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lunedì, maggio 25, 2009

GLI INDIFFERENTI 

Prendo in prestito il titolo del film realizzato nel 1964 da Francesco Maselli e tratto dall’omonimo romanzo del 1928 scritto da Moravia; nel film e nel libro il bersaglio – non sempre centrato, specie nel film – era la borghesia ma questa classe non veniva contestualizzata alla storia dell’epoca e quindi ne derivava una serie di smagliature specialmente in fase di sceneggiatura che rendevano incompleto il tema dell’opera.
Dicevo sopra che “uso” il titolo del film per attualizzare il problema dell’indifferenza, stante alcune risultanze cronachistiche che mettono i brividi: la prima vicenda, che poi è quella che ha dato la stura alla ricerca giornalistica, si è svolta nella civilissima Emilia, dove un bambino marocchino è affogato in una piscina, tra il menefreghismo (lo avevano visto benissimo morire!!) di coloro che erano con lui e che hanno continuato imperterriti a nuotare; i soccorsi – questa volta – sono arrivati tempestivamente e il ragazzo è stato estratto dall’acqua e adagiato sull’erba che circonda la piscina e su di lui sono stati tentati tutti i modi possibili per salvarlo, ma invano. Nel frattempo la gente in piscina continua a nuotare e a scherzare sguazzando nell’acqua; anche i ragazzi con cui il giovane era entrato in vasca si sono comportati allo stesso modo.
Nello stesso tempo – o quasi – un giovanissimo tifoso della squadra del Vicenza cadeva dagli spalti dello stadio del Parma e moriva sfracellato atterrando quasi sul terreno di gioco; nonostante i 24 minuti di interruzione, la partita è poi ripresa regolarmente ed è stata portata a compimento; sembra – dalle prime indagini – che tra le due squadre, la più incline a riprendere il gioco sia stata quella alla quale apparteneva il ragazzo deceduto.
I giornali, nel commentare la quasi contestuale morte di due ragazzi e la sostanziale indifferenza degli “altri”, sono andati a cercare altri eventi similari e due di questi ve li voglio riportare: il primo ha avuto luogo a Sanremo dove un uomo, a seguito di un attacco ischemico, è caduto dalle scale ed è morto 12 ore dopo la caduta senza che nessuno lo soccorresse ma neppure lo toccasse (sembra che coloro che dovevano scendere o salire si limitassero a scavalcare il corpo messo di traverso).
E l’altro evento si è svolto a Varese ed ha veramente dell’incredibile: una donna rimasta leggermente ferita ma in stato di comprensibile choc dopo un incidente stradale, non solo non veniva aiutata ma neppure le veniva chiesto notizie sullo stato di salute; sembra che gli automobilisti di passaggio si limitassero a suonare impazientemente il clacson dato che l’auto della donna ostruiva un incrocio; qualcuno l’ha addirittura offesa e tra questa schiera c’è anche il conducente dell’altra auto.
E adesso possiamo passare a porci alcune domande, del tipo “perché la gente, tutti noi, non ha più alcun interesse per il vicino”? La prima risposta che mi viene è perché è troppo impegnata nel “rito” che la vita gli propone, sia la nuotata in piscina che la partita di calcio, sia la girata in macchina che il salire le scale per rientrare in casa.
Tutti questi atti o gesti, sono diventati parte integrante di una ritualità che non consente variazioni e, soprattutto, sono diventati sempre più delle manifestazioni del nostro egoismo verso gli altri; diceva, quasi 70 anni fa, Hemingway in “Per chi suona la campana” che il rintocco a morto suona per tutti, non solo per la famiglia e gli amici del defunto, perché ogni essere umano che muore è un “pezzetto” di tutta l’umanità e quindi ha un valore cosmico, universale. Adesso questo concetto è talmente lontano da noi che addirittura non consentiamo neppure che suonino i “rintocchi a morto”: proprio perché possono disturbare uno dei tanti “riti” che la società ci costringe a fare.

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