sabato, ottobre 02, 2004
Torniamo a parlare di pubblicità
Dopo la sbornia degli ostaggi, dell’Irak, delle Simone e chi più ne ha più ne metta, mi sembra disintossicante tornare a parlare di pubblicità e, in particolare di due spot e di un “evento”, legato ad uno di essi, che ritengo importanti e significativi.
Il primo è il commercial relativo a FIAT-IDEA, con George Clooney come testimonial: avrete visto che il filmato nasce con l’arrivo dell’auto e con la discesa della donna che la guida, la quale non si preoccupa di chiudere lo sportello a chiave; dal fondo della strada arriva un “atletico signore” con tanto di pantaloncini corti (un po’ grassottello, ma forse è invidia la mia!) che sembra intento a fate del footing. Dal tetto dell’auto – in materiale plastico e quindi in grado di far passare la luce – il nostro atleta, che nel frattempo abbiamo riconosciuto essere George Clooney, sbircia l’interno dell’auto e sembra molto interessato a saperne di più.
Decide così di entrare nella macchina in modo da poterla vedere con maggiore tranquillità; nel frattempo la proprietaria dell’auto ritorna e – visto cosa…contiene la macchina – prima la chiude con la sicura e poi ci si siede dentro e parte a buona velocità, ben felice del nuovo “accessorio” rinvenuto nel mezzo. Lo slogan principale dello spot è – dopo aver illustrato le caratteristiche tecniche e finanziarie – “George not included”, alludendo così alla presenza dell’attore che non può essere considerata un normale accessorio.
Ricorderete che la presenza dell’attore americano l’avevamo avuta per alcuni anni negli spot di Martini, in cui il nostro Clooney recitava la parte del “non personaggio principale” della festa, perché questa è riservata a Martini (lo slogan:”no Martini no party”, che supera quindi per importanza la presenza di George.
Fra i due spot c’è molta attinenza anche se, a rigore di logica, sono da considerarsi diversi tra loro; però una certa sinergia esiste, eccome se esiste!
Il secondo spot che intendo trattare è quello di UNIEURO, una catena di Grande Distribuzione nel campo dell’elettronica, presente in tutta Italia e che si avvale di un testimonial molto diverso dagli altri: il poeta, scrittore e sceneggiatore Tonino Guerra, che inneggia all’ottimismo, invitando un fantomatico Gianni ad esserlo, sulla scorta di fatti che gli autori ovviamente strumentalizzano; il chiaro invito all’ottimismo è traducibile in un altrettanto chiaro invito a entrare nel negozio e “spendere” in virtù del sano e reclamizzato ottimismo.
Oltre lo spot, quello che mi ha incuriosito è l’uso che ne viene fatto in una trasmissione di successo in onda su RAI 2 la domenica pomeriggio (Quelli che il calcio), nella quale un noto e bravissimo cabarettista imita Tonino Guerra e recita dei brevi monologhi che immancabilmente si concludono con lo stesso slogan della pubblicità: “Gianni, ma come si fa a non essere ottimisti!!”, frase che magari non c’incastra niente con il resto del discorso, ma tant’è…
Ora mi chiedo e vi chiedo: il nostro servizio pubblico si rende conto che ogni scenetta è una marchetta a beneficio dell’UNIEURO in quanto produce un richiamo “indotto” agli spot originali che pubblicizzano la catena di negozi?
E aggiungo: il raggiungere la forma “indotta” della pubblicità è il sogno di ogni pubblicitario, il segno che il successo della campagna è stato così vasto da diventare un “luogo comune” e quindi può anche diminuire la pianificazione sui mezzi di comunicazione.
Bello, vero? Eppure è proprio così!
Il primo è il commercial relativo a FIAT-IDEA, con George Clooney come testimonial: avrete visto che il filmato nasce con l’arrivo dell’auto e con la discesa della donna che la guida, la quale non si preoccupa di chiudere lo sportello a chiave; dal fondo della strada arriva un “atletico signore” con tanto di pantaloncini corti (un po’ grassottello, ma forse è invidia la mia!) che sembra intento a fate del footing. Dal tetto dell’auto – in materiale plastico e quindi in grado di far passare la luce – il nostro atleta, che nel frattempo abbiamo riconosciuto essere George Clooney, sbircia l’interno dell’auto e sembra molto interessato a saperne di più.
Decide così di entrare nella macchina in modo da poterla vedere con maggiore tranquillità; nel frattempo la proprietaria dell’auto ritorna e – visto cosa…contiene la macchina – prima la chiude con la sicura e poi ci si siede dentro e parte a buona velocità, ben felice del nuovo “accessorio” rinvenuto nel mezzo. Lo slogan principale dello spot è – dopo aver illustrato le caratteristiche tecniche e finanziarie – “George not included”, alludendo così alla presenza dell’attore che non può essere considerata un normale accessorio.
Ricorderete che la presenza dell’attore americano l’avevamo avuta per alcuni anni negli spot di Martini, in cui il nostro Clooney recitava la parte del “non personaggio principale” della festa, perché questa è riservata a Martini (lo slogan:”no Martini no party”, che supera quindi per importanza la presenza di George.
Fra i due spot c’è molta attinenza anche se, a rigore di logica, sono da considerarsi diversi tra loro; però una certa sinergia esiste, eccome se esiste!
Il secondo spot che intendo trattare è quello di UNIEURO, una catena di Grande Distribuzione nel campo dell’elettronica, presente in tutta Italia e che si avvale di un testimonial molto diverso dagli altri: il poeta, scrittore e sceneggiatore Tonino Guerra, che inneggia all’ottimismo, invitando un fantomatico Gianni ad esserlo, sulla scorta di fatti che gli autori ovviamente strumentalizzano; il chiaro invito all’ottimismo è traducibile in un altrettanto chiaro invito a entrare nel negozio e “spendere” in virtù del sano e reclamizzato ottimismo.
Oltre lo spot, quello che mi ha incuriosito è l’uso che ne viene fatto in una trasmissione di successo in onda su RAI 2 la domenica pomeriggio (Quelli che il calcio), nella quale un noto e bravissimo cabarettista imita Tonino Guerra e recita dei brevi monologhi che immancabilmente si concludono con lo stesso slogan della pubblicità: “Gianni, ma come si fa a non essere ottimisti!!”, frase che magari non c’incastra niente con il resto del discorso, ma tant’è…
Ora mi chiedo e vi chiedo: il nostro servizio pubblico si rende conto che ogni scenetta è una marchetta a beneficio dell’UNIEURO in quanto produce un richiamo “indotto” agli spot originali che pubblicizzano la catena di negozi?
E aggiungo: il raggiungere la forma “indotta” della pubblicità è il sogno di ogni pubblicitario, il segno che il successo della campagna è stato così vasto da diventare un “luogo comune” e quindi può anche diminuire la pianificazione sui mezzi di comunicazione.
Bello, vero? Eppure è proprio così!
venerdì, ottobre 01, 2004
E' durata poco...
Mi riferisco all’intesa tra governo e opposizione; è durata poco la concordia che era scaturita sull’onda dell’entusiasmo per la liberazione delle due Simone.
È bastato che la fotografia più usata dai mass media riprendesse le due ragazze che si tengono per mano e dietro a loro si vedesse “bene” il Cavaliere, perché la sinistra più radicale cominciasse a domandare agli altri componenti dell’opposizione perché diavolo “abbiamo dovuto fare un favore a Berlusconi”: il direttore del Manifesto ha risposto con chiarezza: “Era forse meglio lasciarle morire per non sporcarsi le mani e fare così un dispetto a Berlusconi?” Ma non credo che li abbia convinti!
E bastato poi che alle due ragazzine si cominciasse a fare domande sempre più pressanti sulla prigionia (“ci hanno trattato bene” “erano dei religiosi che pregavano spesso”) o sul ritiro delle nostre truppe dall’Irak (”i nostri soldati se ne devo tornare a casa”) perché si cominciasse a dipingere le due ragazzette come “pericolose pacifiste” dalla destra o come potenziali candidate alle prossime elezioni (dall’Unità di oggi).
È invece chiaro che anche in questo caso la sindrome di Stoccolma ha avuto buon gioco: si tratta di una particolare condizione psicologica che prende gli ostaggi liberati e che li induce a vedere con favore i carcerieri, ancora più dei liberatori.
Si sono cominciate a misurare le parole delle Simone (“ha ringraziato i mussulmani e non il governo), non tenendo conto che le due fanciulle – liberate dopo una lunga prigionia – avevano bisogni di rimanere in silenzio e di riprendere il loro equilibrio con l’aiuto dei propri familiari; e basta!
Si pretendeva forse che appena giunte in Italia si scagliassero contro i biechi islamici, sporchi brutti e cattivi? Ma come avrebbe potuto – anche se avessero voluto – imbarcarsi in una campagna di odio con la visibilità acquisita? Ricordiamoci che la mano dei rapitori avrebbe potuto colpirle anche in Italia.
Nel post di ieri l’altro ho concluso con la frase: “lasciatele in pace, lasciate che ridiventino due ragazze come le altre”; mentre lo scrivevo mi rendevo conto che era pura utopia pensare che i mass media le lasciassero in pace; era altrettanto utopistico pensare che le forze politiche si comportassero diversamente: non appropriatevi di queste due fanciulle, per la loro eventuale partecipazione politica riparliamone tra un annetto.
Un altro argomento sempre inerente la liberazione delle due ragazze è quello relativo al riscatto: mentre in Italia non sembrano esserci – almeno per ora – voci dissonanti circa la giustezza di un eventuale pagamento del riscatto (peraltro seccamente smentito da tutti gli interessati), è dall’estero che giunge una canea che se non fosse ributtante sarebbe tutta da ridere.
È ovvio che gli interessati (Governo, C.R.I. e varie altre O.N.G.) hanno interesse a minimizzare il problema onde non creare un pericoloso effetto emulativo; che poi le cose siano andate in maniera diversa è abbastanza plausibile, ma sarebbe da incoscienti ammetterlo pubblicamente.
Certo che – ripeto, specie all’estero – il pressappochismo e la cialtroneria con cui viene descritto il nostro Paese, in questo caso deve essere rivisto: la trattativa è stata condotta con efficienza e professionalità da un Servizio Segreto che si è dimostrato molto valido; gli agganci con personale del luogo sono stati gestiti con estrema segretezza e, soprattutto, alla base di ogni ricerca è stata collocata la vita delle due ragazze.
C’è da esserne soddisfatti.
È bastato che la fotografia più usata dai mass media riprendesse le due ragazze che si tengono per mano e dietro a loro si vedesse “bene” il Cavaliere, perché la sinistra più radicale cominciasse a domandare agli altri componenti dell’opposizione perché diavolo “abbiamo dovuto fare un favore a Berlusconi”: il direttore del Manifesto ha risposto con chiarezza: “Era forse meglio lasciarle morire per non sporcarsi le mani e fare così un dispetto a Berlusconi?” Ma non credo che li abbia convinti!
E bastato poi che alle due ragazzine si cominciasse a fare domande sempre più pressanti sulla prigionia (“ci hanno trattato bene” “erano dei religiosi che pregavano spesso”) o sul ritiro delle nostre truppe dall’Irak (”i nostri soldati se ne devo tornare a casa”) perché si cominciasse a dipingere le due ragazzette come “pericolose pacifiste” dalla destra o come potenziali candidate alle prossime elezioni (dall’Unità di oggi).
È invece chiaro che anche in questo caso la sindrome di Stoccolma ha avuto buon gioco: si tratta di una particolare condizione psicologica che prende gli ostaggi liberati e che li induce a vedere con favore i carcerieri, ancora più dei liberatori.
Si sono cominciate a misurare le parole delle Simone (“ha ringraziato i mussulmani e non il governo), non tenendo conto che le due fanciulle – liberate dopo una lunga prigionia – avevano bisogni di rimanere in silenzio e di riprendere il loro equilibrio con l’aiuto dei propri familiari; e basta!
Si pretendeva forse che appena giunte in Italia si scagliassero contro i biechi islamici, sporchi brutti e cattivi? Ma come avrebbe potuto – anche se avessero voluto – imbarcarsi in una campagna di odio con la visibilità acquisita? Ricordiamoci che la mano dei rapitori avrebbe potuto colpirle anche in Italia.
Nel post di ieri l’altro ho concluso con la frase: “lasciatele in pace, lasciate che ridiventino due ragazze come le altre”; mentre lo scrivevo mi rendevo conto che era pura utopia pensare che i mass media le lasciassero in pace; era altrettanto utopistico pensare che le forze politiche si comportassero diversamente: non appropriatevi di queste due fanciulle, per la loro eventuale partecipazione politica riparliamone tra un annetto.
Un altro argomento sempre inerente la liberazione delle due ragazze è quello relativo al riscatto: mentre in Italia non sembrano esserci – almeno per ora – voci dissonanti circa la giustezza di un eventuale pagamento del riscatto (peraltro seccamente smentito da tutti gli interessati), è dall’estero che giunge una canea che se non fosse ributtante sarebbe tutta da ridere.
È ovvio che gli interessati (Governo, C.R.I. e varie altre O.N.G.) hanno interesse a minimizzare il problema onde non creare un pericoloso effetto emulativo; che poi le cose siano andate in maniera diversa è abbastanza plausibile, ma sarebbe da incoscienti ammetterlo pubblicamente.
Certo che – ripeto, specie all’estero – il pressappochismo e la cialtroneria con cui viene descritto il nostro Paese, in questo caso deve essere rivisto: la trattativa è stata condotta con efficienza e professionalità da un Servizio Segreto che si è dimostrato molto valido; gli agganci con personale del luogo sono stati gestiti con estrema segretezza e, soprattutto, alla base di ogni ricerca è stata collocata la vita delle due ragazze.
C’è da esserne soddisfatti.
mercoledì, settembre 29, 2004
Finalmente libere
Ieri sera le nostre due Simone sono state liberate ed hanno fatto subito ritorno a Roma per poi ricongiungersi con le rispettive famiglie (a Roma e a Rimini).
Pur non volendo gloriarmi, non posso tacere il fatto che pochi giorni dopo il sequestro con due miei post (12 e 14 settembre u,s,) avevo diagnosticato questa soluzione, sostenendo che l’azione era stata condotta da professionisti che cercavano denaro e basta: in effetti sembra trattarsi di ex appartenenti ai servizi segreti di Saddam rimasti senza lavoro che, come si potrebbe dire, si arrangiano come possono.
La vicenda si è conclusa bene e non possiamo lesinare gli elogi al nostro governo che, se non altro, ha avuto il merito di trovare, tramite i nostri 007, la strada giusta per la trattativa; ed un elogio anche all’opposizione (del resto glielo ha fatto anche Berlusconi) perché durante tutta la vicenda durata oltre 20 giorni, ha sempre mantenuto la calma, non ha mai alzato i toni della polemica e si è comportata da autentica forza di governo (incrociando le dita per le prossime elezioni); hanno fatto eccezione alcuni partitucoli barricadieri dell’ultra sinistra che – dispiace doverlo dire – si sono mostrati ancora una volta fuori della realtà (dispiace in particolare per i “verdi” che dovrebbero avere una tradizione ambientalista da rivendicare e invece di tutto si occupano meno che di questo).
La gioia per la felice conclusione della vicenda non può essere offuscata neppure dalla consapevolezza che per liberare le due ragazze sono stati tirati fuori diversi quattrini (le voci variano tra uno e cinque milioni di dollari): potremmo dire “per fortuna!” che si è potuto pagare, perché evidentemente l’obiettivo dei rapitori era il denaro; quando si incappa in altri gruppi che hanno come target lo sconvolgimento dell’opinione pubblica attraverso il terrore e le immagini raccapriccianti, allora le cose cambiano e tutto diventa più difficoltoso perché in questo caso gli ostaggi gli vanno strappati con la violenza, attraverso un blitz o comunque un colpo di mano che comporta sempre del pericolo.
Certo che proprio ieri nel TG5 delle 13.00 – prima quindi della liberazione delle ragazze - proprio Toni Capuozzo citava il caso dei 12 ostaggi nepalesi tutti barbaramente trucidati, sgozzati e decapitati, senza che nessuna nazione si sia adoperata per la loro liberazione, senza quasi nessuno che se ne ricorda: sono morti senza troppa pubblicità e quindi non hanno fatto un buon servizio neppure agli intendimenti dei rapitori. Solo le 12 famiglia si ricordano dei loro cari e continuano a pregarli, solo le 12 spose (se ce le hanno) ricordano i mariti, solo i 24 genitori continuano a piangerli. È evidente che ci sono ostaggi di serie A e di serie Z: i poveri nepalesi appartenevano a quest’ultimo campionato.
C’è da aggiungere che sembra imminente anche la liberazione dei due giornalisti francesi: ricorderete che tempo addietro venne fuori la notizia (una bufala) che i due cronisti erano stati liberati ma avevano chiesto di restare per narrare all’intero pianeta delle erooiche gesta degli oppositori anti americani; ora sembra che le varie contropartite di natura politica siano state assolte dai francesi e quindi nient’altro si dovrebbe frapporre alla liberazione dei due giornalisti.
Da notare che la Francia è considerata dagli islamici di Bin Laden e di Al Zarqawi una nemica da abbattere, ma nel caso della pratica Irak non possono dimenticare che si è schierata contro l’America, diventando così una preziosa alleata del terrorismo: così si cambiano le carte in tavola, dal momento che si cambia partita!
Per concludere con le nostre Simone, auguriamoci che i mass-media le lascino un po’ in pace e non le tampinino per intervistarle: lasciatele ridiventare due ragazze come le altre.
29/9/2004
Pur non volendo gloriarmi, non posso tacere il fatto che pochi giorni dopo il sequestro con due miei post (12 e 14 settembre u,s,) avevo diagnosticato questa soluzione, sostenendo che l’azione era stata condotta da professionisti che cercavano denaro e basta: in effetti sembra trattarsi di ex appartenenti ai servizi segreti di Saddam rimasti senza lavoro che, come si potrebbe dire, si arrangiano come possono.
La vicenda si è conclusa bene e non possiamo lesinare gli elogi al nostro governo che, se non altro, ha avuto il merito di trovare, tramite i nostri 007, la strada giusta per la trattativa; ed un elogio anche all’opposizione (del resto glielo ha fatto anche Berlusconi) perché durante tutta la vicenda durata oltre 20 giorni, ha sempre mantenuto la calma, non ha mai alzato i toni della polemica e si è comportata da autentica forza di governo (incrociando le dita per le prossime elezioni); hanno fatto eccezione alcuni partitucoli barricadieri dell’ultra sinistra che – dispiace doverlo dire – si sono mostrati ancora una volta fuori della realtà (dispiace in particolare per i “verdi” che dovrebbero avere una tradizione ambientalista da rivendicare e invece di tutto si occupano meno che di questo).
La gioia per la felice conclusione della vicenda non può essere offuscata neppure dalla consapevolezza che per liberare le due ragazze sono stati tirati fuori diversi quattrini (le voci variano tra uno e cinque milioni di dollari): potremmo dire “per fortuna!” che si è potuto pagare, perché evidentemente l’obiettivo dei rapitori era il denaro; quando si incappa in altri gruppi che hanno come target lo sconvolgimento dell’opinione pubblica attraverso il terrore e le immagini raccapriccianti, allora le cose cambiano e tutto diventa più difficoltoso perché in questo caso gli ostaggi gli vanno strappati con la violenza, attraverso un blitz o comunque un colpo di mano che comporta sempre del pericolo.
Certo che proprio ieri nel TG5 delle 13.00 – prima quindi della liberazione delle ragazze - proprio Toni Capuozzo citava il caso dei 12 ostaggi nepalesi tutti barbaramente trucidati, sgozzati e decapitati, senza che nessuna nazione si sia adoperata per la loro liberazione, senza quasi nessuno che se ne ricorda: sono morti senza troppa pubblicità e quindi non hanno fatto un buon servizio neppure agli intendimenti dei rapitori. Solo le 12 famiglia si ricordano dei loro cari e continuano a pregarli, solo le 12 spose (se ce le hanno) ricordano i mariti, solo i 24 genitori continuano a piangerli. È evidente che ci sono ostaggi di serie A e di serie Z: i poveri nepalesi appartenevano a quest’ultimo campionato.
C’è da aggiungere che sembra imminente anche la liberazione dei due giornalisti francesi: ricorderete che tempo addietro venne fuori la notizia (una bufala) che i due cronisti erano stati liberati ma avevano chiesto di restare per narrare all’intero pianeta delle erooiche gesta degli oppositori anti americani; ora sembra che le varie contropartite di natura politica siano state assolte dai francesi e quindi nient’altro si dovrebbe frapporre alla liberazione dei due giornalisti.
Da notare che la Francia è considerata dagli islamici di Bin Laden e di Al Zarqawi una nemica da abbattere, ma nel caso della pratica Irak non possono dimenticare che si è schierata contro l’America, diventando così una preziosa alleata del terrorismo: così si cambiano le carte in tavola, dal momento che si cambia partita!
Per concludere con le nostre Simone, auguriamoci che i mass-media le lascino un po’ in pace e non le tampinino per intervistarle: lasciatele ridiventare due ragazze come le altre.
29/9/2004
martedì, settembre 28, 2004
Petrolio sempre più su
Al momento in cui scrivo sembra che si vada verso lo sfondamento dei 50 dollari a barile per il Brent su Londra e vicino ai 50 per la piazza di New York; è ovvio che questi aumenti provocheranno balzi in avanti di tutte le merci, anche di quelle che con il petrolio non c’incastrano proprio niente, ma che lo usano come scusante.
Esaminiamo anzitutto le cause: una sembra la guerra civile che si sta svolgendo in Nigeria, con i guerriglieri che hanno intimati all’AGIP e alla SHELL di abbandonare il paese entro la fine del mese, altrimenti ci saranno ritorsioni verso uomini e materiali. Entrambe le compagnie hanno comunicato che tutto continuerà come prima e che non si faranno certamente intimidire, e quindi questa prima “causa” cade da sola.
Altro elemento di tensione per il prezzo dei prodotti petroliferi è rappresentato dal “quasi-blocco” delle attività della Yukos, il colosso russo dell’estrazione e commercializzazione del greggio (non di eccelsa qualità ma a prezzo concorrenziale). Questa compagnia, entrata in rotta di collisione con il potere russo (Putin e compagnia bella) era fino a poco tempo fa l’abituale fornitrice della Cina e quindi attualmente il paese asiatico è sul mercato come tutti gli altri e contribuisce a far lievitare il prezzo attraverso l’aumento della richiesta (e che aumento…!).
A questo punto merita un breve approfondimento la situazione della Cina (e dell’India); con un tasso di incremento dell’economia che sfiora il 10% annuo, è ovvio che si tende a rastrellare materie prime (praticamente il ferro è quasi spartito dal mercato) e, in particolare il petrolio, vero motore di qualsiasi economia che vuole svilupparsi.
È naturale che gli interventi sul mercato ordinario di questi paesi emergenti (Cina, India, ma anche Giappone) ha come conseguenza il lievitare dei prezzi del greggio; alcuni paesi aderenti all’OPEG (associazione che comprende i produttori di petrolio) hanno proposto di aumentare l’estrazione di 1.500.000 di barili al giorno a costo costante almeno fino alla fine dell’anno (immaginarsi il guadagno mostruoso di questi paesi).
I vari problemi dell’area del medio oriente /Irak, Arabia Saudita, Kuwait) contribuisce poi a rendere la situazione del mercato petrolifero come la più incandescente da vari anno a questa parte; si potrebbero fare alcune considerazioni in materia: che la Cina e l’India fossero sul punto di fare decollare la loro economia, qualunque persona un po’ del mestiere lo prevedeva già dieci anni fa e, da quella data sono cominciate le anticipazioni su dati macroeconomici che portavano ai risultati attuali.
Non poteva essere prevista (e non lo è stata) la lotta di potere Yukos/Putin, anche se alcune avvisaglie si erano avute; per il medio oriente poi, bastava chiedere a… Bush e si sarebbe avuto un completo calendario, magari da rivedere quel tanto che si è visto non corrispondere alle aspettative.
La mia conclusione è molto semplice: una materia prima come il petrolio che è stata fatta assurgere al livello di indispensabile elemento di qualunque economia, avrebbe forse necessità di essere “programmata” e forse “guidata” da un consesso mondiale del genere dell’O.N.U. e sulla base degli andamenti prendere decisioni che siano di una qualche utilità (dolorose decisioni per qualcuno, utili per la maggioranza); in pratica una sorta di “unità di crisi” riunita in permanenza che disponga di fondi e di uomini per gli interventi che vengono decisi.
Esaminiamo anzitutto le cause: una sembra la guerra civile che si sta svolgendo in Nigeria, con i guerriglieri che hanno intimati all’AGIP e alla SHELL di abbandonare il paese entro la fine del mese, altrimenti ci saranno ritorsioni verso uomini e materiali. Entrambe le compagnie hanno comunicato che tutto continuerà come prima e che non si faranno certamente intimidire, e quindi questa prima “causa” cade da sola.
Altro elemento di tensione per il prezzo dei prodotti petroliferi è rappresentato dal “quasi-blocco” delle attività della Yukos, il colosso russo dell’estrazione e commercializzazione del greggio (non di eccelsa qualità ma a prezzo concorrenziale). Questa compagnia, entrata in rotta di collisione con il potere russo (Putin e compagnia bella) era fino a poco tempo fa l’abituale fornitrice della Cina e quindi attualmente il paese asiatico è sul mercato come tutti gli altri e contribuisce a far lievitare il prezzo attraverso l’aumento della richiesta (e che aumento…!).
A questo punto merita un breve approfondimento la situazione della Cina (e dell’India); con un tasso di incremento dell’economia che sfiora il 10% annuo, è ovvio che si tende a rastrellare materie prime (praticamente il ferro è quasi spartito dal mercato) e, in particolare il petrolio, vero motore di qualsiasi economia che vuole svilupparsi.
È naturale che gli interventi sul mercato ordinario di questi paesi emergenti (Cina, India, ma anche Giappone) ha come conseguenza il lievitare dei prezzi del greggio; alcuni paesi aderenti all’OPEG (associazione che comprende i produttori di petrolio) hanno proposto di aumentare l’estrazione di 1.500.000 di barili al giorno a costo costante almeno fino alla fine dell’anno (immaginarsi il guadagno mostruoso di questi paesi).
I vari problemi dell’area del medio oriente /Irak, Arabia Saudita, Kuwait) contribuisce poi a rendere la situazione del mercato petrolifero come la più incandescente da vari anno a questa parte; si potrebbero fare alcune considerazioni in materia: che la Cina e l’India fossero sul punto di fare decollare la loro economia, qualunque persona un po’ del mestiere lo prevedeva già dieci anni fa e, da quella data sono cominciate le anticipazioni su dati macroeconomici che portavano ai risultati attuali.
Non poteva essere prevista (e non lo è stata) la lotta di potere Yukos/Putin, anche se alcune avvisaglie si erano avute; per il medio oriente poi, bastava chiedere a… Bush e si sarebbe avuto un completo calendario, magari da rivedere quel tanto che si è visto non corrispondere alle aspettative.
La mia conclusione è molto semplice: una materia prima come il petrolio che è stata fatta assurgere al livello di indispensabile elemento di qualunque economia, avrebbe forse necessità di essere “programmata” e forse “guidata” da un consesso mondiale del genere dell’O.N.U. e sulla base degli andamenti prendere decisioni che siano di una qualche utilità (dolorose decisioni per qualcuno, utili per la maggioranza); in pratica una sorta di “unità di crisi” riunita in permanenza che disponga di fondi e di uomini per gli interventi che vengono decisi.
domenica, settembre 26, 2004
Ed ora: pubblicità!
Dopo avere scritto per un certo periodo di tempo (abbastanza lungo) soltanto di cose serie, o meglio seriose, è ora che mi rituffi in quello che poi sarebbe il mio mestiere principale: analisi degli spot pubblicitari.
E in questo post ne voglio esaminare tre, cominciando da quello che attualmente ha senz’altro la palma del più sontuoso realizzato in questi ultimi tempi: mi riferisco a quello della TELECOM e che ha Gandhi come protagonista e testimonial involontario del messaggio pubblicitario.
La struttura narrativa del commercial, prendendo lo spunto da alcune immagini in bianco e nero che riprendono Gandhi mentre rientra in casa e durante un suo discorso, ipotizza – in forma fantascientifica – che gli attuali mezzi di comunicazione (televisione, radio, computer ed altri) siano già presenti in quel tempo (circa il 1920) e rimandino a tutto il mondo le parole del grande pacifista, domandandosi che mondo sarebbe se tutto questo fosse realmente avvenuto.
L’head-line dello spot si fonda proprio su questa domanda angosciante: un pacifista che riesce a parlare a tutto il mondo per effetto dei mezzi di comunicazione di massa, che sconvolgimento potrebbe creare; vengono visto le persone e le comunità le più varie e le più disparate che ascoltano con grande interesse le parole del Mahatma, come a significare che il problema della comprensione starebbe soltanto nella possibilità di diffusione del messaggio; possibilità che adesso c’è, grazie a Telecom.
Il secondo spot che mi è piaciuto ed il cui significato vorrei trattare brevemente è quello dell’ENEL, in cui si vedono fare cose strane, tipo realizzare dei fori sulla spiaggia e infilarci una spina, appoggiare per terra una manopola e, girandola, accendere il fuoco di un fornello.
Lo slogan è semplice ma al tempo stesso complesso: se fosse così facile procurarsi energia noi non avremmo motivo di esistere, lasciando così intendere che facile non è, anzi; e proprio quelle soluzioni che rasentano l’assurdo confermano ciò.
La chiave sta quindi nella difficoltà insita nel procurarsi l’energia occorrente a far girare la vita e l’economia del mondo e senza la quale non esiste progresso: guardate – sembra dire lo spot – che non è affatto facile, anzi, è difficilissimo e soltanto aziende della nostra levatura possono farvi fronte; e sono proprio le strutture simili che fanno il bene autentico dell’umanità, ponendola in condizione di progredire.
Mi si chiederà: ma l’Enel non è leader del commercio di energia elettrica? E allora che bisogno ha di farsi pubblicità? È uno spot realizzato per il prossimo ingresso dell’azienda nel mercato del gas da città, altra fonte energetica di grande interesse. È come dire: prepararsi in tempo!
Il terzo commercial – più leggero, dopo i due seriosi che ho sopra presentato – è quello realizzato da WIND/INFOSTRADA per la telefonia, sia fissa che mobile, il cui testimonial è Fiorello: qui siamo in presenza di una serie di “nonsense” resi comprensibili dalla verve e dalla piacevolezza del personaggio, ma che in bocca ad un altro sarebbero delle assurdità.
I protagonisti sono i lampioni e le fontane, con le loro storie d’amore che Fiorello cerca di indirizzare verso una certa logica – sia pure all’interno di una assurdità di fondo – che si svolge attraverso la simpatia e il fascino dello show-man. Ben fatti, ben realizzati, ma una spanna inferiori sia come contenuto che come struttura narrativa.
E in questo post ne voglio esaminare tre, cominciando da quello che attualmente ha senz’altro la palma del più sontuoso realizzato in questi ultimi tempi: mi riferisco a quello della TELECOM e che ha Gandhi come protagonista e testimonial involontario del messaggio pubblicitario.
La struttura narrativa del commercial, prendendo lo spunto da alcune immagini in bianco e nero che riprendono Gandhi mentre rientra in casa e durante un suo discorso, ipotizza – in forma fantascientifica – che gli attuali mezzi di comunicazione (televisione, radio, computer ed altri) siano già presenti in quel tempo (circa il 1920) e rimandino a tutto il mondo le parole del grande pacifista, domandandosi che mondo sarebbe se tutto questo fosse realmente avvenuto.
L’head-line dello spot si fonda proprio su questa domanda angosciante: un pacifista che riesce a parlare a tutto il mondo per effetto dei mezzi di comunicazione di massa, che sconvolgimento potrebbe creare; vengono visto le persone e le comunità le più varie e le più disparate che ascoltano con grande interesse le parole del Mahatma, come a significare che il problema della comprensione starebbe soltanto nella possibilità di diffusione del messaggio; possibilità che adesso c’è, grazie a Telecom.
Il secondo spot che mi è piaciuto ed il cui significato vorrei trattare brevemente è quello dell’ENEL, in cui si vedono fare cose strane, tipo realizzare dei fori sulla spiaggia e infilarci una spina, appoggiare per terra una manopola e, girandola, accendere il fuoco di un fornello.
Lo slogan è semplice ma al tempo stesso complesso: se fosse così facile procurarsi energia noi non avremmo motivo di esistere, lasciando così intendere che facile non è, anzi; e proprio quelle soluzioni che rasentano l’assurdo confermano ciò.
La chiave sta quindi nella difficoltà insita nel procurarsi l’energia occorrente a far girare la vita e l’economia del mondo e senza la quale non esiste progresso: guardate – sembra dire lo spot – che non è affatto facile, anzi, è difficilissimo e soltanto aziende della nostra levatura possono farvi fronte; e sono proprio le strutture simili che fanno il bene autentico dell’umanità, ponendola in condizione di progredire.
Mi si chiederà: ma l’Enel non è leader del commercio di energia elettrica? E allora che bisogno ha di farsi pubblicità? È uno spot realizzato per il prossimo ingresso dell’azienda nel mercato del gas da città, altra fonte energetica di grande interesse. È come dire: prepararsi in tempo!
Il terzo commercial – più leggero, dopo i due seriosi che ho sopra presentato – è quello realizzato da WIND/INFOSTRADA per la telefonia, sia fissa che mobile, il cui testimonial è Fiorello: qui siamo in presenza di una serie di “nonsense” resi comprensibili dalla verve e dalla piacevolezza del personaggio, ma che in bocca ad un altro sarebbero delle assurdità.
I protagonisti sono i lampioni e le fontane, con le loro storie d’amore che Fiorello cerca di indirizzare verso una certa logica – sia pure all’interno di una assurdità di fondo – che si svolge attraverso la simpatia e il fascino dello show-man. Ben fatti, ben realizzati, ma una spanna inferiori sia come contenuto che come struttura narrativa.