<$BlogRSDUrl$>

sabato, gennaio 24, 2009

PUGNO DI FERRO E DI BURRO 

In Cina non si scherza con la salute pubblica: questo sembra essere il significato delle condanne comminate al processo per il latte contaminato alla melamima: il carcere a vita a Tian Wenhua, 66 anni, nota imprenditrice cinese e due condanne a morte, a Zhang Yujiun, produttore e commerciante di melanina ed a Gen Jinping che avrebbe venduto all’azienda distributrice cinese, del latte al quale era già stato aggiunta la sostanza tossica; ad un altro imputato è stata inflitta la pena di morte, ma questa è stata “sospesa” e probabilmente verrà riconsiderata a trasformata nell’ergastolo; sono state inoltre comminate varie condanne minori, a partire dai cinque anni di carcere, ad altri personaggi minori dello scandalo.
Ricorderete la vicenda che risale appena al settembre dello scorso anno e che è consistita in una improvvida aggiunta di melanina (sostanza impiegata nella produzione di colla che può provocare gravi danni al fegato ed ai reni) al normale latte per uso umano, allo scopo di aumentarne l’apparente contenuto proteico; per effetto di questa contraffazione sono morti in Cina almeno 6 (il numero non è sicuro) bambini e si sono ammalati in 300mila; nel resto del mondo c’è stato allarme, anche panico in qualche caso, ma nessun danno concreto, per fortuna.
Non ho riportato questa notizia soltanto per evidenziare la durezza della giustizia cinese – appunto il “pugno di ferro” - ma anche, e soprattutto, per mostrare a tutti noi che in quel Paese la giustizia va avanti spedita: da settembre ad oggi sono quattro mese e siamo già alla fase della sentenza; qui da noi nello stesso tempo non ci sarebbe stato neppure il cosiddetto “rinvio a giudizio”, la fase cioè in cui il magistrato inquirente dichiara chiusa le indagini e fissa quella dibattimentale in aula.
È facile dirmi che non si possono fare paragoni in quanto lì abbiamo un regime che può fare e disfare a suo piacimento: anzitutto questo è vero solo in parte e poi non vogliamo mica fare di queste contrapposizioni perdenti per la democrazia, altrimenti qualcuno – come diceva Longanesi – potrebbe affermare che “si stava meglio quando si stava peggio”; e non mi sembra proprio il caso!!
Per il pugno di burro cito la giustizia brasiliana e, in particolare il caso di Cesare Battisti, “combattente per il comunismo” e assassino di ben quattro persone, una delle quali per rapinarlo; rifugiato prima in Francia e poi in Brasile, quest’ultimo stato lo ha arrestato e, quando sembrava imminente l’estradizione in Italia, gli ha concesso lo status di “rifugiato politico”, cosa che viene rilasciata a coloro che fuggono da stati e situazioni dove non esiste un briciolo di democrazia e quindi i giudizi dei tribunali possono risentire di questa situazione.
Invocare questo per il nostro Paese è semplicemente ridicolo, ma sembra che dietro questo atteggiamento della giustizia brasiliana ci sia un velato intervento di Sarkozy, al quale era stato richiesto, o meglio implorato dalla moglie Carlà (in Francia lo scrivono così), non è dato sapere in quale contesto.
Cioè, mi spiego meglio: non è dato sapere se tra Nicolas e Carlà c’è una frazione di tempo, giornaliera o settimanale, nella quale si parla di questi interventi “umanitari” (come nella vicenda Petrella non estradata dalla Francia verso l’Italia) o se invece queste pratiche vengono trattate in luoghi più riparati e forse più convenienti, cioè l’alcova matrimoniale.
In quest’ultimo caso, ci starebbe bene un detto che si usa dalle mie parti e che recita “tira più un pelo di f…che un paio di buoi”; chiaro il concetto ??!!

venerdì, gennaio 23, 2009

GLI SPOT IN TV 

Affrettiamoci, perché entro la fine di questo mese dobbiamo pagare quello che impropriamente definiamo “canone TV” e che invece è nient’altro che una tassa per l’utilizzo di TV, computer e cellulari; questa tassa viene versata dai cittadini direttamente allo Stato che poi provvede a “girare” il 92% di quanto introitato alla RAI quale corrispettivo degli obblighi di servizio pubblico radiotelevisivo sanciti a suo tempo dal contratto di servizio.
Ma allora, mi chiederete, perché c’è la pubblicità? Perché il finanziamento previsto per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo è in Italia – come nella maggior parte dei Paesi europei – un sistema misto, canone e pubblicità, in quanto il solo introito derivante dal canone non sarebbe sufficiente a coprire tutte le spese, specie quelle che non hanno niente a che vedere con il “sistema pubblico”!!. Da questo sistema misto, in voga nella maggior parte dell’Europa, è esclusa, sia pure parzialmente, la Francia, dopo l’abolizione della pubblicità nella fascia 20.30 – 06.00; ma di questo ho già scritto il 10 corrente.
Siccome abbiamo accennato alla pubblicità, facciamoci qualche riflessione sopra: la prima è che la “pressione” eccessiva, cioè le troppe uscite giornaliere, può essere un fattore di repulsione per alcuni commercial che vanno in onda, questo perché se non sono fatti bene e con misura, stancano il pubblico dei telespettatori; facciamo qualche esempio: la supponenza con cui quell’oca giuliva della Alessia Marcuzzi discetta su batteri e simili che provocano il gonfiore di pancia e fornisce la soluzione rappresentata da un tipo di yogurt che contiene appunto determinate sostanze: dite la verità, per una volta passi, ma dopo averla vista in onda più di una volta al giorno, ci viene spontaneo dirle: “ma chi ti credi di essere, Rita Levi Montalcini?
E il bambino che vuole andare a fare la “pupù” nel bagno di casa dell’amico in quanto lì c’è un deodorante che lo affascina? Va bene giocare sulla simpatia che i bambini sempre emanano con i loro comportamenti, ma uno scappellotto non ci starebbe per niente male.
Ci sarebbe poi la figura del Tarzan mostrataci dalla pubblicità, un giuggiolone sempre stanco che si riprende solo dopo avere fatto colazione con un certo tipo di biscotto; ma come, nella jungla c’è il supermercato?
E la Fiona May, splendida campionessa sportiva, che prepara alla figlia Larissa una particolare colazione con un tipo speciale di “merendina” (non so come chiamarla), non vi sembra che contravvenga alle normali cautele di genuinità che un atleta deve avere nei confronti dell’alimentazione?
Vorrei finire con due coppie che ci martellano continuamente sugli schermi televisivi: la prima è quella formata da Mike Buongiorno e da Fiorello, in cui lo sketch è volto sempre a dimostrare che il primo è palesemente rincoglionito, mentre il secondo sembra quasi fungere da “badante”; nel caso della seconda coppia, abbiamo Totti e Ilary Blasi ed anche qui il breve sketch è teso a mostrare la insipienza culturale del noto calciatore, mascherata peraltro, da una certa simpatia (per chi apprezza l’oggetto), mentre la moglie sembra essere quella che regge la baracca culturale: se è così stiamo freschi!! Comunque, in entrambi i casi abbiamo delle situazioni abbastanza comiche che fanno leva sulla differenza tra i due personaggi; fin qui tutto bene, ma quando lo spot esce con una ridondanza pazzesca, tale simpatia viene a mancare ed è sostituita da un violento senso di repulsione nei confronti dell’oggetto pubblicizzato.
Quindi, misura ci vuole, amici pianificatori pubblicitari, misura e buon gusto.

giovedì, gennaio 22, 2009

LA FAVOLA DI OBAMA 

Abbiamo già detto che l’elezione di Barack Obama alla Presidenza degli Stati Uniti può considerarsi come una favola; vedremo se il principe – dopo aver risvegliato la fanciulla dal sortilegio della strega cattiva – riuscirà anche a sposarla e, come si usa nelle favole, “a vivere felice e contento”; a ben guardare in quello che ho scritto c’è molto della vicenda americana e quindi possiamo intravedere uno spiraglio di verità.
Ma come si usa nelle favole, “facciamo un passo indietro” e precisamente al primo dicembre 1955, poco più di cinquanta anni fa, nella città di Montgomery, in Alabama, dove una ragazza negra, Rose Louise Parks, dette il via alla battaglia per il riconoscimento dei diritti civili: la giovane Rose è appena uscita dal proprio lavoro di sarta ed è così stanca che non vede l’ora di giungere alla propria casa; monta sull’autobus che la porterà a destinazione e trova posto a sedere; qualche fermata dopo, il bus si riempie di bianchi e a quel punto l’autista dice ai quattro neri seduti, di lasciare il posto ai bianchi; i tre uomini si alzano “docilmente”, mentre Rose, senza alzare la voce e senza accampare i propri diritti, risponde seccamente “NO”; l’autista scende e torna con due poliziotti che arrestano la ragazza e la portano in galera.
Quel giorno, all’interno dell’Associazione per i diritti delle persone di colore, nacque la prima protesta organizzata che prese il nome di “Montgomery Bus Boycott”, che – come si vede dal titolo – esorta gli afroamericana a non servirsi degli autobus; tra le persone interessate al movimento c’erano anche due giovani pastori battisti: uno sulle prime esitò, ma poi mise a disposizione tutto il suo carisma; si chiamava Martin Luther King e fu quello che incarnò tutte le future battaglie del “Civil Right Movement”.
Rose è morta tre anni fa – altrimenti sarebbe stata a Washington per il giuramento di Obama – dopo aver ricevuto la Medaglia del Congresso e tantissimi altri riconoscimenti, oltre ad aver dato vita a libri, film e fondazioni.
E per concludere la favola che si poteva svolgere solo in un autentico paese di fiaba come l’America, il bus che diede origine alla protesta di Rose è finito al museo “Henry Ford”, di Dearborn, Michigan, insieme all’automobile sulla quale sedeva John Kennedy quando venne assassinato a Dallas.
Finita la favola, torniamo alla realtà e vediamo cosa aspetta Obama: la cosa che al momento preoccupa maggiormente gli americani è la crisi economica, ed è comprensibile dato che siamo in un Paese che ha da sempre affidato all’individuo la “responsabilità” di gestire la propria esistenza.
Adesso invece si invoca l’intervento dello Stato per poter salvare alcuni colossi industriali “sperperoni” che sono sull’orlo del fallimento e stanno licenziando centinaia di migliaia di dipendenti.; dal mio punto di vista, pur non avendo mai visitato gli Stati Uniti, penso che gli americani dovrebbero ristrutturare non solo la loro economia ma anche il loro modo di vivere, quello che chiamano “way of life”, riorganizzandosi in maniera diversa da come è stato fatto finora; magari questa ristrutturazione potrebbe avvenire con il contributo dello Stato che sembra disponibile a farlo: vedremo !!
Intanto, qui da noi, si registra il primo “scazzo” giornalistico: alcuni titolano: Obama “taglia” gli stipendi da 100.000 dollari, mentre altri usano il termine “congela”; ma tra i due verbi c’è una certa differenza, in quanto il primo (taglia) prevede una operazione di riduzione dei cespiti, mentre il secondo (congela) stabilisce che oltre quella cifra non si vada e quindi, in sostanza, blocca gli aumenti per coloro che già guadagnano questa cifra; è vera la seconda ipotesi (congela): speravo in qualcosa di meglio, ma è già qualcosa: il nostro Governo non mi sembra che sia riuscito a fare di meglio!!

mercoledì, gennaio 21, 2009

COSA NE PENSATE DEL FEDERALISMO ? 

Mi è venuto in mente questo problema in quanto proprio in questi giorni il Parlamento sta esaminando la legge delega presentata dal Governo in merito al federalismo; cos’è una legge delega? È una normativa che autorizza il Governo ad emanare entro un tempo prefissato – nel caso specifico due anni – tutta una serie di decreti con l’obiettivo di realizzare il federalismo, indicando i principi informatori del provvedimento.
Almeno nella fase preliminare, cioè in fase di esame del provvedimento in Commissione, sembrerebbe che alcuni emendamenti dell’opposizione siano stati recepiti nel testo che arriva in Parlamento e questo è indubbiamente una cosa buona, se non fosse che un tipo sospettoso come me, arriva a pensare che molte “mafie locali”, potentati di grande rilievo, hanno sponsorizzato alcune particolarità della normativa che, arrivata in periferia, andrebbe a loro vantaggio.
In effetti, chiarisco subito che io sono nettamente contrario al federalismo, non in quanto modo di amministrare lo Stato, ma proprio per la difficoltà di innescare una tale normativa in un Paese bello ma disgraziato come il nostro.
Questo perché la nostra gente, impropriamente definita “popolo”, in effetti è diventata “plebe” e da tale posizione è ben difficile porsi nei confronti dei tanti potentati locali.
Facciamo comunque alcuni esempi della situazione attuale con dati provenienti da una ricerca eseguita dalla CGIL; innanzitutto l’autonomia finanziaria, cioè la situazione delle spese a fronte delle entrate (tasse locali): abbiamo una forbice che va da una quasi sostanziale autonomia (Brescia al 92,8%) a Napoli che rappresenta la punta opposta con il suo 51.9%. Ed infatti, la classifica dei trasferimenti dello Stato ai vari Comuni vede Napoli in testa con 659 euro per abitante, mentre nel lato opposto della forbice abbiamo Padova con 174 e Modena con 202.
In sintonia con questi dati, abbiamo il risvolto della medaglia e cioè l’indicazione del comparto che porta via la maggior quota degli introiti (il personale) e qui abbiamo una forbice che ci mostra come: Parma impiega il 34,1% del proprio bilancio per le spese del personale, Venezia il 34,5%, mentre Napoli utilizza ben il 65,7%.
E in merito alle spese “folli” degli Enti Locali, possiamo annoverare, a titolo esemplificativo, quello che ha combinato la Provincia di Massa Carrara: ha speso la bellezza di 250.000 euro per l’acquisto di 180 navigatori satellitari da concedere in uso gratuito ai turisti che ne avessero fatta richiesta per visitare il territorio provinciale.
Come è ovvio, sarebbe troppo semplice dire che il Nord è virtuoso e il Sud è spendaccione, in quanto i dati non sono di questo segno; quello che invece possiamo dire è che le maggiori città del Sud – Napoli e Reggio Calabria – hanno rapporti di autonomia finanziaria molto bassi, a indicare uno scarso gettito nella tassazione locale.
Il mio concetto – che cercherò di esprimere con tutta la chiarezza che mi riesce – è che il buon funzionamento di uno Stato federale discende da un effettivo controllo della gente sull’operato dei poteri locali che hanno al loro interno sempre più “baronie” che pretendono di avere voce nei centri di spesa, con la truffaldina tendenza a privilegiare l’amico e l’amico dell’amico in ogni circostanza.
Se anziché “plebe” noi fossimo “popolo”, questi filibustieri non si potrebbero permettere di combinare tali porcherie, in quanto il popolo ha il potere del numero e della scheda elettorale; ma dato che siamo plebe, dopo aver subito tutte le vessazioni possibili, ci limitiamo a strisciare davanti al potente di turno per cercare di avere le briciole del suo malloppo, frutto di malversazioni e di ladrocini. Quindi, meditiamo, gente, meditiamo!

martedì, gennaio 20, 2009

PIOVE SUL BAGNATO 

È un modo di dire che si usa dalle mie parti e che sta a indicare come colui che già possiede fortuna (soldi e altro) riceve dalla vita, quasi sempre, altrettanta fortuna, cioè soldi, notorietà e anche, in genere, buona salute: e chi non ha nulla continua…..
Questa riflessione non è mia ma l’ho presa da un giornalista che scrive su un quotidiano di provincia e si riferisce, subito all’inizio, ai calciatori: questa categoria si ritrova tra le persone più ricche d’Italia e non è solo per l’ingaggio materiale che la squadra di appartenenza versa al fortunato mortale, quanto per tutte le altre “appendici” che gli fruttano tanto denaro, mi riferisco in particolare alla pubblicità.
I vari Del Piero, con l’uccellino, Gattuso, Totti, accompagnato dalla moglie, Kakà, Costacurta, anch’esso con moglie al seguito, appaiono in televisione e in altri mezzi di comunicazione, impegnati a pubblicizzare vari prodotti: è la tecnica del testimonial, cioè la simpatia del personaggio che si riversa sul prodotto; quando però la pressione pubblicitaria è tanta, cioè quanto lo spot appare tante volte nell’arco della giornata, si rischia che l’utente finale ricordi il personaggio e molto meno il prodotto reclamizzato.
Tra l’altro questi signori “pedatari e signore”, raccattano dalla loro professione e da questa attività appendicolare una barca di soldi che, a noi esseri normali, appare esagerata; insomma, l’avrete capito tutti, siamo gelosi: ma come, ci domandiamo, cosa ha fatto a Nostro Signore il calciatore Totti per essere stato dotato di una tecnica calcistica invidiabile, di avere poi trovato uno schianto di figliola come moglie e, infine, oltre a possedere una scuderia di auto di gran lusso, in particolare SUV, di guadagnare una valanga di miliardi?
Ed allora, ecco l’idea! Una legge, tanto ce ne sono tante, una legge dicevo che consenta l’apparizione in campagne pubblicitarie solo a coloro che hanno un reddito inferiore a 10.000 euro annui e non possiedono un SUV; questa proposta andrebbe anche a vantaggio della veicolazione del messaggio pubblicitario perché lo slogan “No Martini, no party”, detto da Clooney assume quell’aria professionale, quasi distaccata che vediamo in TV, mentre immaginatevi con quale immedesimazione e totale partecipazione, farebbe lo stesso annuncio il signor Rossi che, con i soldi guadagnati, spera di farci rientrare le vacanze: 15 giorni a Riccione lui e la moglie; non hanno figli perché non possono ancora permetterseli, magari se il lavoro in pubblicità dovesse diventare più frequente, potrebbero pensare di mettere al mondo un erede; magari la signora – anche se non molto piacente ma tanto volenterosa – potrebbe essere ingaggiata per fare una campagna sulle calze autoreggenti.
Ed anche i registi, i creativi, avrebbero così modo di mostrare tutte le proprie doti artistiche, perché è facile mettere in bocca alla Bellucci uno slogan – qualunque esso sia – tanto la gente guarda lei e basta; vorrei vedere questi signori, art director come vengono definiti nel settore, lanciare lo stesso messaggio utilizzando la signora Pina, di professione postina, con una leggera pinguedine, ma con tanta buona volontà!
Ho scherzato, state tranquilli, se accendete la TV continuerete a vedere Gattuso pieno di catene che lancia il suo messaggio oppure Kakà che gioca a palla con un barattolo; però convenite con me che sarebbe divertente, ma soprattutto, se la proposta che ho presentato andasse in porto si avrebbe una dose di egualitarismo non indifferente; basta con la gente famosa che monetizza la sua fama, basta con le donne belle che si fanno pagare per essere viste; invoco una maggiore democrazia e quindi la Bellucci potrebbe andare per qualche mese a fare la badante ad un anziano e la signora Pina prendere il suo posto. Pensate che sia pazzo?? Ditemi di no!!

lunedì, gennaio 19, 2009

SE NON FOSSE DA RIDERE SAREBBE DA PIANGERE 

La prima cosa che potrebbe indurmi al riso – se non fosse da piangere – è la nuova disposizione dei lavori della Camera decisa all’unanimità dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio: la nuova normativa, che entrerà in vigore dal prossimo mese di marzo, prevede la sospensione dei lavori per una settimana ogni mese; questo per permettere ai signori deputati di dedicarsi alle attività sul territorio; ovviamente fatte salve particolari situazioni di votazioni impellenti (ma quando mai??!!)
Per le restanti tre settimane di lavoro, i signori deputati saranno impegnati in aula dalle 14 del martedì alle 14 del venerdì, quindi – se non sbaglio i conti – per complessivi tre giorni, cioè l’intero mercoledì, l’intero giovedì e i due mezzi giorni di martedì e di venerdì che complessivamente fanno un giorno.
Continuando un conteggio “a braccia”, abbiamo che lor signori sono impegnati 3 giorni per tre settimane al mese quindi 9 giorni al mese, facciamo 10 se consideriamo che i mesi non hanno sempre 4 settimane.
Se dai conteggi complessivi togliamo le vacanze estive – un mese – quelle di Natale – 15 giorni abbondanti – e quelle di Pasqua – un’altra quindicina, possiamo dire che abbiamo 10 mesi di lavoro, a 10 giorni per mese, quindi 100 giorni in totale!
Se parliamo di “fortunati mortali”, non possiamo sottacere la notizia di qualche giorni addietro, per cui ai piloti e alle hostess Alitalia è stato tolto anche l’ultimo “privilegio”: la macchina che prelevava a casa detti signore e signori e che li riaccompagnava dopo il lavoro; prima di continuare devo riportare la “patetica confessione” di una hostess: “Sapevamo che il servizio sarebbe finito, ma pensavamo che continuasse ancora un po’; io non posso usare l’auto di mio marito e di mio ho solo un motorino: come faccio? Dovrò comprarmi un’auto. E pensare che ogni volta che arrivava l’auto blu a prendermi mi sentivo Jennifer Lopez”. Non mi sento di fare nessun commento!!
Ma accanto alle problematiche della signora hostess, abbiamo altre complicazioni: le due cooperative, probabilmente create apposta per il trasporto del personale, hanno occupato lo scalo di Fiumicino ed hanno protestato per l’abolizione del servizio che mette fuori gioco un centinaio di persone; hanno pertanto richiesto che tali signori vengano ricollocati all’interno dello scalo in qualità di addetti aeroportuali, attività per l’espletamento della quale dicono di avere tutte le carte in regola.
Adesso potremmo fare un piccolo commento: un taglio al benefit assurdo, tocca anche coloro che lavoravano onestamente per portare il pane alla famiglia; impariamo che le concessioni senza regola non fanno altro che disastri.
E per concludere, parliamo di “monstrum”, quelli che una volta apparivano nelle fiere e nei circhi, tipo il nano Bagonghi e la donna cannone; non me ne voglia per l’accostamento, il valoroso partecipante all’attuale edizione del Grande Fratello, tale Gerri, che è entrato nella casa più guardata d’Italia, ma la definizione l’ho “rubata” ad Aldo Grasso, il più celebre critico televisivo, il quale aggiunge, beatamente, che “è geniale mettere uno che non vede in una situazione in cui tutto quello che conta è farsi vedere”. E non ci trova nient’altro??
Premetto che non ho mai visto la trasmissione, ma mi immagino che Gerri farà del suo meglio per rimanere a galla nei confronti degli altri; quello che mi sembra un eccesso di spettacolarità è il buttare nella fornace del “Grande Fratello” un cieco e, dopo averlo definito “non vedente” considerare tutto regolare e sentirsi la coscienza a posto.
Il “mostro”, miei cari amici non è ovviamente il bravo Gerri, ma la stessa TV ed ho paura che a forza di guardarla si arriverà ad assomigliargli. Chiaro il concetto??

domenica, gennaio 18, 2009

NOI E I CINESI 

È bastato che un giornale americano – il Chicago Tribune – mandasse un suo corrispondente e facesse un servizio su Prato, per scatenare una ridda di polemiche e di iniziative; notare bene che gli abitanti di quella città e della vicina Firenze, sono decenni che parlano di questo problema, senza che nessuna autorità muovesse un dito. Ha scritto il giornalista che una situazione come quella vista a Prato non l’aveva riscontrata in nessun’altra città del mondo: questa chinatown non è come quella di New York o di Chicago. Questa “è” la Cina, qui i bianchi sono considerati stranieri.
A Prato abbiamo 20.000 cinesi (il 10% dell’intera popolazione) e questa cifra è andata aumentando in forma esponenziale negli ultimi anni: pensate che nel 1988 – cioè, soltanto 20 anni fa – i cinesi presenti sul territorio del Comune di Prato erano 31; adesso il cosiddetto modello pratese è talmente ben sviluppato e ben organizzato che sembra pronto ad essere esportato in altre città italiane.
L’immigrazione cinese ha caratteristiche completamente diverse sia da quella africana che da quella dell’est Europa; infatti i cinesi arrivano, nella stragrande maggioranza, con un visto regolare, ma quel che più conta possono vantare anche disponibilità finanziarie; a questo proposito è diventata una sorta di leggenda metropolitana la loro appartenenza ad una “mafia cinese” che li manderebbe in giro per il mondo per conquistare territori e disporre di basi operative per i traffici di droga e di ragazze.
Ma quali sono le caratteristiche peculiari di questi immigrati? Anzitutto la loro grandissima voglia di lavorare, la loro tenacia e la conoscenza del settore tessile, conoscenza acquisita nel loro paese d’origine e in particolare nella provincia dello Zhejiang, terra a vocazione quasi interamente tessile.
Sono arrivati in Italia con un po’ di denaro (in seguito sempre più forniti!!) ed hanno iniziato a lavorare in capannoni abbandonati, ovviamente non a norma, tenendo dei ritmi operativi impensabili per tutti noi: la famiglia, compresi bimbi e anziani, teneva i telai in funzione 24 ore su 24; ed è così che sono iniziate le prime produzioni che si sono poste, naturalmente, in conflitto con quelle degli “italiani”, quelle cioè fatte seguendo standard produttivi e sindacali completamente diversi e quindi “perdenti”.
Comunque, con questi rappresentanti del mondo cinese, si sono arricchiti in diversi, anche se forse altrettanti hanno perduto la loro attività; per esempio, coloro che hanno affittato – ovviamente “a nero” - le loro stanze o stanzoni, vecchi e fatiscenti con dei prezzi simili a quelli dei loft a New York, non possono certo girarsi dall’altra parte nel vedere questa espansione; ed anche molti piccoli artigiani o commercianti che, di fronte alle prime difficoltà, hanno preferito vendere o affittare la propria attività, compresi i locali, garantendosi così una cospicua rendita fuori mercato.
Ma anche le amministrazioni locali hanno le loro colpe in quanto hanno per troppo tempo fatto finta di non vedere e non hanno dato corso alle tante denunce di illegalità diffusa presentate dai cittadini che si trovavano come vicini di casa dei rumorosi cinesi in perenne attività, i quali peraltro non vogliono comunicare con nessuno di noi.
E le forze politiche, al di là di qualche convegno di facciata, hanno lasciato fare e adesso è ben difficile inglobarli nel nostro sistema produttivo e commerciale; ma il solo fatto che “ufficialmente” a Prato non muore alcun cinese, non doveva mettere in allarme?? La multiculturalità è da sempre un valore per la nazione che ospita, ma quello che si è verificato con i cinesi non è stata accoglienza e neppure integrazione; si è trattato solo di una invasione che l’insipienza politica non ha saputo fronteggiare e la avidità dei nostri commercianti ha cercato solo di cavalcare per i propri fini.

This page is powered by Blogger. Isn't yours?