giovedì, luglio 31, 2008
CON LE "BUONE" SI FA POCO!!
Chi lo ha letto, avrà notato che nel mio post di due giorni fa, asserivo – con la sicumera degli ignoranti – che “con le buone non si combina niente”, intendendo con questo che nel nostro Paese, un qualsiasi spostamento di voti verso uno o l’altro dei poli in gara, non modifica il criterio di ripartizione della ricchezza (poca o tanta che sia) in quanto ci sono delle abitudini cosi inveterate che non le rimuove nient’altro che…….
A riprova di quanto sopra, proprio ieri l’Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato i criteri di ripartizione dei rimborsi elettorali per le politiche del 2008.
Facciamo un breve inciso: in questa situazione, nella quale il Governo fa i salti mortali per far quadrare un bilancio che è tondo; in questi momenti dove si sente rifiutare interventi assistenziali che dovrebbero essere ovvi; in questi momenti in cui si mette in discussione il diritto alla salute e si pensa a reintrodurre i famigerati ticket; in questi momenti …. potrei continuare, si fa vedere alla gente che i signori dei partiti avranno a disposizione per i prossimi quattro anni un massimale di 50 milioni 309 mila 428 euro per ciascun anno (molta stampa non fa rilevare che la cifra è annuale!!).
Il criterio di ripartizione è molto semplice: alla suddivisione della torta parteciperanno tutti i partiti che abbiano superato l’1%, quindi, anche alcune formazioni che non fanno più parte del Parlamento italiano, in quanto la soglia di sbarramento è più alta; l’ammontare dei rimborsi sarà di circa un euro per ogni voto ottenuto.
In base a tale principio, il PDL la fa da padrone con oltre 19 milioni annui (13 per F.I. e 6 per A.N.), seguito dal PD con 17 milioni e dall’UDC con quasi 3 milioni, sempre annui; al successo elettorale di Lega e Italia dei Valori, ha fatto seguito il boom dei rimborsi per i due partiti che hanno raggiunto, rispettivamente oltre 4 milioni e poco più di 2 per Di Pietro: per entrambe le formazioni un aumento di quasi il 50%.
Il crollo elettorale è pari a quello dei rimborsi per le varie formazioni della sinistra estrema: tutte insieme si divideranno 1.5 milioni di euro: se pensiamo che nella scorsa legislatura il solo PRC incasso quasi tre milioni per ciascun anno, si vede bene come i compagni siano alla revolverata.
Per il “povero” Mastella, un trattamento particolare: pur essendo scomparso dal piano di ripartizione, l’Ufficio di Presidenza ha deliberato di corrispondere all’UDEUR per altri tre anni la stessa cifra maturata con le elezioni del 2006; non mi chiedete il motivo perché non lo conosco!!
Da notare che l’Ufficio di Presidenza è formato dai rappresentanti di tutti i partiti attualmente presenti alla Camera in parti uguali e non secondo l’importanza della formazione politica: questo mi conferma che “sono tutti d’accordo” specialmente quando c’è da mangiare.
Questo concetto mi viene confortato dagli atteggiamenti che vengono presi in questi primi mesi di governo: sono tutti bravissimi a bacchettare i fannulloni (e fanno bene!!), ma non mi risulta che nessun parlamentare abbia messo mano a qualche provvedimento che riduca “i privilegi” che lor signori (ma anche amici e sodali) si sono costruiti; non ci sarebbe neppure da studiare tanto, visto che due libri (“
martedì, luglio 29, 2008
COMPAGNI, MA DOVE STATE ANDANDO ??
Si è chiuso il congresso di Rifondazione Comunista e la lotta tra Vendola e Ferrero per la segreteria del partito, si è conclusa – di stretta misura – con la vittoria di quest’ultimo, il quale ha affermato come al primo punto del suo programma ci sia “la ricostruzione di un limpido conflitto di classe in questo paese”.
A parte l’aggettivo “limpido” che non mi è molto chiaro, ritengo di poter affermare che il partito della Rifondazione Comunista si impegna in una sorta di rivoluzione, magari in stile più moderno di quelle che la storia ci ha consegnato, ma sempre di rivoluzione si tratta, quando “la classe dominata, dopo avere acquisito i mezzi di produzione, abbatte la classe dominante e vi si sostituisce”.
Ma all’affermazione di Ferrero, tutta l’intellettualità che si proclama “di sinistra”, controbatte alcuni concetti che superano l’antica strada del richiamo all’operaismo, e ricorda, con saccenza, come “le classi non esistano più” e che “la classe operaia è minoranza nei ceti popolari”.
La prima affermazione (le classi non esistono più) evidentemente parte da uno stereotipo non ancora superato, ma ricordiamo loro e ricordiamocelo anche per noi, che “gli scalini” o “le classi” – chiamiamole come si vuole – esistono eccome e sono rappresentate dai diritti in mano a ciascuno di noi e dalle prospettive di vita che ogni individuo ha per se e per i suoi figli.
Sulla quale di questo possiamo considerare meglio la seconda affermazione (“la classe operaia è minoranza nei ceti popolari”) e qui il discorso si fa più complesso e richiede l’introduzione di un nuovo termine – caro a Pasolini – e cioè di “sottoproletariato”, con cui si intende la fetta di umanità che sta ancora aspettando di accedere al proletariato, cioè – per i canoni classici – la classe più bassa di tutte.
In quest’ultima categoria ci possiamo mettere tutti coloro che fanno parte del precariato, nonché la grande fetta di immigrazione che scende da noi per cercare da mangiare: se non sono sottoproletari loro non saprei dove cercarne altri.
Ma torniamo a Ferrero ed alla sua auspicata “lotta di classe”; come intende attuare questa lotta che, sia pure in forma surrettizia, incarna la rivoluzione?
E qui siamo veramente nel difficile, perché i canoni per la riuscita della rivoluzione sono sempre gli stessi: situazione oggettivamente rivoluzionaria (e questa ci potrebbe anche essere), classe sociale disposta a fare la rivoluzione (e qui mi crescono i dubbi) e per finire un partito autenticamente rivoluzionario (e qui i dubbi mi si ingigantiscono).
Spiegatemi infatti per quale motivo i vari Ferrero, Diliberto, Vendola, Giordano e compagnia bella, dovrebbero mettere a rischio la loro lauta prebenda mensile che gli proviene da “sudatissimi” anni passati in Parlamento (circa 10.000 euro).
Qualcuno mi dirà: ma ci sono le nuove leve, quelle che non sono integrati completamente con il partito ma che hanno altre vite trascorse in modi diversi, altre provenienze storiche: vogliamo fare qualche nome? Eccone uno: Vladimir Luxuria, imbarcato in Parlamento in virtù della sua “diversità” che al momento poteva apparire come qualcosa di rivoluzionario.