<$BlogRSDUrl$>

venerdì, aprile 07, 2006

UNO CHE HA GIA' PERSO 

Mancano un paio di giorni appena abbondanti per sapere chi ha vinto e chi ha perso tra i nostri due gallinacci (speriamo che non ci sia il pareggio, sarebbe una iattura); l’evento dovrebbe avvenire nel pomeriggio di lunedì prossimo, quando gli exit pool sforneranno i primi risultati; come non mi ha interessato fino ad ora questa campagna elettorale, così non saranno certo gli ultimi giorni che mi smuoveranno la libido.
Un perdente però ce lo abbiamo già prima di andare a scrutinare le schede elettorali: mi riferisco al Presidente dell’Inter Massimo Moratti che è incappato nell’ennesima bruciante sconfitta che gli è costata l’eliminazione dalla Champion League e – dopo la sicura perdita del Campionato per lo scudetto – una ulteriore palata di fango addosso a lui ed ai tifosi interisti.
Che cosa è successo? E’ successo che una squadretta di una cittadina spagnola di 40.000 abitanti ha perso di misura a San Siro (2-1) ed ha vinto sul proprio campo per 1 a zero, senza incassare gol e quindi – per la regola che in caso di parità complessiva nelle due partite, i gol segnati in trasferta valgono doppio – ha eliminato la blasonata squadra milanese, piena zeppa di campioni (o comunque pagati per tali) e di nazionali di mezzo mondo (escluso l’Italia).
E per noi interisti (lo so che è una malattia, come la pertosse o, peggio, la demenza senile) è stata l’ennesima sconfitta e l’ennesima volta nella quale il Milan, l’odiato Milan, si qualifica per le semifinali e noi fuori.
Dopo la gara si sono aperti i rubinetti delle dichiarazioni di addetti ai lavori, di giornalisti o comunque di personale che ruota attorno alla squadra: la prima cosa che è trapelata è che
Moratti assolve l’allenatore (Mancini) e qui si entra in una sorta di psicodramma che viene interpretato dai due; Mancini mi sembra che abbia dimostrato a sufficienza di non essere un grande allenatore, uno di quelli come ci vorrebbe all’Inter, infatti fin dal suo esordio nella Fiorentina ebbe a palesare tutte le sue lacune tecniche e psicologiche.
Guadagna però come uno che vince tutti gli anni il Campionato e questo grazie anche a una buona stampa che l’allenatore ha avuto da sempre, forse per i trascorsi da giocatore o per qualche cosa d’altro; certo che questa è l’ennesima volta che il suo Presidente lo assolve da ogni colpa e non c’è un giornale – sportivo o non – che si scagli contro questa decisione.
Se non è colpa di Mancini allora chi è il responsabile di questa nuova sconfitta? Rimangono i giocatori ed è verso loro che si punta il dito accusatore, in particolare verso Adriano e Recoba che – sempre secondo le voci – sarebbero sul punto di essere trasferiti ad altra squadra “per punizione”, dopo essere stati per tanto tempo l’occhio destro e sinistro di Moratti.
Ma allora non si è capito ancora come gira il mondo del pallone; i giocatori, per la durata del contratto che hanno con la squadra di appartenenza, si possono considerare degli intoccabili, in quanto per un loro eventuale trasferimento, occorre il loro nulla osta e questo viene concesso solo se la nuova destinazione è di gradimento dell’interessato e se le proposte economiche della nuova squadra sono altrettanto interessanti.
Parlare poi di trasferire quei due giocatori che hanno contratti per cifre altissime, è veramente una follia, o meglio un modo sicuro di rimetterci un sacco di miliardi (di lire ovviamente), come Moratti è abituato a fare da anni.
Per quanto riguarda i soldi, contento lui! Per quanto riguarda invece i risultati il discorso cambia e i tifosi hanno una gran voglia di alzare la voce nei confronti di tutti, Presidente, Allenatore e giocatori..

mercoledì, aprile 05, 2006

ANCORA TUMULTI IN FRANCIA 

La manifestazione di protesta contro l’entrata in vigore della legge che regola il Cpe (Contratto di primo impiego) ha avuto un grande successo: in varie città della Francia oltre tre milioni di studenti e operai sono scesi in piazza per mostrare i muscoli al governo ed alla Presidenza della Repubblica: “siamo più forti di voi; non ci sconfiggerete mai”; sembrano slogan rivoluzionari e invece nascono da manifestazioni che non hanno dato adito a problemi di sorta.
I problemi ci sono stati, ma di tutt’altro ordine e di tutt’altra origine, problemi che hanno portato a duecento arresti e a venti feriti, quasi tutti in modo lieve; stavamo parlando dei problemi che sono sorti a latere della manifestazione, ebbene questi sono stati causati dai celebri “casseurs”, giovani abitanti delle periferie parigine che hanno compiuto tutta una serie di atti di violenza indiscriminata, cioè ai danni sia della Polizia che dei dimostranti; il loro obiettivo – ormai è noto – è la violenza per la violenza e soprattutto l’attacco alle forze dell’ordine: anche questo è un problema, che per il momento non sembra affatto avviato a soluzione.
Ma torniamo alla manifestazione contro la legge per il Cpe: dopo questa prova di forza, il governo presieduto da de Villepin sta cercando in qualche modo di correre ai ripari, puntando su modifiche marginali alla normativa, mentre il sindacato e gli studenti puntano decisamente sul ritiro completo della legge e, solo dopo questo atto, su trattative per la riscrittura di una normativa che regolamenti il mercato del lavoro; certo che da queste manifestazioni viene fuori una totale idiosincrasia dei francesi al concetto di precariato (come dar loro torto!!), concetto che peraltro tutti gli economisti a libro paga del governo, indicano come indispensabile se non si vuole restare isolati in Europa.
A questa affermazione – che peraltro fa il paio con quanto si dice in Italia – sarebbe facile rispondere in modo tale da smontare subito il concetto: se questa forma di precariato deriva dalla globalizzazione e dall’ingresso di mano d’opera a basso prezzo, si potrebbe cominciare a superare queste problematiche che non sono state certamente volute dagli operai e dagli studenti (cioè dai futuri operai); si potrebbe anche aggiungere che nessuno ha chiesto a queste categorie cosa ne pensavano sul fatto della globalizzazione e dell’apertura, controllata più o meno, delle frontiere a mano d’opera a basso prezzo.
Uno dei principi fondanti dell’economia di mercato, postula che l’imprenditore cerca la mano d’opera dove essa è a più basso costo, ivi istallando la fabbrica, eventualmente con una parte di maestranze del paese originario.
Così si è fatto con le situazioni romene e bulgare, dove si sono aperti complessi industriali ad alta densità (Timisoara è un esempio classico): la mano d’opera locale costa circa un decimo di quella italiana e questo è l’indubbio appeal che ha tale situazione nei confronti dell’imprenditore.
Con le “quote” di immigrazione controllata, più o meno decise direttamente dalle Associazioni degli Industriali si è quadrato il cerchio: per quelle strutture più difficilmente “esportabili”, gli portiamo la stessa mano d’opera a buon mercato fino sulla porta della fabbrica.
Io la chiamo “schiavitù”, accostando queste situazioni a quelle che si sono viste nel ‘700 in America con la tratta degli schiavi per la raccolta del cotone; ma io sbaglio, sicuramente, perché invece l’industriale che abbassa continuamente i costi, senza abbassare il prezzo del prodotto è certamente più intelligente di me.
Se ci riflettiamo un momento, è l’uovo di Colombo: abbassare i costi e mantenere gli stessi prezzi a valore costante; il guadagno aumenta in modo esponenziale!!

martedì, aprile 04, 2006

CHE ARGOMENTI CI RIMANE ?? 

Dopo avere scelto, in tempi non sospetti, di non occuparmi dei due gallinacci (o capponi che dir si voglia) che si stanno battendo per poter avere l’autorizzazione a banchettare sulla nostra tavola; dopo avere scelto di lasciare in pace la famiglia Onofri che sta piangendo – e quanto ancora durerà – la morte del loro piccolo Tommaso (un solo commento per la giornalista che “importunava” la signora Onofri e non se ne rendeva conto: cacciatela dall’Albo!); insomma, non sono molti gli argomenti che restano, ma la nostra fervida fantasia ci soccorrerà.
Ed è così che scelgo di trattare un argomento che nella giornata odierna diventa anche di attualità – le agitazioni in Francia per combattere il famoso C.P.E. (Contratto di Primo Impiego) – in quanto proprio oggi è stato indetto l’ennesimo sciopero generale che, nelle intenzioni dei sindacati, dovrebbe tornare a paralizzare la Francia.
“Martedì nero” è stata battezzata la manifestazione di protesta e si annuncia come una delle più violente mai messe in campo dall’inedita accoppiata studenti/operai; in questa occasione, oltre a “pretendere” il ritiro della legge sul C.P.E., verranno richieste anche sostanziose modifiche al C.N.E (normativa identica ma riservata a imprese con meno di 20 dipendenti).
Tutto questo va in scena dopo il ridicolo discorso di Chirac che nel suo intervento di venerdì scorso ha dovuto ammettere che “era costretto” in un certo senso, a promulgare la legge sul C.P.E., ma che avrebbe chiesto al governo di apportare alcune significative modifiche: ciò per evitare che, nel caso di rinvio della legge alla Camera, il governo si dimettesse creando così una situazione di crisi difficilmente controllabile e dalla quale avrebbe tratto vantaggio soprattutto Sarkozy, attualmente in testa ai sondaggi per la prossima campagna elettorale sull’Eliseo.
Ma perché il Primo Ministro de Villepin si ostina così tanto a difendere questa normativa che porta il “precariato” a punte elevatissime, mettendo praticamente in mano al padrone qualunque giovane al disotto dei 26 anni?
Questa ostinazione – lungi dal rappresentare una impuntatura ideologica – mi sembra invece una sorta di “pagamento dovuto” ai cosiddetti poteri forti che, sempre più alla caccia esclusiva del profitto, stanno pretendendo dal potere politico di avere carta bianca per quanto attiene ai rapporti con i dipendenti.
E tutto questo non si discosta molto dalle sceneggiate di finta politica che sono andate in onda dal palco della Confindustria ed hanno visto come protagonista Montezemolo e, sullo sfondo i due suddetti “gallinacci”, Berlusconi e Prodi: a entrambi il Presidente di Confindustria, a nome anche dell’altro “potere”, quello bancario, deve avere presentato una specie di “patto di legislatura” e li ha invitati entrambi a firmarlo; non mi chiedete se le ha firmato uno solo (chi ?) o tutti e due, perché quello che è avvenuto è sotto gli occhi di tutti.
Ma torniamo ai cugini francesi: sempre in previsione della manifestazione di oggi, il movimento studentesco ha ribadito che “non ci sarà dialogo fino a quando il Cpe non sarà stato soppresso”; a questo diktat si è prontamente allineato il sindacato, saldando così in modo indissolubile le due forze francesi.
Per il momento hanno ottenuto di conquistare, almeno sotto il profilo formale, Sarkozy alla loro causa: ha definito il Ministro dell’istruzione che aveva manifestato l’intenzione di usare la forza “un irresponsabile”; se poi l’alleanza sarà solo strumentale in vista della presa del potere, non ci sarebbe da meravigliarsi: ogni politico si comporta così, al solo scopo di acquisire posizioni di forza, poi – quando le ha conquistate – comincia a...; ma questo è un altro discorso.

lunedì, aprile 03, 2006

L'ASSASSINO E LA GENTE 

Avevo detto nel mio post di ieri che sarebbe opportuno tacere sulla tragica vicenda di Tommaso e dei suoi assassini, ma debbo fare una piccola aggiunta a quanto già detto, in particolare al rapporto tra la giustizia e la gente.
Se la magistratura desidera conoscere le motivazioni per le quali la gente, quella gente che paga gli stipendi dei giudici e dei procuratori e quella gente in nome della quale si amministra la giustizia, basta che faccia una piccola riflessione su quello che segue.
Il signor Mario Alessi, reo confesso della morte del bambino, la bestia immonda che ha bazzicato per casa diversi giorni e che durante il mese del sequestro si è scagliato più volte contro i rapitori, aveva già avuto a che fare con la giustizia; egli proviene da un paese nei pressi di Agrigento, dove abitava con moglie e due figli; sei anni fa, insieme ad un amico/complice, aggredisce una coppietta appartata in macchina all’interno di un boschetto e, dopo avere legato il ragazzo ad un albero – forse perché vedesse bene il seguito della scena – ha selvaggiamente e ripetutamente violentato la ragazza di soli sedici anni.
Catturato e processato viene condannato a sei anni, confermati in appello e, in attesa della sentenza della Cassazione non ha fatto neppure un giorno di galera; lasciato il paese, la moglie e i figli si è spostato al nord dove ha messo in piedi una nuova famiglia ed ha avuto altri figli: tutto questo con la spada di Damocle sulla testa della conferma da parte della Cassazione dell’originaria sentenza che lo avrebbe condotto in galera.
Adesso arriviamo al perché la gente chiede la pena di morte per Alessi: visto che la magistratura non è riuscita neppure a fargli pagare un delitto anch’esso atroce (lo stupro di una sedicenne), chi ci dice che riuscirà a sbatterlo adesso in prigione ed a gettare la chiave della cella?
Sono dubbi leciti, amici cari, sono dubbi che attanagliano la gente per bene che da ieri non riesce più a vivere come prima (gli passerà, certo, ma per ora è così) e sono dubbi che vanno a sfociare in una conclusione che ha una sua logica: se gli comminiamo la pena di morte, non rischiamo di ritrovarcelo davanti tra qualche anno!! Ma i Magistrati (uso il maiuscolo di proposito) hanno visto la gente scagliarsi contro l’auto che portava via Alessi e gridare alla Polizia “datecelo a noi” ?? Mi auguro che le guardino!!
Sono molto amareggiato nello scrivere queste righe, sono anche disgustato di tutta la situazione, ma – a parte la supponenza e la superiorità intellettuale, vera o presunta – non so proprio cosa opporre a queste persone che stanno sfogando nient’altro che una sorta di bisogno di vera, primordiale, ma sacrosanta giustizia, alla quale non siamo più abituati.
Ed un’altra cosa che non mi è piaciuta – l’ho già detto ieri ma mi piace ribadirlo – è stato il fatto che il padre di Tommaso (e quindi anche la madre, povera donna) ha appreso degli ultimi sviluppi delle indagini e della uccisione del bambino soltanto attraverso gli schermi televisivi, nessuna autorità che si sia scomodata per avvertirli.
Ora mi chiedo, come hanno fatto ad avere le notizie i vari giornalisti che assediavano la Procura ? Evidentemente hanno avuto qualche soffiata da parte del personale all’interno e se è vero questo – come è vero – perché questo stesso “personale” non ha sentito il dovere di avvertire i familiari del bambino prima della stampa? Ed anche i giornalisti avrebbero potuto avere la mano più leggera e farsi parte diligente in modo tale che il povero padre ricevesse la ferale notizia in modo più “umano”; oppure no??
Così non è stato ma siate sicuri che appena Paolo Onori (il padre) metterà il capo fuori dalla casa troverà una turba di giornalisti a fargli le solite stupide domande; ma è giusto tutto questo, mi chiedo e vi chiedo??

domenica, aprile 02, 2006

L'UOMO E LA BESTIA 

Proprio ieri, nel mio consueto post, avevo ricercato – e in parte trovato – degli aneliti di spiritualità che mi avevano indotto ad alcune affermazioni sostanzialmente positive; poi la sera, il tuffo nell’oscuro mare della brutalità: il piccolo Tommaso è stato ucciso, colui che ha commesso l’orribile delitto ha confessato; si sta cercando il corpicino.
Sono subito uscito di casa perché mi interessavano i commenti della gente e così sono stato fuori fino a tardi, ad ascoltare i più trucidi modi nei quali la gente avrebbe desiderato sistemare la bestia che aveva commesso questo gesto assolutamente inumano (nel frattempo le bestie, quelle veramente bestie mi hanno querelato perché non desiderano essere accostate agli uomini).
Nella tarda nottata, ma i dettagli sono di stamani, sono arrivati alcuni particolari ancora più agghiaccianti: il bambino è stato ucciso “perché piangeva forte”, motivazione che a detta di chi l’ha pronunciata, sarebbe servita da “attenuante” alle badilate in testa che sono state rivolte al piccolo Tommaso.
Stamani le donne e gli uomini che ho avuto modo di incontrare – certo non è un universo statisticamente valido, ma insomma… - si stavano ancora esercitando su quale tipo di pena doveva essere riservata all’assassino e si andava dallo scorticamento da vivo, fino al linciaggio nudo e crudo (“dovrebbero darlo in pasto alla gente!!”).
Vorrei limitarmi a due considerazioni: la prima si riferisce al padre del piccolo Tommaso e a tutti quegli imbecilli – autorevoli, ma sempre imbecilli – che in piena indagine delle Forze dell’Ordine, continuavano a mettere fuori delle paroline maliziose facendo intendere alla gente che il disgraziato genitore c’entrava qualcosa nella vicenda: mi riferisco, senza fare nomi, al conduttore della “Vita in diretta”, tale Michele Cocuzza e ai suoi collaboratori ed ospiti, anche “di spessore”, come criminologi da Bar dello Sport e opinionisti della valenza di Maria Teresa Ruta (dalle mie parti si dice: “hai detto un prospero!”); mi riferisco anche ad alcune “firme” di prestigiosi quotidiani che si esercitavano in questo torbido accostamenti; tutti questi signori e signore, abbracciati in un coro di stupidità e di supponenza, sono invitati a mandare un segnale di scuse al disgraziato genitore che non riesco neppure ad immaginare in quale stato si trovi?
L’ultimo schiaffo l’ha ricevuto ieri sera quando ha appreso dalla televisione – senza cioè che uno straccio di autorità si fosse presa la briga di informarlo preventivamente – della barbara morte del figlio ed ha reagito gridando, fuori dalla propria abitazione, un drammatico “No!!” lanciato verso il bosco, verso la natura, come ad invocare qualcosa da loro, qualcosa che gli uomini non gli hanno dato: un po’ di pietà; della madre nessuna notizia, probabilmente è ancora viva ma solo anagraficamente perché “dentro” non deve esserle rimasto niente di vivo.
La seconda considerazione è sul rapporto che questa amara, tristissima vicenda può avere con la spiritualità del post di ieri: sono due facce della stessa medaglia, due risvolti dello stesso personaggio, l’uomo, che ha dentro di se le caratteristiche di entrambe le posizioni: la spiritualità che utilizza nei momenti di pace e di raccoglimento e la bestialità, la brutalità che emerge quando l’animale che è in noi prende il sopravvento e sconfigge ogni altra forma del pensiero, compresa la razionalità.
Adesso sarebbe bene non parlare più di questa storiaccia: lasciare i genitori alla ricerca di una strada per risalire in sella alla vita e gli autori dell’efferato, barbaro delitto nelle mani della giustizia che, sono certo, troverà qualche elemento a favore loro e quindi non li condannerà alla galera a vita come sarebbe giusto e, direi, ovvio.

This page is powered by Blogger. Isn't yours?