sabato, giugno 12, 2004
Ma che giorno importante!!
Oggi ha inizio quello che viene definito l’election-day, cioè il giorno delle elezioni, che però – guarda caso – dura due giorni: prima anomalia italiana.
Non trovo in giro grande passione per questa tornata elettorale; sarà forse l’abbinamento delle europee con quelle locali (dalle provinciali ai consigli di quartiere) che stempera un po’ l’eventuale tensione emotiva.
Sarà anche – e questa è la seconda anomalia – che da queste elezioni europee non è che cambi il “governo” di Bruxelles (cioè Prodi, Cook, e i vari presidenti delle commissioni, autentici ministri), ma cambia soltanto il Parlamento.
Allora l’uomo della strada si domanda: ma come si fa a cambiare il “governo” dell’Europa? Ebbene la risposta è semplice e difficile allo stesso tempo: sono le consultazioni tra i vari stati che determinano i comandanti delle varie autorità europee; ed infatti tali consultazioni hanno già avuto inizio dato che il mandato dell’attuale governo scade a inizio 2005.
La forza di ciascun Paese membro, oltre a una buona dose di “alternanza”, determinerà i nuovi arrivi.
Il solito uomo della strada continua a chiedersi: ma allora queste elezioni non servono a niente, se non a mandare a Bruxelles un’altra mandria di mangia pane a tradimento.
Non è esatto, perché a qualcosa servono: non all’Europa, ma alla politica interna dei vasi stati membri (si vota anche negli altri paesi).
Queste elezioni, infatti, essendo considerate come dei “voti in libera uscita”, rappresentano a detta dei maggiori politologi, un effettivo spaccato dell’attuale situazione di tendenza del paese e quindi possono avere delle ripercussioni in fase di politica interna.
Tutto qui, e nient’altro!
A proposito, oggi però ha preso il via anche un’altra manifestazione particolarmente attesa in tutta l’Europa: ha inizio il campionato di calcio europeo in Portogallo.
C’è da scommettere che i cittadini degli stati che partecipano alla gara calcistica saranno molto interessati ai risultati; non ho detto che saranno PIU’ interessati, soltanto che saranno ANCHE interessati a tale evento.
Sbaglio?
Forse avrei dovuto dire che nei momenti clou del campionato la televisione sarà presa d’assalto molto più che se trasmettesse un dibattito politico.
D’altro canto le alchimie politiche e i bizantinismi dei nostri rappresentanti generano a gioco lungo una disaffezione all’evento elettorale e dell’intera politica che, a ben guardare, è assai preoccupante sotto il profilo democratico.
Comunque, buone elezioni e buon campionato europeo a tutti e – in entrambi i casi – vinca il migliore (cioè quello per cui faccio il tifo io).
Questo sano “egoismo” che continua a progredire anche per effetto dell’uso indiscriminato dei mass-media, induce ognuno di noi a ritenere che “solo” le proprie idee hanno validità e quindi hanno diritto di essere veicolate, “solo” il proprio modo di comportarsi è quello giusto, “solo” la propria squadra di calcio è bella e gioca bene, “solo” il proprio benessere è importante agli occhi di chi comanda; ecc.; sapeste quanti “solo” potrei indicare!
Non trovo in giro grande passione per questa tornata elettorale; sarà forse l’abbinamento delle europee con quelle locali (dalle provinciali ai consigli di quartiere) che stempera un po’ l’eventuale tensione emotiva.
Sarà anche – e questa è la seconda anomalia – che da queste elezioni europee non è che cambi il “governo” di Bruxelles (cioè Prodi, Cook, e i vari presidenti delle commissioni, autentici ministri), ma cambia soltanto il Parlamento.
Allora l’uomo della strada si domanda: ma come si fa a cambiare il “governo” dell’Europa? Ebbene la risposta è semplice e difficile allo stesso tempo: sono le consultazioni tra i vari stati che determinano i comandanti delle varie autorità europee; ed infatti tali consultazioni hanno già avuto inizio dato che il mandato dell’attuale governo scade a inizio 2005.
La forza di ciascun Paese membro, oltre a una buona dose di “alternanza”, determinerà i nuovi arrivi.
Il solito uomo della strada continua a chiedersi: ma allora queste elezioni non servono a niente, se non a mandare a Bruxelles un’altra mandria di mangia pane a tradimento.
Non è esatto, perché a qualcosa servono: non all’Europa, ma alla politica interna dei vasi stati membri (si vota anche negli altri paesi).
Queste elezioni, infatti, essendo considerate come dei “voti in libera uscita”, rappresentano a detta dei maggiori politologi, un effettivo spaccato dell’attuale situazione di tendenza del paese e quindi possono avere delle ripercussioni in fase di politica interna.
Tutto qui, e nient’altro!
A proposito, oggi però ha preso il via anche un’altra manifestazione particolarmente attesa in tutta l’Europa: ha inizio il campionato di calcio europeo in Portogallo.
C’è da scommettere che i cittadini degli stati che partecipano alla gara calcistica saranno molto interessati ai risultati; non ho detto che saranno PIU’ interessati, soltanto che saranno ANCHE interessati a tale evento.
Sbaglio?
Forse avrei dovuto dire che nei momenti clou del campionato la televisione sarà presa d’assalto molto più che se trasmettesse un dibattito politico.
D’altro canto le alchimie politiche e i bizantinismi dei nostri rappresentanti generano a gioco lungo una disaffezione all’evento elettorale e dell’intera politica che, a ben guardare, è assai preoccupante sotto il profilo democratico.
Comunque, buone elezioni e buon campionato europeo a tutti e – in entrambi i casi – vinca il migliore (cioè quello per cui faccio il tifo io).
Questo sano “egoismo” che continua a progredire anche per effetto dell’uso indiscriminato dei mass-media, induce ognuno di noi a ritenere che “solo” le proprie idee hanno validità e quindi hanno diritto di essere veicolate, “solo” il proprio modo di comportarsi è quello giusto, “solo” la propria squadra di calcio è bella e gioca bene, “solo” il proprio benessere è importante agli occhi di chi comanda; ecc.; sapeste quanti “solo” potrei indicare!
lunedì, giugno 07, 2004
Pubblicità elettorale
Avrete osservato che tutte le emittenti televisive – particolarmente le locali (regionali o provinciali) – in questa ultima settimana che ci separa dall’appuntamento elettorale del 12 e 13 giugno, scoppiano letteralmente di pubblicità di partiti e, soprattutto, di singoli candidati alle europee o agli enti locali.
Facciamoci qualche riflessione sopra.
Anzitutto, con la sciatteria e l’arraffa arraffa tipico delle piccole televisioni (ma chi gli ha dato la concessione?) questa forma pubblicitaria è collocata nei normali cluster e quindi – oltre che essere relativa a partiti e candidati diversi – è mischiata anche con altri “prodotti” che a volte formano strane assonanze con lo slogan del partito o con il nome del candidato (ci verrebbero fuori degli splendidi Blob).
Questa è la considerazione principale per quanto riguarda noi che siamo “costretti” (salvo fare zapping) a subirla.
Un altro aspetto riguarda invece i candidati ed i partiti che cacciano bei soldini per andare in onda con spot da 30 o al massimo 60” che – sfido chiunque a dimostrarmi il contrario – non servono assolutamente a niente.
Anzi, direi che possono essere addirittura controproducenti nei confronti dell’elettorato, in quanto non spiegano niente (e come potrebbero in così pochi secondi) e quindi si affidano a quello che in pianificazione pubblicitaria si chiama “pressione anomala”, cioè hanno una frequenza di uscite assolutamente eccezionale (ne ho contati addirittura tre per ciascuna interruzione riferiti allo stesso partito); questo naturalmente discende da una cattiva forma di pianificazione: all’Agenzia alla quale si affida il partito localmente oppure il singolo candidato, vengono proposti spot di poca durata a prezzi contenuti, così da invogliare l’acquirente a comprarne e metterne in onda tantissimi, in modo da spendere cifre interessanti.
D’altro canto la teoria di concentrare le uscite pubblicitarie negli ultimi dieci giorni (massimo) precedenti l’elezione, è una bufala tremenda che è stata coniata dai pubblicitari, o meglio dalle concessionarie mezzi, per massimizzare gli introiti.
Proprio mentre sto scrivendo ho la televisione accesa e, tra due mobilieri è passato un disgraziato di candidato che si è impegnato a spiegare ai suoi elettori il perché devono votare per lui, fornendo loro addirittura quattro motivi: non può far altro che parlare in modo accelerato (si può fare in studio), quasi un Ridolini in audio. Attaccato al suo messaggio altri tre candidati (di partiti diversi) si sono lanciati in slogan improponibili e, sempre nella canonica pezzatura di 30 secondo, hanno cercato di fornire agli ascoltatori i motivi per votare ciascuno di loro. Il tutto poi seguito da uno spot “di lista” contenente uno slogan a livello nazionale che manda all’aria, a volte, il precedente.
Ridicolo!!
Facciamoci qualche riflessione sopra.
Anzitutto, con la sciatteria e l’arraffa arraffa tipico delle piccole televisioni (ma chi gli ha dato la concessione?) questa forma pubblicitaria è collocata nei normali cluster e quindi – oltre che essere relativa a partiti e candidati diversi – è mischiata anche con altri “prodotti” che a volte formano strane assonanze con lo slogan del partito o con il nome del candidato (ci verrebbero fuori degli splendidi Blob).
Questa è la considerazione principale per quanto riguarda noi che siamo “costretti” (salvo fare zapping) a subirla.
Un altro aspetto riguarda invece i candidati ed i partiti che cacciano bei soldini per andare in onda con spot da 30 o al massimo 60” che – sfido chiunque a dimostrarmi il contrario – non servono assolutamente a niente.
Anzi, direi che possono essere addirittura controproducenti nei confronti dell’elettorato, in quanto non spiegano niente (e come potrebbero in così pochi secondi) e quindi si affidano a quello che in pianificazione pubblicitaria si chiama “pressione anomala”, cioè hanno una frequenza di uscite assolutamente eccezionale (ne ho contati addirittura tre per ciascuna interruzione riferiti allo stesso partito); questo naturalmente discende da una cattiva forma di pianificazione: all’Agenzia alla quale si affida il partito localmente oppure il singolo candidato, vengono proposti spot di poca durata a prezzi contenuti, così da invogliare l’acquirente a comprarne e metterne in onda tantissimi, in modo da spendere cifre interessanti.
D’altro canto la teoria di concentrare le uscite pubblicitarie negli ultimi dieci giorni (massimo) precedenti l’elezione, è una bufala tremenda che è stata coniata dai pubblicitari, o meglio dalle concessionarie mezzi, per massimizzare gli introiti.
Proprio mentre sto scrivendo ho la televisione accesa e, tra due mobilieri è passato un disgraziato di candidato che si è impegnato a spiegare ai suoi elettori il perché devono votare per lui, fornendo loro addirittura quattro motivi: non può far altro che parlare in modo accelerato (si può fare in studio), quasi un Ridolini in audio. Attaccato al suo messaggio altri tre candidati (di partiti diversi) si sono lanciati in slogan improponibili e, sempre nella canonica pezzatura di 30 secondo, hanno cercato di fornire agli ascoltatori i motivi per votare ciascuno di loro. Il tutto poi seguito da uno spot “di lista” contenente uno slogan a livello nazionale che manda all’aria, a volte, il precedente.
Ridicolo!!
E Bush è ripartito
Dopo la visita in Italia e quella in Francia (precisamente in Normandia sede del celebre sbarco), Bush ha preso le sue carabattole e se ne è tornato in America.
Proviamo a fare un bilancio di questa sua visita.
In Italia, dopo la severa romanzina del Papa sulle torture (ma ne è valsa la pena per conquistare l’elettorato cattolico), ci sono state anche sporadiche manifestazioni di dissenso (che Bush non ha visto; auguriamoci che non gliele abbiano raccontate) la cui punta emergente è stato lo slogan “10-100-1000 Nassirya” allusivo sui morti tra le truppe italiane, slogan lanciato da una banda di crediti “capitanati da quel cretino di Casarini” (anche questo è uno slogan! d’accordo?).
Feriti non ce ne sono stati, danni a cose e persone neppure, quindi possiamo dire che tutto è andato nel migliore dei modi, se facciamo finta di non aver visto l’agghiacciante scritta dei “cretini di Casarini”. Direi che ci possiamo contentare, specie se abbiamo presente i vari siti Internet dei disobbedienti che minacciavano fuoco e fiamme.
Dall’Italia Bush è passato in Francia, accolto dal “nemico” Chirac che, però, non gli aveva promesso nessuna manifestazione di dissenso, anzi, tutte gli slogan sono stati all’insegna dei ringraziamenti per le truppe americane che sono andate a liberare Parigi.
E qui facciamo un breve inciso: alla testa delle truppe che hanno liberato Parigi c’era un generale francese (il braccio destro di De Gaulle), ma tutti – popolo, governo e contado – sono ben consci che con “l’esercito di De Grulle” e con i partigiani, i tedeschi sarebbero ancora gli occupanti della Francia e quindi si sentono in dovere di ringraziare gli americani.
Devo dire che i francesi – per molte parti odiosi quanto mai – in questa circostanza hanno mostrato di aver capito chi doveva essere ringraziato e quindi lo hanno fatto con il calore che li contraddistingue e dopo aver messo da parte tutta quella “grandeur“ che fu il grande bluff di De Grulle.
Durante la breve visita di Bush in Francia è stata messa a punto anche la risoluzione ONU sull’Irak che finora ha sempre ricevuto il “niet” di Francia, Germania e Russia; Chirac ha già ammainato la bandiera dell’opposizione (le difficoltà economiche del paese glielo impongono: per la serie “bambole non c’è una lira”) e Germania e Russia, che versano nelle medesime difficoltà, si stanno allineando a passo di carica.
Dove si vede che ogni idealismo ha il puzzo della carta moneta e basta!
Nel rientrare in America Bush è appena in tempo per partecipare ai funerali di Ronald Reagan, altro personaggio discusso quanto mai, ma altrettanto grande nella sua azione.
Ma di lui ne riparleremo a funerale avvenuto.
Proviamo a fare un bilancio di questa sua visita.
In Italia, dopo la severa romanzina del Papa sulle torture (ma ne è valsa la pena per conquistare l’elettorato cattolico), ci sono state anche sporadiche manifestazioni di dissenso (che Bush non ha visto; auguriamoci che non gliele abbiano raccontate) la cui punta emergente è stato lo slogan “10-100-1000 Nassirya” allusivo sui morti tra le truppe italiane, slogan lanciato da una banda di crediti “capitanati da quel cretino di Casarini” (anche questo è uno slogan! d’accordo?).
Feriti non ce ne sono stati, danni a cose e persone neppure, quindi possiamo dire che tutto è andato nel migliore dei modi, se facciamo finta di non aver visto l’agghiacciante scritta dei “cretini di Casarini”. Direi che ci possiamo contentare, specie se abbiamo presente i vari siti Internet dei disobbedienti che minacciavano fuoco e fiamme.
Dall’Italia Bush è passato in Francia, accolto dal “nemico” Chirac che, però, non gli aveva promesso nessuna manifestazione di dissenso, anzi, tutte gli slogan sono stati all’insegna dei ringraziamenti per le truppe americane che sono andate a liberare Parigi.
E qui facciamo un breve inciso: alla testa delle truppe che hanno liberato Parigi c’era un generale francese (il braccio destro di De Gaulle), ma tutti – popolo, governo e contado – sono ben consci che con “l’esercito di De Grulle” e con i partigiani, i tedeschi sarebbero ancora gli occupanti della Francia e quindi si sentono in dovere di ringraziare gli americani.
Devo dire che i francesi – per molte parti odiosi quanto mai – in questa circostanza hanno mostrato di aver capito chi doveva essere ringraziato e quindi lo hanno fatto con il calore che li contraddistingue e dopo aver messo da parte tutta quella “grandeur“ che fu il grande bluff di De Grulle.
Durante la breve visita di Bush in Francia è stata messa a punto anche la risoluzione ONU sull’Irak che finora ha sempre ricevuto il “niet” di Francia, Germania e Russia; Chirac ha già ammainato la bandiera dell’opposizione (le difficoltà economiche del paese glielo impongono: per la serie “bambole non c’è una lira”) e Germania e Russia, che versano nelle medesime difficoltà, si stanno allineando a passo di carica.
Dove si vede che ogni idealismo ha il puzzo della carta moneta e basta!
Nel rientrare in America Bush è appena in tempo per partecipare ai funerali di Ronald Reagan, altro personaggio discusso quanto mai, ma altrettanto grande nella sua azione.
Ma di lui ne riparleremo a funerale avvenuto.