venerdì, agosto 17, 2007
GIOCHI PERICOLOSI
E, manco a dirlo tutti questi prodotti vengono realizzati in Cina, sia pure con tutto il controllo che
Facciamo adesso alcuni esempi di prodotti dichiarati “pericolosi per la salute”: partiamo dall’ultimo esempio, quello del celebre dentifricio Colgate diventato celebre per il famoso Carosello degli anni ’60: in esso si sono trovate tracce di sostanze nocive e la sua produzione avviene in Cina con un falso marchio americano; ci sono poi le carpe e le anguille nelle quali sono state trovate tracce di sostanze cancerogene: provenienza Cina.
C’è poi il cibo per cani alla melanina ritirato dal commercio dalle autorità statunitensi dopo che migliaia di cani e di gatti sono deceduti: provenienza Cina; potrei continuare, ma la sostanza credo di averla già espressa: i controllo igienici e farmacologici in Cina sono da paese del terzo mondo.
Ma allora perché continuiamo a fare commerci con loro come se fossero l’Inghilterra o
Torniamo alla vicenda Mattel e proviamo a sviluppare alcuni concetti: questa enorme azienda, vera multinazionale soprattutto perché ha stabilimenti in tutto il mondo, costruisce i propri giocattoli nei luoghi dove la mano d’opera costa meno; del resto è un assioma del più sviscerato industrialismo quello che vuole la fabbrica inseguire la mano d’opera meno cara.
Ma questo procedimento che prevede la fabbricazione in luoghi i più disparati, che tipo di rapporto conserva con la casa madre? Sembrerebbe che il controllo di gestione e la supervisione sulla produzione sia demandata all’azienda californiana, ma in molti casi questo controllo risulta fortemente deficitario in quanto troppe sono le cose da visionare e pochi gli addetti al controllo (ovviamente per le solite ragioni: il costo che si riversa sul prodotto finito).
Tutto questo non è soltanto effetto deteriore della già deteriore globalizzazione, ma è anche frutto di un brutale, medioevale “affarismo” che ricerca la realizzazione del prodotto con il minore costo possibile e la sua vendita con il maggior ricavo possibile, onde realizzare il massimo del profitto.
E noi siamo schiavi di questo consumismo e ci rivolgiamo addirittura ai negozi cinesi perché la merce che lì viene venduta ha un costo inferiore a quella nostrale: non ci rendiamo conto che ci stiamo covando la serpe in seno, non ci rendiamo conto che stiamo contribuendo a togliere il posto di lavoro ai nostri figli e soprattutto non ci rendiamo conto che il nostro atteggiamento consolida le posizioni di prevaricazione dei magnati del commercio, siano essi cinesi, americani o italiani: di qualunque paese siano, li considero tutti delinquenti, tutti dediti solo all’arricchimento ad ogni costo, tutti seguaci di un solo Dio, quello del profitto avanti a tutto.
martedì, agosto 14, 2007
E QUESTA VOLTA DIFENDO PRODI !!
Sulla polemica circa i modi con cui trattare Hamas, difendo Prodi, almeno fino a quando non mi accorgo che il suo ragionamento è nient’altro che un aggrovigliamento di concetti espressi in puro stile politichese.
Vediamo cosa ha detto il nostro premier, sia pure ancora in vacanza ed al riparo di un ombrellone sulla spiaggia di Castiglione della Pescaia: “Bisogna parlare con Hamas ed aiutarlo ad evolversi ed a lavorare per la pace”: in questo concetto non ci trovo niente che contrasti né con la logica e neppure con la politica; infatti non dobbiamo dimenticare che la fazione palestinese di Hamas ha vinto le recenti elezioni politiche e quindi rappresenta una parte notevole del popolo palestinese, per cui estrometterla e rinchiuderla, o meglio “ghettizzarla” nell’enclave di Gaza sarebbe un modo di dividere
Caso mai si potrebbe dire che a monte di ogni contatto e di ogni discussione si potrebbe “pretendere” che i leader di Hamas facciano un passo avanti verso il riconoscimento dell’esistenza dello stato di Israele, ma questo probabilmente avrebbe troncato la discussione sul nascere, in quanto Hamas si ostina a negare questo riconoscimento.
La presa di posizione di Prodi arriva dopo una serie di dichiarazioni del suo Ministro degli Esteri, D’Alema, tutte bollate da antiebraismo o – quel che è peggio – da volontà filo palestinese; adesso, sembra dire il premier anche per coprirsi le spalle all’estrema sinistra, ci sono anch’io in ballo e in due facciamo squadra.
Uno dei più accaniti accusatori delle parole di Prodi è stato l’onorevole diessino Furio Colombi, ex direttore de l’Unità, che ha stigmatizzato il comportamento del Presidente del Consiglio, affermando testualmente che “con i terroristi non si dialoga”, considerazione che non fa una grinza in linea di principio ma che viene sistematicamente violata nella pratica; ha poi aggiunto che questa presa di posizione è una sorta di approvazione della linea di Hamas e che, conseguentemente, la posizione di Abu Mazen viene fortemente ridimensionata.
Ed anche questo è vero, nonostante in politica ed in particolare in quella “estera” bisogna turarsi il naso con maggiore forza di quando si dialoga al nostro interno: di fatto la situazione palestinese – vera madre di tutti i problemi mediorientali – non può continuare come adesso e quindi si deve agire in modo tale da riportare a galla il principio “due popoli, due stati”, aggiornandolo magari con l’aggiunta di “democratici” subito dopo la parola stati.
Ma continuiamo adesso a concentrarsi sul concetto da cui siamo partiti: è lecito “parlare” con Hamas, anche se è tutto il male possibile e anche di più?
Vediamo anzitutto di definire meglio il concetto di parlare: per fare questo bisogna essere in due, ed entrambi vogliosi di comunicare, altrimenti si raggiunge il massimo della confusione e si arriva a tirare fuori la vecchia affermazione militaresca: “lei stia zitto quando parla con me!!”, con la quale si prevede un solo elemento autorizzato a parlare mentre l’altro deve solo ascoltare.
Questo non è “parlare con”…e non porterebbe a niente; auguriamoci invece che Prodi (e D’Alema) riesca a sbloccare la vertenza palestinese mitigando le pretese di Hamas e riconducendo i suoi dirigenti al tavolo della pace e che in tale occasione venga riconosciuto il diritto all’esistenza dello stato israeliano e al tempo stesso il diritto ad un proprio stato per il popolo palestinese.
lunedì, agosto 13, 2007
LE POLEMICHE SUI ROM
La polemica, all’indomani della morte di quattro piccoli bambini rom in una baracca alla periferia di Livorno, sta montando a tutti i livelli ed ha investito alte cariche nazionali oltre a tutte le istituzioni locali.
La vicenda: quattro bambini (tre figli di una coppia di zingari, una di un’altra coppia) vengono lasciati dai genitori in una baracca costruita – ovviamente senza nessun canone di sicurezza – sotto un cavalcavia alla periferia di Livorno; improvvisamente nella baracca scoppia un incendio che prende vigore anche dai materiali usati per l’alloggio di fortuna: l’inchiesta non ha ancora sciolto le riserve circa i motivi per i quali l’incendio sarebbe scoppiato e, in particolare, sulla violenza fatta registrare dal rogo.
Direi che le polemiche sono le cose che più mi hanno stupito, perché pensavo che l’episodio venisse archiviato sotto l’etichetta di “tanto, sono sempre i soliti zingari, sudici, puzzolenti e ladri”; invece i media – forse a corto di argomenti choc – hanno subito cavalcato l’argomento, mettendo in mezzo anche i soliti VIP che si sono visti costretti ad intervenire.
Vediamo di fare alcuni commenti ai commenti – come è mio costume – ma prima sciogliamo alcuni nodi circa i modi con cui questi nomadi vengono chiamati: “zingaro” deriva dal greco athoinhanos che significa “intoccabile” e rimanda alle tribù indiane che furono fatte confluire nella casta dei paria; “rom” significa “fatto di fango” ma anche “uomo”: questo è il termine con cui la principale etnia zingara designa i propri adepti.
Visto di cosa si parla, sentiamo come i politici hanno attaccato la questione e cominciamo con le dichiarazioni di Prodi che – ancora in ferie – sembra risentire di questa sorta di rilassamento: “E’ un problema politico serio.; l’Europa ha risolto molti problemi interetnici, ma quello dei rom è di una complicazione terribile, perché il loro problema di convivenza è diverso dagli altri”: insomma, aria fritta!!
Gli ha replicato il comunista Marco Rizzo del PdCi che ha detto “le sue riflessioni non sono né di destra né di sinistra, non dicono purtroppo nulla. Che il fenomeno sia complesso lo sapevamo tutti; da chi governa si aspettiamo soluzioni, magari di sinistra”.
Un altro versante della polemica è quello tra il ministro Ferrero e le amministrazioni locali; il primo ha dichiarato infatti che “occuparsi di rom, nomadi, immigrati non porta voti e quindi molte amministrazioni locali, anche davanti alle condizioni disumane dei campi, voltano la testa dall’altra parte”.
Gli hanno risposto Domenici, sindaco di Firenze e Presidente dell’A,N,C.I.(“non ci deve essere una politica di scaricabarile dei diversi livelli istituzionali nei confronti di altri, soprattutto verso i Comuni che devono fronteggiare le emergenze”) e Cacciari, sindaco di Venezia (“il signor ministro crede che sia semplice sistemare i campi nomadi e aiutare i più indigenti coi fondi tagliati? Se sa tutto questo parli, sennò e meglio che stia zitto”).
Possiamo anche concludere – dopo avere ricordato che Hitler ne sterminò oltre 500mila – che l’Europa ha “nominato” l’Italia il paese più razzista nei confronti degli zingari, affermando poi che i “campi nomadi” sono un’istituzione quasi esclusivamente italiana.
Un ultimo commento: gli zingari di Livorno hanno commentato – con il pragmatismo e la rassegnazione della povera gente – che la colpa era dei genitori che tenevano male i loro figli; come dire: lasciamo stare sindaci e ministri e vediamocela tra noi!!