venerdì, giugno 22, 2012
COESIONE
Il termine che cito nel titolo ha questo
significato – secondo il Devoto Oli – “giustapposizione corretta di parti
sociali”; cioè, in parole povere, tutte le parti sociali di una Nazione vanno
per la stessa strada e “remano tutte dalla stessa parte”.
Perché ho citato questo termine? Semplice,
perché il nostro Presidente della Repubblica lo usa ad ogni piè sospinto,
considerandolo come la panacea giusta per uscire da questa drammatica crisi.
Ma come si può ragionevolmente pensare che le
varie “parti sociali” possano essere coese, visto che ci sono quelle che stanno
bene e continuano a stare sempre meglio e quelle che stanno male e continuano a
stare sempre peggio?!
Sono stato chiaro? Vogliamo fare qualche
esempio? Tutti noi sappiamo quanti “tagli” ha subito la vita del cittadino
medio, quante tasse ha avuto in più lo stesso signore, tutte cose che hanno
inciso sulla sua potenzialità di spesa.
Ebbene, passiamo ora a vedere quanti e quali
“tagli” ha subito la famigerata CASTA: la Camera dei Deputati – tra il 2001 e il 2011 ha aumentato le
proprie spese del 41% e nel 2012 dovrebbe diminuirle dell’1,85%: non vi sembra
un po’ poco? E c’è da aggiungere che i capitoli di spesa più significativi sono
rimasti invariati; l’unica voce che si riduce è quella riguardante la pulizia e
l’igiene: erano previsti 7.730.000 euro e i deputati garantiscono che ce la
faranno con 7.610.000, cioè 120.000 euro di carta igienica in meno; non male,
vero??
E il Senato? Negli ultimi dieci anni ha avuto
una crescita ancora superiore – più 65% - e la riduzione per il 2012 è
inferiore a quella della Camera: appena lo 0,34%; direi una vera e propria
“miseria”, ma evidentemente non sono riusciti a fare meglio, nonostante l’impegno
profuso nell’operazione “tagli”!!
Giova dire a questo punto che il nostro
Parlamento è il più costoso del Mondo: ciascuno di noi spende per il
mantenimento delle camere 27,35 euro; negli altri Paesi siamo all’incirca alla
metà: 14,42 euro per i francesi, 13,83 per i brasiliani, 11,45 per gli statunitensi,
10,86 per i tedeschi, 9,92 per gli inglesi e soltanto 4,89 per gli spagnoli.
Da noi, oltre alle prebende ed ai benefit dei
nostri parlamentari, incide moltissimo il costo degli ”altri”: la Camera ha 1642 dipendenti e
il Senato 940; un loro operaio ha come paga mensile iniziale 2300 euro e arriva
a guadagnare fino a 9.641 euro; un archivista guadagna 12.000 euro al mese e un
segretario più di 15.000; e adesso la botta finale: un semplice stenografo
parlamentare può arrivare a guadagnare 259.000 euro all’anno, cioè 20/mila euro
più dell’appannaggio che spetta al Presidente della Repubblica.
Si dirà: ci sono delle leggi che consentono
questi stipendi, mica vanno a prenderli con la pistola in pugno!! Giusto, ma
proprio perché ci sono delle leggi, mi sembra che i signori tecnici, prima di
colpire la povera gente, avrebbero dovuto abolire queste norme e ripristinarle
con cifre degne di essere lette senza arrabbiarsi; il tutto avrebbe dovuto
essere presentato all’opinione pubblica come una vittoria del Governo. Solo
“dopo” si poteva dar l’avvio ai tagli, all’aumento dell’età pensionabile,
insomma a tutte quelle brutture che hanno costellato il percorso del nostro
esecutivo.
E solo allora si poteva invocare la coesione
come elemento fondante per superare questa situazione di crisi; ma la gente che
non arriva alla fine del mese e legge queste cifre, non può essere coesa con
chi vive da nababbo.
Ci pensi bene, Presidente, la prego!!
mercoledì, giugno 20, 2012
I GIOIELLI DI FAMIGLIA
Lo Stato, attaccato da ogni parte dagli eserciti
della speculazione, cerca di correre ai ripari, diminuendo il mostruoso saldo
del nostro debito pubblico; aveva cominciato con lo “spending review”, cioè
un’analisi accurata delle spese dell’apparato statale e la loro potenziale
diminuzione, ma per ora non si incassa niente.
Per la verità, tra i tre grandi incaricati di
fare questa operazione, ce n’è uno che mi sembra molto mal collocato; alludo a
Giuliano Amato che forse è uno dei recordmam della doppia indennità; mi spiego
meglio: il nostro eroe, a suo tempo fedele craxiano, percepisce una pensione da
parlamentare (9mila euro) e un’altra da professore universitario (22mila euro)
e, dato che evidentemente non gli bastano, è anche Presidente dell’Istituto
“Treccani” e Senior Advisor della Deutsche Bank. Come volete che possa tagliare
qualcosa se alla Gruber che gli chiedeva “sarebbe disposto a tagliare qualcuna
delle sue pensioni?” ha risposto “non capisco la domanda”.
Comunque, visto che lo spending review non
procede celermente e il bisogno di soldi incombe, il nostro Governo si è deciso
ad intaccare i gioielli di famiglia, cioè a vendere le proprietà immobiliari;
sembra che il patrimonio immobiliare dello Stato italiano ammonti tra i 300 e i
500 miliardi di euro, il 10% dei quali potrebbe essere inserito abbastanza
celermente in una lista da affidare al
mercato immobiliare, realizzando così una cifra variabile fra i 30 e i 50
miliardi di euro che scongiurerebbero una nuova “manovra” in autunno.
Il primo rischio in questa operazione è
quello di svendere i “gioielli” e tenersi la roba poco buona; il tutto perché
il venditore è assillato dalla necessità di vendere e, come si sa, questa è la
peggiore situazione quando ci si mette al tavolo delle trattative.
Ma chi sono i potenziali acquirenti?
Ovviamente solo coloro che hanno il portafoglio ben rifornito e che possono
spendere; insomma, si parla dei cosiddetti “poteri forti”, quello che – a detta
di Monti – gli avrebbero voltato le spalle; speriamo che la possibilità di fare
un buon affare li riavvicini al nostro premier.
Un altro potenziale acquirente è
indubbiamente il mercato straniero, coloro cioè che hanno quattrini da buttare
e che cercano di investire con acume; mi riferisco alle economie emergenti –
Russia, Cina, India, Brasile – le quali, al momento, stanno spendendo fior di
miliardi nell’acquisto di squadre calcistiche; comprare immobili di prestigio
in Italia è forse meno divertente ma certamente può diventare più redditizio.
Il pericolo, per noi italiani, può essere
quello di ritrovarsi tra qualche anno con lo stesso debito pubblico e con il
patrimonio impoverito perché venduto e sperperato e quindi si ritornerebbe allo
stato attuale delle cose.
C’è poi una situazione fiscale da tenere
presente: è chiaro che l’italiano che si avventurasse nell’acquisto di un
immobile di prestigio di proprietà statale, dovrebbe mettere in conto anche il
fatto di esser posto sotto la lente d’ingrandimento da parte delle strutture
fiscali le quali si chiedono – e chiedono al malcapitato – dove avrà trovato
tutti quei soldi per fare l’acquisto? Vediamo quanto paga di tasse!!
Comunque, l’operazione è veramente ambiziosa
in quanto si pone l’obiettivo di invertire l’andamento del debito pubblico che, nell’ipotesi che
tutto riesca, dovrebbe cominciare a calare, anziché continuare ad aumentare
come sta facendo adesso; a proposito, per la cronaca, il nostro debito si sta
avvicinando ai 2/milioni di miliardi di euro (provate a scriverlo con i numeri!!);
un’ultima notiziola: sapete chi ha superato la fatidica soglia dei 2 milioni di
miliardi? La Germania,
ma loro se lo possono permettere!
lunedì, giugno 18, 2012
QUALCHE DOMANDA A MONTI
Alcuni giorni fa il nostro premier, Mario
Monti, si è lamentato di “non avere più l’appoggio dei poteri forti” ed anche
di ricevere una opposizione sistematica da un importante quotidiano; non ha
fatto nomi ma molti osservatori politici li hanno individuati: non farò come
loro e lascerò l’identificazione in una nebbiolina leggera.
Quello che invece voglio approfondire è il
senso generale dell’affermazione di Monti, dato che mi ha riportato indietro di
parecchi mesi, quando il suo predecessore, il bistrattato Berlusconi, se la prendeva con Tizio o con
Caio, cercando di addossare ad altri le responsabilità del proprio
insufficiente operato. L’ho già detto varie volte: uno dei compiti più
pressanti di Monti dovrebbe essere quello di “non copiare” Berlusconi, in
particolare sulle cose negative che ha compiuto (e non sono poche).
Ma torniamo alla nostra situazione
economico-finanziaria: dopo il salvataggio delle banche spagnole, ci siamo
sentiti – in un primo tempo – quelli che possono “insegnare agli altri”, ma il
mercato ci ha subito rivoltato contro la bacchetta che stavamo sventolando
verso gli altri e ci ha messo sul “banco dei nuovi attaccati”, con profondi
problemi sullo spread e annessi e connessi.
Prima di andare avanti nel problema nostrale,
facciamo una piccola digressione in Spagna e in particolare nelle banche
spagnole che sono state salvare dall’U.E.; anzitutto diciamo che una BANCA, per
quello che mi è dato sapere, fa di mestiere l’acquisto di denaro da chi glielo
porta e la rivendita dello stesso a chi glielo chiede; la differenza tra queste
due fasi, cioè tra il tasso di acquisto e quello di vendita, rappresenta il
guadagno dell’Istituto di Credito. Se ci fermiamo a questa fase operativa, non
vedo come una banca possa avere bisogno di “aiuti”, visto che può acquistare
denaro oltre che dai privati, dalla BCE che glielo vende all’1%.
Allora, come ho detto altre volte, il
problema sta nell’attività finanziaria delle banche, cioè quelle speculazioni
su titoli che dovrebbero determinare un guadagno molto superiore alla normale
attività; ma ovviamente, se compri titoli “spazzatura”, li paghi poco ed hanno
un tasso alto, ma altrettanto alto è il rischio della solvibilità di chi li
emittente; questo credo che sia uno dei problemi maggiori che stanno
determinando i vari “salvataggi” più o meno reali.
Insomma, siamo partiti dai “poteri forti” e
cui siamo ritrovati a parlare di Banche che fanno gli speculatori; ed allora
torniamo all’inizio del mio discorso: proviamo a capire bene di cosa stiamo
parlando.
I cosiddetti “poteri forti” dovrebbero avere
a loro disposizione una “potenza”, ma in campo sociologico quest’ultimo termine
rappresenta una “imposizione unilaterale di un soggetto nei confronti di un
altro” (teoricamente inconcepibile con un regime democratico) , mentre “il
potere” è l’influenza del più forte riconosciuta e legittimata dal più debole e
quest’ultimo pertanto si ricongiunge con l’arena politica e di conseguenza con
il regime democratico.
Insomma, per concludere, il nostro premier
non dovrebbe limitarsi alla genericità delle sue affermazioni – cosa già fatta
da molti suoi predecessori – specialmente perché “dovrebbe” essere
disinteressato alla rielezione; invece, se lo ritiene importante, dovrebbe fare
nomi e cognomi di chi c’è alla guida di questi “gruppi d’interesse” ed anche
chi “sta permettendo” che questi gruppi d’interesse si trasformino in “poteri
forti” specialmente se operanti all’interno della sfera di funzioni specifiche
dello Stato.