venerdì, novembre 19, 2004
Gli uomini radar giocano a calcetto e scioperano
Proprio oggi i cosiddetti “uomini radar”, cioè gli assistenti al volo dei nostri aeroporti, sono stati protagonisti di due notizie. Vediamole insieme.
La prima notizia è quella che si riferisce al loro sciopero – indetto per oggi – per cui nei cieli italiani si è creato il solito caos; l’Alitalia cancella 172 voli, altrettanti se non di più vengono annullati dalle Compagnie straniere le quali chiedono un risarcimento danni di oltre 35 milioni di euro, gli utenti sono arrabbiati come bufali e i soldi buttati non si contano..
In pratica il nostro sistema aereo è stato sistemato per le feste e, visto che rispetto alla concorrenza straniera siamo delle Cenerentole, questo proprio non ci voleva.
Ma tant’è, lo sciopero è sacrosanto diritto dei lavoratori, anche se questi ultimi che hanno vissuto le vicissitudini dell’azienda di bandiera, sembra che stiano facendo un pericoloso gioco al massacro.
Notare bene che questi signori lavoratori, sono gli stessi che la Procura della Repubblica di Milano ha rinviato a giudizio per truffa (e questa è la seconda notizia); vediamo questa truffa in cosa consisteva.
Il P.M. Fabio Roia accusa 61 uomini radar di truffa, per averli beccati a giocare a calcetto durante i turni di lavoro: tale rilievo discende da ben 7 blitz delle forze dell’ordine e – del resto – non è affatto smentito dagli interessati.
Essi infatti rispondono così: “E’ stato sempre fatto così, perciò non mi sono mai posto il problema”.
Com’è che avveniva il fattaccio: ogni tecnico ha 20 minuti di break dopo due ore di servizio. Evidentemente si lavorava 20 minuti e si breakkava per due ore, tanto occorreva per fare la partita.
Si tratterebbe quindi soltanto di una inversione tra il break e l’attività; e che sarà mai!
Quello che colpisce in questa vicenda è l’assoluta sicumera di questi signori, la sicurezza che tutto è loro dovuto e che il periodo in cui “devono” lavorare è una grandissima scocciatura che, deve essere eliminata il più spesso possibile.
Pensate che queste partite che si svolgevano contro altri aeroporti italiani e stranieri, avevano luogo di sabato mattina e i vari giocatori si allontanavano dalla sala controllo senza neppure avvertire il caposala operativo (che peraltro dice di non essersi mai accorto di niente), cioè l’uomo che coordina il lavoro della torre di controllo; “no, non era necessario; autogestione totale”, queste le parole di uno dei calciatori che aggiunge “la partita di calcio era più che altro un pretesto perché ci si scambiava informazioni tra reparti operativi”.
Evidentemente questo signore ci vorrebbe dare a bere che i normali contatti operativi tra strutture analoghe (convegni, stage, ecc.) erano sostituiti da partite di calcetto.
Ma non era solo il gioco del pallone a tenere lontani gli uomini radar dalle loro postazioni: infatti in uno dei sette blitz dei carabinieri fu rilevato che durante il turno notturno almeno metà dei “presenti sulla base degli statini” in realtà era in tutt’altra parte, alcuni addirittura erano tornati a casa a dormire.
Che diamine, un atleta deve avere una vita tranquilla e le sue ore di sonno assicurate.
La prima notizia è quella che si riferisce al loro sciopero – indetto per oggi – per cui nei cieli italiani si è creato il solito caos; l’Alitalia cancella 172 voli, altrettanti se non di più vengono annullati dalle Compagnie straniere le quali chiedono un risarcimento danni di oltre 35 milioni di euro, gli utenti sono arrabbiati come bufali e i soldi buttati non si contano..
In pratica il nostro sistema aereo è stato sistemato per le feste e, visto che rispetto alla concorrenza straniera siamo delle Cenerentole, questo proprio non ci voleva.
Ma tant’è, lo sciopero è sacrosanto diritto dei lavoratori, anche se questi ultimi che hanno vissuto le vicissitudini dell’azienda di bandiera, sembra che stiano facendo un pericoloso gioco al massacro.
Notare bene che questi signori lavoratori, sono gli stessi che la Procura della Repubblica di Milano ha rinviato a giudizio per truffa (e questa è la seconda notizia); vediamo questa truffa in cosa consisteva.
Il P.M. Fabio Roia accusa 61 uomini radar di truffa, per averli beccati a giocare a calcetto durante i turni di lavoro: tale rilievo discende da ben 7 blitz delle forze dell’ordine e – del resto – non è affatto smentito dagli interessati.
Essi infatti rispondono così: “E’ stato sempre fatto così, perciò non mi sono mai posto il problema”.
Com’è che avveniva il fattaccio: ogni tecnico ha 20 minuti di break dopo due ore di servizio. Evidentemente si lavorava 20 minuti e si breakkava per due ore, tanto occorreva per fare la partita.
Si tratterebbe quindi soltanto di una inversione tra il break e l’attività; e che sarà mai!
Quello che colpisce in questa vicenda è l’assoluta sicumera di questi signori, la sicurezza che tutto è loro dovuto e che il periodo in cui “devono” lavorare è una grandissima scocciatura che, deve essere eliminata il più spesso possibile.
Pensate che queste partite che si svolgevano contro altri aeroporti italiani e stranieri, avevano luogo di sabato mattina e i vari giocatori si allontanavano dalla sala controllo senza neppure avvertire il caposala operativo (che peraltro dice di non essersi mai accorto di niente), cioè l’uomo che coordina il lavoro della torre di controllo; “no, non era necessario; autogestione totale”, queste le parole di uno dei calciatori che aggiunge “la partita di calcio era più che altro un pretesto perché ci si scambiava informazioni tra reparti operativi”.
Evidentemente questo signore ci vorrebbe dare a bere che i normali contatti operativi tra strutture analoghe (convegni, stage, ecc.) erano sostituiti da partite di calcetto.
Ma non era solo il gioco del pallone a tenere lontani gli uomini radar dalle loro postazioni: infatti in uno dei sette blitz dei carabinieri fu rilevato che durante il turno notturno almeno metà dei “presenti sulla base degli statini” in realtà era in tutt’altra parte, alcuni addirittura erano tornati a casa a dormire.
Che diamine, un atleta deve avere una vita tranquilla e le sue ore di sonno assicurate.
mercoledì, novembre 17, 2004
Il problema dei pentiti
E’ di ieri l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per il Tenente Canale, braccio destro del compianto Magistrato Borsellino, accusato dalla Procura di Palermo di concorso in associazione mafiosa e corruzione.
Le prove in virtù delle quali Canale è stato rinviato a giudizio sono rappresentate dalle “rivelazioni” di ben 12 pentiti, capitanati – udite, udite – dal celebre Giovanni Brusca che, insieme a Balduccio Di Maggio guida la classifica del campionato mondiale dei pentiti.
Attualmente il primo gira libero e giocondo pur con i suoi 100 omicidi da scontare e – la cosa più sconvolgente – l’uccisione e lo scioglimento nell’acido di un ragazzino di dodici anni, figlio di un pentito di mafia.
Il Tenente Canale – nel frattempo promosso al grado di Capitano – ha ovviamente tirato un sospiro di sollievo dopo che per ben otto anni lo hanno trascinato nel fango dei sospetti più infamanti e, dopo avere ascoltato la sentenza, ha così commentato: “Dedico questo giorno a due persone scomparse, mia figlia Antonella e Paolo Borsellino, al quale sono legato da profonda amicizia. Altri sono i traditori di Borsellino e lo dirò nei prossimo giorni”.
Questa ennesima assoluzione di personaggi accusati dai pentiti Brusca e Di Maggio, dovrebbe indurre la Magistratura a compiere qualche riflessione: solo per citare il più famoso, prima di Canale è stato assolto anche un certo Andreotti che, a detta di Di Maggio – si era sbaciucchiato con Totò Riina.
Come comportarsi nel caso che le accuse di un pentito siano poi considerate false o non sufficienti per condannare qualcuno? Nei due casi il Giudice le ha considerate false in quanto l’assoluzione è avvenuta perché “il fatto non sussiste”.
E’ fuor di dubbio che le rivelazioni dei pentiti sono state e lo sono tuttora, un’autentica manna piovuta dal cielo per i magistrati impegnati in indagini sulla criminalità organizzata; quello però che lascia sconcertati è l’apparente mancanza di riscontri eseguiti su tali rivelazioni, l’apparente superficialità delle indagini svolte dai P.M.
Sembrerebbe quasi – ma non voglio essere malizioso – che in molti casi gli inquirenti si limitino a prendere per buone le confidenze e le ricostruzioni eseguite da “delinquenti-ora-pentiti”; ho come l’impressione che in certi casi le doverose indagini a suffragio delle rivelazioni, siano condotte con una notevole superficialità che, in qualche caso, può apparire “strumentale”
Questa è una mia impressione, l’impressione peraltro di un profano dell’ambiente giudiziario, ma una cosa balza evidente: la necessità che la magistratura si comporti in maniera diversa nei confronti dei pentiti a seconda – scusate la brutalità – del risultato che si ha in Tribunale sulla scorta delle loro rivelazioni.
In che modo mettere in piedi una situazione del genere non lo so proprio; quale possa essere il meccanismo da rivedere non lo so, però di una cosa sono certo: l’opinione pubblica è stufa di questi linciaggi (otto lunghi anni è durata l’odissea di Canale) che poi si concludono con un’assoluzione e con uno “scusi tanto”.
La gente della strada, quella gente in nome della quale vengono emesse le sentenze, chiede maggior rigore nei confronti dei pentiti e dei P.M. che li hanno “in carico”; anche se è brutto dirlo, ma la famosa casalinga di Vigevano, si domanda come è potuto avvenire tutto questo e, soprattutto, chi ripaga Canale dalle tante sofferenze? Lo Stato o il magistrato che ha fatto le indagini ed ha raccolto la deposizione dei pentiti?
E’ una bella domanda, lo so ed è per questo che mi piace farla.
Le prove in virtù delle quali Canale è stato rinviato a giudizio sono rappresentate dalle “rivelazioni” di ben 12 pentiti, capitanati – udite, udite – dal celebre Giovanni Brusca che, insieme a Balduccio Di Maggio guida la classifica del campionato mondiale dei pentiti.
Attualmente il primo gira libero e giocondo pur con i suoi 100 omicidi da scontare e – la cosa più sconvolgente – l’uccisione e lo scioglimento nell’acido di un ragazzino di dodici anni, figlio di un pentito di mafia.
Il Tenente Canale – nel frattempo promosso al grado di Capitano – ha ovviamente tirato un sospiro di sollievo dopo che per ben otto anni lo hanno trascinato nel fango dei sospetti più infamanti e, dopo avere ascoltato la sentenza, ha così commentato: “Dedico questo giorno a due persone scomparse, mia figlia Antonella e Paolo Borsellino, al quale sono legato da profonda amicizia. Altri sono i traditori di Borsellino e lo dirò nei prossimo giorni”.
Questa ennesima assoluzione di personaggi accusati dai pentiti Brusca e Di Maggio, dovrebbe indurre la Magistratura a compiere qualche riflessione: solo per citare il più famoso, prima di Canale è stato assolto anche un certo Andreotti che, a detta di Di Maggio – si era sbaciucchiato con Totò Riina.
Come comportarsi nel caso che le accuse di un pentito siano poi considerate false o non sufficienti per condannare qualcuno? Nei due casi il Giudice le ha considerate false in quanto l’assoluzione è avvenuta perché “il fatto non sussiste”.
E’ fuor di dubbio che le rivelazioni dei pentiti sono state e lo sono tuttora, un’autentica manna piovuta dal cielo per i magistrati impegnati in indagini sulla criminalità organizzata; quello però che lascia sconcertati è l’apparente mancanza di riscontri eseguiti su tali rivelazioni, l’apparente superficialità delle indagini svolte dai P.M.
Sembrerebbe quasi – ma non voglio essere malizioso – che in molti casi gli inquirenti si limitino a prendere per buone le confidenze e le ricostruzioni eseguite da “delinquenti-ora-pentiti”; ho come l’impressione che in certi casi le doverose indagini a suffragio delle rivelazioni, siano condotte con una notevole superficialità che, in qualche caso, può apparire “strumentale”
Questa è una mia impressione, l’impressione peraltro di un profano dell’ambiente giudiziario, ma una cosa balza evidente: la necessità che la magistratura si comporti in maniera diversa nei confronti dei pentiti a seconda – scusate la brutalità – del risultato che si ha in Tribunale sulla scorta delle loro rivelazioni.
In che modo mettere in piedi una situazione del genere non lo so proprio; quale possa essere il meccanismo da rivedere non lo so, però di una cosa sono certo: l’opinione pubblica è stufa di questi linciaggi (otto lunghi anni è durata l’odissea di Canale) che poi si concludono con un’assoluzione e con uno “scusi tanto”.
La gente della strada, quella gente in nome della quale vengono emesse le sentenze, chiede maggior rigore nei confronti dei pentiti e dei P.M. che li hanno “in carico”; anche se è brutto dirlo, ma la famosa casalinga di Vigevano, si domanda come è potuto avvenire tutto questo e, soprattutto, chi ripaga Canale dalle tante sofferenze? Lo Stato o il magistrato che ha fatto le indagini ed ha raccolto la deposizione dei pentiti?
E’ una bella domanda, lo so ed è per questo che mi piace farla.
martedì, novembre 16, 2004
Passione per la neve
E’ di ieri la sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato quanto comminato nei due precedenti gradi di giudizio a carico di tre insegnanti di una scuola media della provincia di Napoli e di un medico compiacente della stessa zona.
Cosa era successo: queste tre professoresse, nel periodo di bassa stagione (dovevano risparmiare, poverette loro, con gli stipendi che gli danno!) se ne partivano per le Dolomiti e alla scuola facevano pervenire un certificato medico che stabiliva di concedere sette/10 giorni di riposo (per quale malattia non si sa).
Tutto questo vi sembra cosa da suscitare scalpore? Certo che no! Ma se vi aggiungo che le tre stimate insegnanti hanno fatto questa manfrina per ben sette anni, prima di essere scoperte, allora dovete convenire con me che siamo in presenza di una aberrazione dell’assenteismo, direi quasi che era diventato un vizio, un’allungamento delle vacanze di Natale, chiamatelo come volete, ma non era certo qualcosa di normale.
La Giustizia italiana ha condannato le professoresse ed il medico a un anno di reclusione (ovviamente con la condizionale) ed a mille euro di multa; la linea difensiva è stata: “Lo fanno tutti”, e con questo hanno detto tutto quello che c’era da dire.
Proprio ieri – mentre era in corso una manifestazione di tutti i sindacati, i COBAS e chi più ne ha più ne metta, per l’aumento di stipendio agli insegnanti e contro il Piano Moratti – alcuni giornalisti più maliziosi, hanno fatto circolare nel corteo che la Cassazione aveva confermato le condanne a carico di tre loro colleghe; il commento è stato dello stesso tenore: “Niente scandalismo, lo fanno tutti”.
Allora, andiamo con ordine e facciamo alcune notazioni sulla vicenda: giusta la manifestazione perché con uno stipendio più alto le/gli insegnanti si potrebbero permettere anche l’alta stagione per organizzare le loro “scappatelle” ed allora sarebbe tutta un’altra cosa, tutto un altro godere.
Un altro commento: era tanta la sicurezza del funzionamento del meccanismo, che le autorità giudiziarie hanno rilevato come le prenotazioni negli alberghi datassero di alcuni mesi precedenti alla data del certificato medico: quando si dice la lungimiranza, questo sì che è vera prevenzione!.
Adesso mi rivolgo ai media che hanno riportato l’evento, con un certo spazio ma in tono ridanciano e invece qui mi sembra che ci sia poco da ridere: perché non sono stati riportati i nomi e cognomi sia delle insegnanti che del medico? Alla fin fine i quattro sono stati condannati in via definitiva e quindi non mi sembra che la legge sulla privacy continui a tutelarli anche in questo caso.
Un altro rilievo per i mess-media: in quelli che ho letto io (quattro) non ce n’è neppure uno che ha accennato alla “carriera scolastica” delle docenti e a quella del medico; mi spiego: le esimie insegnanti sono state cacciate dalla scuola oppure continuano imperterrite a sedere dietro la cattedra? E il dotto cerusico è stato cancellato dall’Albo oppure no?
Probabilmente non è successo niente del genere e sia le insegnanti che il dottore continuano tranquillamente la loro vita di sempre (in Italia c’è da aspettarsi questo ed altro), ma quello che mi lascia perplesso è la totale assenza di qualsiasi commento in materia da parte dei giornali.
Hanno forse paura di perdere, come lettori, queste due categorie (insegnanti e medici)? Sarebbe ben triste! E poi si invoca la libertà di stampa, ma per farsene cosa?
Cosa era successo: queste tre professoresse, nel periodo di bassa stagione (dovevano risparmiare, poverette loro, con gli stipendi che gli danno!) se ne partivano per le Dolomiti e alla scuola facevano pervenire un certificato medico che stabiliva di concedere sette/10 giorni di riposo (per quale malattia non si sa).
Tutto questo vi sembra cosa da suscitare scalpore? Certo che no! Ma se vi aggiungo che le tre stimate insegnanti hanno fatto questa manfrina per ben sette anni, prima di essere scoperte, allora dovete convenire con me che siamo in presenza di una aberrazione dell’assenteismo, direi quasi che era diventato un vizio, un’allungamento delle vacanze di Natale, chiamatelo come volete, ma non era certo qualcosa di normale.
La Giustizia italiana ha condannato le professoresse ed il medico a un anno di reclusione (ovviamente con la condizionale) ed a mille euro di multa; la linea difensiva è stata: “Lo fanno tutti”, e con questo hanno detto tutto quello che c’era da dire.
Proprio ieri – mentre era in corso una manifestazione di tutti i sindacati, i COBAS e chi più ne ha più ne metta, per l’aumento di stipendio agli insegnanti e contro il Piano Moratti – alcuni giornalisti più maliziosi, hanno fatto circolare nel corteo che la Cassazione aveva confermato le condanne a carico di tre loro colleghe; il commento è stato dello stesso tenore: “Niente scandalismo, lo fanno tutti”.
Allora, andiamo con ordine e facciamo alcune notazioni sulla vicenda: giusta la manifestazione perché con uno stipendio più alto le/gli insegnanti si potrebbero permettere anche l’alta stagione per organizzare le loro “scappatelle” ed allora sarebbe tutta un’altra cosa, tutto un altro godere.
Un altro commento: era tanta la sicurezza del funzionamento del meccanismo, che le autorità giudiziarie hanno rilevato come le prenotazioni negli alberghi datassero di alcuni mesi precedenti alla data del certificato medico: quando si dice la lungimiranza, questo sì che è vera prevenzione!.
Adesso mi rivolgo ai media che hanno riportato l’evento, con un certo spazio ma in tono ridanciano e invece qui mi sembra che ci sia poco da ridere: perché non sono stati riportati i nomi e cognomi sia delle insegnanti che del medico? Alla fin fine i quattro sono stati condannati in via definitiva e quindi non mi sembra che la legge sulla privacy continui a tutelarli anche in questo caso.
Un altro rilievo per i mess-media: in quelli che ho letto io (quattro) non ce n’è neppure uno che ha accennato alla “carriera scolastica” delle docenti e a quella del medico; mi spiego: le esimie insegnanti sono state cacciate dalla scuola oppure continuano imperterrite a sedere dietro la cattedra? E il dotto cerusico è stato cancellato dall’Albo oppure no?
Probabilmente non è successo niente del genere e sia le insegnanti che il dottore continuano tranquillamente la loro vita di sempre (in Italia c’è da aspettarsi questo ed altro), ma quello che mi lascia perplesso è la totale assenza di qualsiasi commento in materia da parte dei giornali.
Hanno forse paura di perdere, come lettori, queste due categorie (insegnanti e medici)? Sarebbe ben triste! E poi si invoca la libertà di stampa, ma per farsene cosa?
lunedì, novembre 15, 2004
Zibaldone n.11
Gli argomenti più interessanti e curiosi – almeno a mio modo di vedere – in questi ultimi giorni sono tre: vediamoli singolarmente.
Il PRIMO si riferisce ai numerosi casi di vandalismo in scuole di tutta Italia: il primo è stato il Liceo “Parini” di Milano e a questo si sono susseguiti svariati altri Istituti scolastici che hanno subito atti vandalici tesi – oltre che a soddisfare la cretineria di chi li esegue – a mettere la scuola fuori combattimento per il maggior numero di giorni possibile.
Siamo in presenza della classica situazione di emulazione, acuita dallo spazio che i mass-media dedicano a questi eventi: purtroppo, tali atti vandalici sono portati agli onori della prima pagina sia dai giornali che dalle televisioni; coloro che seguono i mezzi di comunicazione come farebbero con un giornalino di Tex Wiler o di Pecos Bill, individuano negli autori di questi fattacci l’eroe di turno, non importa se “negativo”, basta che si consideri eroe. Da questo primo processo psicologico all’emulazione del gesto “eroico” il passo è breve.
Tra i vari casi, uno è particolare: gli alunni di una scuola Media (avete letto bene Media; età tra gli 11 e i 14 anni) non si sono voluti privare dell’atto vandalico di turno, ma essendo ancora piccoli, hanno pagato un “killer” di età più elevata che – per la modica somma di 150 Euro – ha messo la scuola fuori uso per alcuni giorni ed ha fatto svariati danni materiali.
Il SECONDO argomento che vorrei trattare è questa ondata di violenza che – oltre che a Napoli – si è scatenata in tutta Italia: dalla ragazzina di Manfredonia agli anziani coniugi potentini massacrati di botte e derubati, dal giovane accoltellato davanti ad una discoteca romana, fino al giovane polacco ucciso a calci e pugni vicino a Piazza Navona e – per concludere – la coppia di sposi che nel padovano è stata massacrata di botte in una sorta di riedizione di “Arancia Meccanica”.
Cos’è che spinge tante persone a usare la violenza per sistemare le proprie faccende?
Anche in questo caso credo che buona parte della “colpa” debba essere data ai mezzi di comunicazione di massa, televisione in testa: siamo giunti ormai a questa parossistica passerella di cadaveri nei telegiornali di massimo ascolto; subito dopo va in onda il telefilm che è anch’esso pieno di morti ammazzati.
Dove è la realtà e dove la finzione? Il telefilm è una diretta su un caso della mafia? E il telegiornale è l’ultimo episodio di una serie di telefilm molto violenti?
Badata bene, non sto scherzando, i mass-media ingenerano – tra le altre cose nefaste – anche questa sorta di “confusione mentale” tra la finzione e la realtà; e in questo caso le persone un po’ più sprovvedute, un po’ più direttamente dipendenti dai media, si comportano nella realtà come se interpretassero una fiction; ed una volta finito tutto, molto spesso non si sanno dare neppure una motivazione del perché di tanta violenza.
Chiudiamo con il TERZO argomento e spero con quest’ultimo di farvi sorridere: la nota (ma a chi?) Flavia Vento, reduce dalla figuraccia a “L’Isola dei Famosi” (di questo reality dovremo riparlare) ha smentito di avere intenzione di candidarsi per la “Margherita” alle prossime elezioni: è troppo presto, ha detto ad un giornale, devo ancora imparare alcune cose prima di gettarmi in politica.
Se non vi fa ridere neppure questo, non so proprio cos’altro andare a cercare!
Il PRIMO si riferisce ai numerosi casi di vandalismo in scuole di tutta Italia: il primo è stato il Liceo “Parini” di Milano e a questo si sono susseguiti svariati altri Istituti scolastici che hanno subito atti vandalici tesi – oltre che a soddisfare la cretineria di chi li esegue – a mettere la scuola fuori combattimento per il maggior numero di giorni possibile.
Siamo in presenza della classica situazione di emulazione, acuita dallo spazio che i mass-media dedicano a questi eventi: purtroppo, tali atti vandalici sono portati agli onori della prima pagina sia dai giornali che dalle televisioni; coloro che seguono i mezzi di comunicazione come farebbero con un giornalino di Tex Wiler o di Pecos Bill, individuano negli autori di questi fattacci l’eroe di turno, non importa se “negativo”, basta che si consideri eroe. Da questo primo processo psicologico all’emulazione del gesto “eroico” il passo è breve.
Tra i vari casi, uno è particolare: gli alunni di una scuola Media (avete letto bene Media; età tra gli 11 e i 14 anni) non si sono voluti privare dell’atto vandalico di turno, ma essendo ancora piccoli, hanno pagato un “killer” di età più elevata che – per la modica somma di 150 Euro – ha messo la scuola fuori uso per alcuni giorni ed ha fatto svariati danni materiali.
Il SECONDO argomento che vorrei trattare è questa ondata di violenza che – oltre che a Napoli – si è scatenata in tutta Italia: dalla ragazzina di Manfredonia agli anziani coniugi potentini massacrati di botte e derubati, dal giovane accoltellato davanti ad una discoteca romana, fino al giovane polacco ucciso a calci e pugni vicino a Piazza Navona e – per concludere – la coppia di sposi che nel padovano è stata massacrata di botte in una sorta di riedizione di “Arancia Meccanica”.
Cos’è che spinge tante persone a usare la violenza per sistemare le proprie faccende?
Anche in questo caso credo che buona parte della “colpa” debba essere data ai mezzi di comunicazione di massa, televisione in testa: siamo giunti ormai a questa parossistica passerella di cadaveri nei telegiornali di massimo ascolto; subito dopo va in onda il telefilm che è anch’esso pieno di morti ammazzati.
Dove è la realtà e dove la finzione? Il telefilm è una diretta su un caso della mafia? E il telegiornale è l’ultimo episodio di una serie di telefilm molto violenti?
Badata bene, non sto scherzando, i mass-media ingenerano – tra le altre cose nefaste – anche questa sorta di “confusione mentale” tra la finzione e la realtà; e in questo caso le persone un po’ più sprovvedute, un po’ più direttamente dipendenti dai media, si comportano nella realtà come se interpretassero una fiction; ed una volta finito tutto, molto spesso non si sanno dare neppure una motivazione del perché di tanta violenza.
Chiudiamo con il TERZO argomento e spero con quest’ultimo di farvi sorridere: la nota (ma a chi?) Flavia Vento, reduce dalla figuraccia a “L’Isola dei Famosi” (di questo reality dovremo riparlare) ha smentito di avere intenzione di candidarsi per la “Margherita” alle prossime elezioni: è troppo presto, ha detto ad un giornale, devo ancora imparare alcune cose prima di gettarmi in politica.
Se non vi fa ridere neppure questo, non so proprio cos’altro andare a cercare!