venerdì, dicembre 04, 2009
ANDARSENE DALL'ITALIA ?
Nei giorni scorsi due “personaggi” del generone italiano (il termine “generone” significa, secondo il Devoto-Oli, “la nuova borghesia romana, in gara per sostituire l’aristocrazia”), hanno fatto delle dichiarazioni, a dir poco, sorprendenti: ha cominciato la presidente dei giovani industriali, Federica Guidi, figlia di un grosso personaggio della Confindustria, la quale ha detto che – dall’alto della sua lungimiranza – vede per i giovani italiani un futuro di lavoro solo se saranno disposti a vivere cinque anni in India, cinque anni in Cina, cinque anni in Brasile e via di questo passo; non dice, per la verità, il motivo di questo peregrinare, ma possiamo indovinarlo: andare dietro alle piazze dove la globalizzazione detta legge in quel certo momento.
Nell’intento della signora o signorina Guidi, c’era forse l’idea di impaurire i giovani prospettando loro un futuro “senza radici”, ma non credo che ci sia riuscita: magari fosse vero che il futuro ci permetterà di girare il mondo attraverso un lavoro ben retribuito; anche io che non sono più giovane ci metterei la firma; credo invece che si sia prospettato un futuro nel quale la de-localizzazione la farà da padrona e quindi i nostri giovani inseguiranno la loro azienda in giro per il Mondo; mi auguro di sbagliare, ovviamente, ma temo che le cose stiano proprio così.
L’altro personaggio che ha “esternato” è stato Pier Luigi Celli, attraverso una lettera a suo figlio”, nella quale invita il giovane ad andarsene, ma motivandogli questo invito con la presentazione di una Italia nella quale “i problemi per loro aumentano sempre di più: anzitutto non c’è rispetto per l’impegno, da noi vince la furbizia sulla correttezza, i raccomandati sui meritevoli, il vecchio sul nuovo”.
Ed allora, vediamo chi è questo signore che fa uno spaccato del nostro Paese così rispondente alla realtà, così vivido e pregnante che anche io potrei sottoscrivere: il Celli, negli ultimi tempi, è stato per tre anni Direttore Generale della Rai, lasciata la quale è passato alla direzione generale dell’Università LUISS, diventando anche membro del CdA del gigante del gioco “Lottomatica”, della municipalizzata “Hera” e di “Messaggerie Libri”.
Nella sua lettera-provocazione al figlio, non mi pare di rilevare alcun annuncio di dimissioni da qualche carica che al momento il “padre-preoccupato” riveste; ed allora come la mettiamo con l’appunto di cui sopra “da noi vince il vecchio sul nuovo”?
Caro Celli, intemerato gestore del potere, invece di invitare il figlio a lasciare l’Italia, sarebbe meglio che fossi tu a lasciare alcuni posti che occupi, favorendo così l’ingresso di talenti ed energie nuove; e poi, alcune eccellenze ci sono anche qui da noi e, in particolare, nell’Università che dirigi, ma forse frequenti poco (con tutti gli impegni che hai!!): centinaia di studenti danno vita al Bar-camp, conferenze di analisi auto-gestite, di livello sempre più alto che dimostrano come talvolta anche uno indaffarato come te dovrebbe trovare il tempo di affacciarsi nel cortile di casa e dare un po’ più di fiducia ai tanti giovani che si rimboccano le maniche per fare qualcosa di utile a loro stessi ma anche al Paese.
E per concludere, caro Celli, la prossima volta che ti scappa di esternare, usa uno strumento diverso da “La Repubblica”, giornale di proprietà di quel Carlo De Benedetti, che interpreta a modo suo il tuo appello, cioè prendendo il domicilio fiscale in Svizzera pur continuando a vivere e lavorare prevalentemente in Italia: questi non sono esempi da fornire ai giovani. Chiaro il concetto??
Nell’intento della signora o signorina Guidi, c’era forse l’idea di impaurire i giovani prospettando loro un futuro “senza radici”, ma non credo che ci sia riuscita: magari fosse vero che il futuro ci permetterà di girare il mondo attraverso un lavoro ben retribuito; anche io che non sono più giovane ci metterei la firma; credo invece che si sia prospettato un futuro nel quale la de-localizzazione la farà da padrona e quindi i nostri giovani inseguiranno la loro azienda in giro per il Mondo; mi auguro di sbagliare, ovviamente, ma temo che le cose stiano proprio così.
L’altro personaggio che ha “esternato” è stato Pier Luigi Celli, attraverso una lettera a suo figlio”, nella quale invita il giovane ad andarsene, ma motivandogli questo invito con la presentazione di una Italia nella quale “i problemi per loro aumentano sempre di più: anzitutto non c’è rispetto per l’impegno, da noi vince la furbizia sulla correttezza, i raccomandati sui meritevoli, il vecchio sul nuovo”.
Ed allora, vediamo chi è questo signore che fa uno spaccato del nostro Paese così rispondente alla realtà, così vivido e pregnante che anche io potrei sottoscrivere: il Celli, negli ultimi tempi, è stato per tre anni Direttore Generale della Rai, lasciata la quale è passato alla direzione generale dell’Università LUISS, diventando anche membro del CdA del gigante del gioco “Lottomatica”, della municipalizzata “Hera” e di “Messaggerie Libri”.
Nella sua lettera-provocazione al figlio, non mi pare di rilevare alcun annuncio di dimissioni da qualche carica che al momento il “padre-preoccupato” riveste; ed allora come la mettiamo con l’appunto di cui sopra “da noi vince il vecchio sul nuovo”?
Caro Celli, intemerato gestore del potere, invece di invitare il figlio a lasciare l’Italia, sarebbe meglio che fossi tu a lasciare alcuni posti che occupi, favorendo così l’ingresso di talenti ed energie nuove; e poi, alcune eccellenze ci sono anche qui da noi e, in particolare, nell’Università che dirigi, ma forse frequenti poco (con tutti gli impegni che hai!!): centinaia di studenti danno vita al Bar-camp, conferenze di analisi auto-gestite, di livello sempre più alto che dimostrano come talvolta anche uno indaffarato come te dovrebbe trovare il tempo di affacciarsi nel cortile di casa e dare un po’ più di fiducia ai tanti giovani che si rimboccano le maniche per fare qualcosa di utile a loro stessi ma anche al Paese.
E per concludere, caro Celli, la prossima volta che ti scappa di esternare, usa uno strumento diverso da “La Repubblica”, giornale di proprietà di quel Carlo De Benedetti, che interpreta a modo suo il tuo appello, cioè prendendo il domicilio fiscale in Svizzera pur continuando a vivere e lavorare prevalentemente in Italia: questi non sono esempi da fornire ai giovani. Chiaro il concetto??
giovedì, dicembre 03, 2009
SESSO-POLITICA-GIORNALI
Sembra quasi che i nostri giornalisti non sappiano parlare d’altro che delle marachelle sessuali degli uomini di potere; e quando ci casca qualcuno di importante, non perdono tempo e cominciano a sguazzare nel torbido come se da questo dipendesse la vita della Repubblica, e senza chiedersi quale reato abbia commesso lo sporcaccione.
Si è cominciato con Berlusconi – sporcaccione di natura – del quale se ne sono descritti tutti i vizi, a cominciare dalle “escort” pagate profumatamente, fino alle ragazzine che si sarebbe portato a letto e per concludere con le belle donne con le quali sembra che si sia scambiato dei favori: tu sei “gentile” con me e io ti nomino ministro; detto tra noi non credo sia andata così, ma tutto è possibile.
Abbiamo poi avuto il filone Marrazzo che ha introdotto il problema “trans” (Brenda, Natalie ed altre); dal modo con cui i giornali hanno descritto la situazione sembrerebbe che una nutrita schiera di politici – equamente suddivisi nei vari schieramenti – siano frequentatori di questi “uomini/donne”; il bubbone è scoppiato quando un paio di persone (carabinieri?) hanno tentato un ricatto al Presidente delle Regione Lazio e da quel momento si è “straparlato” su questo particolare comparto del mercato del sesso.
Adesso c’è l’ultimo esempio di questi miasmi velenosi: è stato preannunciato un video porno in cui la Mussolini si “congiunge” con il destrorso Roberto Fiore in una stanza della sede di quest’ultimo; il tutto sarebbe stato ripreso dalle telecamere di servizio in funzione nell’appartamento: peccato che non risulta che in quelle stanze ci fossero telecamere e quindi è facile dedurre che si è trattato di una bufala; ma intanto le prime pagine dei quotidiani hanno sparato il titolo a caratteri cubitali.
In tutti questi casi abbiamo il combinato disposto del ”potere” unito al “sesso”, entrambe le cose messe in modo da sembrare peccaminose e illegali, ma se guardiamo bene, non ci sono reati e quindi la prima pagina dei giornali è usata soltanto per fare “gossip”, cioè per sputtanare il potente di turno; e su questo aspetto vorrei pormi questa domanda: ma è sempre stato così?
La risposta è molto semplice e netta: assolutamente no! Ed a questo scopo voglio ricordare a coloro che per età o per scarsa memoria lo hanno dimenticato, un paio di episodi accaduti in passato che non hanno dato luogo a nessun articolo di giornale.
Il primo avviene negli anni a cavallo tra il ’50 ed il ’60; il Presidente della Repubblica è Giovanni Gronchi, D.C., e grande “estimatore di belle donne”; ebbene, finché era rimasto a fare il deputato, era stato facile fare il dongiovanni, ma quando divenne inquilino del Quirinale, sorse il problema di trovare il modo con cui le varie “donne” potevano accedere alla presenza del Presidente: si trattava di dame dell’aristocrazia, ma anche di soubrette del varietà; insomma il nostro Giovannino sceglieva il meglio e tutte gli cadevano ai piedi; e così a continuato fino alla fin!!
Fu poi il caso, negli anni a cavallo tra l’80 e il ’90, dell’allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, il quale aveva varie relazioni, ma una donna, in particolare, era quella “ufficiale” ed aveva la sua camera adiacente a quella di Bettino all’Hotel Rafael dove il politico alloggiava durante la settimana.
Ebbene, in entrambi i casi – Gronchi e Craxi – tutti sapevano tutto, ma la stampa non ne parlava; perché? Forse perché la gente dell’epoca non lo avrebbe gradito, mentre adesso tutti noi ci inzuppiamo il pane; forse è così o forse il motivo è un altro, ma di sicuro vi posso confermare - io c’ero purtroppo - che tutti noi si sapeva, ma nessuno stampava niente; vi basti dire che la “donna di Craxi” la conoscevo anch’io!!
Si è cominciato con Berlusconi – sporcaccione di natura – del quale se ne sono descritti tutti i vizi, a cominciare dalle “escort” pagate profumatamente, fino alle ragazzine che si sarebbe portato a letto e per concludere con le belle donne con le quali sembra che si sia scambiato dei favori: tu sei “gentile” con me e io ti nomino ministro; detto tra noi non credo sia andata così, ma tutto è possibile.
Abbiamo poi avuto il filone Marrazzo che ha introdotto il problema “trans” (Brenda, Natalie ed altre); dal modo con cui i giornali hanno descritto la situazione sembrerebbe che una nutrita schiera di politici – equamente suddivisi nei vari schieramenti – siano frequentatori di questi “uomini/donne”; il bubbone è scoppiato quando un paio di persone (carabinieri?) hanno tentato un ricatto al Presidente delle Regione Lazio e da quel momento si è “straparlato” su questo particolare comparto del mercato del sesso.
Adesso c’è l’ultimo esempio di questi miasmi velenosi: è stato preannunciato un video porno in cui la Mussolini si “congiunge” con il destrorso Roberto Fiore in una stanza della sede di quest’ultimo; il tutto sarebbe stato ripreso dalle telecamere di servizio in funzione nell’appartamento: peccato che non risulta che in quelle stanze ci fossero telecamere e quindi è facile dedurre che si è trattato di una bufala; ma intanto le prime pagine dei quotidiani hanno sparato il titolo a caratteri cubitali.
In tutti questi casi abbiamo il combinato disposto del ”potere” unito al “sesso”, entrambe le cose messe in modo da sembrare peccaminose e illegali, ma se guardiamo bene, non ci sono reati e quindi la prima pagina dei giornali è usata soltanto per fare “gossip”, cioè per sputtanare il potente di turno; e su questo aspetto vorrei pormi questa domanda: ma è sempre stato così?
La risposta è molto semplice e netta: assolutamente no! Ed a questo scopo voglio ricordare a coloro che per età o per scarsa memoria lo hanno dimenticato, un paio di episodi accaduti in passato che non hanno dato luogo a nessun articolo di giornale.
Il primo avviene negli anni a cavallo tra il ’50 ed il ’60; il Presidente della Repubblica è Giovanni Gronchi, D.C., e grande “estimatore di belle donne”; ebbene, finché era rimasto a fare il deputato, era stato facile fare il dongiovanni, ma quando divenne inquilino del Quirinale, sorse il problema di trovare il modo con cui le varie “donne” potevano accedere alla presenza del Presidente: si trattava di dame dell’aristocrazia, ma anche di soubrette del varietà; insomma il nostro Giovannino sceglieva il meglio e tutte gli cadevano ai piedi; e così a continuato fino alla fin!!
Fu poi il caso, negli anni a cavallo tra l’80 e il ’90, dell’allora Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, il quale aveva varie relazioni, ma una donna, in particolare, era quella “ufficiale” ed aveva la sua camera adiacente a quella di Bettino all’Hotel Rafael dove il politico alloggiava durante la settimana.
Ebbene, in entrambi i casi – Gronchi e Craxi – tutti sapevano tutto, ma la stampa non ne parlava; perché? Forse perché la gente dell’epoca non lo avrebbe gradito, mentre adesso tutti noi ci inzuppiamo il pane; forse è così o forse il motivo è un altro, ma di sicuro vi posso confermare - io c’ero purtroppo - che tutti noi si sapeva, ma nessuno stampava niente; vi basti dire che la “donna di Craxi” la conoscevo anch’io!!
mercoledì, dicembre 02, 2009
LA SVIZZERA E I MINARETI
Chiariamo bene cosa sono i minareti: sono torri, aventi notevole sviluppo verticale, adiacenti alle moschee, dalle quali il muezzin ripete, in date ore del giorno, l’appello alla preghiera ai credenti musulmani; noi ne abbiamo tre: a Roma, Milano e Catania.
Andiamo avanti e vediamo cosa è successo in Svizzera: un referendum indetto senza grandi pretese di successo, si è invece rivelato un grosso boato politico: si è chiesto alla cittadinanza elvetica se voleva o no la costruzione di nuovi minareti nel loro territorio; la risposta è stata quasi plebiscitaria: su 26 cantoni nei quali è suddiviso il Paese (7.7 milioni di abitanti) solo quattro hanno bocciato l’iniziativa anti-minareti (Ginevra, Basilea città, Neuchatel e Vaud) mentre negli altri hanno trionfato coloro che non vogliono i minareti, anche con percentuali importanti (68% in Ticino e punte oltre il 70% ad Appen); la media è stata del 57% favorevole alla “non costruzione di nuovi minareti” e quindi tale voto modifica immediatamente la Costituzione svizzera, alla quale viene aggiunto un capoverso che recita: “L’edificazione di minareti è vietata”; una frase brevissima, ma il cui impatto appare ancora difficile da misurare.
In tutta Europa si sono sprecati i commenti sulla vicenda e da più parti la Svizzera è stata tacciata di xenofobia; in questo sport si è particolarmente distinta la U.E., la quale – pur non essendo la Svizzera membro dell’Unione – si è scagliata contro il risultato referendario, mostrandosi rammaricata e preoccupata dell’esito di tale consultazione.
Uno dei promotori dell’iniziativa, il parlamentare svizzero Oskar Freysinger, ha rilasciato la seguente dichiarazione che mi sembra chiarissima ed emblematica della situazione e degli obiettivi dei referendari: "Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani, che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio,con cui la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'Islam".
Insomma, il messaggio che i cittadini svizzeri lanciano ai musulmani è semplice: nessun veto alle vostre preghiere purché vengano svolte all’interno della moschea; divieto invece di svolgere attività di carattere politico da parte della comunità islamica.
Ovviamente questo concetto viene espresso solo dai promotori dell’iniziativa, mentre le strutture governative svizzere – colte di sorpresa dal risultato del voto – tendono a minimizzare gli effetti del referendum, affermando che “è soltanto un voto contro nuovi edifici”; a casa mia si chiama nascondersi dietro un dito, ma è chiaro che non avrebbero potuto dire niente di contrario a questo.
Intanto, l’iniziativa si sta espandendo a macchia d’olio e prende l’avvio dai Paesi Bassi, dove il leader della destra xenofoba ha annunciato che “chiederanno al governo di far sì che sia possibile un simile referendum in Olanda”.
E in casa nostra? Mentre il Vaticano ha paragonato il referendum sui minareti alla sentenza sul crocifisso, bollando entrambe le iniziativa come “un duro colpo alla libertà religiosa ed all’integrazione”, le forze politiche sono – come al solito – divise anche all’interno dei singoli partiti.
E la gente comune? È ancora presto per avere delle opinioni ponderate, cioè significative sia in termine di numeri che della valenza statistica, ma a lume di naso, sembra prevalere l’appoggio agli anti-minareti, anche perché il modo come è stata impostata la questione da parte dei referendari svizzeri (sì alla religione musulmana; no all’espansionismo politico dell’Islam), trova moltissimi sostenitori nel nostro Paese: speriamo non sia una scusa per coprire il razzismo!!
Andiamo avanti e vediamo cosa è successo in Svizzera: un referendum indetto senza grandi pretese di successo, si è invece rivelato un grosso boato politico: si è chiesto alla cittadinanza elvetica se voleva o no la costruzione di nuovi minareti nel loro territorio; la risposta è stata quasi plebiscitaria: su 26 cantoni nei quali è suddiviso il Paese (7.7 milioni di abitanti) solo quattro hanno bocciato l’iniziativa anti-minareti (Ginevra, Basilea città, Neuchatel e Vaud) mentre negli altri hanno trionfato coloro che non vogliono i minareti, anche con percentuali importanti (68% in Ticino e punte oltre il 70% ad Appen); la media è stata del 57% favorevole alla “non costruzione di nuovi minareti” e quindi tale voto modifica immediatamente la Costituzione svizzera, alla quale viene aggiunto un capoverso che recita: “L’edificazione di minareti è vietata”; una frase brevissima, ma il cui impatto appare ancora difficile da misurare.
In tutta Europa si sono sprecati i commenti sulla vicenda e da più parti la Svizzera è stata tacciata di xenofobia; in questo sport si è particolarmente distinta la U.E., la quale – pur non essendo la Svizzera membro dell’Unione – si è scagliata contro il risultato referendario, mostrandosi rammaricata e preoccupata dell’esito di tale consultazione.
Uno dei promotori dell’iniziativa, il parlamentare svizzero Oskar Freysinger, ha rilasciato la seguente dichiarazione che mi sembra chiarissima ed emblematica della situazione e degli obiettivi dei referendari: "Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani, che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio,con cui la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'Islam".
Insomma, il messaggio che i cittadini svizzeri lanciano ai musulmani è semplice: nessun veto alle vostre preghiere purché vengano svolte all’interno della moschea; divieto invece di svolgere attività di carattere politico da parte della comunità islamica.
Ovviamente questo concetto viene espresso solo dai promotori dell’iniziativa, mentre le strutture governative svizzere – colte di sorpresa dal risultato del voto – tendono a minimizzare gli effetti del referendum, affermando che “è soltanto un voto contro nuovi edifici”; a casa mia si chiama nascondersi dietro un dito, ma è chiaro che non avrebbero potuto dire niente di contrario a questo.
Intanto, l’iniziativa si sta espandendo a macchia d’olio e prende l’avvio dai Paesi Bassi, dove il leader della destra xenofoba ha annunciato che “chiederanno al governo di far sì che sia possibile un simile referendum in Olanda”.
E in casa nostra? Mentre il Vaticano ha paragonato il referendum sui minareti alla sentenza sul crocifisso, bollando entrambe le iniziativa come “un duro colpo alla libertà religiosa ed all’integrazione”, le forze politiche sono – come al solito – divise anche all’interno dei singoli partiti.
E la gente comune? È ancora presto per avere delle opinioni ponderate, cioè significative sia in termine di numeri che della valenza statistica, ma a lume di naso, sembra prevalere l’appoggio agli anti-minareti, anche perché il modo come è stata impostata la questione da parte dei referendari svizzeri (sì alla religione musulmana; no all’espansionismo politico dell’Islam), trova moltissimi sostenitori nel nostro Paese: speriamo non sia una scusa per coprire il razzismo!!
lunedì, novembre 30, 2009
LA SPECULAZIONE E' SEMPRE ATTIVA
Mentre negli Stati Uniti si cerca di mettere a punto tutta una serie di norme ed altrettanto avviene in Europa e negli altri Paesi, la speculazione non demorde e continua la sua attività – per me – truffaldina.
L’ultima idea dal suggestivo nome di “carry trade” (letteralmente “portare fuori gli affari) è di una semplicità disarmante, ma al tempo stesso fortemente pericolosa: consiste nel prendere a prestito il denaro dove costa poco e reinvestirlo in quei Paesi dove i rendimenti sono più alti; tutto chiaro, tutto ovvio, ma solo finché la situazione resta quella di adesso, perché basterebbe un lieve rialzo dei tassi iniziali per mandare tutta l’operazione a gambe all’aria e quindi costringere chi ha comprato degli asset (azioni, obbligazioni, ecc.) a liberarsi il più velocemente possibile di quanto ha in portafoglio ed è facile immaginare il terremoto che succederebbe nel mondo con questo improvviso “arrivo” di beni finanziari a basso prezzo.
Facile quindi prevedere il grosso dilemma nel quale si trovano le banche centrali europea e americana: se alzano i tassi potrebbero raffreddare l’entusiasmo che si respira in giro e che produce quell’ottimismo assolutamente indispensabile per la ripresa; d’altro canto, se non alzano il costo del denaro, aiutano indubbiamente la ripresa, ma allo stesso tempo rischiano di alimentare la speculazione finanziaria fino al momento in cui non sarà possibile fare marcia indietro senza farsi del male.
Se volete un mio parere in proposito, vi dico subito che questa forma speculativa è assolutamente indifendibile, in quanto si tratta proprio di quell’uso “non produttivo” che paga soltanto il singolo investitore senza nessun ritorno per la società.
La crisi del Dubai è invece di altro tenore e sembra già sulla via della soluzione visto l’intervento dei “cugini” di Abu Dhabi; ma cosa era successo? Semplicemente che la Dubai World, il maggior gruppo costruttore di tutte le meraviglie della zona - dall’isola “finta” ai prestigiosi alberghi a 7 stelle – ha chiesto ai creditori una moratoria di sei mesi per la propria situazione debitoria di 59 miliardi di dollari; chi sono questi creditori? Almeno in apparenza non ci sono banche italiane, ma ce ne sono molte inglesi e francesi; quindi, l’Italia dovrebbe essere fuori dal turbine, ma allora come mai la borsa di Milano ha perduto quasi il 4%, più di quelle delle altre capitali europee?
Da più parti si è subito gridato al “default” (cioè all’insolvenza), anche se il colosso immobiliare parla di “moratoria provvisoria” e non di altro; tutto questo – a detta degli analisti – era più che prevedibile, visto che il prezzo degli immobili nel Dubai si è dimezzato negli ultimi mesi e, nonostante questo, gli immobili restano invenduti.
Diamo per scontato – anche se non è detta l’ultima parola – che la “bolla” speculativa in Dubai non ci scoppierà tra le mani e vediamo di concludere questa nota in modo umoristico: il nome Dubai è il participio passato del verbo “dubbiare” che – secondo il Devoto Oli – significa letteralmente ”essere in dubbio, dubitare”; ed allora mi chiedo e vi chiedo: ma come è possibile investire tutti quei miliardi (di dollari) in un paese che è l’antitesi della sicurezza? E di nuovo nel campo immobiliare, quel comporto che ha dato origine a tutti i guai in America, i quali si sono poi sparsi in tutto il mondo.
Insomma, invece di dire “investii in Dubai” sarebbe stato molto meglio che si fosse detto “dubitai e non investii”; ma bando agli scherzi e parliamo di cose serie: pensate un po’ cosa succederebbe se i vari “Emiri” di quelle parti, al fine di ripianare il colossale debito, aumentassero il costo del petrolio, unico bene posseduto, di una decina di dollari al barile: sarebbe uno sfacelo per il mondo intero. Chiaro il concetto??
L’ultima idea dal suggestivo nome di “carry trade” (letteralmente “portare fuori gli affari) è di una semplicità disarmante, ma al tempo stesso fortemente pericolosa: consiste nel prendere a prestito il denaro dove costa poco e reinvestirlo in quei Paesi dove i rendimenti sono più alti; tutto chiaro, tutto ovvio, ma solo finché la situazione resta quella di adesso, perché basterebbe un lieve rialzo dei tassi iniziali per mandare tutta l’operazione a gambe all’aria e quindi costringere chi ha comprato degli asset (azioni, obbligazioni, ecc.) a liberarsi il più velocemente possibile di quanto ha in portafoglio ed è facile immaginare il terremoto che succederebbe nel mondo con questo improvviso “arrivo” di beni finanziari a basso prezzo.
Facile quindi prevedere il grosso dilemma nel quale si trovano le banche centrali europea e americana: se alzano i tassi potrebbero raffreddare l’entusiasmo che si respira in giro e che produce quell’ottimismo assolutamente indispensabile per la ripresa; d’altro canto, se non alzano il costo del denaro, aiutano indubbiamente la ripresa, ma allo stesso tempo rischiano di alimentare la speculazione finanziaria fino al momento in cui non sarà possibile fare marcia indietro senza farsi del male.
Se volete un mio parere in proposito, vi dico subito che questa forma speculativa è assolutamente indifendibile, in quanto si tratta proprio di quell’uso “non produttivo” che paga soltanto il singolo investitore senza nessun ritorno per la società.
La crisi del Dubai è invece di altro tenore e sembra già sulla via della soluzione visto l’intervento dei “cugini” di Abu Dhabi; ma cosa era successo? Semplicemente che la Dubai World, il maggior gruppo costruttore di tutte le meraviglie della zona - dall’isola “finta” ai prestigiosi alberghi a 7 stelle – ha chiesto ai creditori una moratoria di sei mesi per la propria situazione debitoria di 59 miliardi di dollari; chi sono questi creditori? Almeno in apparenza non ci sono banche italiane, ma ce ne sono molte inglesi e francesi; quindi, l’Italia dovrebbe essere fuori dal turbine, ma allora come mai la borsa di Milano ha perduto quasi il 4%, più di quelle delle altre capitali europee?
Da più parti si è subito gridato al “default” (cioè all’insolvenza), anche se il colosso immobiliare parla di “moratoria provvisoria” e non di altro; tutto questo – a detta degli analisti – era più che prevedibile, visto che il prezzo degli immobili nel Dubai si è dimezzato negli ultimi mesi e, nonostante questo, gli immobili restano invenduti.
Diamo per scontato – anche se non è detta l’ultima parola – che la “bolla” speculativa in Dubai non ci scoppierà tra le mani e vediamo di concludere questa nota in modo umoristico: il nome Dubai è il participio passato del verbo “dubbiare” che – secondo il Devoto Oli – significa letteralmente ”essere in dubbio, dubitare”; ed allora mi chiedo e vi chiedo: ma come è possibile investire tutti quei miliardi (di dollari) in un paese che è l’antitesi della sicurezza? E di nuovo nel campo immobiliare, quel comporto che ha dato origine a tutti i guai in America, i quali si sono poi sparsi in tutto il mondo.
Insomma, invece di dire “investii in Dubai” sarebbe stato molto meglio che si fosse detto “dubitai e non investii”; ma bando agli scherzi e parliamo di cose serie: pensate un po’ cosa succederebbe se i vari “Emiri” di quelle parti, al fine di ripianare il colossale debito, aumentassero il costo del petrolio, unico bene posseduto, di una decina di dollari al barile: sarebbe uno sfacelo per il mondo intero. Chiaro il concetto??