sabato, giugno 28, 2014
UN PROBLEMA RISOLTO? MA PER FAVORE!!
Siamo a New York, la città che non si spegne
mai, e in questa metropoli il Sindaco De Blasio ha emanato un’ordinanza in cui
si autorizzano i “pet cemetery”, cioè i cimiteri di cani e gatti, ad accettare
al fianco dei loro animali, le ceneri dei padroni, in modo che restino vicini
per l’eternità.
La nuova normativa contiene un’unica
condizione: il cane o il gatto devono morire “prima” del padrone per poter
sfruttare questa coesistenza e sfruttare questa formula di amore permanente.
La fedeltà insomma non è un sentimento che si
possa barattare o cancellare e così la decisione del Sindaco apre nuovi
scenari.
Infatti, la motivazione del provvedimento afferma
che una gran fetta della comunità newyorkese ha espresso il desiderio di poter
avere per sempre i propri resti al fianco di quelli degli animali che hanno
amato per tutta la vita.
E quindi, dopo tante battaglie e accese
discussioni durate tre anni ai vari livelli politici, il caso più eclatante si
è risolto: le ceneri di un famoso ex poliziotto di Weschester sono state
seppellite insieme a quelle del suo adorato cane; e questo ha fatto felici
tutti; almeno a quanto mi è dato conoscere.
Ma aspettiamo a cantare vittoria; il successo
degli amici degli animali non è totale perché il provvedimento non riguarda i
cimiteri privati ma per ora soltanto quelli statali; la speranza di tutti è che
la burocrazia possa cedere anche su questo fronte.
Tutte queste belle parole cedono però le armi
di fronte alle regole e valgono quindi anche per un Sindaco – quello di San
Marino, una cittadina della California – che si è dovuto dimettere dopo essere
stato scoperto a gettare la cacca del proprio cane nel giardino del vicino;
insomma, questo non è amore eterno ma semplicemente abuso della proprietà
altrui.
Ecco, quest’ultimo episodio ci riporta con i
piedi per terra!
E allora mi chiedo e vi chiedo: ma i
cittadini di New York e delle altre città o cittadine interessate, non hanno
altri problemi al di fuori del loro rapporto con gli animali che tanto amano?
E nel caso che non abbiano di meglio da fare,
perché non si dedicano a qualche attività assistenziale nei confronti degli
anziani e/o dell’infanzia abbandonata?
Sia chiaro che non ce l’ho con il rapporto
essere umano-cane o gatto, ma ritengo doveroso anteporre a questa idilliaca
situazione tutta una serie di schifose situazioni nelle quali l’amore per i
cani non esiste e neppure quello per i propri simili; alludo alla mancanza di
ogni ritegno o alla carenza di ogni rispetto per se stesso o per gli altri.
Ad esempio, quei giovanotti che imbracciando
dei fucili mitragliatori si sono
presentati in alcune scuole degli Stati Uniti, che legame possono avere con
questa innovazione che mi sa tanto di pezza messa su una situazione non definita.
Comunque, a New York, dopo l’entrata in
vigore del nuovo provvedimento, sembra sia sorto un problema che a dir poco
dovremmo definire “tragico”: come faranno le lapidi a portare il doppio o il
triplo nome (quello dei “padroni” umani e quello del cane o gatto tragicamente
deceduto)?
Ma alcuni attenti lettori del provvedimento
hanno notato che lo stesso risulta addirittura conveniente commercialmente,
perché consente agli umani di risparmiare qualche dollaro a inumare in terra
insieme al proprio cane o al proprio gatto; rispetto ai cimiteri lussuosi, si
differenzia solo per l’aggiunta del nome sulla lapide!!
giovedì, giugno 26, 2014
IL MONDO E' SEMPRE PIU' STRANO
Ancora una volta, la discriminazione ha fatto
la sua vittima: un bimbo down non è stato accettato a un centro estivo in
quanto “difficile da gestire” (questa la motivazione ufficiale) e questo anche
se il padre si era dichiarato disposto a pagare un tutor che stesse con il
bambino.
La seconda motivazione, sempre del gestore
della struttura, è stata: “non vorrei
che gli altri bambini si lamentassero e i genitori li portassero via”.
Così il bimbo – che chiameremo convenzionalmente
Mario – passerà un’estate di giocosa normalità e non avrà la gioia di poter
interagire con bambini delle sua età.
Questa “piccola” storia ci dice anzitutto una
cosa: non sono “i diversi” ad avere problemi nell’accettare la propria
diversità, ma siamo noi “normali” ad avere problemi dell’accettare la loro
diversità.
Ma in questo mondo sempre più votato ad una
corsa folle verso una meta che nessuno ci indica, abbiamo anche una notizia
che, almeno per un momento, ci fa ben sperare: sembra un controsenso, visto che
siamo nella società “dell’apparire”, ma chiunque, anche coloro che hanno
conquistato un briciolo di notorietà, potrà chiedere che il suo nome non abbia
la condanna all’ergastolo – senza sconti – della pubblica notorietà, digitando
su un motore di ricerca in forma apposita.
Con la sentenza che sancisce il diritto
all’oblio, la Corte Europea
ha inventato una sorta di smacchiatore universale ; ovviamente non ne potranno
beneficiare i politici in quanto personaggi pubblici – ha precisato il
costituzionalista Rodotà – che così vedono stroncata la mossa tesa ad imbavagliare Google nelle loro corse ad un
qualsiasi “palazzo”.
Ma di chi è la colpa di questa situazione? I
motori di ricerca rimandano ai link con altri siti che forniscono le notizie
ma, in ogni caso, la somma dei risultati che si ottiene digitando nome e
cognome del singolo individuo fornisce la visione complessiva della persona in
questione, ledendone così il diritto alla privacy e portandosi dietro notizie negative che rimangono
come macchie indelebili anche se sono
vecchie e magari superate anche da successive eventuali riscontri giudiziari
che hanno sistemato la vicenda dando ragione all’individuo.
Come agisce questa rimozione? Sarà lo stesso motore
di ricerca a rimuovere il collegamento – ovviamente su richiesta del singolo
che ne faccia istanza – se sussistono certe condizioni.
La logica vorrebbe che si dovrebbe ricercare
un giusto equilibrio tra l’interesse generale dei “navigatori” e il diritto di
tutti alla privacy ed alla protezione dei dati personali. Comunque, che la
libertà assoluta del web abbia bisogno di nuove regole è forse assolutamente
comprensibile e logico.
Nella corsa a cancellarsi da Google i primi a
sgomitare pare siano per ora truffatori e pedofili; non mi sorprende
assolutamente, vista la necessito di siffatti individui di ricrearsi una nuova
“pelle”, operazione per la quale è necessaria la perdita della vecchia pelle.
Comunque, siamo in Italia e quindi non c’è
mai niente di definitivo: quello che si potrà cancellare da Google.it, sarà
comunque consultabile su Google.com.
Non mi chiedete il perché, dato che non l’ho
capito; l’unica cosa che posso avventurarmi a dire è che da noi qualche traccia
resta sempre a disposizione di coloro che la sanno trovare. Chiaro il
concetto??
martedì, giugno 24, 2014
UN PROBLEMA IRRISOLVIBILE ?
Ormai non ci
meravigliamo neppure più; ormai non ci facciamo più caso; lo diamo per
scontato; alludo al ripetersi infinito delle ruberie e delle tangenti in
corrispondenza di grandi opere pubbliche, tant’è vero che i resoconti
giornalistici sembrano fatti “in copia”, tanto si somigliano l’uno all’altro.
Ed anche
l’indignazione dei benpensanti diminuisce con l’aumentare delle ruberie: al
malaffare purtroppo mi sembra che ci si abitui , finendo per considerarlo come
una sorta di effetto collaterale indispensabile, una variabile dipendente cui è
praticamente impossibile rinunciare.
Credo che sia proprio
questo che il sistema vuole: l’opinione pubblica che non ci faccia più tanto
caso a questo malaffare imperante e cosi, in un modo o nell’altro, si continua
a riempire le tasche a quelli che reggono il timone di questa barca che mi
sembra sempre più indirizzata contro gli scogli.
Il bello – se così si
può dire – è che oggi tutti si scandalizzano, a cominciare da quei politici che
per una volta sono rimasti fuori dalla rete della giustizia e starnazzano per
qualche giorno, salvo poi fare in modo che ogni cosa torni come prima e che il
sistema – come una mamma premurosa – non lasci nessuno a bocca asciutta.
Questo assunto è dimostrato
dal fatto che ormai da anni non c’è importante opera pubblica che non abbia
poco dopo un’inchiesta alla fine della
quale si scopre sempre che i magistrati avevano visto giusto e che il fango era
veramente maleolente.
E diciamoci la
schietta verità: se niente si è fatto nel tempo per semplificare le normative,
rendendole più trasparenti, mettere fuori gioco l’obsoleta e fraudolenta
pratica della concessione unica, un motivo ci sarà.
La politica infatti è
velocissima a realizzare quelle riforme che gli stanno a cuore (a tutti!!),
basta vedere con quale solerzia sono state rimodulare le norme per il
finanziamento ai partiti, rese semplici e ben accolte da tutti i partiti.
E invece niente si è
fatto per la gestione degli appalti con delle norme che autorizzano procedure
semplificate; al contrario si è andati addirittura complicando la vita a chi
intende lavorare in questo campo con la correttezza del caso.
E così, una seria
politica anticorruzione ha visto per ora
solo un poveruomo – il supercommissario – investito di tanti incarichi ma di
pochi poteri e quindi mandato fatalmente allo sbaraglio.
Ma c’è da aggiungere
che in questi ultimi tempi si è visto come i politici non siano gli unici a
dover stigmatizzare e che il marcio alligna anche in altri orti: nell’inchiesta
veneziana è saltato fuori uno spaccato sociale inquietante e si è vista
rappresentata tutta la mitica società civile: militari, magistrati, tecnici,
impiegati, funzionari.
Insomma anche questa
volta si è usato il mitico detto che “si mangia bene quando si mangia tutti” e
così ogni componente della combriccola che ha organizzato l’affare, ha la sua
piccola o grande fetta di bottino a secondo dell’importanza del ruolo che
ricopre; più giustizia sociale di così!!
Nella vicenda
veneziana c’è un’aggravante: il Sindaco non ha sentito il minimo disagio a
continuare a governare una delle città più famoai del mondo e se ne è andato
solo quando gli è stata tolta da sotto il sedere la sedia del comando;
spregiudicatezza politica di un uomo che ha i miliardi e quindi non vive certo
di queste quisquilie rappresentate dalle tangenti? Oppure grandissima
indifferenza a quello che la gente possa pensare di lui? In entrambi i casi:
vergogna!!
domenica, giugno 22, 2014
QUANTO CI COSTANO LE TANGENTI ?
Nella stagione 1992-93, in piena era “mani
pulite”, una sera un giornalista incontra in uno studio televisivo Mino
Martinazzoli, da poco nominato segretario della DC nel tentativo – non riuscito
– di salvare il partito e gli chiede un commento sulla vicenda delle tante e
copiose ruberie.
Martinazzoli
lo porta in un angolo della stanza e gli chiede: “ma sei sicuro che la DC abbia preso 300/400
miliardi?”; “certo!” gli risponde il giornalista; e allora Martinazzoli gli
rispende, calmo e placido: “guarda che io ho aperto tutti i cassetti ho
guardato dentro ognuno, con grande cura e attenzione ma non ho trovato niente”.
Come si spiega? Sono volati via?
Eppure di soldi ne erano girati tanti; solo
per la zona di Milano si era stimato che fossero girate tangenti per almeno
5/mila miliardi di lire in dieci anni; successivamente, l’economista Deaglio
ebbe a fare i conti in modo più preciso e stimò, all’epoca, che le tangenti
avevano generato maggiori costi per i cittadini pari a 10/mila miliardi di lire
all’anno (2000 lire = 1 euro)
Ma veniamo all’attualità e, più precisamente
alle tangenti che girano attualmente: la prima domanda è sempre la stessa
“quanto ci costano le tangenti?”; con precisione forse non lo sapremo mai; tutto
quello che possiamo affermare è che sono girati moltissimi soldi, ma sarà
difficile capire dove sono finiti e chi li ha intascati, anche perchè è un mondo “senza ricevute” e senza “bonifici
bancari”, addirittura senza alcuna annotazione, salvo in qualche rarissimo caso
in cui siamo in presenza di qualche sprovveduto; inoltre è assai difficile
distinguere il pubblico dal privato e quindi stabilire se i soldi sono finiti
in tasca a chi li trafficava oppure nelle casse dei partiti o di qualche
corrente e, da lì, prendere la dovuta direzione di marcia, cioè andare a finire
nelle tasche di chi organizzava il tutto.
Da più parti si afferma con decisione che le
distorsione nella pubblica amministrazione, causate da tutte queste trame
sotterranee, avrebbe provocato un maggiore indebitamento dello Stato di
150-250/mila miliardi di lire, con una spesa, per maggiori interessi, compresa
tra i 15 e i 25/mila miliardi di lire.
E molti ricordano che il governo Amato fu
costretto, nel 1992, a
varare la famosa finanziaria da 92/mila miliardi di lire perché i nostri conti
pubblici erano al collasso; e qualcuno disse che l’indebitamento netto del
nostro Stato era dovuto alle tangenti.
E se portiamo i conteggi di allora a quelli
di adesso, viene fuori delle cifre spaventose: fra il febbraio 2013 e lo stesso
mese del 2014. l’indebitamento pubblico è aumentato di 89/miliardi di euro e
quindi – applicando lo stesso parametro di allora – se ne ricava che in un solo
anno sono volati via 22/miliardi di euro, soldi che non sappiamo in quale tasca
siano andati a finire.
Ma sono giuste queste “stime” o sono frutto
della fantasia degli economisti che le partoriscono? Purtroppo hanno tutta l’aria
di essere giuste, ma se anche le dimezziamo siamo sempre a 10/mila miliardi di
euro sottratti allo Stato e finiti chissà dove.
In pratica, senza saperlo o megli0 senza
rendercene conto, ogni anno paghiamo una sorta di super IMU clandestina e il
beneficiario delle nostre rimesse è comunque un “ladro”, qualunque sia il suo
nome; chiaro il concetto??
Anche l’Europa è preoccupata di questo fenomeno: costa all’economia
120/miliardi di euro l’anno, l’1% del Pil comunitario; mal comune mezzo gaudio?
No davvero!!