sabato, aprile 15, 2006
LA SOLITA SCENEGGIATA DEL PETROLIO
E’ bastato che Ahmadinejad, presidente iraniano, annunciasse che il suo paese ormai poteva essere considerato a tutti gli effetti “una potenza nucleare” che in tutto il mondo si è scatenato tutta una serie di reazioni a catena che a noi potrebbero interessare anche poco se non avessero portato il petrolio ad un nuovo massimo che gli ha fatto superare i 70 dollari al barile.
La “guerra” del nucleare iraniano si gioca su due fronti: da una parte l’AIEA (l’Agenzia Internazionale per il controllo dell’Energia Atomica) ha inviato il suo direttore – il premio Nobel El Baradei – a Teheran per vedere quale è l’esatta situazione dei siti incriminati; la risposta del regime iraniano è stata netta e decisa e El Baradei non è stato neppure ricevuto dai vertici politici ma soltanto dai tecnici che stanno mettendo in piedi la struttura per l’arricchimento dell’uranio.
L’altro fronte su cui si gioca la vicenda iraniana è il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. che il 28 aprile dovrebbe discutere circa le sanzioni da applicare nei confronti del paese mediorientale: le sei nazioni “di diritto” con l’aggiunta della Germania, stentano a trovare un’intesa su quale decisione proporre all’Assemblea, dato che Cina e Russia sono contrarie alle sanzioni e favorevoli a continuare una trattativa che non si vede come e con chi si debba svolgere, visto che gli iraniani hanno rifiutato anche quella degli amici russi e cinesi. Probabilmente i due paesi cercano di procurarsi delle situazioni di vantaggio per discutere con l’Iran del futuro assetto nucleare, operazione che comporterà una spesa mostruosa che il paese mediorientale pagherebbe in “petrolio” e ben sappiamo quanto bisogno abbia la Cina dell’oro nero.
A latere di tutto questo ci sono le prove di “guerra” – anche con l’uso di atomiche tattiche – che l’America sta mettendo in campo, alle quali fa da contraltare la propaganda iraniana sulla “necessità” di distruggere Israele e sul misconoscimento dell’olocausto.
E l’Europa? Un silenzio assordante si ode a Bruxelles sul problema iraniano, visto che diversi e a volte addirittura contrastanti sono gli interessi dei singoli paesi: non è un mistero che una parte della tecnologia nucleare iraniana è stata fornita dalla Francia e qualcosa anche dalla Germania.
In Italia poi – tra elezioni e insipienza governativa – sembra quasi che il problema non esista, ma è di oggi l’avvertenza del F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) che ha affermato come questo aumento del petrolio possa vanificare qualsiasi ripresa delle economie internazionali e potrebbe addirittura portare il mondo occidentale verso una recessione come avvenne negli anni ’70 per effetto della famosa e ormai celebre crisi petrolifera.
Ovviamente, ogni volta che un qualche paese tenta di riportare l’Iran a più miti consigli, si ritrova Ahmadinejad che sbandiera esplicitamente il ricatto petrolifero, soprattutto verso quei paesi occidentali che sa non poterne fare a meno, come purtroppo siamo noi.
E anche questa volta – speriamo nel nuovo governo – mi ripeterò: dobbiamo studiare una strategia che in un certo numero di anni (diciamo dieci, forse quindici) ci affranchi dalla totale dipendenza petrolifera per spostare almeno l’80% del nostro fabbisogno energetico verso altre fonti; mi sembra un discorso talmente logico e, infatti, non viene preso assolutamente in considerazione, forse perché non c’è nessun politico che si mette all’anima un piano destinato a realizzarsi a così tanti anni di distanza; in politica ogni intervento a lungo termine é considerato non fruttifero per gli interessi di bottega che invece sono tutti “a breve termine”.
La “guerra” del nucleare iraniano si gioca su due fronti: da una parte l’AIEA (l’Agenzia Internazionale per il controllo dell’Energia Atomica) ha inviato il suo direttore – il premio Nobel El Baradei – a Teheran per vedere quale è l’esatta situazione dei siti incriminati; la risposta del regime iraniano è stata netta e decisa e El Baradei non è stato neppure ricevuto dai vertici politici ma soltanto dai tecnici che stanno mettendo in piedi la struttura per l’arricchimento dell’uranio.
L’altro fronte su cui si gioca la vicenda iraniana è il Consiglio di Sicurezza dell’O.N.U. che il 28 aprile dovrebbe discutere circa le sanzioni da applicare nei confronti del paese mediorientale: le sei nazioni “di diritto” con l’aggiunta della Germania, stentano a trovare un’intesa su quale decisione proporre all’Assemblea, dato che Cina e Russia sono contrarie alle sanzioni e favorevoli a continuare una trattativa che non si vede come e con chi si debba svolgere, visto che gli iraniani hanno rifiutato anche quella degli amici russi e cinesi. Probabilmente i due paesi cercano di procurarsi delle situazioni di vantaggio per discutere con l’Iran del futuro assetto nucleare, operazione che comporterà una spesa mostruosa che il paese mediorientale pagherebbe in “petrolio” e ben sappiamo quanto bisogno abbia la Cina dell’oro nero.
A latere di tutto questo ci sono le prove di “guerra” – anche con l’uso di atomiche tattiche – che l’America sta mettendo in campo, alle quali fa da contraltare la propaganda iraniana sulla “necessità” di distruggere Israele e sul misconoscimento dell’olocausto.
E l’Europa? Un silenzio assordante si ode a Bruxelles sul problema iraniano, visto che diversi e a volte addirittura contrastanti sono gli interessi dei singoli paesi: non è un mistero che una parte della tecnologia nucleare iraniana è stata fornita dalla Francia e qualcosa anche dalla Germania.
In Italia poi – tra elezioni e insipienza governativa – sembra quasi che il problema non esista, ma è di oggi l’avvertenza del F.M.I. (Fondo Monetario Internazionale) che ha affermato come questo aumento del petrolio possa vanificare qualsiasi ripresa delle economie internazionali e potrebbe addirittura portare il mondo occidentale verso una recessione come avvenne negli anni ’70 per effetto della famosa e ormai celebre crisi petrolifera.
Ovviamente, ogni volta che un qualche paese tenta di riportare l’Iran a più miti consigli, si ritrova Ahmadinejad che sbandiera esplicitamente il ricatto petrolifero, soprattutto verso quei paesi occidentali che sa non poterne fare a meno, come purtroppo siamo noi.
E anche questa volta – speriamo nel nuovo governo – mi ripeterò: dobbiamo studiare una strategia che in un certo numero di anni (diciamo dieci, forse quindici) ci affranchi dalla totale dipendenza petrolifera per spostare almeno l’80% del nostro fabbisogno energetico verso altre fonti; mi sembra un discorso talmente logico e, infatti, non viene preso assolutamente in considerazione, forse perché non c’è nessun politico che si mette all’anima un piano destinato a realizzarsi a così tanti anni di distanza; in politica ogni intervento a lungo termine é considerato non fruttifero per gli interessi di bottega che invece sono tutti “a breve termine”.
venerdì, aprile 14, 2006
LE CAMBIALI ALL'INCASSO
Le cambiali vanno sempre pagate, altrimenti il creditore può mandarti”in protesto”; la prima, prevedibilissima cambiale che il nuovo governo di centro–sinistra è chiamato ad onorare è quella emessa dalla Confindustria, la quale – ancora a spoglio quasi non ultimato – ha già presentato il titolo all’incasso.
Cosa ha detto il bravo Luca “ciuffo al vento” Montezemolo? La prima cosa è l’invito, quasi ultimativo, al governo a “mettere l’economia al centro dell’agenda del Paese”; cosa significhi è chiaro, ma vale la pena ribadirlo: il nuovo esecutivo dovrà fare in modo che le aziende italiane guadagnino ancora di più di quello che hanno fatto nel 2005.
A questo proposito, se mi consentite il brevissimo inciso, voglio raccontarvi che dalle mie parti c’è un grosso polo industriale (Prato) dove gli operatori economici hanno questo modo di dire: se l’anno scorso ho guadagnato 100 e quest’anno 80, devo dire a tutti (privati ed istituzioni) che quest’anno ho rimesso 20.
Andiamo avanti; la Confindustria ha anche ribadito che la base di discussione sono i famosi cinque punti presentati al candidato vincente; vediamoli insieme: 1) drastica riduzione del cuneo fiscale e contributivo nonché dell’IRAP; 2) ricerca e innovazione; 3) concorrenza e liberalizzazioni; 4) costo dell’energia; 5) conferma e completamento della legge Biagi.
Il punto 1) si ricollega ad una delle tante dichiarazioni di Prodi sul problema fiscale, che nessuno ha capito e che l’ha quasi portato alla sconfitta dopo avere avuto addirittura otto punti di vantaggio; possiamo comunque dire che il governo “qualcosa farà”.
I punti 2) e 3) sono “chiacchiere”, aria fritta che si può tirare da tutte le parti senza che nessuno possa dire di avere infranto la verità: ad esempio le liberalizzazioni, tanto invise a Bertinotti che è – non dimentichiamocelo – l’unico autentico vincitore di queste elezioni, possono essere rimandate a epoche migliori sotto il profilo strutturale e, se questi periodi non arriveranno, nessuno si metterà a piangere per queste mancate liberalizzazioni.
Con il punto 4) si entra invece in una discussione molto più delicata: gli industriali chiedono un sostanziale abbassamento dei costi energetici per allinearsi agli altri paesi europei e il nostro gestore ribatte che tutti gli altri paesi europei hanno almeno per l’80% energia prodotta dal nucleare, cosa che noi non abbiamo; figuriamoci come la prenderanno i Verdi, reduci anch’essi, da un discreto risultato.
Dove viene fuori il grosso dei problemi è quando si affronterà il punto 5), cioè le problematiche legate alla legge Biagi, della quale Confindustria chiede non solo la conferma, ma addirittura una sorta di completamento che dovrebbe renderla ancora più dalla parte dei datori di lavoro.
Per questa problematica si ha addirittura una sorta di “conflitto” all’interno dei poteri forti sostenitori del governo: i sindacati, in particolare la CGIL, per bocca del suo Segretario, Epifani, ha infatti chiesto addirittura la “cancellazione” della legge Biagi, sull’onda del successo ottenuto dai colleghi sindacalisti francesi nei confronti di quel governo a proposito della normativa sul CPE (Contratto di Primo Impiego).
Come si vede le cambiali presentate alla cassa sono numerose e tutte di grande importanza: per farvi fronte occorre una cosa essenziale, una coalizione che sappia governare “tutti insieme”, senza riserve o remore di nessuno, altrimenti i soldi per ritirare gli effetti vengono a mancare e si rischia il protesto.
Cosa ha detto il bravo Luca “ciuffo al vento” Montezemolo? La prima cosa è l’invito, quasi ultimativo, al governo a “mettere l’economia al centro dell’agenda del Paese”; cosa significhi è chiaro, ma vale la pena ribadirlo: il nuovo esecutivo dovrà fare in modo che le aziende italiane guadagnino ancora di più di quello che hanno fatto nel 2005.
A questo proposito, se mi consentite il brevissimo inciso, voglio raccontarvi che dalle mie parti c’è un grosso polo industriale (Prato) dove gli operatori economici hanno questo modo di dire: se l’anno scorso ho guadagnato 100 e quest’anno 80, devo dire a tutti (privati ed istituzioni) che quest’anno ho rimesso 20.
Andiamo avanti; la Confindustria ha anche ribadito che la base di discussione sono i famosi cinque punti presentati al candidato vincente; vediamoli insieme: 1) drastica riduzione del cuneo fiscale e contributivo nonché dell’IRAP; 2) ricerca e innovazione; 3) concorrenza e liberalizzazioni; 4) costo dell’energia; 5) conferma e completamento della legge Biagi.
Il punto 1) si ricollega ad una delle tante dichiarazioni di Prodi sul problema fiscale, che nessuno ha capito e che l’ha quasi portato alla sconfitta dopo avere avuto addirittura otto punti di vantaggio; possiamo comunque dire che il governo “qualcosa farà”.
I punti 2) e 3) sono “chiacchiere”, aria fritta che si può tirare da tutte le parti senza che nessuno possa dire di avere infranto la verità: ad esempio le liberalizzazioni, tanto invise a Bertinotti che è – non dimentichiamocelo – l’unico autentico vincitore di queste elezioni, possono essere rimandate a epoche migliori sotto il profilo strutturale e, se questi periodi non arriveranno, nessuno si metterà a piangere per queste mancate liberalizzazioni.
Con il punto 4) si entra invece in una discussione molto più delicata: gli industriali chiedono un sostanziale abbassamento dei costi energetici per allinearsi agli altri paesi europei e il nostro gestore ribatte che tutti gli altri paesi europei hanno almeno per l’80% energia prodotta dal nucleare, cosa che noi non abbiamo; figuriamoci come la prenderanno i Verdi, reduci anch’essi, da un discreto risultato.
Dove viene fuori il grosso dei problemi è quando si affronterà il punto 5), cioè le problematiche legate alla legge Biagi, della quale Confindustria chiede non solo la conferma, ma addirittura una sorta di completamento che dovrebbe renderla ancora più dalla parte dei datori di lavoro.
Per questa problematica si ha addirittura una sorta di “conflitto” all’interno dei poteri forti sostenitori del governo: i sindacati, in particolare la CGIL, per bocca del suo Segretario, Epifani, ha infatti chiesto addirittura la “cancellazione” della legge Biagi, sull’onda del successo ottenuto dai colleghi sindacalisti francesi nei confronti di quel governo a proposito della normativa sul CPE (Contratto di Primo Impiego).
Come si vede le cambiali presentate alla cassa sono numerose e tutte di grande importanza: per farvi fronte occorre una cosa essenziale, una coalizione che sappia governare “tutti insieme”, senza riserve o remore di nessuno, altrimenti i soldi per ritirare gli effetti vengono a mancare e si rischia il protesto.
giovedì, aprile 13, 2006
UNA COLLETTA PER LA MAFIA
Ho deciso di aprire una colletta per la mafia; prossimamente vi farò conoscere il numero del conto corrente bancario sul quale fare affluire le vostre offerte; intanto sto prendendo contatto con i gestori della telefonia mobile per impostare lo stesso discorso di “Thelethon”: ogni chiamata un euro per la nostra causa.
Il motivo che mi ha spinto a questa operazione è stato vedere come la mafia tratta il cosiddetto “capo dei capi”, cioè il numero uno al mondo di questa fantomatica struttura che – dicono tutti – fattura qualcosa come 100.000 miliardi l’anno, grosso modo quanto il bilancio di uno Stato medio piccolo; ma come, mi sono detto, guadagnate tanti soldi e tenete il vostro capo in quelle condizioni, in un casale mezzo diroccato, tutto sporco e maleolente, con la spazzatura da tutte le parti, polvere e sudiciume in ogni angolo; e poi il mangiare: il capo dei capi aveva una pentola sul fuoco con della cicoria e dell’acqua e stava per fare la ricotta da una piccola quantità di latte che aveva in un piccolo frigorifero; quindi si deduce che il pranzo di ieri sarebbe stato composto da cicoria bollita e da un po’ di ricotta.
Signor capo dei capi, almeno un po’ di decoro per la sua esistenza è il minimo che le chiediamo; come ha fatto a ridursi in questo modo; forse era meglio fare il semplice “picciotto” anziché il capo dei capi!
E poi la storia dei famosi “pizzini” che poi altro non sono che dei foglietti di carta scritti con una macchina elettrica e che contengono alcune richieste: quella che è trapelata al momento è la richiesta alla moglie di mandargli il cambio della biancheria e la solita pasta al forno; e queste sarebbero le sconvolgenti scoperte che si hanno dal covo del capo dei capi di cosa nostra?
Ma, sempre a proposito dei “pizzini”, questo sistema di comunicare con gli altri era dettato da motivi di sicurezza, ma anche da ristrettezze economici: dicono tutti che non usava mai il cellulare; e ci credo con quello che costano le telefonate, richiedere alla moglie il cambio della biancheria con uno dei soliti foglietti di carta è indubbiamente meno oneroso e, con la miseria che si ritrovava il povero Bernardo era costretto a risparmiare su tutto.
Due parole anche sul modo con cui è stato catturato: definirlo “banale” è anche troppo, perché tutto è stato impostato sulla casa di famiglia, a Corleone (dove abitano la moglie ed i figli) e da lì sono stati seguiti tutti coloro che ne uscivano in quanto venivano considerati dei corrieri; ed infatti da oltre un mese sembra che avessero scoperto il traffico dei bigliettini che andavano e venivano e della roba che da casa partiva per ignota destinazione: è bastato seguire questa roba (mangiare, vestire, biancheria, medicinali, ecc) per arrivare al buon Bernardo che passava le giornate in quella porcheria di ambiente a pochi chilometri (appena un paio) dalla sua casa di Corleone..
E questo sarebbe il capo dei capi, questo sarebbe il temuto comandante di cosa nostra a livello mondiale, e questo sarebbe il sanguinario delinquente che incuteva terrore soltanto a pronunciarne il nome: sarà stato in un passato più o meno remoto, ma escluderei che lo sia anche adesso; e se invece non è così, allora possiamo stare tranquilli anche sulla pericolosità della mafia, perché l’equazione “se questo è il capo figuriamoci le code” mi sembra quanto mai appropriata.
Che poi il signor Bernardo “si atteggi”, questo è un altro discorso, che si faccia fotografare con la sciarpa bianca al collo può essere un atteggiarsi a capo, ma può significare anche di volersi coprire il collo sporco perché nel tugurio dove abitava non c’era neppure l’acqua calda.
Finora abbiamo scherzato, adesso torniamo seri: in tutta questa storia c’è qualcosa che non capisco, speriamo che dipenda da me!
Il motivo che mi ha spinto a questa operazione è stato vedere come la mafia tratta il cosiddetto “capo dei capi”, cioè il numero uno al mondo di questa fantomatica struttura che – dicono tutti – fattura qualcosa come 100.000 miliardi l’anno, grosso modo quanto il bilancio di uno Stato medio piccolo; ma come, mi sono detto, guadagnate tanti soldi e tenete il vostro capo in quelle condizioni, in un casale mezzo diroccato, tutto sporco e maleolente, con la spazzatura da tutte le parti, polvere e sudiciume in ogni angolo; e poi il mangiare: il capo dei capi aveva una pentola sul fuoco con della cicoria e dell’acqua e stava per fare la ricotta da una piccola quantità di latte che aveva in un piccolo frigorifero; quindi si deduce che il pranzo di ieri sarebbe stato composto da cicoria bollita e da un po’ di ricotta.
Signor capo dei capi, almeno un po’ di decoro per la sua esistenza è il minimo che le chiediamo; come ha fatto a ridursi in questo modo; forse era meglio fare il semplice “picciotto” anziché il capo dei capi!
E poi la storia dei famosi “pizzini” che poi altro non sono che dei foglietti di carta scritti con una macchina elettrica e che contengono alcune richieste: quella che è trapelata al momento è la richiesta alla moglie di mandargli il cambio della biancheria e la solita pasta al forno; e queste sarebbero le sconvolgenti scoperte che si hanno dal covo del capo dei capi di cosa nostra?
Ma, sempre a proposito dei “pizzini”, questo sistema di comunicare con gli altri era dettato da motivi di sicurezza, ma anche da ristrettezze economici: dicono tutti che non usava mai il cellulare; e ci credo con quello che costano le telefonate, richiedere alla moglie il cambio della biancheria con uno dei soliti foglietti di carta è indubbiamente meno oneroso e, con la miseria che si ritrovava il povero Bernardo era costretto a risparmiare su tutto.
Due parole anche sul modo con cui è stato catturato: definirlo “banale” è anche troppo, perché tutto è stato impostato sulla casa di famiglia, a Corleone (dove abitano la moglie ed i figli) e da lì sono stati seguiti tutti coloro che ne uscivano in quanto venivano considerati dei corrieri; ed infatti da oltre un mese sembra che avessero scoperto il traffico dei bigliettini che andavano e venivano e della roba che da casa partiva per ignota destinazione: è bastato seguire questa roba (mangiare, vestire, biancheria, medicinali, ecc) per arrivare al buon Bernardo che passava le giornate in quella porcheria di ambiente a pochi chilometri (appena un paio) dalla sua casa di Corleone..
E questo sarebbe il capo dei capi, questo sarebbe il temuto comandante di cosa nostra a livello mondiale, e questo sarebbe il sanguinario delinquente che incuteva terrore soltanto a pronunciarne il nome: sarà stato in un passato più o meno remoto, ma escluderei che lo sia anche adesso; e se invece non è così, allora possiamo stare tranquilli anche sulla pericolosità della mafia, perché l’equazione “se questo è il capo figuriamoci le code” mi sembra quanto mai appropriata.
Che poi il signor Bernardo “si atteggi”, questo è un altro discorso, che si faccia fotografare con la sciarpa bianca al collo può essere un atteggiarsi a capo, ma può significare anche di volersi coprire il collo sporco perché nel tugurio dove abitava non c’era neppure l’acqua calda.
Finora abbiamo scherzato, adesso torniamo seri: in tutta questa storia c’è qualcosa che non capisco, speriamo che dipenda da me!
mercoledì, aprile 12, 2006
IL FUTURO IN TRE PASSI
Dopo la sbornia elettorale, i prossimi passi che la nostra politica è chiamata a compiere si sostanziano in tre operazioni, purtroppo non vicinissime tra loro.
La prima riguarda la verifica dei voti: qui dobbiamo ammettere che Berlusconi ha una qualche ragione a richiederla in quanto abbiamo delle situazioni che definire anomale è poco e poi non dobbiamo dimenticarci che “La Margherita” nel 2001 fece analoga richiesta e recuperò circa 30.000 voti.
Allora, quale è il problema: alla Camera lo scarto tra le due coalizioni è di circa 24.000 voti e si hanno 43.000 schede contestate a verbale nei seggi elettorali; al Senato lo scarto è di 300.000 voti, ma a favore della CdL, con altre 40.000 schede da controllare. Queste schede contestate vengono visionate dagli Uffici Elettorali costituiti presso le Corti d’Appello e successivamente inviate alla Cassazione per il controllo finale.
La seconda incombenza è l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato che, come è stato in questa legislatura e come ha confermato di voler fare Prodi, dovrebbero appartenere entrambi allo schieramento vincitore: per la Camera dei Deputati di sta già facendo il nome di Bertinotti che con i suoi 68 seggi in più (tra Camera e Senato) rispetto al 2001 è il vero trionfatore di queste elezioni.
Da alcune parti si è tirato fuori il discorso che in questa situazione di sostanziale parità, la coalizione al governo farebbe bene ad entrare in una qualche sintonia con l’opposizione e uno dei modi potrebbe essere quello di concedere l’elezione di una delle due Camere; non credo però che Prodi e compagnia bella siano di questo avviso.
La terza incombenza è l’elezione del Presidente della Repubblica; per questa operazione dobbiamo spendere qualche parola in più: il mandato di Ciampi scade il 18 maggio, quindi oltre un mese da oggi e lo stesso Ciampi ha già avvertito tutti che l’incarico di formare il nuovo governo sarà affidato dal nuovo Presidente della Repubblica e non da lui; questo, se da una parte blocca l’iter istituzionale, dall’altra concede del tempo alle due coalizioni per cercare – ammesso che ci siano – delle strade di collaborazione.
Certo che questa incombenza è il vero e autentico banco di prova per la tenuta delle due coalizioni che, inizialmente, si attesteranno su un loro candidato di bandiera e solo successivamente apriranno le trattative per ricercare una maggioranza più ampia come richiede la Carta Costituzionale.
Nel frattempo c’è un’ attività che avrà luogo durante l’intero periodo ed è per questo che non l’ho collocata in una quarta incombenza: mi riferisco al “mercato delle vacche”, nobile attività che ha avuto spunti gloriosi in quasi tutte le legislature.
Vediamo come si svolge: la coalizione che ha presumibilmente l’incarico di governo, ma ha difficoltà di movimento specialmente al Senato, può aprire un banchino – come ai mercati – per vedere chi è disponibile a fare “il grande passo”; come avviene questa trattativa? Si avvicina un senatore che sappiamo essere decisamente allettato dal “potere” e gli si ricorda che dopo la sconfitta questo potere è passato di mano, ma gli si ricorda pure che non c’è problema a riconsegnarlo a lui, basta che cambi gruppo parlamentare e si trasferisca a quello dei vincitori.
Questo è l’iter che, peraltro, ha avuto un epigone illustre in Clemente Mastella, autentico esperto di questa transumanza che, per le pecore è la ricerca del cibo, mentre per gli “onorevoli (poco!!)” é la ricerca del potere e di posti da assegnare a famigli e sodali.
Questo, cari amici, è il film che vedremo prossimamente su questi schermi!
La prima riguarda la verifica dei voti: qui dobbiamo ammettere che Berlusconi ha una qualche ragione a richiederla in quanto abbiamo delle situazioni che definire anomale è poco e poi non dobbiamo dimenticarci che “La Margherita” nel 2001 fece analoga richiesta e recuperò circa 30.000 voti.
Allora, quale è il problema: alla Camera lo scarto tra le due coalizioni è di circa 24.000 voti e si hanno 43.000 schede contestate a verbale nei seggi elettorali; al Senato lo scarto è di 300.000 voti, ma a favore della CdL, con altre 40.000 schede da controllare. Queste schede contestate vengono visionate dagli Uffici Elettorali costituiti presso le Corti d’Appello e successivamente inviate alla Cassazione per il controllo finale.
La seconda incombenza è l’elezione dei Presidenti di Camera e Senato che, come è stato in questa legislatura e come ha confermato di voler fare Prodi, dovrebbero appartenere entrambi allo schieramento vincitore: per la Camera dei Deputati di sta già facendo il nome di Bertinotti che con i suoi 68 seggi in più (tra Camera e Senato) rispetto al 2001 è il vero trionfatore di queste elezioni.
Da alcune parti si è tirato fuori il discorso che in questa situazione di sostanziale parità, la coalizione al governo farebbe bene ad entrare in una qualche sintonia con l’opposizione e uno dei modi potrebbe essere quello di concedere l’elezione di una delle due Camere; non credo però che Prodi e compagnia bella siano di questo avviso.
La terza incombenza è l’elezione del Presidente della Repubblica; per questa operazione dobbiamo spendere qualche parola in più: il mandato di Ciampi scade il 18 maggio, quindi oltre un mese da oggi e lo stesso Ciampi ha già avvertito tutti che l’incarico di formare il nuovo governo sarà affidato dal nuovo Presidente della Repubblica e non da lui; questo, se da una parte blocca l’iter istituzionale, dall’altra concede del tempo alle due coalizioni per cercare – ammesso che ci siano – delle strade di collaborazione.
Certo che questa incombenza è il vero e autentico banco di prova per la tenuta delle due coalizioni che, inizialmente, si attesteranno su un loro candidato di bandiera e solo successivamente apriranno le trattative per ricercare una maggioranza più ampia come richiede la Carta Costituzionale.
Nel frattempo c’è un’ attività che avrà luogo durante l’intero periodo ed è per questo che non l’ho collocata in una quarta incombenza: mi riferisco al “mercato delle vacche”, nobile attività che ha avuto spunti gloriosi in quasi tutte le legislature.
Vediamo come si svolge: la coalizione che ha presumibilmente l’incarico di governo, ma ha difficoltà di movimento specialmente al Senato, può aprire un banchino – come ai mercati – per vedere chi è disponibile a fare “il grande passo”; come avviene questa trattativa? Si avvicina un senatore che sappiamo essere decisamente allettato dal “potere” e gli si ricorda che dopo la sconfitta questo potere è passato di mano, ma gli si ricorda pure che non c’è problema a riconsegnarlo a lui, basta che cambi gruppo parlamentare e si trasferisca a quello dei vincitori.
Questo è l’iter che, peraltro, ha avuto un epigone illustre in Clemente Mastella, autentico esperto di questa transumanza che, per le pecore è la ricerca del cibo, mentre per gli “onorevoli (poco!!)” é la ricerca del potere e di posti da assegnare a famigli e sodali.
Questo, cari amici, è il film che vedremo prossimamente su questi schermi!
martedì, aprile 11, 2006
ANCHE QUESTA E' FATTA !!
Anche questa è fatta, disse quello dopo avere ammazzato la moglie; non voglio fare questo irriguardoso accostamento tra una battuta vernacolare e una cosa sacra come sono le Elezioni Politiche, ma è l’unica cosa che mi viene in mente dopo avere letto i risultati e dopo non avere seguito tutto l’andirivieni di ieri tra voci che si rincorrevano, numeri e risultati sballati e chi più ne ha più ne metta.
Qualcuno forse ricorda che nei giorni scorsi avevo preconizzato un risultato del genere, con una sostanziale parità e – a parte il premio di maggioranza – un lettore di questo mio blog mi aveva commentato, molto argutamente: mandiamoli a tirare i rigori e in porta ci mettiamo Ciampi.
È quello che è stato fatto, sono stati tirati dei rigori e una delle due squadre ha vinto; non perché tirava meglio i rigori, ma perché c’era un arbitro fuori del campo che spostava la porta quando tirava uno facendo uscire la palla e invece quando tirava l’altro confondeva il portiere e il tiro si insaccava.
Da notare poi che “gli italiani all’estero”, cioè una sorta di oriundi, sono stati determinanti per questo risultato, ricordando così che – come nel gioco del calcio – la scuola straniera è superiore alla nostra.
Comunque sia è andata, la famosa “triade dei poteri forti” (Confindustria, A.B.I. e Grandi Giornali) ha manovrato benissimo ed ha raggiunto il risultato; fra non molto metterà all’incasso la cambiale firmata prima del voto e vediamo se riesce ad incassarla.
Come situazione interna allo schieramento vincente, abbiamo i cosiddetti “moderati” che sono calati, non molto ma qualcosa sicuramente, anche se l’accorpamento DS-Margherita lo maschera bene; i comunisti “duri e puri” (Rifondazione, PDCI e Verdi) sono aumentati e di parecchio, e rappresentano i veri vincitori di questa tornata; hanno già detto che faranno valere questo risultato: staremo a vedere in quale modo.
La prima cosa che hanno affermato è che chiederanno l’immediato rimpatrio dei soldati italiani dall’Iraq e susciteranno profonde incazzature, indovinate da chi? Ma dagli stessi soldati che sono lì a non fare niente, a rischiare poco o nulla e che si beccano oltre cinque mila euro al mese; uno che si fa una campagna di un annetto si fa la casa o quasi.
Avremo modo di commentare ulteriormente le mosse che i vari schieramenti faranno nei prossimi giorni, per cui a livello di analisi del voto mi fermerei qui; piuttosto vorrei ricordarvi una cosa che è accaduta “dopo” il voto: la cattura di Bernardo Provenzano, il boss dei boss di cosa nostra, il capo indiscusso della mafia siciliana (tutte queste cose vengono dette dalla Procura, non da me).
Vogliamo fare un piccolo giochetto: per prendere uno come lui, non è sufficiente un appostamento e una successiva irruzione nel casale a pochi chilometri da Corleone dove si trovava il boss; è evidente che questo signore ha lasciato qualche traccia che sono riusciti a ripercorrere a ritroso e, dopo qualche tempo fatto di numerosi appostamenti, avuta la certezza che si trattava proprio di lui (del quale non esistono immagini se non riferite a 43 anni fa), c’è stata l’irruzione e il conseguente arresto.
Chi ha deciso di muoversi il “giorno” dopo le elezioni anziché il giorno “prima”? Evidentemente uno che aveva il “potere” di stabilire questa data a suo piacimento; vogliamo fare qualche nome? Uno a caso, il Procuratore Generale della Direzione Antimafia, Grasso, e non mi si dica che questo signore non ha simpatie di centro-sinistra, perché lo ha dimostrato in altre occasioni.
Comunque ricordate quello che è successo ad Aznar in Spagna con l’attentato dinamitardo alle stazioni? Anche da noi un evento esterno alla politica avrebbe potuto incidere; però per fortuna così non è stato.
Qualcuno forse ricorda che nei giorni scorsi avevo preconizzato un risultato del genere, con una sostanziale parità e – a parte il premio di maggioranza – un lettore di questo mio blog mi aveva commentato, molto argutamente: mandiamoli a tirare i rigori e in porta ci mettiamo Ciampi.
È quello che è stato fatto, sono stati tirati dei rigori e una delle due squadre ha vinto; non perché tirava meglio i rigori, ma perché c’era un arbitro fuori del campo che spostava la porta quando tirava uno facendo uscire la palla e invece quando tirava l’altro confondeva il portiere e il tiro si insaccava.
Da notare poi che “gli italiani all’estero”, cioè una sorta di oriundi, sono stati determinanti per questo risultato, ricordando così che – come nel gioco del calcio – la scuola straniera è superiore alla nostra.
Comunque sia è andata, la famosa “triade dei poteri forti” (Confindustria, A.B.I. e Grandi Giornali) ha manovrato benissimo ed ha raggiunto il risultato; fra non molto metterà all’incasso la cambiale firmata prima del voto e vediamo se riesce ad incassarla.
Come situazione interna allo schieramento vincente, abbiamo i cosiddetti “moderati” che sono calati, non molto ma qualcosa sicuramente, anche se l’accorpamento DS-Margherita lo maschera bene; i comunisti “duri e puri” (Rifondazione, PDCI e Verdi) sono aumentati e di parecchio, e rappresentano i veri vincitori di questa tornata; hanno già detto che faranno valere questo risultato: staremo a vedere in quale modo.
La prima cosa che hanno affermato è che chiederanno l’immediato rimpatrio dei soldati italiani dall’Iraq e susciteranno profonde incazzature, indovinate da chi? Ma dagli stessi soldati che sono lì a non fare niente, a rischiare poco o nulla e che si beccano oltre cinque mila euro al mese; uno che si fa una campagna di un annetto si fa la casa o quasi.
Avremo modo di commentare ulteriormente le mosse che i vari schieramenti faranno nei prossimi giorni, per cui a livello di analisi del voto mi fermerei qui; piuttosto vorrei ricordarvi una cosa che è accaduta “dopo” il voto: la cattura di Bernardo Provenzano, il boss dei boss di cosa nostra, il capo indiscusso della mafia siciliana (tutte queste cose vengono dette dalla Procura, non da me).
Vogliamo fare un piccolo giochetto: per prendere uno come lui, non è sufficiente un appostamento e una successiva irruzione nel casale a pochi chilometri da Corleone dove si trovava il boss; è evidente che questo signore ha lasciato qualche traccia che sono riusciti a ripercorrere a ritroso e, dopo qualche tempo fatto di numerosi appostamenti, avuta la certezza che si trattava proprio di lui (del quale non esistono immagini se non riferite a 43 anni fa), c’è stata l’irruzione e il conseguente arresto.
Chi ha deciso di muoversi il “giorno” dopo le elezioni anziché il giorno “prima”? Evidentemente uno che aveva il “potere” di stabilire questa data a suo piacimento; vogliamo fare qualche nome? Uno a caso, il Procuratore Generale della Direzione Antimafia, Grasso, e non mi si dica che questo signore non ha simpatie di centro-sinistra, perché lo ha dimostrato in altre occasioni.
Comunque ricordate quello che è successo ad Aznar in Spagna con l’attentato dinamitardo alle stazioni? Anche da noi un evento esterno alla politica avrebbe potuto incidere; però per fortuna così non è stato.
lunedì, aprile 10, 2006
CI SONO ANCHE ALTRI PROBLEMI
Il pomeriggio di oggi e l’intera giornata di domani sono spazi impraticabili alla TV e sulla stampa in quanto interamente – o quasi – dedicati a risultati e commenti delle nostre elezioni; però non è che il mondo si ferma attonito a vedere quello che succede in Italia, ma se ne frega dei nostri due gallinacci e va avanti nelle sue consuete realtà, alcune delle quali mi piace ricordare.
Nel mondo ci sono 250 milioni di bambini che sono tenuti in una sorta di schiavitù e vengono addetti al lavoro (sottopagato o nientepagato) oppure alla pedofilia, oppure – e questo è interessante – vengono ingaggiati in eserciti o da bande criminali: in entrambi i casi questi fanciulli (dell’età di circa 12 anni) maneggiano facili mitragliatori e bombe a mano, con la perizia che si può capire e infatti molti di loro restano mutilati.
Per quanto concerne l’attività lavorativa, abbiamo casi anche numerosi perfino nel ricco mondo occidentale: cosa sta ad indicare? Forse che in alcune situazioni la famiglia non ce la fa e utilizza i bambini come fonte di reddito? E’ possibile, anche se fortemente scandaloso!
Ai margini della vicenda dell’uccisione di Tommy, si ha una nuova ipotesi di lavoro per gli investigatori, ipotesi tirata fuori dal padre e che – a rigor di logica – non appare completamente peregrina: il bambino non è stato rapito per incassare un riscatto, ma semplicemente per ucciderlo.
Ipotesi agghiacciante, ma con un qualche fondamento, specie se si considera che nessun tentativo di richiedere un riscatto venne effettuato durante il mese intercorso tra il rapimento e il ritrovamento del corpicino; il padre che ha lanciato l’ipotesi verrà interrogato oggi stesso dai magistrati per conoscere in dettaglio quanto sia a sua conoscenza.
A Milano sono stati liberati l’A.D. della Banca Popolare Italiana, Giampiero Fiorani e il Direttore Generale, Gianfranco Boni, entrambi ovviamente sono “ex”; sapete quanto sono stati in galera? Esattamente lo stesso tempo di Mario Alessi, brutale uccisore del piccolo Tommy, e sei anni fa stupratore di una ragazzina sedicenne, cioè sei mesi. Non voglio fare commenti sui due individui, ma una scala di valore delle responsabilità deve pur esserci e, in questo caso, metterli a pari merito non mi sembra giusto. Come non mi sembra giusto definire l’operazione sottostante alla galera come “una scalata fuorilegge sponsorizzata da Fazio”: la scalata infatti era più che legittima, caso mai quello che era fuorilegge era il modo di procacciarsi il denaro, ma questa è un’altra storia e non c’entra niente Fazio.
Il Medio Oriente continua a darci forti preoccupazioni: mentre il nuovo governo palestinese non riesce a trovare una identità piena per sedersi al tavolo delle trattative con Israele, c’è in gioco la questione degli aiuti finanziari al popolo palestinese che – in mancanza di questi – rischierebbe molto grosso; gli Stati Uniti e l’U.E. hanno subordinato la ripresa degli aiuti a precise concessioni sulla linea della “road map”, ma hamas per il momento non intende impegnarsi su questa strada e sta cercando i soldi dai paesi arabi più oltranzisti (Iran, Siria, ecc.).
A proposito di Iran, alcune indiscrezioni di stampa provenienti dall’America darebbero come “da non escludere” un intervento U.S.A. con armi atomiche tattiche sui siti già individuati, nei quali viene eseguito il processo di arricchimento dell’uranio.
Ci mancherebbe soltanto uno scontro nucleare e poi così avremmo visto tutto! Comunque da notare che in entrambi i casi (la Palestina e l’Iran) risulta veramente assordante il silenzio dell’Europa, a dimostrazione che non esiste una politica estera europea: “come volevasi dimostrare”.
Nel mondo ci sono 250 milioni di bambini che sono tenuti in una sorta di schiavitù e vengono addetti al lavoro (sottopagato o nientepagato) oppure alla pedofilia, oppure – e questo è interessante – vengono ingaggiati in eserciti o da bande criminali: in entrambi i casi questi fanciulli (dell’età di circa 12 anni) maneggiano facili mitragliatori e bombe a mano, con la perizia che si può capire e infatti molti di loro restano mutilati.
Per quanto concerne l’attività lavorativa, abbiamo casi anche numerosi perfino nel ricco mondo occidentale: cosa sta ad indicare? Forse che in alcune situazioni la famiglia non ce la fa e utilizza i bambini come fonte di reddito? E’ possibile, anche se fortemente scandaloso!
Ai margini della vicenda dell’uccisione di Tommy, si ha una nuova ipotesi di lavoro per gli investigatori, ipotesi tirata fuori dal padre e che – a rigor di logica – non appare completamente peregrina: il bambino non è stato rapito per incassare un riscatto, ma semplicemente per ucciderlo.
Ipotesi agghiacciante, ma con un qualche fondamento, specie se si considera che nessun tentativo di richiedere un riscatto venne effettuato durante il mese intercorso tra il rapimento e il ritrovamento del corpicino; il padre che ha lanciato l’ipotesi verrà interrogato oggi stesso dai magistrati per conoscere in dettaglio quanto sia a sua conoscenza.
A Milano sono stati liberati l’A.D. della Banca Popolare Italiana, Giampiero Fiorani e il Direttore Generale, Gianfranco Boni, entrambi ovviamente sono “ex”; sapete quanto sono stati in galera? Esattamente lo stesso tempo di Mario Alessi, brutale uccisore del piccolo Tommy, e sei anni fa stupratore di una ragazzina sedicenne, cioè sei mesi. Non voglio fare commenti sui due individui, ma una scala di valore delle responsabilità deve pur esserci e, in questo caso, metterli a pari merito non mi sembra giusto. Come non mi sembra giusto definire l’operazione sottostante alla galera come “una scalata fuorilegge sponsorizzata da Fazio”: la scalata infatti era più che legittima, caso mai quello che era fuorilegge era il modo di procacciarsi il denaro, ma questa è un’altra storia e non c’entra niente Fazio.
Il Medio Oriente continua a darci forti preoccupazioni: mentre il nuovo governo palestinese non riesce a trovare una identità piena per sedersi al tavolo delle trattative con Israele, c’è in gioco la questione degli aiuti finanziari al popolo palestinese che – in mancanza di questi – rischierebbe molto grosso; gli Stati Uniti e l’U.E. hanno subordinato la ripresa degli aiuti a precise concessioni sulla linea della “road map”, ma hamas per il momento non intende impegnarsi su questa strada e sta cercando i soldi dai paesi arabi più oltranzisti (Iran, Siria, ecc.).
A proposito di Iran, alcune indiscrezioni di stampa provenienti dall’America darebbero come “da non escludere” un intervento U.S.A. con armi atomiche tattiche sui siti già individuati, nei quali viene eseguito il processo di arricchimento dell’uranio.
Ci mancherebbe soltanto uno scontro nucleare e poi così avremmo visto tutto! Comunque da notare che in entrambi i casi (la Palestina e l’Iran) risulta veramente assordante il silenzio dell’Europa, a dimostrazione che non esiste una politica estera europea: “come volevasi dimostrare”.
domenica, aprile 09, 2006
OGGI E DOMANI DOVREBBE TOCCARE A NOI
Oggi e domani tace la politica, tace tutto il boccalonaio che abbiamo sentito da oltre un mese a questa parte e dovrebbe essere il “nostro” momento, quel momento cioè di tirare le somme di tutto quello che abbiamo sentito e di tradurlo in un voto a uno dei due gallinacci che sono in lizza, senza peraltro potere indicare quale deputato o senatore ci piace come “nostro rappresentante” perché questa incombenza ci è stata gentilmente tolta dalle segreterie dei partiti.
Non voglio dirvi come voterò e neppure “se” voterò, in quanto penso che non freghi niente a nessuno e non mi considero un “opinion leader” in grado di influenzare il risultato, voglio solo fare alcune considerazioni a mezza voce insieme ad un gruppo – spero numeroso – di amici e di fronte a un buon bicchiere di vino o a un caffè.
La prima considerazione che mi piace sviluppare è che non penso proprio – e vorrei che qualcuno mi convincesse del contrario – che qualunque sia il gallinaccio vincitore cambierà qualcosa; questo “cambierà qualcosa” deve però essere legato a situazioni di grosso interesse nazionale del tipo, quale sarà la politica energetica; oppure quale sarà la formula magica che si inventeranno per gestire il precariato sempre più imponente tra i giovani; ed anche, quanto dovremo continuare a subire le soperchierie della FIAT che, al termine di un anno splendido anche sotto il profilo reddituale, si è sentita in dovere di mettere un migliaio di persone in cassa integrazione ed in mobilità (sto parlando di cinquantenni); ed ancora, come si potrà impostare il problema del pensionato che deve sbarcare il lunario con 500 euro al mese (il milione concesso da Berlusconi); e poi vorrei sapere anche il modo con cui il vincitore affronterà il mercato del lavoro in presenza di una sempre più massiccia globalizzazione dei mercati.
E quelle che ho sopra enunciato sono soltanto alcuni dei problemi che sono ancora sul tappeto e che nessuno dei due candidati – al di là delle battute e delle manipolazioni delle cifre del bilancio – ha avuto il coraggio di affrontare seriamente e di conseguenza indicare la sua soluzione.
Questo perché, mi chiederete voi? Mi sembra molto chiaro che a monte della campagna elettorale, come una sorta di peccato originale, c’è il patto che i poteri forti (Confindustria per le grandi aziende e ABI per gli Istituti di Credito) hanno stipulato con uno dei due contendenti (scoprite voi quale, è facile!) in cui è stato “preteso” dal prossimo esecutivo una sorta di mano libera per la gestione della mano d’opera, anche di quella a basso costo che proviene dai paesi extra comunitari; questo, secondo me, è il grave vizio di forma che inficia tutta la campagna elettorale; questo – e lo abbiamo visto benissimo specie nell’ultimo mese – è il legaccio che il vincitore si ritrova a braccia e gambe e tale legaccio è fatto con filo assolutamente intangibile.
Per cui temo proprio che queste elezioni servano unicamente a legittimare per cinque anni le soperchierie di uno dei due gallinacci, gli abusi, i soprusi, l’opportunità di favorire solo i propri adepti, i propri famigli ed i propri sodali; tutto questo con i nostri denari, dandoci ad intendere che fanno “tutto per noi”, quando si impegnano per la nostra salute (ed invece sono solo posti a baroni della loro parte) o per la nostra scuola (ed anche qui si tratta di baronie di parte, sia pure di altro genere).
Quindi amici cari, non voglio dirvi quello che farò dopo aver messo on-line questo post, ma credo di avervi fornito almeno qualche elemento per chiarire con voi stessi il significato del termine “coglione”.
Non voglio dirvi come voterò e neppure “se” voterò, in quanto penso che non freghi niente a nessuno e non mi considero un “opinion leader” in grado di influenzare il risultato, voglio solo fare alcune considerazioni a mezza voce insieme ad un gruppo – spero numeroso – di amici e di fronte a un buon bicchiere di vino o a un caffè.
La prima considerazione che mi piace sviluppare è che non penso proprio – e vorrei che qualcuno mi convincesse del contrario – che qualunque sia il gallinaccio vincitore cambierà qualcosa; questo “cambierà qualcosa” deve però essere legato a situazioni di grosso interesse nazionale del tipo, quale sarà la politica energetica; oppure quale sarà la formula magica che si inventeranno per gestire il precariato sempre più imponente tra i giovani; ed anche, quanto dovremo continuare a subire le soperchierie della FIAT che, al termine di un anno splendido anche sotto il profilo reddituale, si è sentita in dovere di mettere un migliaio di persone in cassa integrazione ed in mobilità (sto parlando di cinquantenni); ed ancora, come si potrà impostare il problema del pensionato che deve sbarcare il lunario con 500 euro al mese (il milione concesso da Berlusconi); e poi vorrei sapere anche il modo con cui il vincitore affronterà il mercato del lavoro in presenza di una sempre più massiccia globalizzazione dei mercati.
E quelle che ho sopra enunciato sono soltanto alcuni dei problemi che sono ancora sul tappeto e che nessuno dei due candidati – al di là delle battute e delle manipolazioni delle cifre del bilancio – ha avuto il coraggio di affrontare seriamente e di conseguenza indicare la sua soluzione.
Questo perché, mi chiederete voi? Mi sembra molto chiaro che a monte della campagna elettorale, come una sorta di peccato originale, c’è il patto che i poteri forti (Confindustria per le grandi aziende e ABI per gli Istituti di Credito) hanno stipulato con uno dei due contendenti (scoprite voi quale, è facile!) in cui è stato “preteso” dal prossimo esecutivo una sorta di mano libera per la gestione della mano d’opera, anche di quella a basso costo che proviene dai paesi extra comunitari; questo, secondo me, è il grave vizio di forma che inficia tutta la campagna elettorale; questo – e lo abbiamo visto benissimo specie nell’ultimo mese – è il legaccio che il vincitore si ritrova a braccia e gambe e tale legaccio è fatto con filo assolutamente intangibile.
Per cui temo proprio che queste elezioni servano unicamente a legittimare per cinque anni le soperchierie di uno dei due gallinacci, gli abusi, i soprusi, l’opportunità di favorire solo i propri adepti, i propri famigli ed i propri sodali; tutto questo con i nostri denari, dandoci ad intendere che fanno “tutto per noi”, quando si impegnano per la nostra salute (ed invece sono solo posti a baroni della loro parte) o per la nostra scuola (ed anche qui si tratta di baronie di parte, sia pure di altro genere).
Quindi amici cari, non voglio dirvi quello che farò dopo aver messo on-line questo post, ma credo di avervi fornito almeno qualche elemento per chiarire con voi stessi il significato del termine “coglione”.