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giovedì, novembre 15, 2007

RICERCHIAMO I MOTIVI 

Riprendiamo il discorso che stavo facendo sulla vicenda del giovane romano ucciso in modo stupido in un autogrill vicino ad Arezzo, ad opera di un agente della Polizia Stradale; nel mio post di due giorni fa abbiamo già visto – sia pure sommariamente – la dinamica dell’evento e mi ero ripromesso di affrontare in un secondo tempo le cause che hanno scatenato quella terribile violenza che ha incendiato alcune città, in particolare Roma, ad opera di gruppi che potremmo chiamare anche “eversivi”, se non fosse la stessa parola usata da Amato e allora, per distinguersi chiamiamoli “incazzati”.

Anzitutto, sul piano delle indagini volte ad individuare la dinamica dell’evento, si può dire che sembra ormai appurato che l’agente avrebbe sparato “intenzionalmente” verso l’auto dei romani e lo avrebbe fatto addirittura con il gesto tipico degli sparatori: tenendo la pistola con due mani per mirare meglio e diminuire il rinculo dell’arma.

Ma torniamo alle manifestazioni e diciamo subito che non possono essere solo ed esclusivamente derivate dall’evento, sia pure tragico, della morte del giovane; evidentemente c’è qualcosa in più: la prima cosa che mi viene in mente è l’infiltraggio nei gruppi di ultras di persone che hanno interesse a creare il caos, siano essi di estrema destra o di estrema sinistra; questo è sicuramente possibile ma non probabile e neppure provato da qualcosa: il blaterare che sento in giro ad opera di esponenti governativi circa l’eversione terroristica mi sembra talmente fuori luogo che non merita neppure un commento adeguato.

Piuttosto, riflettiamo un momento su quelli che possono essere i pensieri di un giovane “normale” (di destra o di sinistra, ritengo non impostante la differenza) nei confronti del potere costituito: dalla vicenda di Genova (attacco dei black-block in occasione del G8), tutti coloro che sono abituati a scendere in strada per qualche manifestazione, rilevano che il potere tende sempre a proteggere la Polizia, magari non lo fa sulla stampa, ma quando si arriva in Tribunale state certi che il singolo agente non viene lasciato con le proprie responsabilità ma viene assistito in ogni modo.

C’è poi l’altro aspetto del problema e cioè il modo con cui i mass media presentano il potere politico – la “Casta”, come lo definisce un libro di successo – sottolineandone in modo particolare gli aspetti negativi, le ruberie, l’incapacità decisionale e soprattutto l’uso che viene fatto del potere, cioè sempre a beneficio proprio o di propri raccomandati (famigli o sodali).

Mi sembra naturale che in questa sommatoria di contesti negativi il giovane veda il “rappresentante” del potere (cioè il poliziotto), come un qualcosa di simbiotico alle ruberie ed agli interessi privati, un protetto, uno abituato alle soperchierie: c’è da dire che questo modo distorto di ragionare è in diretta correlazione con l’uso smodato dei mass media, in particolare di quelle trasmissioni dove albergano coloro che io definisco “cattivi maestri”, cioè coloro che dall’altissimo scranno televisivo danno giudizi e pareri per tutto quello che avviene nel mondo senza averne nessun titolo; se volete dei nomi, vi posso citare la Parietti, Platinette, Biscardi, ma potrei continuare.

E vi posso assicurare che questi interventi non sono “innocui”, in quanto dettano dei limiti al ”bene” ed al “male”che non sono quelli autentici e quindi mettono fuori strada tutti coloro che si bevono queste trasmissioni e i relativi conduttori.

Ricondurre tutto ad una cattiva fruizione dei mass media può sembrare semplicistico, ma credete a me, la massificazione e la successiva colonizzazione dei cervelli è colpevole e il guaio è che non c’è nessuno che se ne renda conto e quindi nessuno che la combatta nei modi appropriati.

martedì, novembre 13, 2007

L'ARGOMENTO DEL GIORNO 

Mi vedo costretto ad affrontare – di mala voglia – l’argomento che ha preso piede in tutti i mass media e in tutte le discussioni, compresi svariati blog: alludo all’uccisione del giovane romano, di fede laziale, da parte di un agente della polizia stradale, fatto avvenuto in un’area di sosta alle porte di Arezzo.

Da quello che sappiamo al momento, possiamo così ricostruire l’evento: nella parte della corsia verso Nord, si ritrovano all’autogrill due auto, una di tifosi laziali e l’altra di supporter juventini; tra le due fazioni volano degli sfottò che ben presto si trasformano in autentiche offese e successivamente in qualche spintone con alcuni (probabilmente, perché nessuno ne parla) cazzotti da entrambe le parti.

Dalla parte opposta dell’autostrada, cioè in direzione Sud, c’è nella stessa area di sosta una pattuglia della polizia stradale che vede – da lontano, sono oltre cinquanta metri – il tafferuglio e cerca di sedarlo in qualche modo: inizia con il suonare la sirena dell’auto, ma vista l’inutilità del gesto, uno degli agenti impugna la pistola e spara un primo colpo in aria e un secondo….alt, perché qui le versioni divergono abbastanza nettamente.

L’agente afferma che mentre stava correndo con la pistola in mano, gli è scappato un colpo che è andato ad impattare con il giovane romano che nel frattempo era rientrato in auto; l’altra versione - sostenuta da alcuni testimoni oculari - afferma invece che il poliziotto si è portato sopra ad una piccola montagnola e da lì ha fatto fuoco impugnando il revolver con due mani, proprio come si farebbe per mirare a qualcosa.

La versione del Questore di Arezzo è questa: “al momento, si è potuto appurare che il secondo proiettile ha viaggiato parallelo al terreno e quindi ad altezza d’uomo”; la cosa mi sembra talmente ovvia che non meriterebbe neppure un commento: se il proiettile avesse viaggiato ad altezza “superiore a quella di un uomo” non avrebbe colpito l’auto e di conseguenza il suo occupante.

L’episodio, avvenuto poco dopo le nove del mattino, ha ricevuto uno stranissimo ed improvviso tam tam da radio private e da televisioni locali; per effetto di queste casse di risonanza i tifosi che si stavano recando agli stadi sono venuti a conoscenza dell’accaduto ed hanno “preteso” l’annullamento delle partite in segno di lutto: oltre a San Siro, dove è stata sospesa Inter-Lazio, non si è giocato a Bergamo e neppure il posticipo previsto per le 20.30 a Roma.

Intanto le tifoserie si sono scatenate in cortei contro le forze dell’ordine e, specie nella capitale, sono state prese d’assalto alcune caserme e posti di polizia: danni a cose (in genere auto e vetrine) ma nessun ferito di rilievo (per fortuna!).

Il giorno dopo, i dirigenti calcistici e i rappresentanti politici per lo sport, hanno deciso una domenica di sospensione per tutto il calcio: la domenica in questione è la prossima (19/11) ma, guarda caso, la Serie A sarebbe stata ferma in ogni caso per un impegno della nazionale; quindi il provvedimento riguarda solo la B e la C, come a dire le serie minori: attenzione a prendere in giro la gente!!

Fin qui la narrazione dell’evento; adesso dobbiamo chiederci il motivo per cui la gente ce l’ha tanto con le forze dell’ordine (in particolare con la Polizia), tenendo presente che negli scontri e nei cortei non ci si riferiva solo all’evento tragico, ma evidentemente c’era qualcosa d’altro che ribolliva dentro queste frange di ragazzi (di ogni estrazione sociale e politica)

La ricerca di queste motivazioni formerà oggetto del prossimo post e, spero di ricavare qualcosa di interessante.


domenica, novembre 11, 2007

QUESTA VOLTA E' VERO 

Ricorderete che non molto tempo fa tutta la stampa italiana cadde in un tranello teso da un collega giornalista sardo che aveva sparato la notizia di un furto in un Supermercato ad opera di un pensionato, il quale poi era stato perdonato dal Direttore e rimandato a casa rifocillato e con la merce nella borsa; tutto questo non era vero e tutti ci siamo cascati.

Adesso ci risiamo, ma questa volta temo che sia la verità: siamo a Merano, zona tra le più ricche d’Italia, dove un uomo di 74 anni ha patteggiato i 14 mesi di carcere inflittigli dal giudice per aver rubato un etto di prosciutto; questo è vero senz’altro perché la notizia proviene dallo stesso Tribunale di Bolzano che ha condannato il malcapitato.

Ma non basta, perché lo stesso Tribunale, in ottobre, ha emesso un’altra condanna “esemplare”: ha inflitto un anno e quattro mesi ad una coppia di coniugi ultrasettantenni, rei di aver rubato una maglia e qualche paio di calzini.

E allora ci risiamo ed io sono costretto ad arrabbiarmi un’altra volta: ma come, un Paese che si definisce serio come il nostro, permette che avvengano queste cose? I signori giudici che hanno comminato queste pene non credete che siano da cacciare a pedate dall’ordinamento giuridico italiano?

E dopo essermi arrabbiato, torniamo ad esaminare a mente fredda l’accaduto: in entrambi i casi siamo di fronte a delle persone anziane, pensionate, probabilmente in preda anche ad un po’ di marasma senile, che hanno bisogno di alcune cose che non possono permettersi e, anziché rivolgersi alle strutture all’uopo dedicate, si permettono di prendere quello che gli occorre: non sia mai detto! Presi, interrogati, processati e condannati: fulgido esempio della funzionalità della nostra giustizia.

Se poi vogliamo abbandonare il discorso sulla giustizia, possiamo svolgere quello del luogo dove l’evento si è svolto: Merano, celebre per le sue “beauty farm” messe in piedi per far digiunare la gente a costi irraggiungibili per molti di noi: cinque mila euro la settimana e ti tolgo un bel po’ di soprappeso.

Ebbene, in questo contesto da ricchi sfondati ci sono anche quelle sacche di povertà mischiata al cattivo funzionamento del cervello che consentono l’accadimento di queste cose; e poi quando siamo in presenza di disgrazie ci domandiamo perché colui o colei che ha scelto un altro mondo non ha cercato meglio in questo!! Semplice: perché in questo mondo non c’era niente da cercare!!

Ma poi, cercare cosa? Forse un mestiere appendicolare alla pensione? Ebbene, a questo scopo, forse potrebbe essere utile conoscere come si è lanciata nel mondo della malavita una giovane sedicenne calabrese che è entrata in una piccola gang specializzata nelle rapine in banche, con un ruolo ben preciso: l’ostaggio.

La fanciulla, infatti, entrava nella banca pochi minuti prima dei rapinatori e veniva da questi afferrata per i capelli e minacciata di morte con un coltello se gli impiegati non consegnavano i soldi; tanta era la sorpresa e la paura dei presenti, anche per la bella interpretazione della ragazzina, che nessuno reagiva e gli impiegati consegnavano i contanti senza indugio.

Peccato che le riprese delle telecamere a circuito chiuso delle banche rapinate hanno mostrato in varie occasioni sempre lo stesso “ostaggio” e allora, le indagini hanno preso una piega diversa ed hanno messo la Polizia sulle tracce dell’intera banda.

Chissà se la carriera di “ostaggio” potrebbe essere consigliata anche a qualche pensionato che non ce la fa ad arrivare alla fine del mese??!! Forse; e poi sempre meglio della galera…


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