mercoledì, luglio 21, 2004
Il delitto di Cogne
E’ arrivata ieri la sentenza di primo grado per il cosiddetto delitto di Cogne: la madre del banbinetto ucciso è stata riconosciuta colpevole e condannata a 30 anni di reclusione, da scontare dopo che saranno esperiti tutti i gradi di giudizio.
La vicenda del delitto non mi ha mai particolarmente appassionato, nonostante che se ne sia parlato in tutte le salse, riempiendo di parole tutti i TG e i vari Talk Show.
Per la sentenza voglio anch’io dire la mia: una madre che uccide il proprio figlio in quel barbaro modo (mi sembra che siano state contati fino a 17 colpi inferti al piccolo corpicino), non riesco proprio a figurarmela come un essere umano in grado di intendere e di volere. Eppure le varie perizie psichiatriche hanno escluso la pazzia (uso un termine semplicistico tanto per intenderci); nessuno però ha spiegato come agisce la mente di una madre “normale” che uccide il proprio figlioletto. Sarei proprio curioso di saperlo!
Un altro aspetto che ha destato una qualche curiosità è stata la “forma” del processo: il tutto si è svolto con “rito abbreviato” per effetto del quale in una sola giornata d’udienza si è risolto tutto; tale formula prevede uno sconto di un terzo della pena e si svolge esclusivamente sulla base degli atti dell’inchiesta, davanti al Giudice per le Udienze Preliminari, senza nessuna escussione di testimonianze. Ovviamente sono previsti tutti i vari gradi di giudizio come nelle normali udienze e la sentenza viene emessa, appunto, direttamente dal G.U.P.
La mia sorpresa discende dal fatto che tale rito abbreviato, di norma, viene richiesto e concesso per vicende dai toni minori rispetto a questa; evidentemente le strategie della difesa contengono anche questo tipo di forma processuale.
A proposito della difesa (Avv. Carlo Taormina): al termine dell’udienza, dopo aver stigmatizzato la sentenza dell’accusa, ha ribadito di conoscere il nome del vero assassino (lo aveva già detto varie volte anche in passato) e di essere pronto a rivelarlo.
A parte che non capisco chi glielo vieti, credo che anzi ci sia una precisa norma del Codice che impone a coloro che sono in possesso di notizie utili alla soluzione di un reato, di farne oggetto di regolare denuncia alla Magistratura per gli adempimenti di competenza. Forse però questa disposizione è stata abrogata ed io non ne sono a conoscenza, perché altrimenti non so come spiegare il silenzio degli inquirenti sulle affermazioni del difensore.
L’ultima dichiarazione di Taormina e dalla sua cliente Anna Maria Franzoni è che il nome del vero colpevole verrà comunicato agli inquirenti entro questa settimana; speriamo che tale promessa venga mantenuta.
Certo che un nuovo “colpevole” darebbe la stura a tutta una serie di pettegolezzi e di voci incontrollate, la prima della quale è: ma se sono così sicuri perché non l’hanno fatto prima questo benedetto nome? Non hanno pensato che continuare nel silenzio avrebbe fatto il gioco di colui/colei che essi accusano di aver ucciso il piccolo?
Speriamo che la vicenda si possa concludere in breve, in modo da tacitare tutte le voci che, specie a Cogne, continuano a levarsi altissime.
La vicenda del delitto non mi ha mai particolarmente appassionato, nonostante che se ne sia parlato in tutte le salse, riempiendo di parole tutti i TG e i vari Talk Show.
Per la sentenza voglio anch’io dire la mia: una madre che uccide il proprio figlio in quel barbaro modo (mi sembra che siano state contati fino a 17 colpi inferti al piccolo corpicino), non riesco proprio a figurarmela come un essere umano in grado di intendere e di volere. Eppure le varie perizie psichiatriche hanno escluso la pazzia (uso un termine semplicistico tanto per intenderci); nessuno però ha spiegato come agisce la mente di una madre “normale” che uccide il proprio figlioletto. Sarei proprio curioso di saperlo!
Un altro aspetto che ha destato una qualche curiosità è stata la “forma” del processo: il tutto si è svolto con “rito abbreviato” per effetto del quale in una sola giornata d’udienza si è risolto tutto; tale formula prevede uno sconto di un terzo della pena e si svolge esclusivamente sulla base degli atti dell’inchiesta, davanti al Giudice per le Udienze Preliminari, senza nessuna escussione di testimonianze. Ovviamente sono previsti tutti i vari gradi di giudizio come nelle normali udienze e la sentenza viene emessa, appunto, direttamente dal G.U.P.
La mia sorpresa discende dal fatto che tale rito abbreviato, di norma, viene richiesto e concesso per vicende dai toni minori rispetto a questa; evidentemente le strategie della difesa contengono anche questo tipo di forma processuale.
A proposito della difesa (Avv. Carlo Taormina): al termine dell’udienza, dopo aver stigmatizzato la sentenza dell’accusa, ha ribadito di conoscere il nome del vero assassino (lo aveva già detto varie volte anche in passato) e di essere pronto a rivelarlo.
A parte che non capisco chi glielo vieti, credo che anzi ci sia una precisa norma del Codice che impone a coloro che sono in possesso di notizie utili alla soluzione di un reato, di farne oggetto di regolare denuncia alla Magistratura per gli adempimenti di competenza. Forse però questa disposizione è stata abrogata ed io non ne sono a conoscenza, perché altrimenti non so come spiegare il silenzio degli inquirenti sulle affermazioni del difensore.
L’ultima dichiarazione di Taormina e dalla sua cliente Anna Maria Franzoni è che il nome del vero colpevole verrà comunicato agli inquirenti entro questa settimana; speriamo che tale promessa venga mantenuta.
Certo che un nuovo “colpevole” darebbe la stura a tutta una serie di pettegolezzi e di voci incontrollate, la prima della quale è: ma se sono così sicuri perché non l’hanno fatto prima questo benedetto nome? Non hanno pensato che continuare nel silenzio avrebbe fatto il gioco di colui/colei che essi accusano di aver ucciso il piccolo?
Speriamo che la vicenda si possa concludere in breve, in modo da tacitare tutte le voci che, specie a Cogne, continuano a levarsi altissime.
martedì, luglio 20, 2004
Anche Ciampi mette bocca nel calcio
Mancava l’esimio Presidente della Repubblica, poi possiamo dire che tutti, ma proprio tutti si sono espressi sulle tematiche che riguardano il calcio (forse manca il Papa, ma non sono certo).
Cosa ha detto l’illustre livornese? Semplice, quello che si sente dire in tutti i Bar Sport d’Italia e cioè che il calcio è stato rovinato dai troppi miliardi che gli ruotano attorno (sponsorizzazioni, diritti TV, merchandising, ecc).
Fin qui non ci sarebbe niente di strano, se non forse il fatto che gli attuali “Capi del Calcio” (Carraro, Galliani e Petrucci) hanno plaudito alle parole del Presidente, ed allora sorge spontanea la domanda: ma Voi che siete al timone da tanti (forse troppi) anni, dove eravate quando si cambiavano i sistemi finanziari del calcio professionistico? Forse eravate in ferie in luoghi irraggiungibili dal cellulare e quindi non siete potuti intervenire?
L’avvento dei miliardi al posto delle centinaia di milioni, risale ad una ventina di anni fa, grosso modo all’ingresso di Berlusconi nel mondo del calcio.
Ha fatto bene ai signori giocatori questo aumento degli ingaggi oppure no?
Per rispondere basta guardare due situazioni: Totti e Antognoni, il primo della nuova era calcistica sguazza nei miliardi (magari sputando nel piatto dove mangia), il secondo – della vecchia guardia – tira avanti con una certa difficoltà. Queste sono le differenze, traiamo ognuno di noi le considerazioni del caso.
Torniamo al discorso di Ciampi; il Presidente non ha stigmatizzato in assoluto l’avvento dei diritti televisivi, ha soltanto detto che i presidenti dei club che si sono ritrovati a gestire questa “nuova” forma di ricchezza, non l’hanno saputo fare con un minimo di oculatezza ma hanno sperperato tutti questi denari in maniera tale da ritrovarsi – una buona parte di loro – sul lastrico e a battere cassa al governo per avere come minimo delle facilitazioni di pagamento per le tasse.
Anche qui grandi applausi sia da destra che da sinistra ma nessuno che si è domandato come sia potuto accadere tutto ciò; posso dire anch’io la sciocchezza di turno? Ebbene, per il mio pensare, tutto ha inizio con lo sciagurato provvedimento che obbliga le società calcistiche a divenire società di capitali aventi scopo di lucro (tant’è vero che alcune si sono anche quotate in Borsa). Questa nuova forma di regolamentazione amministrativa messa in mano a vecchi presidenti che erano da sempre abituati a ragionare con lo stomaco e non con la testa, ha innescato tutta una serie di problematiche che ancora restano da essere risolte la prima delle quali è il rapporto tra la Federazione e la compagine dei soci.
Certo che dobbiamo condannare l’eccesso di denaro sperperato su giocatori mediocri e non produttivi (come si è visto al recente Europeo), ma dobbiamo soprattutto combattere le sciocchezze che alcuni divi del pallone osano affermare, tipo che “si gioca troppo”, oppure che “le TV e i giornali sono invadenti” ed altre amenità del genere; a queste assurde affermazioni dobbiamo controbattere con il detto che “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”: ecco i nostri superpagati eroi vorrebbero essere retribuiti come splendidi professionisti e condurre un tipo di vita da spensierati dilettanti del gioco del calcio. Comodo vero??
Cosa ha detto l’illustre livornese? Semplice, quello che si sente dire in tutti i Bar Sport d’Italia e cioè che il calcio è stato rovinato dai troppi miliardi che gli ruotano attorno (sponsorizzazioni, diritti TV, merchandising, ecc).
Fin qui non ci sarebbe niente di strano, se non forse il fatto che gli attuali “Capi del Calcio” (Carraro, Galliani e Petrucci) hanno plaudito alle parole del Presidente, ed allora sorge spontanea la domanda: ma Voi che siete al timone da tanti (forse troppi) anni, dove eravate quando si cambiavano i sistemi finanziari del calcio professionistico? Forse eravate in ferie in luoghi irraggiungibili dal cellulare e quindi non siete potuti intervenire?
L’avvento dei miliardi al posto delle centinaia di milioni, risale ad una ventina di anni fa, grosso modo all’ingresso di Berlusconi nel mondo del calcio.
Ha fatto bene ai signori giocatori questo aumento degli ingaggi oppure no?
Per rispondere basta guardare due situazioni: Totti e Antognoni, il primo della nuova era calcistica sguazza nei miliardi (magari sputando nel piatto dove mangia), il secondo – della vecchia guardia – tira avanti con una certa difficoltà. Queste sono le differenze, traiamo ognuno di noi le considerazioni del caso.
Torniamo al discorso di Ciampi; il Presidente non ha stigmatizzato in assoluto l’avvento dei diritti televisivi, ha soltanto detto che i presidenti dei club che si sono ritrovati a gestire questa “nuova” forma di ricchezza, non l’hanno saputo fare con un minimo di oculatezza ma hanno sperperato tutti questi denari in maniera tale da ritrovarsi – una buona parte di loro – sul lastrico e a battere cassa al governo per avere come minimo delle facilitazioni di pagamento per le tasse.
Anche qui grandi applausi sia da destra che da sinistra ma nessuno che si è domandato come sia potuto accadere tutto ciò; posso dire anch’io la sciocchezza di turno? Ebbene, per il mio pensare, tutto ha inizio con lo sciagurato provvedimento che obbliga le società calcistiche a divenire società di capitali aventi scopo di lucro (tant’è vero che alcune si sono anche quotate in Borsa). Questa nuova forma di regolamentazione amministrativa messa in mano a vecchi presidenti che erano da sempre abituati a ragionare con lo stomaco e non con la testa, ha innescato tutta una serie di problematiche che ancora restano da essere risolte la prima delle quali è il rapporto tra la Federazione e la compagine dei soci.
Certo che dobbiamo condannare l’eccesso di denaro sperperato su giocatori mediocri e non produttivi (come si è visto al recente Europeo), ma dobbiamo soprattutto combattere le sciocchezze che alcuni divi del pallone osano affermare, tipo che “si gioca troppo”, oppure che “le TV e i giornali sono invadenti” ed altre amenità del genere; a queste assurde affermazioni dobbiamo controbattere con il detto che “non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”: ecco i nostri superpagati eroi vorrebbero essere retribuiti come splendidi professionisti e condurre un tipo di vita da spensierati dilettanti del gioco del calcio. Comodo vero??
lunedì, luglio 19, 2004
Cosa possiamo aspettarci?
Dopo la chiusura della famosa “verifica”, dobbiamo chiederci cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo futuro, o meglio: cosa ci stanno preparando?
Anzitutto una premessa: tutto era scoppiato per un duplice ordine di motivi. Da una parte il desiderio di A.N. di far fuori Tremonti (operazione riuscita), dall’altra la necessità di Follini (U.D.C.) di accontentare i “signori delle tessere”, in particolare il siciliano Lombardi, e trovare loro un posto al governo che avrebbe dovuto scappare fuori dallo “spacchettamento” del Ministero dell’Economia in due o tre dicasteri e anche da un rimpasto più generale dell’intera compagine governativa.
La sostituzione di Tremonti con il suo clone Siniscalchi ha vanificato tutta questa operazione che possiamo definire di presa di maggiore potere messa in piedi da ex DC con metodi tipici della ex DC.
E adesso, appunto, cosa succederà?
I motivi di frizione tra le varie componenti del governo non mancano e sono iniziate subito le prime azioni di disturbo: Bossi abbandona il governo e sceglie il Parlamento Europeo; è necessario quindi sostituirlo (con un altro leghista?) al Ministero per le Riforme.
Nell’aula di Montecitorio approda la riforma delle pensioni e la Lega minaccia di non votarla se non dopo una precisa assicurazione circa la legge sul federalismo del prossimo autunno.
E’ evidente che, a questo punto del gioco, nessuno si fida più degli altri e quindi è tutto un rincorrersi di ultimatum, di ripicche, di cattiverie (anche gratuite) volte a danneggiare – anziché l’avversario – proprio l’alleato nel quale ormai viene identificato un potenziale nemico da combattere.
Di tutte queste problematiche, alcune anche sotterranee, la gente comune non riesce a capacitarsi: ma come, ci chiediamo, si imbastisce un gran casino per buttare fuori Tremonti e la conclusione dell’operazione vede al suo posto un suo clone, presentato in Parlamento come continuatore della precedente politica economica; potremmo dire che si continua il “tremontismo” senza Tremonti. E dove è la logica che dovrebbe capire la gente?
La gente che non arriva alla fine del mese, che vede tante cose che non vanno, che aveva riposto tante speranze di modifiche in questo governo, si ritrova invece a sguazzare nella consueta palude del politichese più vieto, al quale viene imputato il malgoverno, l’aumento del debito pubblico, il disavanzo senza freno, ecc.
E allora?
Allora credo che non sia una bestemmia se questo governo – constatata l’impossibilità di realizzare per intero il programma iniziale – torni alle urne e chieda ai suoi elettori da chi e in che modo vuole essere governato.
In concreto, una tornata elettorale in autunno o, al massimo, in primavera porrebbe tutti i partiti su basi operative diverse: anzitutto dovrebbero conquistare il favore della gente e subito dopo avrebbero da costruire un programma di alto spessore con un leader credibile.
Ma soprattutto dovrebbero cercare di capire per quale motivo una compagine governativa con oltre 100 deputati di vantaggio non riesce ad andare avanti.
A Napoli dicono che “’u pisce puzza da’a capa”; che sia vero?
Anzitutto una premessa: tutto era scoppiato per un duplice ordine di motivi. Da una parte il desiderio di A.N. di far fuori Tremonti (operazione riuscita), dall’altra la necessità di Follini (U.D.C.) di accontentare i “signori delle tessere”, in particolare il siciliano Lombardi, e trovare loro un posto al governo che avrebbe dovuto scappare fuori dallo “spacchettamento” del Ministero dell’Economia in due o tre dicasteri e anche da un rimpasto più generale dell’intera compagine governativa.
La sostituzione di Tremonti con il suo clone Siniscalchi ha vanificato tutta questa operazione che possiamo definire di presa di maggiore potere messa in piedi da ex DC con metodi tipici della ex DC.
E adesso, appunto, cosa succederà?
I motivi di frizione tra le varie componenti del governo non mancano e sono iniziate subito le prime azioni di disturbo: Bossi abbandona il governo e sceglie il Parlamento Europeo; è necessario quindi sostituirlo (con un altro leghista?) al Ministero per le Riforme.
Nell’aula di Montecitorio approda la riforma delle pensioni e la Lega minaccia di non votarla se non dopo una precisa assicurazione circa la legge sul federalismo del prossimo autunno.
E’ evidente che, a questo punto del gioco, nessuno si fida più degli altri e quindi è tutto un rincorrersi di ultimatum, di ripicche, di cattiverie (anche gratuite) volte a danneggiare – anziché l’avversario – proprio l’alleato nel quale ormai viene identificato un potenziale nemico da combattere.
Di tutte queste problematiche, alcune anche sotterranee, la gente comune non riesce a capacitarsi: ma come, ci chiediamo, si imbastisce un gran casino per buttare fuori Tremonti e la conclusione dell’operazione vede al suo posto un suo clone, presentato in Parlamento come continuatore della precedente politica economica; potremmo dire che si continua il “tremontismo” senza Tremonti. E dove è la logica che dovrebbe capire la gente?
La gente che non arriva alla fine del mese, che vede tante cose che non vanno, che aveva riposto tante speranze di modifiche in questo governo, si ritrova invece a sguazzare nella consueta palude del politichese più vieto, al quale viene imputato il malgoverno, l’aumento del debito pubblico, il disavanzo senza freno, ecc.
E allora?
Allora credo che non sia una bestemmia se questo governo – constatata l’impossibilità di realizzare per intero il programma iniziale – torni alle urne e chieda ai suoi elettori da chi e in che modo vuole essere governato.
In concreto, una tornata elettorale in autunno o, al massimo, in primavera porrebbe tutti i partiti su basi operative diverse: anzitutto dovrebbero conquistare il favore della gente e subito dopo avrebbero da costruire un programma di alto spessore con un leader credibile.
Ma soprattutto dovrebbero cercare di capire per quale motivo una compagine governativa con oltre 100 deputati di vantaggio non riesce ad andare avanti.
A Napoli dicono che “’u pisce puzza da’a capa”; che sia vero?