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giovedì, dicembre 24, 2009

TERMINI IMERESE 

È in Provincia di Palermo ed ha “l’onore” di ospitare uno stabilimento FIAT che, al momento, produce le “Y10”; al di fuori di questo insediamento, realizzato ovviamente con il contributo determinante dello Stato, Termini è una landa desolata, abitata solo da alcune aziende dell’indotto, in particolare composto da minuterie metalliche e da componenti plastici, anch’esse destinate alla chiusura.
Infatti, ieri l’altro, il signor Marchionni – con il suo maglioncino blu – si è presentato ad una riunione a Palazzo Chigi con governo e sindacati ed ha dichiarato – con la fermezza del bravo manager – che lo stabilimento di Termini Imerese, a fine 2011 chiude la produzione automobilistica; ha anche aggiunto una frase che non gli fa onore, anche se nel mondo attuale si trova spesso: “farsi carico del problema sociale di Termini non compete alla FIAT ma all’intero sistema”; il che, detto in soldoni, è il vecchio slogan “incassare i benefici e socializzare le perdite”.
Badate bene che sotto il profilo prettamente imprenditoriale, tutta la vicenda non fa una grinza: il datore di lavoro infatti sposta la propria attività laddove trova condizioni più favorevoli, sia sotto il profilo del costo del lavoro e sia per la possibilità di usufruire di migliori infrastrutture. Tutto questo se “il sistema” glielo consente!!
Un dato infatti dovete concedermelo e spiegarmi dove stia la sua logica: dunque, la FIAT produce e vende (e riceve gli incentivi) circa 2milioni di auto l’anno, delle quali 730mila fatte in Brasile, 600mila in Polonia e 650mila in Italia (Termini 21.900); come si vede, soltanto un 30% della produzione FIAT avviene in Italia e ne scarica interamente i benefici sul Paese, anche se riceve aiuti per l’intera produzione; vi sembra giusto e regolare? Non credo, almeno sotto l’aspetto etico, parola quest’ultima che è ormai diventata desueta.
Ma al di là delle frasi di circostanza del Ministro dell’Industria (“non vi lasceremo soli”) la zona del palermitano interessata al provvedimento è veramente importante e rischia di tornare “Repubblica della Mafia”; ma cosa può fare lo Stato contro la FIAT?
Dai sindacati arriva uno slogan che non so quanto possa essere praticato (“aiuti solo a chi salva i posti di lavoro”) ma forse l’azione che potrebbe rivelarsi più interessante è quella di rivolgersi a Paesi stranieri le cui case automobilistiche sono in grossa crescita: Cina ed India.
Se la FIAT dismette la produzione automobilistica a Termini Imerese non può certo pretendere di trasformare lo stabilimento in “loft” da affittare ai capi mafiosi locali; all’azienda torinese lo Stato Italiano potrebbe invece fare il seguente discorso (un po’ a voce bassa ed un po’ urlato): non è pensabile che una zona sottosviluppata come Termini possa essere depauperata dell’unico insediamento industriale esistente, quindi noi (Stato) ci sentiamo impegnati a sostituirvi nella conduzione dell’azienda, con altri esponenti dell’industria automobilistica mondiale – appunto cinesi ed indiani – tutte realtà assai emergenti e con grosse disponibilità finanziarie; è naturale che queste realtà avranno facilità d’ingresso nel nostro Paese (del resto come le ha avute la FIAT in Polonia e Brasile) e quindi non ci sentiamo responsabili se una quota di mercato verrà perduto dai torinesi a beneficio dei cinesi o degli indiani. Chiaro il concetto?
Io credo che un discorsino fatto in questi termini, con appropriate sfumature vocali, (cioè pressioni politiche) potrebbe raggiungere lo scopo di far comprendere che il lavoro “DEVE” tornare a porre al centro del proprio ciclo l’UOMO e non il profitto; quando ci saremo resi conto di questo, forse le cose miglioreranno; in tutti i sensi!

mercoledì, dicembre 23, 2009

FORTUNATI E SFIGATI 

Mi è venuto in mente che lo strano mondo della pubblicità televisiva potrebbe generare un ”gioco di società” (tanto utile per le feste), basato su un concetto semplice: elencare da una parte i personaggi e gli interpreti che potremo definire “Fortunati” e, dall’altra i similari “Sfigati”, ovviamente con le relative motivazioni.
Io comincio con una serie di spot e poi i miei amici potranno proseguire nel gioco: inizio dai “FORTUNATI” i quali – per loro natura – sono i più antipatici, perché a loro va tutto bene: ed il primo interprete di commercial che si merita la palma del fortunato è una donna, precisamente la bella Belen Rodriguez, che – facendo buon uso della vicinanza di uno splendido Christian De Sica, gira una serie ininterrotta di spot per la TIM e, diventa “il personaggio più conosciuto dei giovani”; da notare che prima dell’autunno – data di inizio della campagna – la bella Belen era nota solo come una normale soubrette (trasmissione di Chiambretti) e come compagna di Fabrizio Corona.
Un altro che dobbiamo annoverare tra i fortunati è senza dubbio l’imperituro, sempre uguale. Babbo Natale che trova tanta attenzione dai suoi giovanissimi amici: come non commuoversi di fronte al bambino che, di notte tempo, scende le scale e mette nel fondo del camino – luogo probabile dell’atterraggio del bravo vecchietto – un Panettone così morbido da sostituire un comodo guanciale.
E proseguendo nella scia dei bambini, come non includere tra i fortunati mortali quel bambino che continua ad individuare il latte Granarolo come “quello della Lola”: da grande sarà un naturale “assaggiatore”; carriera assicurata!
Passiamo adesso agli “SFIGATI” e dobbiamo convenire che il primo da menzionare è il bel George Clooney nella serie di spot dedicati al Nescaffé; nei primi di questi commercial, la bellezza e l’appeal del bel Gorge vengono utilizzati da una furba ragazzina per fregargli l’ultima cialda occorrente per l’espresso; nell’ultimo poi, quando il nostro eroe giunge ad acquistare l’intera macchina, incappa in un pianoforte che gli cade addosso dai piani alti e lo conduce, inaspettatamente, in uno “strano” aldilà dove trova ad attenderlo uno splendido John Malkovich, che, con una mimica veramente eccezionale, baratta la macchina da caffé con un rinvio del “viaggio eterno”. In tutti questi spot, Clooney riesce a cavarsela, “a buco”, ma dopo essere stato sconfitto da qualcosa: la furbizia della ragazza nei primi e il “destino” nell’ultimo.
Non so se il termine “sfigato” si attagli completamente al giovanotto che pubblicizza il gorgonzola, specie perché il modo come la bella ragazza lo apostrofa con “bel topolone” nel vederlo mangiare golosamente il formaggio, ci mostra in controcampo una faccia “da scemo”, come si direbbe, costellata da una cestina di capelli irsuti che ben si legano al concetto di “topolone”.
Un caso a parte è il concetto stesso di “fonetica semantica”, quel modo cioè di storpiare le varie lingue europee; perché TUTTI i pubblicitari del mondo, nel sottolineare gli spot relativi a profumi da uomo e da donna, usano una voce che storpia, in modo elegante quanto si vuole, le lingue attinenti al prodotto?
Per finire, voglio citare lo spot in cui appare il bel Raoul Bova che funge da testimonial Alitalia; non so se considerarlo fortunato o sfigato, ma di certo è che preferisce un viaggio aereo Roma-Los Angeles ad una permanenza nella propria casa, per il semplice motivo che la hostess lo coccola e lo assiste con tanto amore, ma, guarda caso, la ragazza è la moglie dello stesso viaggiatore, il quale al vicino di posto, però, confessa: “a casa non si comporta mica così!”. Decidete voi!!

martedì, dicembre 22, 2009

MA CHE STRANA COINCIDENZA 

Concordo che potrebbe essere benissimo una delle mie solite “visioni”; sono anche d’accordo che i segnali che ne determinano – a mio avviso – l’assonanza, potrebbero essere anche sbagliati o, al meglio, soggettivi. Ma voglio comunque parlarne con voi per vedere se anche voi ci trovate qualcosa di strano.
Mi riferisco alla vicinanza delle date tra la chiusura del summit mondiale sul clima, organizzato dall’ONU a Copenaghen e finito in modo non soddisfacente – almeno per moltissimi paesi – e lo scenario che hanno trovato i delegati tornando nelle proprie case: neve, ghiaccio, disagi nelle comunicazioni stradali, aerei e navali, situazioni di una gravità impressionante, come quella che si è verificata nell’Eurotunnel che collega, con treni dell’alta velocità, Parigi con Bruxelles e Londra: 2500 passeggeri intrappolati all’interno del gigantesco “tubo” per colpa di sei treni andati in panne, per ragioni ancora non chiare, ma determinate dal freddo intenso verificatosi nella zona.
La mia vivida immaginazione mi propone questo scenario: la Terra, dopo l’ennesimo fallimento dei maldestri tentativi dell’UOMO per sistemare le cose con le buone, decide di dare allo stesso UOMO una dimostrazione di quello che potrebbe realizzare se arrivasse ad arrabbiarsi veramente: e le cose che vediamo scorrere in TV in questi giorni non sono certo cartoline imbiancate con Babbo Natale e la slitta con le renne, ma mostrano proprio una NATURA che si ribella alle tante, troppe sopraffazioni che è costretta a subire da quell’animale egoista che è l’uomo.
Ma cosa è successo di così grave alla conferenza di Copenaghen? In sostanza – e detto con parole semplici – tra i tanti motivi che erano sul tappeto per “salvare il Mondo”, un ruolo speciale era rivestito dal cosiddetto effetto serra, causato dall’innaturale riscaldamento degli strati alti dell’atmosfera per effetto dell’immissione dei micidiali gas provenienti da un uso smodato dei carburanti utilizzati per il “progresso” delle popolazioni di tutto il Pianeta.
Tutti gli scienziati – salvo alcune frange sparute che continuano ad affermare che è “tutto un imbroglio” – si raccomandavano che senza un deciso “taglio” alle emissioni di CO2, si stava andando incontro al baratro dal quale non ci sarebbe stato ritorno.
Ebbene, a queste situazioni apocalittiche, la Conferenza ha risposto con una decisione che appare soprattutto una “presa in giro”: “fino al 2020, la riduzione dei gas serra avverrà solo su base volontaristica”; consiglio di rileggerlo due volte, perché anch’io non ci credevo. Il lato comico continua anche in altre decisioni, ad esempio questa: “l’accordo vale solo per i Paesi che vi aderiscono liberamente”; potremmo dire che più che una conferenza climatica sembrerebbe la sagra della liberalità, cioè ognuno faccia come vuole e che Dio l’aiuti.
L’unica decisione che riveste un briciolo di serietà – anche se in molti l’hanno definita “gli odiosi trenta denari” – è stato l’impegno sottoscritto dai Paesi sviluppati di versare 30 miliardi di dollari all’anno per il triennio 2010-2012 per far fronte ai bisogni dei Paesi in via di Sviluppo: ancora il Festival della genericità, ma comunque, meglio di niente!
Inoltre, alla delusione per l’insuccesso delle finalità che venivano perseguite, c’è da aggiungere che sulla Conferenza incombe anche un verdetto di irregolarità, dato che una parte dei congressisti non vi ha aderito e quindi la sua regolarità è molto dubbia; ma questo mi sembra il problema minore.
Spero che adesso sia chiaro il motivo del mio strano “accostamento” tra il fallimento della Conferenza e la temperatura da tregenda di questi giorni.

domenica, dicembre 20, 2009

QUALCHE RIFLESSIONE SULLA CRISI 

Sulla crisi – quello che per gli italiani dovrebbe essere IL PROBLEMA – si avverte solo alcune uscite, di varia origine e marchiatura: chi la considera ormai finita, vinta, arrivata al capolinea, chi invece ne considera la vitalità almeno fino all’intero prossimo anno, con indubbie ricadute sul comparto occupazionale.
Ed è proprio su quest’ultimo problema che intendo proseguire: il Governatore della Banca d’Italia, Draghi – che pur non avendo voce in capitolo mi sembra l’unico che se ne occupi – ha dichiarato che al momento abbiamo 1 milione e mezzo di lavoratori italiani senza copertura “welfare”; stando così le cose, prosegue Draghi con termini ben diversi dai miei, non c’è da stare allegri se è vero che continua l’espulsione dal mondo del lavoro di così tanti italiani (ed anche extra comunitari, ormai appaiati nella disfatta) che si ritroveranno tutti in un mare di guai.
Quindi il problema che agita le masse non lo identificherei nelle strampalate parole del Di Pietro di turno o di qualche altro agitatore, ma nell’insicurezza e nella ribellione che ormai sta diventando patrimonio genetico dei lavoratori e che li spinge nelle piazze a rispondere all’appello di qualsiasi richiamo.
Eppure, guardando le cose da un’altra ottica, dobbiamo convenire che stiamo registrando alcune condizioni - almeno in apparenza – straordinariamente favorevoli alla ripresa: anzitutto il settore bancario.
I dati che sono costretto a propinarvi sono di dominio pubblico e quindi inconfubatili: cominciamo col dire che il mestiere delle banche, quando non sono impegnate in ”strane” operazioni di triangolazioni con grosse finanziarie, è quello di “acquistare” il denaro alle migliori condizioni possibili e “rivenderlo” al meglio.
Allora: il primo, cioè l’acquisto, deriva da due fonti: il privato al quale sapete bene che viene corrisposto un tasso irrisorio; e il pubblico, cioè l’intervento della Banca Centrale Europea che tiene il tasso europeo (euribor) fermo all’1%; ed ora vediamo a quanto ammonta il ricavo: la differenza è il cosiddetto “spreed”, che possiamo tradurre in “guadagno”; riporto solo alcune situazioni creditizie, tra le quali la più importante, forse la più ricorrente, è quella delle aperture di credito il conto corrente (tra l’8,51 e l’11,76 secondo gli importi); anticipi, sconti commerciali, crediti commerciali (tra il 10,94 e il 14,40); Leasing (tra il 5,53 e l’11,33); credito per l’acquisto rateale (tra il 10,76 e il 17,12); da notare che è bene distinguere e controllare bene il TAEG (tasso annuo effettivo globale) che è più esatto, per il controllo della valutazione del prestito, di quanto lo possa essere il TAN (tasso annuo nominale).
Quello che voglio dire è che il basso costo del denaro potrebbe consentire – a privati e Piccole e Medie Imprese (quelle grosse già lo fanno) di sedersi al tavolo con le Aziende di Credito e riuscire a strappare condizioni migliori per “acquistarlo”; questo nel caso in cui si abbia veramente “voglia” di continuare a lavorare e ad assumere gente per fare questo lavoro; se invece s’intende utilizzare questo denaro ottenuto anche a condizioni vantaggiose per eseguire operazioni di pura speculazione (o peggio), insomma solo “parassitarie”, allora tanto vale che le banche si tengano i loro soldi: tanto, per essere utilizzati mali, ci possono pensare anche da sole.
Questo perché dentro di me è sempre vigile l’idea di qualche tempo addietro e cioè che molti (troppi) imprenditori abbiano “utilizzato” questa crisi come uno spauracchio da presentare alle forze sociali e spendere così il meno possibile per compiere nelle loro aziende un vero e proprio “repulisti”; ricordate il concetto??

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