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sabato, marzo 22, 2008

ILLUSTRE SIGNOR PRESIDENTE 

La mia non vuole essere una “lettera aperta” a Lei indirizzata – non ne avrei l’ardire – ma solo una banale strumentalizzazione – e di questo me ne scuso - di quanto da Lei recentemente affermato in difesa dei nostri parlamentari: “non sono degli avidi fannulloni” ha sostenuto, ed ha invocato una sorta di ribellione dalla politica nei confronti di coloro che la attaccano.

Se volessimo fare una delle solite battute, potremmo dire che i parlamentari fanno bene a ribellarsi a coloro che li reputano capaci solo di premere un bottone al momento del voto, infatti – e lo abbiamo visto con i nostri occhi – sanno benissimo premerne anche due….di bottoni, per sostituire, generosamente, un collega che è in tutt’altre faccende affaccendato!!

Ma lasciamo stare le battute al buon Grillo e continuiamo con la Sua difesa – signor Presidente – che, per la verità non avrebbe dovuto sorprenderci, per due motivi: il primo, in quanto la sua è una specie di “difesa d’ufficio”, alla quale si sente in qualche modo costretto dall’altissimo ruolo che riveste; la seconda…è un tantinello più complessa e si rifà alla sua biografia.

Lei infatti, nato nel 1925, già nel 1953 – quindi a soli 28 anni – è entrato in Parlamento, essendo stato eletto nella Circoscrizione di Napoli; tranne che per un brevissimo lasso di tempo nella IV legislatura, Lei ha sempre fatto parte della Camera a pieno titolo, fino al 2005 quando è stato nominato senatore a vita dall’allora Presidente Ciampi e si è quindi spostato a Palazzo Madama.

In quest’ultimo ruolo c’è rimasto soltanto poco più di otto mesi, in quanto nel maggio del 2006 è stato eletto alla massima carica dello Stato; nel suo “onorato servizio” ultra cinquantennale, ha fatto parte di quasi tutte le Commissioni parlamentari ed ha avuto modo anche di distinguersi all’estero, precisamente a Bruxelles, dove è stato eletto deputato europeo ed ha presieduto la Commissione per gli Affari Costituzionali per oltre cinque anni: quindi, detto in soldoni – e me ne scuso – Lei è un “politico di professione”, con tutti i pregi ed i difetti di tale qualifica.

Con questo non voglio sminuire affatto il suo operato, ma voglio solo ricordare ai nostri lettori che Lei, della vita di tutti giorni, conosce soltanto l’aspetto “della politica”, importante finché si vuole ma da non poter considerare esaustivo di una intera esistenza; posso aggiungere che per oltre cinquanta anni ha campato – direi bene - alle spalle dei cittadini, pur guadagnandosi lo stipendio fino all’ultima lira.

Insomma, Lei ha fatto solo il politico, ha avuto tantissime soddisfazioni – per carità, tutte meritatissime!! – e adesso che sente il suo “teatro”, dove ha interpretato commedie e tragedie per così tanti anni, preso di mira da tanta gente, giustamente si impermalisce e rimanda al mittente le accuse, anche se – in cuor Suo – sono certe che qualcuna la condivide.

Per concludere, illustre Presidente, vorrei riferirLe quanto affermato da Franca Rame, una donna “prestata alla politica”, una bravissima attrice che nella vita ha fatto tante altre cose e che è approdata in Parlamento da “vecchia” e che se n’è andata alla svelta: “ Ti senti un ingranaggio impotente di una macchina. Nessuno ti chiede niente e nessuno ti ascolta. Devi solo votare, “rosso o verde” come ti viene detto, altrimenti il governo cade”; non ha detto la brava Franca, che il momento del ritiro dello stipendio è l’unico che strappa un bel sorriso sulla bocca di tutti!!

Tutto questo Le ricorda qualcosa??


giovedì, marzo 20, 2008

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Durante la “Settimana del Cinema” che ho tenuto in un Liceo di Taormina, ho presentato – fra gli altri – “In Nome del popolo italiano”, film realizzato nel 1971 da Dino Risi e interpretato da due mattatori del nostro schermo, Gassman. e Tognazzi.

In questa opera, un giudice – chiaramente di sinistra ed “impegnato” – decide di eliminare alcune prove a discolpa per mandare sotto processo un archetipo della società malata che lo stesso magistrato odia e combatte: un industriale mestatore, dedito all’intrallazzo e senza alcuno scrupolo pur di arricchirsi; e questa azione del giudice avviene – secondo l’assunto tematico del regista – in nome del popolo italiano, in quanto la legge, da sola, non è in grado di tutelare la gente comune e quindi, in buona sostanza, quel popolo in nome del quale si giudica e si condanna o si assolve.

Ho fatto questo lungo preambolo per riferirmi alla vicenda del giovane ubriaco che ha falciato ed ucciso due ragazze irlandesi che passeggiavano tranquillamente per Roma: l’investitore, dopo essere fuggito e quindi non avere prestato il minimo soccorso alle ragazze, che peraltro sono morte sul colpo, veniva arrestato dai Vigili della capitale e tradotto nelle patrie galere, dove però il GIP (Giudice per le indagini preliminari) lo teneva il tempo necessario per rilasciare le proprie generalità e gli concedeva subito gli arresti domiciliari.

La Procura chiede la detenzione per l’omicida, il padre del ragazzo invoca addirittura i “lavori forzati” per il figlio reo di avere commesso un atto gravissimo e, per finire, lo stesso giovane è deciso a presentare al giudice la “rinuncia ai domiciliari” e, di conseguenza, la volontà di andare in carcere.

Probabilmente il GIP esaudirà tutti questi desideri concomitanti, ma non è detto; se, per caso, la norma prevede il carcere solo in determinate circostanze, può darsi anche che tutte queste richieste non vengano esaudite e quindi, che la legge sia in solenne disaccordo con il “popolo italiano” ed anche – è qui sta il bello – con la famiglia e lo stesso colpevole.

Ed ecco che si torna a parlare del film di Risi: in quel caso – non è realtà, ma solo finzione cinematografica per esprimere un’idea – un giudice modifica una situazione e la utilizza in sintonia con quello che lui ritiene essere il desiderio del popolo.

Questo è il problema: se il giudice o comunque il singolo magistrato si allontana dall’osservanza della legge per seguire quello che “egli ritiene” essere il desiderio della gente, si arriva ad una legge che diventa una personalistica espressione di liceità, nel senso cioè che per il giudice “X” la volontà del popolo è questa, mentre per il magistrato “Y” è quest’altra. Quindi, l’amministrazione della giustizia diventa un personalistico uso della legge e non esiste più quello che i giuristi chiamano la certezza della norma.

Ma poiché la legge la fa il politico, ecco subito trovato colui che deve farsi tramite con il popolo e modificare la norma secondo i desideri e le aspettative della gente.

Questo perché, se da un lato la legge può ragionevolmente “invecchiare” ed essere specchio solo del suo tempo, gli umori della gente mutano con il passare degli anni e quindi sono queste istanze alle quali il politico deve riferirsi e travasarle in proposte di legge; ma se questa operazione richiede un tempo “biblico”, come ad esempio l’approvazione del nuovo Codice di Procedura Civile e Penale, va a finire che la sua entrata in vigore avviene quando ormai il “sentire della gente” è già un altro; e questo rincorrersi non fa bene né alla politica né alla legge!!


martedì, marzo 18, 2008

QUANTE SCIOCCHEZZE CI TOCCA SENTIRE 

Sono, purtroppo, sciocchezze che escono dalla bocca di uno dei nostri prossimi governanti e questo deve farci preoccupare; e non poco!!

La prima che ho rilevato è stata quella di Berlusconi che, dopo l’uscita sulle pensioni (“si tornerà allo scalone di Maroni”) è stato spernacchiato da tutti, anche da alcuni della sua coalizione, addirittura dallo stesso Maroni che ha chiesto almeno una legislatura di tregua prima di affrontare nuovamente il problema pensionistico; ed il Cavaliere come si è comportato? Semplice, ha detto che è stato frainteso e che anzi, a fraintenderlo sono stati – udite, udite – quei birbanti dei ”comunisti”.

Commento lapidario: se non fosse da piangere, sarebbe da ridere!

Veltroni, dal canto suo, ha scoperto solo ora che i nostri parlamentari sono i più pagati d’Europa, addirittura tre volte gli spagnoli ed il doppio degli inglesi; e cosa ha fatto? Ma semplice: ha promesso che ridurrà gli stipendi di onorevoli e senatori.

Qui di commenti ce ne sono due: il primo è chiedersi dove ha vissuto il buon Walter fino ad ora, se si meraviglia di queste situazioni; forse era stato messo in orbita e lì c’è rimasto per qualche anno? Non ha letto e neppure sentito parlare del libro più venduto nello scorso anno, cioè “La Casta”?

La seconda questione è che lo stipendio è solo “una” delle voci che compongono la vasta gamma di “privilegi” del politico e, forse, neppure la più gravosa..

Volete un esempio? Eccovelo: sapete – Veltroni lo sa di sicuro – che gli onorevoli ed i senatori non rieletti, cioè i cosiddetti “trombati” e quelli che non si ripresentano, hanno diritto ad una liquidazione mostruosa che ha un nome splendidamente inventato da un esperto di marketing: “assegno di reinserimento”; è una vera genialata, non trovate?

Ecco alcuni esempi di beneficiati di questo appannaggio: Mastella percepirà circa 300 mila euro, come l’ex ministro e parlamentare di F.I. Alfredo Biondi; Prodi, in virtù della ridotta presenza in Parlamento – due anni dal 1996 al 1998 e altrettanti dal 2006 al 2008 – ha meno necessità di essere “reinserito” e si becca soltanto 42 mila euro.

Ma la vera chicca è quella che sto per annunciarvi: il prode Veltroni, che sembra approdare adesso alla politica, quando lasciò il Parlamento per fare il Sindaco di Roma, si portò a casa qualcosa come 234 milioni di lire ed una pensione di 14 milioni lordi al mese: chiaro il concetto??!!

Dopo questa prima “sacca di privilegio” che sarebbe opportuno eliminare, con le buone o con le cattive, c’è l’altra cosa che mi sta di traverso: il finanziamento pubblico ai partiti; il meccanismo messo in piedi da “tutti” è tale che hanno diritto ai rimborsi elettorali anche quei partiti che non andranno in parlamento: in questo caso vale il detto decoubertiano che importante è partecipare e non vincere; tutti coloro che non raggiungeranno le soglie di sbarramento – peraltro assai basse – e quindi non porteranno alcun loro eletto in Parlamento, avranno comunque diritto di sedersi al tavolo dove si spartisce la favolosa torta di 425 milioni di euro.

Quello che voglio dire è che i rimborsi elettorali, così come sono stati congegnati, altro non sono che finanziamenti occulti alla politica e questa sarebbe un’altra cosa da eliminare, con un guadagno netto di svariate centinaia di miliardi del vecchio conio.

Ma tra i miei lettori c’è qualcuno che pensa che tali anomalie possano essere rimosse da quei personaggi che conosciamo e semplicemente con una nuova legge? Se c’è che mi si mostri, ma il mio pensiero è che non esiste una sola possibilità al mondo che tale andazzo possa essere eliminato; almeno con le buone maniere!!


domenica, marzo 16, 2008

ECCOMI RIENTRATO 

Sono appena rientrato nella mia sede abituale e, dopo avere assicurato i miei lettori che la settimana del cinema è andata bene, mi rituffo nei miei colloqui con la le gente, almeno con coloro che hanno interesse a leggermi e, eventualmente, a rispondermi.

In questa settimana nella quale sono stato assente, non ho neppure letto molti quotidiani, soprattutto per non avere la tentazione di scrivere qualcosa: per esempio mi avrebbe interessato parlare dell’omicidio del Vescovo di Mossul e, in particolare delle ragioni che stanno alla base dell’evento, ma mi sono trattenuto e …ora eccoci qui, con qualcosa meno di un mese alle elezioni e con la situazione politica che si sta riscaldando.

Ovviamente, visto come stanno andando le cose per le famiglie italiane, il tema dominante è quello dell’economia e – per la verità – se ne sentono di tutti i colori, da una parte e dall’altra: pensate un po’ che Berlusconi vagheggia di ritornare alla riforma Maroni (ci sarebbe una sollevazione popolare!!) per le pensioni e Veltroni continua con affermazioni del tutto generiche del tipo: “più potere d’acquisto per stipendi e salari” senza che si indichi il modo come questa operazione – sacrosanta nella sua giustizia sociale – avrà luogo.

Passiamo alla sinistra “vera” e leggiamo che Marco Ferrando, candidato premier del Partito Comunista dei lavoratori propone due cose che anch’esse hanno il crisma della giustizia sociale ma che difficilmente si potranno realizzare: la prima è l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari e la seconda è la cancellazione di tutti i debiti che milioni di famiglie italiane hanno verso le “banche usuraie” e per quest’ultimo punto ha aggiunto: “come si chiede la cancellazione dei debiti dei Paesi poveri verso i Paesi ricchi, così va tagliato il nodo scorsoio che impicca milioni di lavoratori a mutui da usura”.

Un solo commento: o prova a dargli torto? Il suo ragionamento non fa una grinza, ma proprio perché è giusto nella sostanza, non ha alcuna speranza di essere realizzato.

A proposito delle famiglie sempre più in crisi per gli sfrenati aumenti di bollette (luce e gas) e di generi alimentari di prima necessità, il discorso del Presidente della Bce, Trichet, che si raccomanda di non legare i salari agli aumenti del costo della vita, quasi tutti i nostri politici si sono allineati a tale concetto che è di una efferata rigidità economica e che chiede ai lavoratori ed ai pensionati di essere i soli a pagare per questo stato di cose.

Per la verità un candidato – ed anche di prestigio (Bertinotti) – è andato contro a questa affermazione, in quanto ha invocato una sorta di indicizzazione di pensioni e stipendi con aggiornamento annuale; e devo dire che nessuno si è scagliato su questo ovvio principio che consentirebbe al percettore di reddito fisso di mantenere inalterata – sia pure con dodici mesi di ritardo – la capacità di acquisto di quanto entra nelle tasche di pensionati e lavoratori: che ci sia qualche altro che ha capito come questa sia una delle poche strade praticabili??

Un’altra apparente contraddizione – ma di buon auspicio – è l’affermazione di Veltroni in cui si dice che “Un’impresa potrà essere aperta in un giorno. Basta l’autocertificazione. Solo dopo lo Stato eserciterà i controlli”. Questo inusitato interesse per il popolo delle partite IVA, come si dice in maniera semplicistica, mi sembra un buon segno, a meno che non significhi solo un interesse elettorale che poi, in caso di vittoria, si scontrerà con le difficoltà della “solita” burocrazia e…non se ne farà niente!!


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