare che egli “è rimasto al passato”, mentre Franceschini rappresenta “il futuro”.
Io, da non politico, mi limito a chiedere il perché un personaggio come D’Alema sia fuori dall’agone per la segreteria del PD; di lui il grande vecchio del PCI, Macaluso, afferma che “è il più intelligente e quello con maggiore cultura politica, ma il suo limite è che sopravvaluta la propria intelligenza e sottovaluta quella altrui e quindi la realtà che lui crede di governare gli sfugge regolarmente di mano”.
In questa elezione tiene per Bersani, ma devo dare al simpatico emiliano un avvertimento: D’Alema ha detto che “non è riuscito a far del male a nessuno, salvo che a se stesso”; speriamo che le cronache non gli facciano aggiungere “…e a chi ha sostenuto”; tocchi pure ferro o quello che ritiene più opportuno!!
martedì, ottobre 13, 2009
COSE CHE LASCIANO DI STUCCO
Quante volte abbiamo letto – e stigmatizzato – situazioni nelle quali una famiglia si schiera contro il figlio o la figlia per ragioni etniche? Anch’io, modestamente, ho le mie colpe, in quanto ho usato queste cronache per parlare di integrazione. Bene, adesso siamo a parti invertite: la figlia annuncia “amo un albanese” ed il padre l’accoltella.
Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio: siamo ad Osimo, in provincia di Ancona, dove vive una famiglia (padre, madre, un figlio e una figlia) di origine napoletana (quartiere di Scampia) della quale fa parte una giovane ragazza di 23 anni, Evelina, che – dopo una burrascosa relazione con un ragazzo albanese dalla quale era nata anche una bambina (che oggi ha cinque anni) – ha deciso di ritentare, continuando a puntare sui giovani provenienti dal Paese delle Aquile e così è andata a imbarcarsi in una nuova relazione con un albanese.
Scontata la reazione del padre che si è violentemente opposto da subito a questa relazione della figlia, arrivando alle parole grosse e, addirittura, ponendo la questione come un “aut-aut”: o troncare con il fidanzato o andarsene di casa con la figlioletta.
Evelina non ha accettato il diktat ed è rimasta in casa con la bambina, continuando a frequentare il giovane albanese; ed allora ecco l’ennesima “richiesta di scelta” avanzata dal padre: o fuori di casa lei o fuori di casa lui (cioè il padre); anche in questo caso non è successo proprio niente e tutto è continuato come prima.
Il padre, dopo essere andato ad abitare dal fratello, ha continuato a rimuginare sulla vicenda, forte del detto “errare è umano, perseverare è diabolico” ed è tornato a chiedere alla ragazza di abbandonare il fidanzato,; anche tutto questo non ha sortito nessun effetto e allora…arriviamo a domenica sera, anzi a domenica sera inoltrata.
Sono le 22.30, quando la vicenda ha il suo drammatico epilogo: il padre attende Evelina di fronte a casa e, al culmine dell’ennesima lite e dell’ennesimo rifiuto di lasciare il fidanzato, la colpisce alla gola con un punteruolo che nascondeva in tasca; quindi fugge, mentre la ragazza, in un lago di sangue, viene condotta dal 118 al vicino Ospedale, dove – per fortuna - riscontrano che la ferita non le ha procurato danni vitali alla carotide e quindi tra quindici giorni sarà probabilmente dimessa.
Il padre è stato trovato ingenuamente nascosto in un giardinetto vicino a casa ed è stato portato, distrutto dal dolore, in caserma per i successivi accertamenti.
Da notare che l’intera vicenda era già stata portata all’attenzione dei servizi sociali del Comune, quando la moglie si era rivolta per chiedere aiuto in merito all’allontanamento del marito a seguito della forte contrarietà nei confronti della figlia innamorata – ancora una volta – di uno straniero e sempre di un albanese; per il padre, evidentemente era un chiodo fisso, una sorta di persecuzione della sorte che faceva mettere insieme la propria figlia sempre e soltanto con albanesi.
Della vicenda, dopo aver dato per scontata la cattiva gestione del padre verso la relazione della figlia, dobbiamo anche prendere in considerazione la circostanza che l’uomo ha ritenuto tutta la storia come una sorta di “cattiva sorte” che si stava avviando sullo stesso binario della precedente.
Del resto la nostra Evelina ha mostrato di avere una forte predilezione per gli albanesi, tant’è vero che su Facebook si è iscritta ad un club intitolato “fanculo a tutti quelli che odiano gli albanesi”, mostrando così la sua profonda convinzione razziale e dando però origine a tutti i guai con il padre. È un esempio di tentativo di integrazione razziale (magari mal riuscito)? Non lo so, ma è comunque qualcosa su cui riflettere!
Ma andiamo con ordine e cominciamo dall’inizio: siamo ad Osimo, in provincia di Ancona, dove vive una famiglia (padre, madre, un figlio e una figlia) di origine napoletana (quartiere di Scampia) della quale fa parte una giovane ragazza di 23 anni, Evelina, che – dopo una burrascosa relazione con un ragazzo albanese dalla quale era nata anche una bambina (che oggi ha cinque anni) – ha deciso di ritentare, continuando a puntare sui giovani provenienti dal Paese delle Aquile e così è andata a imbarcarsi in una nuova relazione con un albanese.
Scontata la reazione del padre che si è violentemente opposto da subito a questa relazione della figlia, arrivando alle parole grosse e, addirittura, ponendo la questione come un “aut-aut”: o troncare con il fidanzato o andarsene di casa con la figlioletta.
Evelina non ha accettato il diktat ed è rimasta in casa con la bambina, continuando a frequentare il giovane albanese; ed allora ecco l’ennesima “richiesta di scelta” avanzata dal padre: o fuori di casa lei o fuori di casa lui (cioè il padre); anche in questo caso non è successo proprio niente e tutto è continuato come prima.
Il padre, dopo essere andato ad abitare dal fratello, ha continuato a rimuginare sulla vicenda, forte del detto “errare è umano, perseverare è diabolico” ed è tornato a chiedere alla ragazza di abbandonare il fidanzato,; anche tutto questo non ha sortito nessun effetto e allora…arriviamo a domenica sera, anzi a domenica sera inoltrata.
Sono le 22.30, quando la vicenda ha il suo drammatico epilogo: il padre attende Evelina di fronte a casa e, al culmine dell’ennesima lite e dell’ennesimo rifiuto di lasciare il fidanzato, la colpisce alla gola con un punteruolo che nascondeva in tasca; quindi fugge, mentre la ragazza, in un lago di sangue, viene condotta dal 118 al vicino Ospedale, dove – per fortuna - riscontrano che la ferita non le ha procurato danni vitali alla carotide e quindi tra quindici giorni sarà probabilmente dimessa.
Il padre è stato trovato ingenuamente nascosto in un giardinetto vicino a casa ed è stato portato, distrutto dal dolore, in caserma per i successivi accertamenti.
Da notare che l’intera vicenda era già stata portata all’attenzione dei servizi sociali del Comune, quando la moglie si era rivolta per chiedere aiuto in merito all’allontanamento del marito a seguito della forte contrarietà nei confronti della figlia innamorata – ancora una volta – di uno straniero e sempre di un albanese; per il padre, evidentemente era un chiodo fisso, una sorta di persecuzione della sorte che faceva mettere insieme la propria figlia sempre e soltanto con albanesi.
Della vicenda, dopo aver dato per scontata la cattiva gestione del padre verso la relazione della figlia, dobbiamo anche prendere in considerazione la circostanza che l’uomo ha ritenuto tutta la storia come una sorta di “cattiva sorte” che si stava avviando sullo stesso binario della precedente.
Del resto la nostra Evelina ha mostrato di avere una forte predilezione per gli albanesi, tant’è vero che su Facebook si è iscritta ad un club intitolato “fanculo a tutti quelli che odiano gli albanesi”, mostrando così la sua profonda convinzione razziale e dando però origine a tutti i guai con il padre. È un esempio di tentativo di integrazione razziale (magari mal riuscito)? Non lo so, ma è comunque qualcosa su cui riflettere!
lunedì, ottobre 12, 2009
LA MORTE NON E' VIRTUALE
Nel mio “zibaldone” del 9 scorso, ho parlato di un suicidio drammaticamente strano: una giovane diciannovenne che entra in classe e – senza proferire verbo e senza lasciare niente di scritto – si lancia dal quinto piano.
Rimaniamo nello stesso ambito e parliamo di un caso completamente diverso, in cui un ragazzo di 15 anni, di Torre del Greco, ha annunciato il proprio suicidio addirittura su “Facebook”, costruendo una sorta di conto alla rovescia, quindi ha scritto un biglietto per la famiglia, nella quale – rivolto a padre e madre – afferma che non è colpa loro se è arrivato a questo punto, dopo di che si è impiccato nella sua stanza ed è morto.
Carlo – questo il nome del ragazzo suicida – forse aveva pensato di trovare compagnia alla sua solitudine tra le righe “virtuali” di Facebook, sul quale stava scandendo un macabro conto alla rovescia “meno due, sto arrivando all’aldilà” e poi “meno uno, sto arrivando all’aldilà”, fino al momento fatale.
Nessuno dei numerosissimo frequentatori del popolare social network è intervenuto con Carlo per cercare di scongiurare l’evento; nessuno si è preoccupato di quello che sarebbe potuto accadere; nessuno ha preso sul serio l’avvertimento, considerandolo, forse uno dei soliti giochetti virtuali del web; e invece era tutto vero e Carlo, allo scoccare dell’ora “x” si è lanciato di sotto con la corda al collo ed è spirato.
Qual è stato l’elemento scatenante che ha indotto Carlo al gesto fatale? Nessuno lo sa, né i genitori – ovviamente distrutti dal dolore – e neppure gli amici di scuola che anzi gli si rivolgono con una frase che mostra la totale non conoscenza della situazione: “Scusaci, non abbiamo capito nulla, non abbiamo capito il tuo disagio”.
Nessuno, neppure sul social network ha fatto niente “prima”; ma “dopo” si è aperto un dibattito serrato, una sorta di atto di dolore collettivo e pubblico; in poche ore si sono costituiti due gruppi di discussione: il primo “Saluto a Carlo”, con migliaia di partecipanti, l’altro “Per tutti quelli che conoscevano Carlo”, con alcune decine.
Viene fuori uno spaccato amaro dell’universo dei teenagers, costellato da frasi fatte, ma anche da alcune molto sentite e assai intelligenti; ne cito due che mi sembrano significative: “Conosco il male che ti ha divorato e ho visto il mostro che ti ha trascinato nell’oscurità con se e per questo mi scende una lacrima amara” e l’altra che sembra vicina alla soluzione “Purtroppo questo mondo di merda non è adatto a persona di animo buono specialmente quando si ha 15 anni, dove se non ti vesti in un certo modo e non ti atteggi in un certo modo, nessuno ti considera”; ma qualcuno è anche più concreto e scrive “Sono convinta che tu volevi essere fermato e volevi essere aiutato”.
Ma l’intervento più azzeccato, quello che vorrei avere fatto io, se frequentassi quel social network, quello che ci mostra una ragazza che “ha capito”, proviene da tale Monica che dice “Purtroppo viviamo in un mondo dove regna l’indifferenza, dove non si riesce più a distinguere il reale dal virtuale. Carlo ha usato facebook per chiedere aiuto, ma nessuno se ne è accorto o, ancora peggio, nessuno credeva che facesse seriamente; non c’è colpa di nessuno….c’è solo solitudine e incomprensione”.
In sostanza, un ragazzo di 15 anni, per giorni ha riempito la propria bacheca su facebook di indizi circa il proprio disagio, arrivando a scrivere frasi che annunciavano l’intenzione di abbandonare questo mondo; i suoi amici hanno letto ma non hanno capito; non c’è stato un cane che gli abbia chiesto “ma scherzi o fai sul serio?”. Hanno forse pensato che si fosse sul “virtuale” o che fosse un nuovo gioco? Adesso, forse, alcuni di loro avranno capito che la morte è “vera e tragica” e non gioca con nessuno!
Rimaniamo nello stesso ambito e parliamo di un caso completamente diverso, in cui un ragazzo di 15 anni, di Torre del Greco, ha annunciato il proprio suicidio addirittura su “Facebook”, costruendo una sorta di conto alla rovescia, quindi ha scritto un biglietto per la famiglia, nella quale – rivolto a padre e madre – afferma che non è colpa loro se è arrivato a questo punto, dopo di che si è impiccato nella sua stanza ed è morto.
Carlo – questo il nome del ragazzo suicida – forse aveva pensato di trovare compagnia alla sua solitudine tra le righe “virtuali” di Facebook, sul quale stava scandendo un macabro conto alla rovescia “meno due, sto arrivando all’aldilà” e poi “meno uno, sto arrivando all’aldilà”, fino al momento fatale.
Nessuno dei numerosissimo frequentatori del popolare social network è intervenuto con Carlo per cercare di scongiurare l’evento; nessuno si è preoccupato di quello che sarebbe potuto accadere; nessuno ha preso sul serio l’avvertimento, considerandolo, forse uno dei soliti giochetti virtuali del web; e invece era tutto vero e Carlo, allo scoccare dell’ora “x” si è lanciato di sotto con la corda al collo ed è spirato.
Qual è stato l’elemento scatenante che ha indotto Carlo al gesto fatale? Nessuno lo sa, né i genitori – ovviamente distrutti dal dolore – e neppure gli amici di scuola che anzi gli si rivolgono con una frase che mostra la totale non conoscenza della situazione: “Scusaci, non abbiamo capito nulla, non abbiamo capito il tuo disagio”.
Nessuno, neppure sul social network ha fatto niente “prima”; ma “dopo” si è aperto un dibattito serrato, una sorta di atto di dolore collettivo e pubblico; in poche ore si sono costituiti due gruppi di discussione: il primo “Saluto a Carlo”, con migliaia di partecipanti, l’altro “Per tutti quelli che conoscevano Carlo”, con alcune decine.
Viene fuori uno spaccato amaro dell’universo dei teenagers, costellato da frasi fatte, ma anche da alcune molto sentite e assai intelligenti; ne cito due che mi sembrano significative: “Conosco il male che ti ha divorato e ho visto il mostro che ti ha trascinato nell’oscurità con se e per questo mi scende una lacrima amara” e l’altra che sembra vicina alla soluzione “Purtroppo questo mondo di merda non è adatto a persona di animo buono specialmente quando si ha 15 anni, dove se non ti vesti in un certo modo e non ti atteggi in un certo modo, nessuno ti considera”; ma qualcuno è anche più concreto e scrive “Sono convinta che tu volevi essere fermato e volevi essere aiutato”.
Ma l’intervento più azzeccato, quello che vorrei avere fatto io, se frequentassi quel social network, quello che ci mostra una ragazza che “ha capito”, proviene da tale Monica che dice “Purtroppo viviamo in un mondo dove regna l’indifferenza, dove non si riesce più a distinguere il reale dal virtuale. Carlo ha usato facebook per chiedere aiuto, ma nessuno se ne è accorto o, ancora peggio, nessuno credeva che facesse seriamente; non c’è colpa di nessuno….c’è solo solitudine e incomprensione”.
In sostanza, un ragazzo di 15 anni, per giorni ha riempito la propria bacheca su facebook di indizi circa il proprio disagio, arrivando a scrivere frasi che annunciavano l’intenzione di abbandonare questo mondo; i suoi amici hanno letto ma non hanno capito; non c’è stato un cane che gli abbia chiesto “ma scherzi o fai sul serio?”. Hanno forse pensato che si fosse sul “virtuale” o che fosse un nuovo gioco? Adesso, forse, alcuni di loro avranno capito che la morte è “vera e tragica” e non gioca con nessuno!