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sabato, giugno 21, 2008

PRIMI COMMENTI ALLA FINANZIARIA 

A livello di immagine – e tenendo presente il mio assioma “che l’immagine di una sedia non è una sedia” – le due operazioni più eclatanti e vistose sono senza dubbio la Robin Hood tax, con la quale – allo stesso modo del celebre bandito inglese – si toglie ai ricchi (banchieri, assicuratori, petrolieri) per dare ai poveri.

Già, ai poveri, ma come e quanto viene riversato a questo ceto disgraziato? Dalle prime informazioni sembra che un milione e duecento mila pensionati (con quale reddito non è dato ancora sapere) riceverà a casa una “carta prepagata” del valore di 400 euro e valida un anno, da utilizzare in due modi: “direttamente”, comprando generi di prima necessità e scalando l’importo dalla tessera, e “indirettamente”, esibendola per ottenere sconti da strutture commerciali convenzionate e dai gestori delle utenze.

Si vede subito che la modalità dell’iniziativa è partita da un esperto di marketing e non da un economista “puro”; perché dico questo? Anzitutto per il mezzo, lo strumento adottato – “la carta prepagata” – che ha un vago sapore di modernità e che, nelle mani di arzilli vecchietti o vecchiette li farà ringiovanire allo stesso modo dei veri fruitori delle prepagate, cioè i giovani che con questo strumento ricaricano il loro telefonino.

Se andiamo poi alla sostanza delle cose, notiamo subito che i quattrocento euro, spalmati in 365 giorni, rappresentano poco più di un euro al giorno, cifra che sicuramente non cambierà la vita dei destinatari dell’obolo.

Mi direte: ma allora non sei mai contento!! No, voglio essere sincero, l’operazione ha il mio avallo, anche se prima di darlo in via definitiva mi aspetto di vedere i destinatari della carta; quello che mi induce a qualche mugugno, è la constatazione che questa mossa, da sola, non darà la svolta desiderata ai consumi privati del paese, in quanto non sarà sufficiente neppure a pagare gli aumenti che stanno arrivando su generi alimentari ed energia.

Però, come si diceva prima, “meglio di niente”! Ed infatti così mi sto comportando, specie riflettendo che l’intera operazione, tra carte Valore delle “prepagate” e rimborsi alle aziende che praticheranno gli sconti, supera i 500 milioni di euro che, come si è detto tante volte, non sono bruscolini.

Evidentemente una parte della “Robin Tax” deve andare per alleviare il debito dello Stato e fin qui non c’è niente da ridire; quello che vorrei aggiungere è che il prelievo dello Stato non può esaurirsi con questa forma di tassazione, sia pure straordinaria, ma deve comprendere altre soluzioni che consentano il contestuale abbassamento delle tasse alle fasce medio basse.

Ed una delle soluzioni che mi vengono in mente e che NON ho sentito nominare neppure di striscio, è l’attacco alle rendite finanziarie, fatti salvi ovviamente i titoli statali; non sono un esperto in materia, ma se c’è una “rendita parassitaria” è senza dubbio quella riveniente dai guadagni di borsa: attualmente queste risultanze vengono tassate al 12,5% e credo che sia l’ora di raddoppiare (almeno!) l’aliquota, portandola tra il 25 e il 30 per cento.

Di questa iniziativa provò a farsi carico anche il governo Prodi, ma la cosa non andò in porto, forse per le pressioni dei tanti “finanzieri” interessati.

Spero proprio che l’attuale esecutivo – anche per dimostrare di essere migliore del precedente – vorrà intraprendere la strada dell’aumento della tassazione per le rendite da guadagni borsistici: sarebbe una bella dimostrazione di “forza” e di “socialità”. Nel caso che non ci provi, mi potrebbero venire alcuni sospetti….


giovedì, giugno 19, 2008

E ORA COME LA METTIAMO CON L'EUROPA ?? 

La bocciatura da parte degli irlandesi del trattato di Lisbona, una sorta di Costituzione Europea, ha messo in crisi tutti coloro che sostengono la necessità di rinvigorire l’integrazione europea.: i cittadini irlandesi, hanno invece detto un secco “no” (53,4 a 46,6) a questo trattato – che probabilmente non hanno neppure letto – e, di conseguenza, alla costruzione di questa Europa che non capiscono e quindi non possono che respingere in quanto ai loro occhi toglie alle nazioni una parte di autorità.

Se ricordo bene, il cosiddetto “trattato di Lisbona” non è altro che una rimasticatura della prima edizione della costituzione europea, quella per intenderci che fu partorita da una commissione alla testa della quale c’era il francese Giscard d’Estaigne; questa prima bozza – presentata ovviamente come Costituzione Europea – subì una serie di smacchi dai cittadini dell’unione, a cominciare dall’Olanda e dalla Francia, mentre altri stati – come ad esempio l’Italia – non hanno sottoposto la ratifica alla consultazione popolare, ma l’hanno tenuta nei luoghi bui del parlamento dove tutti i votanti avevano interesse che l’Europa, ed in particolare tutti i suoi “carrozzoni”, andasse avanti.

Il “no” di un paese non certo grande come l’Irlanda, blocca di fatto l’adozione della Costituzione e – tutti mi insegnano – che uno Stato senza la Costituzione è un non senso; tutto questo perché uno spirito candido, in sede di stesura delle norme fondanti dell’unione, scrisse che l’approvazione della Costituzione avrebbe dovuto avvenire “all’unanimità” e quindi anche l’Irlanda da sola può bloccare l’Europa.

Quali le reazioni a questa situazione? Il borioso Presidente della Commissione europea, il portoghese Barroso, con l’arroganza tipica di colui che detiene un potere per virtù “divine”, afferma che le ratifiche del trattato – già approvato in 18 stati sui 27 dell’unione – devono andare avanti, quasi a voler significare che se al termine del giro di ratifiche, la maggioranza delle nazioni aderenti avrà detto “si” il trattato di Lisbona, basterà modificare la norma che impone l’unanimità e così il gioco è fatto.

Un’esperta di affari europei, Oana Lungescu, sottolinea che “questo è il terzo referendum fallito in tre anni per l’U.E.” il che a suo modo di vedere “significa un crescente divario tra la gente comune e il governo di Bruxelles” ; troppo giusto, aggiungo modestamente io, associandomi all’osservazione.

E in Italia? Dopo gli scontati inni di vittoria dei leghisti, un amareggiato Romano Prodi rileva che “è chiaro che la volontà popolare va rispettata, ma è altrettanto chiaro che l’U.E. deve andare avanti e che i popoli che decidono di non ratificare il trattato devono trarre coerentemente le conseguenze”; traduzione: espelliamo l’Irlanda!

E mentre Berlusconi fa filtrare solo la sua “preoccupazione”, il Presidente Napolitano ragiona in modo molto simile a Prodi, affermando che “un Paese che rappresenta meno dell’1% della Popolazione dell’Unione non può arrestare l’indispensabile processo di riforme e quindi è l’ora di fare scelte coraggiose, lasciando fuori chi minaccia di boicottarle”; traduzione: espelliamo l’Irlanda!

Come si vede il referendum tra la gente che conta dice unanimemente che l’Irlanda rappresenta un impedimento e quindi meglio “non disturbare il manovratore”; freghiamocene dell’unanimismo e adottiamo il motto “vince il 51%”

Nessun politico che faccia un po’ di autocritica e si chieda il motivo di quest’ultimo “no”, da parte poi di un Paese che ha avuto tanto dall’Europa in termini economici. Forse non c’è la minima intesa tra i “palcoscenici” di Bruxelles e la “platea” dei cittadini europei, che assiste ad una pantomima che non riesce proprio a capire!!


martedì, giugno 17, 2008

UN ERRORE PER PARTE !! 

Chi ha fatto questi errori? Ma i due galletti che si stanno spartendo il potere e più precisamente Berlusconi e Veltroni.; quali errori? Il primo di ricreare una situazione “deja vu” con la lotta alla magistratura che lo perseguita; il secondo il troncare il discorso ben avviato con la maggioranza, solo per “inseguire Di Pietro”

Ed ora esaminiamoli un po’ meglio questi due errori, cominciando da Berlusconi che si sente braccato dalla magistrature che lo tiene ancora “sotto schiaffo” per una vicenda risalente al 1997 di tangenti pagate a tale avvocato Mills per corrompere i giudici (la tesi dell’accusa) o per diritti di sfruttamento su alcuni film (quella della difesa) e chiede una sorta di scudo giudiziario, analogamente a quanto già avviene in altri paesi europei, ad esempio in Francia, che consiste nel procrastinare il giudizio per le cinque “Alte Cariche” dello Stato, fino al termine del loro incarico.

Sia chiaro, come dirò più approfonditamente sotto, che alla gente di questa vicenda non frega niente; sa di essere governata da una persone che tutto è meno che uno stinco di santo, ma ha avuto cose ben peggiori. Il problema è che la gente comincia ad avvertire che mentre tutte le prime pagine dei giornali sono piene di titoli sulle vicende giudiziarie del premier, la borsa della spesa è sempre più vuota ed il portafoglio altrettanto e quindi comincia a stufarsi di ritornare a discutere sugli stessi argomenti ed ha quasi l’impressione che la politica si sia già dimenticata del risultato elettorale.

D’altra parte, viene facile alla maggioranza chiamata a governare ed al momento inadempiente verso gli elettori, imputare la non realizzazione dei programmi agli attacchi dell’opposizione e, per soprammercato, della magistratura.

Quello che la gente della strada si aspetta veramente – e la prossima “finanziaria” potrebbe essere un’occasione per rispondere a queste esigenze – sono delle norme che distribuiscano in forma più equa i risparmi che si stanno mettendo in cantiere (Pubblica Amministrazione, Enti locali, Sanità, eccetera); dalle prime avvisaglie non si riesce a scoprire niente che faccia sorridere coloro che adesso sono parecchio preoccupati; non dimentichiamoci che con i primi freddi scade la “luna di miele”, confermata dalla tornata elettorale in Sicilia, dove la maggioranza di governo ha fatto cappotto: 8 province a zero (delle quali 3 erano “rosse”.

Ed ora vediamo l’errore, ovviamente per me, che sta commettendo Veltroni: dopo avere inaugurato un’opposizione di stampo anglosassone (vedi il governo ombra) adesso si sta facendo risucchiare da Di Pietro in una opposizione che in passato ha già causato la sconfitta del centro-sinistra, cioè l’opposizione “al cavaliere”.

Eppure credo che ormai sia chiaro per tutti, che gli attacchi “ad personam” nei confronti di Berlusconi generano soltanto una sorta di martirizzazione del personaggio che, almeno nelle precedenti occasioni, gli ha portato soltanto maggiori voti dalla gente, alla quale non interessa la vita privata del premier ma le sue realizzazioni.

Dove invece bisognerebbe attaccarlo è nel rispetto delle promesse pre-elettorali, in particolare di quelle aventi uno specifico contenuto di socialità; e invece ci si scatena solo per cose che la gente comune non sente come problematiche importanti per le quali merita lottare.

E per favore, lasciamo stare l’accostamento con la Colombia per i militari che dovrebbero presidiare le strade: ricordiamoci che esiste un preciso mandato dell’elettorato al governo per risolvere il problema della sicurezza “a qualunque costo”: la gente accetterebbe anche i carri armati, figuriamoci quattro soldati!


domenica, giugno 15, 2008

MI E' PIACIUTO VELTRONI !! 

Incalzato dagli eventi e sospinto da un Di Pietro che si dimostra sempre più una mina vagante, il leader dell’opposizione, Walter Veltroni, ha detto un paio di cose a proposito delle intercettazioni che mi hanno convinto.

La prima è che “mentre gli italiani faticano ad arrivare alla fine del mese” il governo pensa alle intercettazioni; e vorrei vedere come dar torto al bravo Walter, specie perché con il precedente governo ci siamo più volte incazzzati sulle quisquiglie che si andava a discutere mentre l’andamento dell’economia andava segnando sempre cifre negative.

Adesso siamo nella stessa situazione e l’ufficio marketing di Palazzo Chigi ha suggerito al suo inquilino di fare un po’ di polverone sulle intercettazioni telefoniche, almeno fino a quando non si trova qualcosa di meglio o – come sarebbe sperabile ed auspicabile – si mette mano a qualche provvedimento che ridia alle famiglie con redditi medio bassi lo stesso potere d’acquisto che gli è stato eroso dai circa 9 o 10 punti di inflazione piombati sul capo degli italiani negli ultimi due anni.

La gente comune, quella che al mattino si alza presto per andare a lavorare – i fortunati che hanno un lavoro – oppure a cercarsi un lavoro (cosa sempre più difficile), è ancora “in luna di miele” con l’esecutivo, ma l’effetto durerà al massimo fino all’inizio del prossimo autunno, dopo di che si cominceranno a trarre delle somme ed a stilare i primi bilanci; in questo periodo – definiamolo ”d’esame” – l’argomento delle intercettazioni telefoniche, in qualunque modo venga risolto, non avrà nessuno spazio, perché non ha grosso appeal tra le persone, che hanno ben altro da pensare..

Ma a proposito delle intercettazioni, mi piace ricordare la seconda affermazione di Walter che ho apprezzato: pur spinto dall’irruenza di Di Pietro a fare a cazzotti, ha prima affermato che “tutti sentiamo il bisogno di nuove regole” e poi ha continuato dicendo che il problema, più che nel merito delle intercettazioni, sta nella loro diffusione che deve essere regolata con norme severe in modo che i cittadini che non hanno fatto niente di male non trovino i loro nomi sui giornali”.

E così facciamo un piccolo passo indietro e torniamo al mio post del 10 corrente che ha suscitato una ridda di commenti, i più svariati e i più articolati; dopo avere riconfermato che sono stati tutti molto graditi, volevo chiarire che il mio intervento non era centrato sulla tipologia dei reati da controllare oppure no, quanto sulla loro diffusione scriteriata, cioè senza un criterio che. non sia quello dello “scandalo”.

Nessuno può illudersi che la Magistratura possa fare a meno delle intercettazioni, ma, così come avviene in paesi a noi vicini tipo la Gran Bretagna, il loro utilizzo è limitato alle indagini, in quanto non è prova ammissibile in tribunale; e della loro diffusione non se ne parla proprio, in quanto sono tutti atti “secretati” e quindi la loro uscita dalle cancellerie dei tribunali è “colpa” soltanto di qualcuno all’interno ed infatti non si ha memoria di pubblicazioni di tali conversazioni neppure sui celebri tabloid scandalistici. E ritorniamo così alla diffusione: a chi dobbiamo imputarla? Ai Magistrati ed ai loro collaboratori oppure agli avvocati difensori che ne entrano in possesso e, per una loro strategia particolare, decidono di consegnarle alla stampa?

In proposito vorrei concludere con una battuta che mi è particolarmente piaciuta: costringere un Magistrato a non diffondere le intercettazioni, specie le più piccanti, è come costringere un dongiovanni, dopo la conquista di una donna, a non raccontarlo agli amici. Dovete convenire con me: carina e rende bene l’idea!!


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