venerdì, maggio 23, 2014
SPREAD
Il termine “spread”, che tanto terrorizza
analisti politici e finanziari, discende dall’inglese “differenza”, ed è il
differenziale tra gli interessi sui nostri
Buoni del Tesoro a 10 anni e quelli tedeschi; questa sorta di convenzione – se
permettete – mi offende come italiano, ma forse è colpa mia che sono troppo
suscettibile.
Ma torniamo al nostro spread; ricorderete che
nel 2011 aveva raggiunto la quota siderale di 553 punti ed aveva provocato le
dimissioni del governo Berlusconi e l’arrivo del “salvatore della Patria, Mario
Monti, il quale poi non salvò proprio niente; ma questa è un’altra storia che
non ha nesso con il nostro spread.
Dunque, dicevamo che dalle quote altissime
del 2011 i nostri governanti erano riusciti a riportarlo su quote accettabili –
140,150 – lasciando anche immaginare scenari al ribasso che inducevano
all’ottimismo, addirittura a vagheggiare la famosa “soglia 24” come nel 2006, quanto a
Palazzo Chigi sedeva Romano Prodi.
Ma a parte l’orgoglio nazionale, qual è l’utilità
concreta di avere uno spread basso? È
molto semplice: con lo spread basso l’Italia deve spendere meno per gli
interessi del suo enorme debito pubblico (quasi 2200 miliardi di euro) e il
Paese può respirare e forse tornare a crescere come tutti si augurano, anche
quelli che non fanno niente perché ciò avvenga; invece, se lo spread si alza,
la spesa per il nostro debito pubblico si mangia una fetta delle nostre risorse
che potremmo utilizzare in altro modo; chiaro?
Ebbene, questa lunga premessa mi serve per
introdurre l’argomento dell’aumento improvviso e inatteso dello spread: il 19/5
il governo Renzi, che era riuscito a portare il differenziale al più basso
indice degli ultimi tre anni (148), si è improvvisamente impennato toccando una
preoccupante soglia di 181. punti.
Ovviamente tutti si chiedono i motivi che
hanno indotto gli investitori finanziari stranieri a questa mossa; forse le
ragioni sono più di una, forse sono addirittura molte, ma almeno cerchiamo di
vederne insieme qualcuna.
La prima è la clamorosa retrocessione del
nostro Pil del primo trimestre 2014
(-0,1%), dato non preoccupante in assoluto ma sicuramente da tenere sotto
controllo in quanto spia di una tendenza assolutamente nociva per la nostra
economia.
Il secondo motivo è l’avvento delle elezioni
europee unite a quelle di molti enti locali; l’andamento della battaglia
elettorale, con le offese a ripetizione e le contumelie più accese, ha fatto
probabilmente storcere la bocca ai nostri affezionati investitori che si sono
chiesti: “ma in che bordello abbiamo investito i nostri denari?”.
Non tutti gli analisti stranieri sanno che in
queste occasioni è d’obbligo portare la contesa quasi sull’orlo dello scontro
fisico, ovviamente senza che niente travalichi oltre; magari un tantino di calma
e di moderazione avrebbe giovato, ma noi siamo fatti così e in occasione delle
elezioni – anche le più insignificanti – i vaffa si sprecano.
C’è poi chi ha fatto anche una sorta di esame
a quello che ha retto finora il governo, Renzi: tantissimi progetti, tantissime
parole, una campagna mediatica perfetta che ha fatto credere che si stesse
cambiando tutto, ma poi – se si escludono i famosi 80 euro nelle buste paga di
coloro che guadagnano poco, ma non pochissimo – siamo quasi a zero e il Paese
avrebbe bisogno di ben altro.
Anche i tagli alla spesa pubblica sono sempre
modesti – forse i più sostanziosi si potrebbero verificare tra due o tre anni –
e gli interventi per rilanciare la crescita sono rimasti nei cassetti dei vari
ministri incaricati della cosa. Speriamo che dopo le elezioni il buon senso
prevalga e si torni a ragionare per il bene comune; chiedo troppo??
mercoledì, maggio 21, 2014
CHE FINE FARA' L'EXPO?
Tra i politici e gli addetti ai lavori,
serpeggia una voce che non è affatto incoraggiante: che fine farà l’Expo se
continuano questi scandali e queste rivelazioni circa mazzette e altri imbrogli
del genere?
La risposta delle persone che ragionano
secondo “buon senso” è che, se si vuole, ce la possiamo fare e fare anche bene,
si tratta solo di decidere e di impiegare i mezzi adeguati.
Nella cruda realtà, ricordiamoci che non è necessaria alcuna
tecnologia proveniente da altri pianeti, ma solo il vecchio e conosciuto
sistema delle costruzioni con cui sono stati tirati su un sacco di edifici
splendidi e resistenti; si tratta di spianare dei cambi, gettare del cemento e
scavare alcune fosse; se siamo stati capaci di costruite le dighe più grandi
del mondo, saremo anche capaci di tirare su quella specie di parco giochi che è
un’esposizione universale; quindi sotto il profilo tecnico non ci sono problemi
e smettiamo di accampare questo tipo di scusante.
I problemi però – sia pure di altra natura –
ci sono e sono almeno tre: il primo è quello di stabilire con chiarezza chi
comanda veramente, il Comune, la
Regione o il Governo; al momento sembra che sia il Comune che
la Regione si
stiano nascondendo, mentre Renzi vuole metterci la faccia, almeno a parole: lo
dica chiaro e tondo e non se ne parla più.
Il secondo problema è quello della
burocrazia, un soggetto capace di distruggere qualsiasi cosa; occorre trovare
un sistema per neutralizzarla, per metterla fuori gioco in modo che non possa
nuocere più di tanto; a questo punto dei lavori, c’è solo da correre, nessuno
ha più il tempo per andare per uffici a implorare le autorizzazioni necessarie;
ovviamente se ci saranno degli errori si potrà rimediare, purché siano stati
fatti in buona fede.
Il terzo problema è forse quello più delicato
e difficile: l’Expo, è stato detto varie volte, dovrebbe essere la grande
vetrina internazionale dell’Italia, il momento in cui facciamo vedere chi siamo
e che cosa sappiamo fare; il pericolo è invece che questa rassegna diventi
l’Expo della mazzetta, della bustarella, della corruzione, tutte specialità
nelle quali all’estero siamo ben conosciuti; e che diventi la mostra di qualche
organizzazione criminale – anch’essa ben conosciuta anche all’estero – e che
quindi tutto il mondo ci rida dietro.
Il pericolo è reale; non scordiamo che siamo
di fronte ad una massa colossale di investimenti (molti, anzi moltissimi
miliardi di euro), gestiti da una massa di persone tra le quali cercano di
infiltrarsi degli autentici professionisti della corruzione e della tangente.
Quelli finora scoperti e arrestati mi
sembrano anziani (Greganti e compagnia bella, c’erano già trenta anni fa) e
quindi c’è da temere le nuove leve, tutti nomi e volti sconosciuti alla gente
ma che stanno facendo carriera nelle loro organizzazioni malavitose.
Visto che per procedere in fretta ci sarà
bisogno di suddividere i lavori in una miriade di società, forse sarebbe
opportuno affiancare a coloro che dovranno guidare la macchina dell’EXPO una
sorta di task force composta da guardie di finanza e carabinieri, scelti tra i
migliori e i più svegli che abbiamo in Italia, tutti giovani ai quali non è
facile farla in barba; ce ne sono, ma non sempre vengono utilizzati: sarebbe
saggio cominciare a cambiare registro.
lunedì, maggio 19, 2014
RICOMIUNCIA L'EMERGENZA MIGRANTI: UN'IDEA
All’apparire della
bella stagione, il canale di Sicilia, quel braccio di mare tra la Libia e l’isola di
Lampedusa, ridiventa una sorta di autostrada nella quale le carrette del mare
imbarcano i disgraziati provenienti dai Paesi del Magreb e zone limitrofe,
cercando di scaricarli il più vicino possibile alle coste italiane.
Comunque quest’ultima
condizione non è prioritaria: i migranti vengono scaricati, se possibile vicino
alla costa e altrimenti ci deve pensare la marineria italiana con l’operazione
“Mare Nostrum” a salvare quelli che possono essere salvati: per gli altri… chi
se ne frega.
Mi sembra che questa
sia la filosofia di base di tutta la vicenda; c’è solo da aggiungere che i
migranti – appena sbarcati e senza neppure un briciolo di riconoscenza verso
chi li ha salvati – affermano a chiare lettere che loro non sono scappati dai
propri Paesi – in guerra e non – per finire in Italia, ma che il loro desiderio
è quello di raggiungere i Paesi del Nord Europa dove, qualcuno di loro, ha
anche una famiglia o comunque un parente
che li attende.
Le polemiche in Italia
sono come al solito “al calor bianco”: c’è chi dice che facciamo poco per
salvare questi disperati (che ripeto non vogliono venire da noi) e c’è chi
vorrebbe che fosse fatto ancora meno (forse non di ributtarli a mare, ma
quasi).
La nostra classe politica,
in particolare quella governativa, accusa l’Europa di lasciarci soli in mezzo a
questa emergenza che anzitutto è “umanitaria”
e chiede che l’U.E., attraverso le strutture apposite, si muova e ci dia
una mano in questa circostanza.
Purtroppo, l’Europa
attua una direttiva che si è data molto tempo fa e che è stata chiamata
“Dublino 3”,
dal luogo dove si è tenuta la riunione che l’ha partorita, la quale afferma
testualmente che “i richiedenti asilo sono un problema del Paese nel quale
sbarcano e non dell’intera Unione”.
Ovviamente balza
subito evidente che questa regolamentazione non è assolutamente adeguata alla
situazione d’emergenza attuale, in quanto scarica sulle spalle di paesi come
l’Italia, la Spagna
e la Grecia la
maggior parte del carico dei migranti che tentano il cammino (lo definirei
quasi un esodo) verso il Nord.
Questo tipo di
regolamentazione incoraggia i migranti – e i loro sfruttatori – a partirei n
ogni caso dalle loro coste e, dopo poche miglia lanciare il fatidico S.O.S. che
noi raccogliamo e partiamo per andare a salvarli; si spiega così l’apparente suicidio di partire con mezzi di
fortuna allestiti da trafficanti di esseri umani; quindi, sia chiaro, non
occorre arrivare in Italia ma basta che la nostra Marina raccolga l’S.O.S. e
l’operazione è concretizzata.
A me era venuta
un’idea – non so se potrà mai essere messa in pratica – che consiste in questo:
fermo restando il principio che questi disperati, che se potessero resterebbero
a casa propria, debbono essere salvati ad ogni costo, suggerisco che appena
arrivati e immessi nei Centri di Raccolta, vengano suddivisi a seconda del
Paese europeo nel quale desiderano arrivare; fatta questa cernita, dovrebbero
essere organizzati altrettanti “viaggi” – via terra – con pullman o treni
speciali sui quali caricare i migranti richiedenti asilo nel Paese interessato
e condurceli noi, almeno fino alla frontiera; se non vengono fatti entrare,
scaricarli alla sbarra di Dogana e tornarcene a casa e stare a vedere come i
signori del “nord Europa” risolverebbero la questione.
Capisco che l’idea è
veramente “bislacca”, ma credo che valga la pena almeno di ragionarci sopra;
forse le cose prenderebbero un’altra piega. Chiaro il c oncetto??