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venerdì, ottobre 13, 2006

DROGA IN PARLAMENTO 

La goliardata delle iene ha avuto successo, forse un successo che le è stato regalato dalle polemiche che sono sorte subito dopo e dall’intervento dell’autorità garante della privacy.
Andiamo con ordine e vediamo cosa è successo: con uno stick di dubbia attendibilità scientifica – ma venduto in farmacia – la troupe della popolare trasmissione televisiva in onda su Italia 1, ha avvicinato un certo numero di parlamentari e, con la scusa di detergere loro il sudore, li ha sottoposti – inconsapevolmente – ad una sorta di antidoping che avrebbe dato riscontri stupefacenti visto che circa un quarto è risultato positivo alla cannabis, ma alcuni addirittura anche alla cocaina e ad altri prodotti a carattere anfetaminico.
Il “prelievo” – a detta degli organizzatori della goliardata – è stato fatto in modo talmente anonimo che, dopo la fine delle operazioni, neppure loro sono in grado di dire chi è il “positivo” e chi il “negativo”.
Nonostante questa segretezza intrinseca all’intero prelievo, il garante della privacy ha vietato che il servizio televisivo andasse in onda perché si vedevano vari deputati e, pertanto, veniva lesa la sfera privata di ciascuno di loro (anche se non veniva detto se il personaggio inquadrato era “positivo” o meno).
Prima di passare alla sostanza della vicenda, voglio subito togliermi un sassolino: non posso altro che apprezzare lo zelo dell’autorità garante della privacy, se non fosse che tale intervento – effettuato con una tempestività degna di miglior causa – fa a pugni con tante altre situazioni nelle quali il garante si è ben guardato dall’intervenire: mi viene in mente la pubblicazione dell’intercettazione telefonica di Alessandro Moggi (il figlio) che raccontava ad un amico tutti i suoi tentativi per sedurre Ilaria D’Amico, giornalista sportiva e gran bella donna che, di conseguenza, veniva messa alla berlina. Nella mia ingenuità, mi viene quasi da pensare che i parlamentari godano di forti privilegi e di una franchigia sulla loro moralità; magari mi diranno che c’è scritto nella Costituzione, ma io lo trovo ingiusto ugualmente!
Ed a proposito di privilegi, credo che il popolo italiano che vota questi signori e li paga lautamente, avrebbe il diritto di averli almeno con il poco cervello che hanno, non offuscato da droghe o altri intrugli, per cui ben venga uno screening di massa per vedere quanti di loro fanno uso sistematico di tali sostanze e poi comunicare a tutti – cittadini, ma soprattutto elettori – il nome dei “positivi”: può anche darsi che faccia bene alla loro prossima campagna elettorale (perché noi siamo strani, basta vedere chi abbiamo mandato in Parlamento) ma può anche darsi che gli elettori del “positivo” non siano d’accordo con lui e smettano di votarlo, o viceversa.
Quindi, sostengo che tutti coloro che aspirano a governare la cosa pubblica non dovrebbero sottrarsi ma anzi sostenere la validità di una sorta di antidoping – eseguito con tutte le garanzie del caso – da potere esibire quale attestato di idoneità a svolgere questi alti e difficili compiti istituzionali.
E chi è d’accordo con me lo dimostri facendosi promotore di una legge ad hoc!

giovedì, ottobre 12, 2006

VI RICORDATE CLEMENTINA FORLEO ? 

Già, proprio lei, l’ineffabile Clementina Forleo che – ad onta del nome che porta – è GUP (Giudice per le Indagini Preliminari) presso la Procura di Milano e che poco meno di due anni fa coniò una sentenza (chiamata “teorema Forleo”) con la quale coloro che compivano atti di violenza in Iraq ed anche coloro che provvedevano al loro arruolamento in Europa, non commettevano reato di terrorismo, perché quegli atti di violenza erano equiparati alla “guerriglia” o “resistenza”; un po’ come dire che erano simili alle azioni dei nostri partigiani nel periodo della grande guerra mondiale.
Il Procuratore Aggiunto Armando Spataro, ricorse in appello, ma anche in secondo grado gli imputati – il marocchino Daki e i due complici Bouyahia e Toumi – venivano assolti, confermando quindi il “teorema Forleo” e, mentre i due coimputati venivano incarcerati per altri reati, Daki veniva liberato e, come si conviene ad uno che non ha paura della giustizia, se ne ritornava in tutta fretta nel proprio paese.
Cosa è successo, nel frattempo, che ha riportato a galla il famoso teorema? È successo che la Corte di Cassazione – pur non potendo entrare nel merito delle vicende giudiziarie – ha annullato le assoluzioni ed ha ingiunto di rifare i processi da capo a tutti e tre gli imputati: in pratica una sconfessione del celebre “teorema”.
Vedete, la giustizia trova sempre una sua logica e infatti la Suprema Corte ha riparato ai disastri degli altri gradi di giudizio; già, ma scarogna vuole che il signor Daki si trovi tranquillamente a Casablanca e da lì rilasci interviste dalle quali traspare una certa meraviglia per questa sentenza; d’altro canto, per quanto riguarda i due complici incarcerati per altri reati, uno ha usufruito dell’indulto ed è stato scarcerato, scomparendo dalla circolazione, mentre il secondo – tale Ali Toumi – è l’unico rimasto in Italia e, presumibilmente l’unico che sarà presente quando verrà rifatto il processo da capo.
Cosa dire di tutta questa vicenda? Anzitutto che l’affermazione “i magistrati non devono fare teoremi ma applicare le leggi” è una solenne bufala, perché tutte le volte che viene decisa l’applicazione di un articolo del codice anziché di un altro, si esegue una sorta di “scelta” che presuppone un utilizzo di un proprio convincimento; il giudice che appare come una sorta di robot al quale si chiede di applicare soltanto la legge, non esiste – per fortuna – e quindi dobbiamo accettare anche gli errori che, essendo uomini (o donne) vengono commessi.
L’iter giudiziario dovrebbe avere nel suo interno una specie di meccanismo che rimette a posto eventuali storture, ma a volte questo meccanismo entra in azione quando “i buoi sono già scappati dalla stalla”; ma questo è un altro discorso!!
L’unica cosa che si può chiedere all’ordinamento giudiziario è una maggiore cautela proprio in questi momenti storici e in particolare dopo l’11 settembre, quando si tratta di reati – o presunti tali – collegati con la piaga del terrorismo: da notare che i tre marocchini portati a processo in Italia, sono collegati alla cellula islamica tedesca di Al Qaeda che ha progettato l’attentato alle Torri Gemelle.
Ripeto, per maggiore chiarezza: ho chiesto “cautela” e non “teoremi all’incontrario”, perché sennò siamo alle solite!

martedì, ottobre 10, 2006

E' RIPRESO L'ARRIVO DEI "REGALI" 

Ricorderete sicuramente la vicenda della piccola Maria, la bambina bielurussa che i genitori italiani “ospitanti” si rifiutavano di rimandare in patria dopo aver saputo delle violenze subite dalla piccola nell’Istituto di Minsk; ricorderete anche la netta e decisa presa di posizione di una Associazione di famiglie in cerca di adozione che parteggiava chiaramente per i “padroni” della Bielorussia nella diatriba con i coniugi genovesi che detenevano Maria: la qual cosa era fatta non per sottili analisi giuridiche o psicologiche, ma semplicemente perché il paese baltico aveva minacciato di bloccare gli invii dei bambini in Italia se non gli veniva riconsegnata Maria.
Allegria!! I bambini bielorussi sono tornati ad allietare le fredde serate dei genitori affidatari e sono atterrati da un jet apposito all’aeroporto di Brescia; le famiglie in attesa del “pacco dono”, dopo avere stigmatizzato l’operato dei coniugi affidatari di Maria, si sono sottoposti alla firma di un documento che li impegna a restituire il bambino entro i canonici trenta giorni, pena pesantissime ritorsioni e, soprattutto, pena l’uscita dal “giro” delle coppie alle quali viene consegnato uno dei balocchi.
Queste “visite” dovrebbero preludere ad una adozione vera e propria, ma – specie con i paesi dell’Est – la situazione è ancora molto ingarbugliata e tantissime sono le domande bloccate dalle autorità straniere per motivi di carattere burocratico: solo in Bielorussia sono 600 le pratiche ferme da qualche anno.
È lecito chiedersi il motivo per cui questi bambini provengono in massima parte da paesi dell’ex blocco comunista; ebbene, è risaputo – ma è bene ricordarlo – che è un atteggiamento tipico dei dittatori quello di incentivare in ogni modo il proprio popolo a fare figli.
Possiamo fare due esempi, lontani tra loro ma assai simili nel concetto: Mussolini dava un premio a tutti coloro che mettevano al mondo dei figli e Ceausescu, il dittatore rumeno, aveva lanciato tra il suo popolo lo slogan che se non ce la fa la famiglia a mantenere i figli, ci avrebbe pensato lo Stato; e così la Romania si è ritrovata oltre 100.000 minori collocati in vari Istituti che adesso aspettano una loro collocazione.
Ma allora, perché questi paesi frappongono tanti ostacoli per l’adozione di questi bambini? Semplice, perché se i bambini diventano “regolarmente” dei figli della coppia “Rossi”, si perde tutto l’indotto della vicenda e viene a mancare il business che è alla base dell’operazione.
Cominciamo dall’Italia e chiediamoci il motivo per cui le Associazioni che curano le adozioni dalla Bielorussia e dagli altri Stati che hanno bloccato le pratiche, continuano a incassare dalle coppie italiani la quota associativa che va dai 3 ai 6 mila euro.
Se poi vogliamo andare a investigare anche sull’operato degli stati esteri, scopriamo subito che questi viaggi in cui il bambino viene mandato, almeno tre volte l’anno, per trenta giorni a casa della famiglia “Rossi”, vengono realizzati rigorosamente con aerei della Belavia (di proprietà del Presidente) a 800 euro a passeggero, ovviamente pagati dalla famiglia italiana destinataria.
Mi sembra che risulti chiaro che se tutto diventa facile e trasparente, si annullano tutta una serie di benefici che adesso arricchiscono varie persone, in Italia e nei Paesi esteri; diciamo quindi che l’obiettivo di tutti è tenere sui carboni ardenti il più possibile queste coppie che anelano un figlio, cercando di tirare più in lungo possibile, ma stando bene attenti a non rompere il cordone che lega insieme i bambini, le associazioni italiane e le relative famiglie associate, nonché le autorità dei paesi stranieri.

domenica, ottobre 08, 2006

PARLIAMO DI FANTAPOLITICA 

Nell’attuale situazione geo-politica, le zone di grande frizione sono più di una, anzi, si possono contare sulle dita di entrambe le mani, ma forse ci vogliono anche i piedi; su queste situazioni vorrei fare un discorso – cinico finché volete, ma realistico – in cui si cerca di considerare le risorse che ognuna delle parti in causa può mettere sulla bilancia della storia.
Prendiamo, per fare un esempio a caso, uno scenario come l’Iran, nel quale all’abbondanza del petrolio non si accompagna una lungimiranza dei governanti in modo da far vivere quel popolo un po’ meglio; ed ecco che quei teocrati inventano il problema dell’energia nucleare per tenere la gente lontana dai problemi reali del paese.
D’altro canto, tutti i paesi europei sono dipendenti dal petrolio iraniano per la loro economia e quindi, quando il premier iraniano, Ahmadinejad, minaccia di chiudere i rubinetti dell’oro nero in caso di sanzioni dell’O.N.U., tutti si sbracciano a dire che “bisogna continuare la trattativa” (già scaduta dal 31.8), oppure che “con le sanzioni non si va da nessuna parte”, ed altre amenità del genere, con le quali si evita di affrontare il problema della sostanza e cioè se l’Iran possa o meno dotarsi di energia nucleare (per scopi pacifici a loro dire) oppure se deve esserci una sorta di “entità suprema (forse l’America??) che dovrebbe dare le pagelle di validità dei singoli paesi e soltanto in base a questo riconoscimento – ovviamente positivo – il richiedente possa intraprendere la strada del nucleare.
Analoga situazione – più o meno pericolosa – si sta svolgendo in altri paesi mediorientali e, alla “intransigenza” degli Stati Uniti corrisponde una “flessibilità” dell’Europa e dell’estremo Oriente.
Allora mi chiedo – e vi chiedo – come mai gli Stati Uniti mostrano così poco interesse per il petrolio iraniano, ed anzi per il petrolio in genere, perché non accettano ricatti neppure dal alcuni paesi confinanti, tipo il Messico e il Venezuela, grandi produttori dell’oro nero.
Oggi, forse credo di avere capito, almeno in parte, i motivi per cui l’America si comporta in questo modo: notizie di agenzia danno per certo che tra venti anni gli Stati Uniti saranno assolutamente indipendenti dal petrolio, in quanto tutta la loro economia e tutto il fabbisogno di energia farà capo alle decine di centrali atomiche che stanno nascendo come funghi su quel territorio.
Ecco, se le cose stanno effettivamente così, allora comincio a raccapezzarmi di più; la loro industria – vero autocrate del paese – può concedere al proprio governo di imbarcarsi in questi logoranti bracci di ferro con i paesi mediorientali e dell’america del sud, in quanto piano piano il paese si sta staccando dall’energia convenzionale per approdare a quella nucleare.
Se ci pensiamo bene, tutto questo ha una sua logica e contribuisce a mettere a posto varie tessere del puzzle mondiale riguardante i comportamenti dei popoli; ed anche i cinesi – che nel loro sterminato paese non hanno petrolio a sufficienza – sembra si stiano votando alla stessa causa del nucleare, onde staccarsi dalla insopportabile dipendenza petrolifera.
Dalle mie parti si dice: “chi vivrà vedrà”; speriamo di incontrarci tra questi venti anni e commentare insieme questa situazione. Arrivederci a quel momento!!

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