sabato, agosto 11, 2012
GIGANTI CON I PIEDI DI ARGILLA
Il “gigante” di cui parlo nel titolo è
l’India, una delle “nuove” grandi potenze del Mondo (i BRICS. Brasile, Russia,
India, Cina e Sud Africa); pensate che oltre 600 milioni di suoi abitanti – più
di tutti gli europei messi insieme – sono rimasti per due interi giorni al buio; da una prima analisi sembra che il
problema sia nato perché quattro Stati del Nord hanno “chiesto” più energia del
solito e quindi l’intero sistema è entrato in crisi.
La produzione di energia nel colosso indiano
dipende per oltre il 50% dal carbone ed è ancora totalmente inadeguata –
nonostante gli investimenti del Governo – per un Paese moderno; e tutto questo
nonostante i consumi pro-capite degli indiani siano tra i più bassi del Mondo (il
36% della popolazione non ha l’energia elettrica.
Ovviamente si sono fermati treni e industrie,
con danni enormi per il grande Paese che, detto per inciso, aspira a far parte
delle “grandi potenze” al più presto e questo non è certo un bel biglietto di presentazione.
Questi i “disagi”, ma pensate ai minatori che sono rimasti intrappolati sotto
le miniere, senza poter usufruire dell’ascensore che avrebbe dovuto riportarli
in superficie.
Il responsabile dell’azienda statale che
gestisce le linee dell’alta tensione, ha detto che il 70% della capacità
operativa totale è stata ripristinata ed ha rassicurato che l’incidente non si
ripeterà più, perché verrà fatto in modo che questi impressivi aumenti di
carico non vengano “tollerati” dal sistema.
Il guasto ha messo alla prova la resistenza e
l’adattamento dei cittadini indiani che,peraltro, sono da sempre abituati alle
bizzarrie della corrente elettrica; si pensi che nella capitale si hanno dei
“tagli” a rotazione in tutti i quartieri – compresa la zona delle Ambasciate –
e quindi proprio per questo l’evento non ha avuto conseguenze tragiche.
Da notare che l'India ha una capacità
di 250mila megawatts, circa il 35% in più di cinque anni fa, eppure si tratta
ancora di una capacità pari a un quinto di quella cinese con quasi un terzo
degli indiani che non sono neanche connessi alla rete elettrica.
La Confindustria
indiana ha emesso un durissimo comunicato in cui ha parlato di una immagine
negativa che scaturisce da questo incidente e che l’India non può assolutamente
permettersi, specie in un momento come questo in cui ci sono già molte
preoccupazioni per la crescita economica (il Paese cresce da tempo “a due cifre”
+10% per il 2011).
Comunque
sia, in pieno blackout elettrico, il Ministro indiano dell’energia, Sushilkumar
Scinde è stato “promosso” al ministero degli interni in occasione di un
apposito rimpasto governativo; ci saremmo aspettati un retrocessione e invece i
suoi colleghi di Governo lo hanno scagionato da ogni responsabilità e promosso
agli interni.
Un solo
commento: l’esasperazione delle leggi economiche per portare sempre maggiore
apporto al consumismo, comportano una indispensabile corsa ad uno sviluppo ad
ogni costo che viene indicato dai concetti della “globalizzazione” in cui oltre
a vivere secondo un unico modello economico e socialie, consumare gli stessi
cibi, vedere le stesse cose, avere una cultura unica e gli stessi valori, le
stesse leggi, le stesse istituzioni, la popolazione mondiale sarebbe
standardizzata e omologata anche fisicamente e quindi esisterebbe un’unica
razza planetaria.
Non sarà
domani e neppure l’anno prossimo, ma l’uomo sta andando verso questo “mondo
globale”; peccato – o per fortuna – che alcuni fenomeni “naturali” ci riportino
con i piedi per terra e ci costringano a riaccendere il vecchio moccolo per
trovare l’uscio di casa!! Meditiamo
gente, meditiamo!!
giovedì, agosto 09, 2012
ALLORA NON MI DANNO RETTA!!!
Poco più di due mesi or sono (6 giugno) , ho
messo on-line un post in cui auspicavo che i VIP che aspiravano (o c’erano già
arrivati) ad una carriera “pubblica”, di fare periodicamente una vita da
persone “normali” e da questo infimo piedistallo all’incontrario, vedere la
realtà della vita, quella realtà fatta
di sudore e di code infinite.
Nessuno mi ha dato retta!! Non mi aspettavo
che dopo il mio scritto, l’autobus cittadino si riempisse di assessori
regionali o comunali, ma insomma, devo ammettere che la mia idea di
“confondersi” tra la gente comune, indirizzata a coloro che sono “al di sopra
del comune”, non è piaciuta e la proposta non è stata raccolta.
Del resto, non è che sia così ingenuo da
credere che sarebbe bastato un mio post per smuovere l’atteggiamento di tali
persone che sono e, soprattutto, si ritengono talmente al di sopra della gente
comune che il solo pensare di “mischiarsi” li spaventerebbe.
Io che uso quasi esclusivamente mezzi
pubblici (tram, treno e altre cose del genere) non ho mai incontrato gente
“famosa”; ho avuto necessità di frequentare
ambulatori pubblici e anche lì non ho visto nessuno dei VIP che conosco;
mi capita molto spesso di andare alle Poste per pagare dei Bollettini per
utenze o altro, ma anche in quegli uffici – frequentati da tantissima gente – non
ho mai visto uno di “loro”; in compenso continuo a vedere tante “auto blu” che
sfrecciano veloci nelle zone vietate al comune mortale ma permesse a loro che
si potrebbero definire dei semidei.
Eh già, l’auto blu, quel simbolo del potere
che nessuno di coloro che “contano” è disposto a mollare; perché si potrà
essere anche rivoluzionari o dichiararsi (e farsi eleggere) “dalla parte del
popolo”, ma alla “materialità” del privilegio non ci si rinuncia, alla faccia
di Che Guevara..
Il signor Bondi taglia le spese dei Palazzi
del Potere? Va bene, ma l’auto blu è necessaria e non si tocca; pensate che
anche il Quirinale è caduto sulla buccia di banana delle macchine di
rappresentanza: all’incirca un anno fa, rispondendo ad una interrogazione del
leghista Reguzzoni che durante un intervento alla Camera lo aveva attaccato,
accusandolo di avere a disposizioni 40 auto blu, ha risposto che non si tratta
di 40 macchine ma “sono appena 35”;
caro Presidente, quell’”appena” non mi suona proprio benissimo, e a voi??
A questo proposito, non posso fare a meno di
commentare che il Quirinale è un’istituzione della politica legata ad una sola
persona, cioè il Capo dello Stato e quindi un’auto blu per lui ed un altro paio
per i collaboratori più stretti, mi sembrerebbero più che sufficienti; e allora
l’altra trentina di auto per chi sono necessarie? Forse a scorrazzare i
funzionari oppure a portare a cena i dirigenti con le rispettive famiglie?
C’è poi un altro dato che mi sconcerta: se le
auto blu sono 35 o 40 – fa lo stesso – come mai il Quirinale paga 41 autisti,
tutti regolarmente assunti in pianta stabile?
Lo so che mi faccio – e vi faccio – “troppe”
domande alle quali nessuno risponde, ma chiudo con un ultimo dato: sapete che
il Quirinale ha 843 dipendenti più 103 “non di ruolo”, più 861 militari e
poliziotti? Un piccolo esercito con il quale il nostro Presidente potrebbe
dichiarare guerra all’Inghilterra, visto che la Regina, a Buckingam Palace,
ha solo 300 persone alle sue dipendenze, quindi la vittoria sarebbe sicuramente
nostra!!
E con ogni probabilità, noi italiani la
combatteremmo a bordo di auto blu, unico posto in cui siamo sicuri di vincere
in tutto il Mondo; loro a cavallo o sui mezzi pubblici, noi a bordo delle auto
di rappresentanza - come si diceva una volta – e tutto il resto……si fotta pure;
chiaro il concetto??
martedì, agosto 07, 2012
ASSOLTO PER "DIFFICOLTA' ECONOMICHE"
Il Tribunale di Firenze ha emesso una
sentenza che potrebbe “fare storia”; sentite la vicenda: un imprenditore edile
sessantenne, originario dell’aretino, finisce sottoprocesso per avere omesso il
versamento dell’IVA del 2007 e viene assolto.
Quale il motivo di tale assoluzione? Forse un
errore di Equitalia oppure i soldi erano stati versati ma la struttura non ne
aveva tenuto conto? Niente di tutto questo: l’imprenditore è stato dichiarato
“non colpevole” perché è riuscito a dimostrare al Giudice di essersi trovato
costretto al mancato versamento a causa delle difficoltà economiche in cui la
sua azienda versava; quindi – questa la difesa dell’uomo – avrebbe diretto le
sue disponibilità sul pagamento dei salari dei dipendenti e delle fatture dei fornitori – entrambe
indispensabili per la sopravvivenza della Ditta – al posto del versamento al
Fisco.
Il titolare dell’Azienda ha aggiunto che
oltre alla crisi, la situazione è anche peggiorata per un credito non riscosso
di 800/mila euro da una società con cui lavorava.
Di tutto questo l’uomo accumula i documenti
e, mentre l’avvocato gli suggerisce di accettare l’ammenda minima di 7.500
euro, lui non accetta perché ritiene che la causa di tutto sia “indipendente
dalla volontà dell’accusato” e quindi chiede l’assoluzione.
Il Tribunale ascolta l’imputato e viene così
a conoscere la situazione di questa azienda che per il proprio futuro ha
preferito pagare i debiti (fornitori, mutuo) e gli stipendi dei dipendenti,
lasciandosi alle spalle il Fisco; sia il Gip che il PM hanno capito le ragioni
dell’accusato e ne hanno chiesto l’assoluzione; il Giudice, dal canto suo, è
stato “umano” perché non si è fermato all’evidenza delle carte ma si è messo
nei panni dell’imputato e lo ha assolto.
Il Giudice ha dichiarato nella sentenza che
“manca l’elemento soggettivo del reato”, cioè l’imputato non aveva la volontà e
neppure la coscienza di omettere il versamento dell’IVA, cosa che peraltro non
era mai accaduto nella storia dell’azienda, come lo stesso magistrato ha potuto
rilevare.; inoltre ha visionato la storia dell’azienda ed ha rilevato che la
stessa non aveva mai avuto problemi per il pagamento dei tributi dovuti allo
Stato, fino al momento in cui la situazione economica si è talmente
“appesantita” che – dopo un insoluto ricevuto (800/mila euro) – non c’è stata
più la possibilità di far fronte alle richieste del Fisco, se non lasciando
indietro i lavoratori ed i fornitori.
Ogni tanto ci capita di incocciare questi
personaggi – alludo al Giudice ed agli altri magistrati – che fanno giustizia
non solo con “le carte” ma anche usando occhi, orecchi e cervello per sentire l’accaduto da
quanti lo possono testimoniare; e sulla scorta di queste dichiarazioni prendere
posizioni che sono talmente ”diverse dal solito” che campeggiano sui quotidiani
da alcuni giorni.
Non è facile preconizzare quello che accadrà
nel prossimo futuro sugli scranni tribunalizi, cioè se i prossimi magistrati
chiamati a decidere avranno la buona creanza di ascoltare l’imputato e di
giudicarlo con l’umanità che non dovrebbe mai mancare in un’aula giudiziaria
oppure se la “dittatura delle carte”
tornerà a prendere il sopravvento e le decisioni avverranno solo in base a
quest’ultimo elemento.
Ma non dimentichiamo che anche il PM della
causa di cui sto trattando, ha chiesto l’assoluzione e quindi questa “umanità”
non è stato solo del Giudice ma si è sparsa per l’aula e si è attaccata anche
ad altri componenti della Magistratura.
Chiudo ripetendo la frase dell’imprenditore:
“ho sempre pagato; stavolta sarei fallito e avrei fatto molto male a tanta
gente”; chiarissima la scelta del nostro eroe!!
domenica, agosto 05, 2012
IL DILEMMA DI TARANTO
Il dilemma di cui parlo in questo mio post è
quello che si sta presentando a Taranto, alla più grande acciaieria d’Europa:
“dare la precedenza alla salute o al lavoro?”.
La vicenda: dopo alcuni decenni, l’acciaieria
dell’ILVA, privatizzata anni addietro a favore della famiglia Riva, è stata
dichiarata “pericolosamente inquinante” e quindi dannosa per la salute della
gente e sottoposta a “sequestro cautelare”, contemporaneamente agli arresti
domiciliari per alcuni dirigenti dell’azienda.
Cominciamo col dire che la Magistratura è
arrivata ad esaminare la questione delle polveri dell’ILVA con molto ritardo,
stante che la gente del posto mostra da anni le polveri color rosa che si
annidano nelle strade, sugli alberi e nelle case delle persone; è ragionevole
pensare che vadano a finire anche nei polmoni della gente!! O no??
I sindacati hanno subito messo in agitazione
la forza lavoro dello stabilimento e sono pronti a dichiarare scioperi ad
oltranza; per il momento gli operai presidiano le strade d’ingresso in
città e si chiedono: “se l’alternativa
deve essere ammalarsi di tumore tra 20 anni o morire di fame tra un mese,
scelgo la prima strada; intanto dobbiamo fare la spesa e dare da mangiare alle
nostre famiglie, poi si vedrà”.
Il Sindaco di Taranto si è espresso – con un
po’ di ironia – sulla vicenda, affermando che “i magistrati hanno adottato una
terapia d’urgenza per sanare una malattia nata 52 anni fa” ed ha invitato i
lavoratori ad occupare il Municipio perché si comprenda che questa è la
battaglia di tutta la città di Taranto per difendere il lavoro,l’ambiente e la
salute”; gli fa eco il Governatore della Puglia, Vendola, che “dopo aver
riaffermato che saremmo in presenza di una crisi drammatica (perdita di 20.000
posti di lavoro), si meraviglia che l’intervento della magistratura avvenga
quando le emissioni di diossina sono scese da 500 a 3,5 grammi all’anno”.
A ben guardare, questo dilemma non è
nuovissimo nel panorama italiano: i miei lettori non più giovanissimi si ricorderanno
della vicenda Icmesa avvenuta nel 1976, in cui il risanamento ambientale della
fabbrica dovette superare una serie di “no” dei sindacati per non mettere a
rischio i posti di lavoro.
E dopo il caso della diossina dell’Icmesa,
abbiamo avuto altre “fabbriche della morte”, da Porto Marghera all’Enichem di
Mantova, dall’Eternit di Casale Monferrato all’Acna di Cengio, solo per citare
le più famose; in tutte queste situazioni la proprietà aziendale ci ha rimesso
poco o niente: chi ha pagato è stato lo Stato, cioè tutti noi, e soprattutto i
soliti lavoratori che, dopo avere messo a grave rischio la salute, sono stati
licenziati.
Insomma, rendiamoci conto che siamo in
presenza di due diritti sanciti dalla Costituzione: il diritto al lavoro e
quello alla salute; ad entrambi dovrebbe provvedere lo Stato, ma come si può
vedere, è fortemente latitante ed allora – anche qui ripeto: come al solito – la Magistratura si
surroga allo Stato e prende i provvedimenti che ritiene migliori senza tenere
presente delle varie situazioni lavorative.
Come possiamo concludere? Dicendo che la
situazione all’ILVA di Taranto è chiaramente “fuori legge” e quindi la Magistratura non
poteva far altro che intervenire e, soprattutto, bloccare la causa del reato,
cioè l’altoforno che produce la famosa “polvere rosa”; prendersela con i
giudici non ha senso: non possono certo far finta di niente e lasciare che il
tutto continui come prima; l’unica soluzione è quella di fare in modo che
l’intervento della Magistratura proceda d’intesa con gli interventi delle
autorità dell’ambiente per sistemare queste emissioni mortali; chiedo troppo?
Certo che ipotizzare 20.000 tagli di
lavoratori in Puglia è drammatico!! O peggio!!