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venerdì, ottobre 01, 2010

DUE PAROLE SULLA MGISTRATURA 

Ricordate la vicenda che circa cinque anni fa vide coinvolto il Principe Vittorio Emanuele (forse sarà diventato Re nel frattempo?) per una storia di gioco d’azzardo illegale? Il tutto si svolse a Potenza nel 2006 e il protagonista principale fu il celebre P.M. Henry John Woodcock (quello che si presentava tutto bardato da motociclista) che riuscì addirittura a far trascorrere una settimana il galera al nobiluomo e solo dopo questo tempo concesse gli arresti domiciliari.
Su questa parte della storia, vale la pena citare una dichiarazione veramente gustosa di Vittorio Emanuele: “nel 2006 mi ha fatto prelevare con un tranello ed è strato più abile di Hitler che nel 1943 aveva cercato di farmi rapire in Svizzera”.
Tutto questo preambolo a quale scopo? Semplice, solo dopo quasi cinque anni il Tribunale di Roma ha assolto il Principe dall’accusa di essere a capo di un’organizzazione attiva nel gioco d’azzardo illegale.
E ora? Cioè, come la mettiamo con il risarcimento al Principe? Vittorio Emanuele che indubbiamente è stato “sputtanato” dal combinato disposto di magistratura e giornali, ha già preannunciato la richiesta di risarcimento, distinguendosi nello stile della prassi risarcitoria: “mi accontenterei se lo Stato Italiano consentisse di portare le salme di mio padre e mia madre nel Pantheon”; la frase rivela una classe “principesca”.
E il P.M.? per il signore che ha un nome (doppio) ed un cognome stranieri, non c’è stata nessuna reprimenda, anzi è stato trasferito in una sede più prestigiosa: Napoli.
Il secondo caso che voglio citare non si riferisce esplicitamente alla magistratura ma alla sua “assenza” in alcuni casi di violenza incomprensibile che si stanno verificando sul litorale tirrenico: mi riferisco a numerosi attacchi ad ambulanze delle Pubbliche assistenze con calci, pugni e aggressioni ai volontari che – visto i rischi fisici ai quali sono sottoposti – stanno pensando di rinunciare ai servizi.
Chi sono questi “imbecilli”? Dalle notizie, sono piccole bande di bulletti di periferia che si avventano sul mezzo di soccorso e lo mettono fuori uso, dopo aver spaventato i volontari per indurli alla fuga. A scatenare questa violenza insensata, sembra farla da padroni l’alcool e la droga; cioè, i ragazzi che compiono queste azioni scellerate sembrano essere in preda a queste tipologie di “sballo”.
E adesso vediamo il motivo che mi ha indotto ad accostare questi due eventi: il primo – quello che ha come protagonista il Principe – ha reso moltissimo, in termini di conoscenza pubblica, al P.M. con il nome straniero e, ovviamente, sono queste le operazioni che vengono privilegiate in quanto sia per la conoscenza del grande pubblico e sia per la propria “autostima”, molto più fruttiferi.
Nel secondo caso – gli attacchi alle ambulanze – la notorietà è limitata a un paio di giorni sulle cronache locali e quindi è facilmente comprensibile che non c’è paragone con i mesi in cronaca nazionale che “rende” una vicenda come quella del Savoia.
La “madre” di tutte queste vicende si è avuta all’epoca di “mani pulite”, con il portavoce del pool di magistrati – Di Pietro – che tutti i santi giorni appariva davanti alle telecamere che stazionavano di fronte al Palazzo di Giustizia di Milano; come volete che gli altri magistrati che lavoravano – alcuni alacremente – in giro per l’Italia avranno preso questa sovraesposizione mediatica del celebre P.M.; in un mio articolo di qualche tempo fa, ipotizzavo una moglie “ideale” di un magistrato che al rientro in casa del marito, gli rinfacciava la mancata presenza televisiva con questa frase: “anche oggi non sei in TV, ma c’è quell’altro”; chiaro il concetto??

mercoledì, settembre 29, 2010

I MOSTRI DELLA PALUDE 

Non è il titolo di un film dell’orrore, ma è la palude che è diventata la nostra politica e i mostri sono gli attori di questa commedia che ormai è diventata fastidiosa, perché sappiamo come comincia e sappiamo anche che non ha una fine – come tutti noi ci aspetteremmo – ma solo una prosecuzione sotto una nuova e diversa forma; e basta!
Siamo nel 1953 e il vecchio Alcide De Gasperi, con il suo “senso dello stato”, comincia a scocciare così tanto i suo colleghi di partito, che viene “costretto” ad andarsene e si ritirerà in una modesta casupola acquistata dal Partito e regalatagli con cerimonia semplice ma toccante; già, anche in questo caso abbiamo una “casa” ma i presupposti e la situazione sono completamente diversi da quello che tutti voi state pensando.
Dopo le dimissioni di De Gasperi, il primo atto del Presidente della Repubblica dell’epoca, Luigi Einaudi, fu l’incarico al democristiano Attilio Piccioni, della formazione del nuovo governo; e in quell’occasione nacque il primo “scheletro” tirato fuori dagli “amici” per metterlo tra i piedi dell’uomo politico di turno: mi riferisco al cadavere della bella Wilma Montesi, al quale venne legato il figlio di Piccioni e, di conseguenza, anche il padre; come è ben noto, l’uomo politico non c’entrava niente, ma in quell’occasione venne creata una colossale montatura giudiziaria-giornalistica che fu il primo esempio del genere e che tramortì il popolo italiano che non comprese niente della vicenda sottostante, ma cominciò a percepire un certo puzzo di marcio.
Da allora non ci siamo più fermati e gli scandali – veri o costruiti a tavolino – si sono susseguiti uno dietro l’altro, ma il sistema dei partiti è sempre lì, immutato nella sua potenza e immutabile nella sua faccia di bronzo.
E i problemi che assillano il Paese? Solo se fa comodo a qualcuno di loro, si comincia a parlarne, altrimenti si fa finta che non esistano: avete notato che da quando è scoppiato lo scandalo della casa di Montecarlo non c’è stata più nessuna notizia delle mosse che il Governo dovrebbe mettere in atto per tutelate il potere d’acquisto dei salari; a questo proposito, sono costretto a presentarvi alcune cifre che mi servono per corroborare il concetto: la prima è che l’indice dei prezzi – a quota 110 nel 2000 – ha fatto un balzo fortissimo negli ultimi anni ed è approdato a quota 139.
Responsabili di questo aumento sono gli affitti (+42,7%), i trasporti (+37,8%), l’istruzione (+34,5%) e gli alimentari (+34,1%), con l’unica voce in diminuzione che è rappresentata dalle comunicazioni (telefonia e diavolerie simili) che hanno fatto segnare un -31,9%.
A questo si aggiunge un aumento del carico fiscale che è arrivato al 43,2%, cifra tra le più alte in Europa, battuta solo da Francia e Belgio che superano il 45,5%, mentre la Germania al 40% e la Gran Bretagna al 38, mostrano differenze sensibili con il nostro carico fiscale. E questo carico si approvvigiona in massima parte dal mondo del lavoro dipendente, il più tartassato, insieme ai pensionati, in quanto la trattenuta avviene prima che il dipendente venga in possesso del denaro.
A proposito del lavoro, una battuta delle mie: la nostra Repubblica è, com’è noto, fondata sul lavoro; come ricompensa lo stesso lavoro riceve le maggiori attenzioni dal fisco; di contro, la speculazione, i giochi in Borsa, le scalate e chi più ne ha più ne metta, insomma tutto quel mondo della finanza . che la Costituzione non nomina, non è quasi per niente tassato, con la motivazione che “altrimenti gli operatori vanno ad investire da un’altra parte”. Comunque sia, almeno cambiamo la frase sul lavoro citata dalla Costituzione; non siete d’accordo??

lunedì, settembre 27, 2010

INSEGNAMO A TUTTI…MA POI… 

Il mestiere dell’occidente sembra essere quello di insegnare a tutti le buone maniere e come si vive a questo mondo; così, all’Iran che lapida l’adultera, tutte le masse di questa parte del mondo si mobilitano e inneggiano all’abolizione di questa forma di condanna; ovviamente gli Stati Uniti sono in testa a questa pletora di gente abituata a condannare gli altri ma poco adusa a guardare se stessa.
Mi spiego meglio: negli Stati Uniti, è stata uccisa in perfetto orario con quanto previsto, la signora Teresa Lewis; il metodo adottato è stata l’iniezione letale e tutta l’operazione è durata solo 13 minuti.
Tutta la stampa ha riportato alcuni particolari dell’evento e, specificatamente ha indicato il famoso “ultimo pasto”: pollo fritto, piselli e torta di mele; non è indicato che cosa abbia bevuto, ma è mal di poco.
Perché ho citato questa esecuzione in rapporto alle lapidazioni iraniane? Perché la signora Lewis, accusata di aver fatto uccidere il marito e il figliastri da due balordi con i quali aveva avuto rapporti sessuali, è stata giudicata da più di un medico, “di bassissimo quoziente intellettuale”, cioè – in parole povere – una povera demente.
Ma la macchina della giustizia non ha dato retta a queste banali scusanti e così alle 9 di sera, in pieno “prime time” – massimo ascolto – nella prigione di Jarrat in Virginia, la signora Lewis, dopo aver lottato contro cinque boia-infermieri, con le mani ed i piedi legati, tutta intrisa di sudore, lo sguardo perduto nel vuoto, ha subito l’iniezione letale e dopo pochi minuti è morta.
Dire che “ha fatto una brutta fine” è certamente dire poco, ma quello che mi ha impressionato è stato il contenuto di un cartello che alcuni abolizionisti hanno issato fuori della prigione: “perché uccidiamo persone che hanno ucciso altre persone, per insegnare che uccidere è sbagliato”?”.
Per uno scherzo del destino, proprio mentre la signora Lewis moriva in questo barbaro modo nella prigione di Jarrat, a New York, al Palazzo di Vetro, si stava tenendo il dibattito sui diritti umani e le nazioni che ancora hanno la pena di morte subivano attacchi feroci (USA esclusi).
All’Assemblea dell’O.N.U., verrà riproposta, in dicembre, la mozione sulla moratoria delle condanne a morte; questa iniziativa – che vede l’Italia tra i più attivi nel sostenerla – ha avuto finora l’opposizione “di principio” degli Stati Uniti che l’ha fatta naufragare; i promotori della nuova normativa, forti della presenza di Obama alla Casa Bianca, sperano almeno di riuscire ad ottenere un’astensione, facendo così un grosso passo avanti nella lotta contro la pena di morte.
In questa battaglia, ci sono due “nemici” fortissimi: da una parte l’Iran di Ahmadjnejad che non ne vuol sapere di intaccare le loro leggi islamiche e dall’altra la Cina – numericamente in testa alle uccisioni mediante impiccagione o altro strumento – che continua a ribadire che non vuole interferenze esterne a normative interne del Paese.
Pensate un po’: nella nostra civiltà nella quale la morte è stata sostanzialmente “scomunicata”, se ne parla soltanto in occasione di queste macabre esecuzioni; ormai non la si nomina neppure nei necrologi, sostituendola con “la scomparsa di”, oppure “la dipartita”, o anche “è mancato all’affetto dei suoi cari”, e via di questo passo; e le cerimonie funebri, a meno che non si tratti di un “personaggio” sono eventi da far trascorrere con rapidità per tornare alla “normalità”. Insomma, la morte resta un valore soltanto per i tribunali che la comminano; vi sembra giusto? Abbozziamola e basta!!

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