sabato, gennaio 28, 2012
L'AZZARDO E LA CRISI
Recentissime statistiche indicano che il nostro paese è il terzo – in una classifica mondiale tra i giocatori d’azzardo – e questo dato mi induce a fare qualche riflessione sia sul gioco d’azzardo che sulla crisi, la quale sdembra entrarci in qualche modo.
Diciamo subito che i giocatori odierni hanno ben poco di quelli che abbiamo “incontrato” nei libri di Landolfi e su quelli di Dostoevskij; il tavolo verde attorno al quale sedevano religiosamente in una sorta di estasi, nell’attesa di conoscere se avevano indovinato o meno i numeri vincenti, è stato sostituito dalle slot machine, davanti alle quali i moderni giocatori tentano la fortuna.
Molti specialisti affermano che il “giocare” è aumentato grandemente dall’avvento della crisi, in quanto la gente tenta qualunque strada per cercare di risolvere il problema del bilancio giornaliero; ma il giocare è uno degli stimoli che l’uomo ha sempre gradito enormemente.
Si pensi che il giocatore vero e proprio raggiunge il massimo della soddisfazione nel momento in cui “il destino” stabilisce se il numero o la carta ti farà vincere o no; in pratica si tratta di autentiche scommesse contro l’ignoto, senza cioè avere di fronte l’avversario e quei pochi che arrivano a rendersi conto di essere soli e di giocare contro se stessi, smettono in quanto hanno esorcizzato il demone dell’inganno.
Altra cosa avere di fronte uno o più avversari: in questo caso – prendo l’esempio del poker – si tratta di mettere a confronto quelle che debbono essere le capacità del singolo e cioè, una perfetta padronanza della tecnica, una capacità di restare concentrato per almeno sei ore, una volontà feroce di vincere, una notevole rapidità di riflessi e quell’elemento “ineffabile” per cui “l’avversario ti deve temere”.
Ma abbiamo anche detto che questo aumento del gioco sarebbe dovuto all’avanzare della crisi economica e forse è vero, ma credo che nessuno dei miei lettori possa pensare che le slot potranno risolvere i problemi della gente; purtroppo siamo presi in un immenso vortice e dobbiamo continuare a roteare alla stessa velocità dei nostri compagni di avventura (le altre nazioni).
Insomma, sembra che il primo e più impellente problema è quello della resistenza della Merkel nel permettere alla BCE di immettere una poderosa dose di liquidità nel circuito monetario in modo da diventare “prestatore di ultima istanza”.
Ma proviamo a chiederci anche il motivo per cui la Merkel continua a osteggiare questo atteggiamento che tutti le indicano come valido strumento contro la speculazione; senza voler fare lo psichiatra della bella Angela, credo che a lei, pur essendo nata più tardi, sia rimasta impressa la situazione tedesca negli anni della Repubblica di Weimer.
Nel 1919, la Germania, dopo il trattato di Versailles che la obbligava a pesanti rimborsi alle nazioni vincitrici, abbandonò il collegamento tra il marco e le riserve auree a garanzia della valuta, stampando carta moneta a tutto spiano, con il risultato che la stessa si svalutò con una velocità impressionante, arrivando in poco tempo a stampare tagli da 100.000 miliardi di marchi.
A livello psicologico c’è da comprendere l’apprensiva cancelliera, ma uno statista deve essere scevro da questi intimi condizionamenti e muoversi per operare il bene di tutti; siamo su una barca in avaria e i marinai sono costretti a gettare l’acqua fuori bordo con le sole mani, in attesa che appaia la luce di un faro – assolutamente improbabile – nel buio della notte; quanto si potrà durare senza che venga messa in discussione l’Europa tutta?
Diciamo subito che i giocatori odierni hanno ben poco di quelli che abbiamo “incontrato” nei libri di Landolfi e su quelli di Dostoevskij; il tavolo verde attorno al quale sedevano religiosamente in una sorta di estasi, nell’attesa di conoscere se avevano indovinato o meno i numeri vincenti, è stato sostituito dalle slot machine, davanti alle quali i moderni giocatori tentano la fortuna.
Molti specialisti affermano che il “giocare” è aumentato grandemente dall’avvento della crisi, in quanto la gente tenta qualunque strada per cercare di risolvere il problema del bilancio giornaliero; ma il giocare è uno degli stimoli che l’uomo ha sempre gradito enormemente.
Si pensi che il giocatore vero e proprio raggiunge il massimo della soddisfazione nel momento in cui “il destino” stabilisce se il numero o la carta ti farà vincere o no; in pratica si tratta di autentiche scommesse contro l’ignoto, senza cioè avere di fronte l’avversario e quei pochi che arrivano a rendersi conto di essere soli e di giocare contro se stessi, smettono in quanto hanno esorcizzato il demone dell’inganno.
Altra cosa avere di fronte uno o più avversari: in questo caso – prendo l’esempio del poker – si tratta di mettere a confronto quelle che debbono essere le capacità del singolo e cioè, una perfetta padronanza della tecnica, una capacità di restare concentrato per almeno sei ore, una volontà feroce di vincere, una notevole rapidità di riflessi e quell’elemento “ineffabile” per cui “l’avversario ti deve temere”.
Ma abbiamo anche detto che questo aumento del gioco sarebbe dovuto all’avanzare della crisi economica e forse è vero, ma credo che nessuno dei miei lettori possa pensare che le slot potranno risolvere i problemi della gente; purtroppo siamo presi in un immenso vortice e dobbiamo continuare a roteare alla stessa velocità dei nostri compagni di avventura (le altre nazioni).
Insomma, sembra che il primo e più impellente problema è quello della resistenza della Merkel nel permettere alla BCE di immettere una poderosa dose di liquidità nel circuito monetario in modo da diventare “prestatore di ultima istanza”.
Ma proviamo a chiederci anche il motivo per cui la Merkel continua a osteggiare questo atteggiamento che tutti le indicano come valido strumento contro la speculazione; senza voler fare lo psichiatra della bella Angela, credo che a lei, pur essendo nata più tardi, sia rimasta impressa la situazione tedesca negli anni della Repubblica di Weimer.
Nel 1919, la Germania, dopo il trattato di Versailles che la obbligava a pesanti rimborsi alle nazioni vincitrici, abbandonò il collegamento tra il marco e le riserve auree a garanzia della valuta, stampando carta moneta a tutto spiano, con il risultato che la stessa si svalutò con una velocità impressionante, arrivando in poco tempo a stampare tagli da 100.000 miliardi di marchi.
A livello psicologico c’è da comprendere l’apprensiva cancelliera, ma uno statista deve essere scevro da questi intimi condizionamenti e muoversi per operare il bene di tutti; siamo su una barca in avaria e i marinai sono costretti a gettare l’acqua fuori bordo con le sole mani, in attesa che appaia la luce di un faro – assolutamente improbabile – nel buio della notte; quanto si potrà durare senza che venga messa in discussione l’Europa tutta?
giovedì, gennaio 26, 2012
IL REX E LA CONCORDIA
Molti tra i miei lettori si saranno accorti dai miei scritti della mia fortissima passione e, immodestamente, conoscenza del cinema e, in particolare del grandissimo Federico Fellini; ma che c’entra Fellini con la “Concordia”??
Ebbene, all’indomani della tragedia della “Concordia”, il pensiero mi è corso subito al film “Amarcord” e in particolare alla straordinaria sequenza del “Rex”, il grande bastimento italiano, che negli anni ‘30 transita davanti alla spiaggia del Grand Hotel di Rimini e attira – quindi non va a cercare – una folla di paesani che utilizzando barchini di varie dimensioni, si dirigono ai margini della rotta che il mastodontico bastimento percorre per arrivare a destinazione: l’ingresso nell’Oceano.
Ovviamente mi viene subito di farvi notare la differenza tra i due “sistemi”: la “Concordia” compie il rito dell’inchino alla gente dell’Isola del Giglio, mentre il “Rex” rimane nella sua rotta ed è la gente che si reca a rendergli omaggio; sarete d’accordo che c’è una bella differenza.
Il polemista che è in me, lascia la parola all’esperto di cinema e così torno alla sequenza del Rex: forse non tutti sanno che questa sequenza non è stata girata in mare, ma in una grande piscina fatta installare a Cinecittà e le immagini realizzate – una diecina di metri di pellicola – danno “l’impressione” che il transatlantico transitasse davvero davanti a Rimini (cosa mai accaduta), con il suo incedere solenne e, dopo aver lanciato due lunghi fischi di sirena in segno di saluto, sparisce in un banco di nebbia lasciando agli “spettatori” in barca un’eco tra reale e fantastica di una fuggevole immagine della vera felicità.
Ed il Rex era un pezzo di cartone, grande quattro metri per cinque, tutto pieno di buchi, con dietro delle luci e sopra disegnate le ciminiere; questo per dire che il cinema è tutt’altro che “realtà”; ma questo è un altro discorso.
Insomma, per chi conosce Fellini, sa bene che egli era restio a lasciare il suo “regno” di Cinecittà per avventurarsi nelle strade o nei mari e così molte sequenze, apparentemente realizzate “sul campo”, sono state girate nei Teatri di Posa della grande cittadella del cinema; solo esempio: mi riferisco al film “Roma”, dove una splendida sequenza mostra il Grande Raccordo Anulare, con la troupe del film che viaggia sopra ad un camion che monta una dolly e quindi può effettuare le riprese anche dall’alto e “in movimento”; ebbene, quel tratto di strada non è mai stato percorso dalla troupe di Fellini, in quanto uno molto similare, anche se ridotto, venne realizzato all’interno di Cinecittà e lì venne girata la sequenza, con quelle immagini che tutti ricordano e che a tutti “sono sembrate vere”
Ma torniamo alle nostre navi “vere” e ad un “vezzo” che ormai sembra diventato un costume generalizzato: l’inchino, una manovra che consiste nell’arrivare il più vicino possibile al centro abitato e, nel punto prescelto, suonare la sirena di bordo; sembra che ci sia una specie di accordo di carattere turistico con alcune strutture alberghiere, ed anche un forte interesse pubblicitario da parte della Compagnia dell’armatore della nave; ovviamente nessuno lo confermerà mai - anzi la Costa darà certamente la colpa a Schettino - e quindi dobbiamo limitarci a considerare la manovra come un omaggio alla cittadina o all’isola da parte della grande nave. Nel corso dell’inchiesta verrà fuori “di chi è stata l’idea dell’inchino” ma con tutta probabilità le posizioni dei due contendenti resteranno ferme a incolpare “l’altro” e quindi la verità non verrà mai fuori. Io comunque rimango con il “mio” Rex e con le altre “finzioni” del grandissimo Fellini!!
Ebbene, all’indomani della tragedia della “Concordia”, il pensiero mi è corso subito al film “Amarcord” e in particolare alla straordinaria sequenza del “Rex”, il grande bastimento italiano, che negli anni ‘30 transita davanti alla spiaggia del Grand Hotel di Rimini e attira – quindi non va a cercare – una folla di paesani che utilizzando barchini di varie dimensioni, si dirigono ai margini della rotta che il mastodontico bastimento percorre per arrivare a destinazione: l’ingresso nell’Oceano.
Ovviamente mi viene subito di farvi notare la differenza tra i due “sistemi”: la “Concordia” compie il rito dell’inchino alla gente dell’Isola del Giglio, mentre il “Rex” rimane nella sua rotta ed è la gente che si reca a rendergli omaggio; sarete d’accordo che c’è una bella differenza.
Il polemista che è in me, lascia la parola all’esperto di cinema e così torno alla sequenza del Rex: forse non tutti sanno che questa sequenza non è stata girata in mare, ma in una grande piscina fatta installare a Cinecittà e le immagini realizzate – una diecina di metri di pellicola – danno “l’impressione” che il transatlantico transitasse davvero davanti a Rimini (cosa mai accaduta), con il suo incedere solenne e, dopo aver lanciato due lunghi fischi di sirena in segno di saluto, sparisce in un banco di nebbia lasciando agli “spettatori” in barca un’eco tra reale e fantastica di una fuggevole immagine della vera felicità.
Ed il Rex era un pezzo di cartone, grande quattro metri per cinque, tutto pieno di buchi, con dietro delle luci e sopra disegnate le ciminiere; questo per dire che il cinema è tutt’altro che “realtà”; ma questo è un altro discorso.
Insomma, per chi conosce Fellini, sa bene che egli era restio a lasciare il suo “regno” di Cinecittà per avventurarsi nelle strade o nei mari e così molte sequenze, apparentemente realizzate “sul campo”, sono state girate nei Teatri di Posa della grande cittadella del cinema; solo esempio: mi riferisco al film “Roma”, dove una splendida sequenza mostra il Grande Raccordo Anulare, con la troupe del film che viaggia sopra ad un camion che monta una dolly e quindi può effettuare le riprese anche dall’alto e “in movimento”; ebbene, quel tratto di strada non è mai stato percorso dalla troupe di Fellini, in quanto uno molto similare, anche se ridotto, venne realizzato all’interno di Cinecittà e lì venne girata la sequenza, con quelle immagini che tutti ricordano e che a tutti “sono sembrate vere”
Ma torniamo alle nostre navi “vere” e ad un “vezzo” che ormai sembra diventato un costume generalizzato: l’inchino, una manovra che consiste nell’arrivare il più vicino possibile al centro abitato e, nel punto prescelto, suonare la sirena di bordo; sembra che ci sia una specie di accordo di carattere turistico con alcune strutture alberghiere, ed anche un forte interesse pubblicitario da parte della Compagnia dell’armatore della nave; ovviamente nessuno lo confermerà mai - anzi la Costa darà certamente la colpa a Schettino - e quindi dobbiamo limitarci a considerare la manovra come un omaggio alla cittadina o all’isola da parte della grande nave. Nel corso dell’inchiesta verrà fuori “di chi è stata l’idea dell’inchino” ma con tutta probabilità le posizioni dei due contendenti resteranno ferme a incolpare “l’altro” e quindi la verità non verrà mai fuori. Io comunque rimango con il “mio” Rex e con le altre “finzioni” del grandissimo Fellini!!
martedì, gennaio 24, 2012
LA NORMALITA' DIVENTA EROISMO
“TORNI A BORDO, SCHETTINO! CAZZO!” Con questa frase, ripresa e ritrasmessa da tutti i mezzi di comunicazione di massa, il capitano De Falco, comandante della capitaneria, “ordina” - invano, purtroppo – al “fellone” Schettino, capitano della “Concordia”, di tornare a bordo e fare il proprio dovere, nella fase di abbandono della nave da parte degli sfortunati passeggeri.
Così il militare diventava un eroe, sia perché era in controluce al “vile” capitano fuggiasco, ma soprattutto per la forza del suo dire e per la schiettezza del suo parlare; eppure, il gesto del comandante della capitaneria, percepito da tutti come autenticamente “eroico”, non è stato altro che l’atteggiamento che qualsiasi militare deve tenere in presenza di tali situazioni; insomma ha fatto solo e soltanto quello che il ruolo gli imponeva: il proprio dovere!
Eppure, se volete scommettere, qualora De Falco fosse interessato, tutti i partiti politici faranno a gara per accaparrarselo alle prossime elezioni, a dimostrazione che “portare in lista” l’eroe paga sempre. Ovviamente, in questo romanzo alla Melville, non poteva mancare la presenza di una donna “misteriosa” (per la verità si conoscono anche le generalità complete della ragazza moldava ma io non voglio riportarle) che al momento dell’impatto si trovava in plancia a fianco del comandante e poi se ne è andata (con lui?) molto prima della ressa finale; che ruolo ha avuto??
Lo Schettino .- nelle telefonate ritrasmesse dai mezzi di comunicazione – appare come fortemente “disturbato” (da qui la richiesta di analisi tossicologica) e le risposte che fornisce alle domande che gli vengono poste, sono quanto meno inconcludenti, quando non appaiono addirittura assurde o mendaci; volete un solo esempio: “sono sceso per ultimo ed ho fatto il possibile per salvare i passeggeri e l’equipaggio” la frase è stata pronunciata – da terra – poco dopo mezzanotte, mentre gli ultimi naufraghi hanno lasciato la nave tra le 5 e le 6: bugiardo!!
Pochi giorni prima di questo tragico evento, un'altra situazione – totalmente diversa – ha mostrato all’Italia intera un altro “eroe”: in occasione dell’ennesima “calciopoli” (giocatori che oltre al calcio giocano alle scommesse) uno sconosciuto terzino del Gubbio è diventato famoso solo per NON aver accettato di truccare il risultato di una partita nella quale era impegnata la propria squadra.
L’ambiente sportivo lo ha aletto a “eroe” e addirittura l’allenatore della Nazionale lo ha invitato ad un raduno dei convocati; il tutto – ripeto, perché si capisca bene – soltanto perché il terzino ha fatto il proprio dovere, cioè non ha accettato di fare comunella con un branco di “sportivi” che dello sport non conoscono assolutamente il significato.
L’impressione che si ricava da questi due episodi – ma ce ne sarebbero tanti altri da citare – è che il nostro Paese, contagiato dagli atteggiamenti dei tanti personaggi più o meno famosi che badano solo ai propri interesse, turbato, ma non troppo, dalle legioni degli evasori fiscali, dai falsi invalidi ed anche da tutti quelli che parcheggiano in doppia fila, ha eletto la “normalità” ad “eroismo”.
Comunque, un paio di buone notizie veleggiano sopra la vicenda Schettino: la prima è che la Costa non difenderà “materialmente”, cioè con un proprio avvocato, il capitano della Concordia e l’altra è la frase che Schettino avrebbe pronunciato: “non salirò mai più su una nave”; mi chiedo: per sua scelta o perché non ce lo vorranno??
Insomma, ci vorrebbe un De Falco in ognuno di noi che scuotesse le nostre coscienze e ci spronasse ad un vero sentire civile, gridandoci “torna a bordo, italiano, cazzo!!”.
Così il militare diventava un eroe, sia perché era in controluce al “vile” capitano fuggiasco, ma soprattutto per la forza del suo dire e per la schiettezza del suo parlare; eppure, il gesto del comandante della capitaneria, percepito da tutti come autenticamente “eroico”, non è stato altro che l’atteggiamento che qualsiasi militare deve tenere in presenza di tali situazioni; insomma ha fatto solo e soltanto quello che il ruolo gli imponeva: il proprio dovere!
Eppure, se volete scommettere, qualora De Falco fosse interessato, tutti i partiti politici faranno a gara per accaparrarselo alle prossime elezioni, a dimostrazione che “portare in lista” l’eroe paga sempre. Ovviamente, in questo romanzo alla Melville, non poteva mancare la presenza di una donna “misteriosa” (per la verità si conoscono anche le generalità complete della ragazza moldava ma io non voglio riportarle) che al momento dell’impatto si trovava in plancia a fianco del comandante e poi se ne è andata (con lui?) molto prima della ressa finale; che ruolo ha avuto??
Lo Schettino .- nelle telefonate ritrasmesse dai mezzi di comunicazione – appare come fortemente “disturbato” (da qui la richiesta di analisi tossicologica) e le risposte che fornisce alle domande che gli vengono poste, sono quanto meno inconcludenti, quando non appaiono addirittura assurde o mendaci; volete un solo esempio: “sono sceso per ultimo ed ho fatto il possibile per salvare i passeggeri e l’equipaggio” la frase è stata pronunciata – da terra – poco dopo mezzanotte, mentre gli ultimi naufraghi hanno lasciato la nave tra le 5 e le 6: bugiardo!!
Pochi giorni prima di questo tragico evento, un'altra situazione – totalmente diversa – ha mostrato all’Italia intera un altro “eroe”: in occasione dell’ennesima “calciopoli” (giocatori che oltre al calcio giocano alle scommesse) uno sconosciuto terzino del Gubbio è diventato famoso solo per NON aver accettato di truccare il risultato di una partita nella quale era impegnata la propria squadra.
L’ambiente sportivo lo ha aletto a “eroe” e addirittura l’allenatore della Nazionale lo ha invitato ad un raduno dei convocati; il tutto – ripeto, perché si capisca bene – soltanto perché il terzino ha fatto il proprio dovere, cioè non ha accettato di fare comunella con un branco di “sportivi” che dello sport non conoscono assolutamente il significato.
L’impressione che si ricava da questi due episodi – ma ce ne sarebbero tanti altri da citare – è che il nostro Paese, contagiato dagli atteggiamenti dei tanti personaggi più o meno famosi che badano solo ai propri interesse, turbato, ma non troppo, dalle legioni degli evasori fiscali, dai falsi invalidi ed anche da tutti quelli che parcheggiano in doppia fila, ha eletto la “normalità” ad “eroismo”.
Comunque, un paio di buone notizie veleggiano sopra la vicenda Schettino: la prima è che la Costa non difenderà “materialmente”, cioè con un proprio avvocato, il capitano della Concordia e l’altra è la frase che Schettino avrebbe pronunciato: “non salirò mai più su una nave”; mi chiedo: per sua scelta o perché non ce lo vorranno??
Insomma, ci vorrebbe un De Falco in ognuno di noi che scuotesse le nostre coscienze e ci spronasse ad un vero sentire civile, gridandoci “torna a bordo, italiano, cazzo!!”.
domenica, gennaio 22, 2012
SIAMO SULL'ORLO DEL DIVORZIO?
Molti segnali mi inducono a dire che il collante che teneva insieme i Paesi europei deve essere di scarsa qualità; oppure non viene usato; oppure c’è qualcuno che non vuole essere “contaminato” dalla vicinanza con altri Paesi.
Qualcuna di queste ipotesi sarà quella vera, ma adesso mi interessa vagliarle tutte e vedere come siamo arrivati a questa situazione; l’ultima: il nostro Premier, Mario Monti, che si rivolge alla Merkel implorandone l’aiuto per sistemare le questioni con le tre sorelle del rating e si sente rispondere: “l’Italia deve farcela da sola; ne ha i mezzi”.
Oppure l’atteggiament6o dell’Inghilterra che non ne vuol, sapere di legarsi con l’Europa continentale e non accetta di tartassare un pochino le transazioni di borsa, mandando così in visibilio tutti gli operatori della City.
Dobbiamo ammettere che il matrimonio europeo non regge, ma altrettanto dobbiamo stringere i denti e cercare di reggere la barca, in modo che la stessa non vada a picco o affondi il più tardi possibile. In alternativa c’è solo il divorzio, che significa in parole povere, buttare all’aria tutto quello che è stato costruito (male, lo so!!) in campo europeo.
Per combattere i salti dei rating pilotati da “gente interessata” ci sarebbero un paio di mosse da compiere: la prima è in mano al nostro Draghi che, dall’alto della sua carica di Direttore della BCE, dovrebbe affermare a chiare lettere che “salva tutti lui, comprando i debiti di tutti gli stati”; semplice ed efficace, peccato però che la Merkel non glielo consenta.
La seconda è quella di ammonire la Francia che continua a lanciare allarmi sulla possibile, imminente fine dell’euro, affermazione che non può certo portare serenità nella finanza internazionale.
Ci sarebbe poi una terza mossa: un patto fra tutti i paesi europei per una sorta di unità fiscale (l’unica che non lo vuole è l’Inghilterra, tanto per cambiare); questa operazione porterebbe a compimento un muro di buon cemento che potrebbe respingere gli attacchi della speculazione i9nternazionale.
Tra gli spettatori – “interessati” – c’è poi il Presidente USA, Obama, il quale non perde occasione per dirsi “preoccupato, ma fiducioso” della situazione dei Paesi europei; noi siamo ben felici di essere nel cuore dell’uomo più potente del mondo (almeno per un po’ ancora), ma se desse un’occhiata a casa sua, la sua preoccupazione si sposterebbe su quello che avviene a Washington.
A detta di molti economisti, la grande speculazione si è concentrata sull’Europa, ignorando gli Stati Uniti, ma quando si accorgerà della fragilità del bilancio americano sposterà l’attenzione anche verso Wall Street.
Non a caso, gli Stati Uniti hanno un debito pubblico di quasi 15/mila miliardi di dollari (circa 14/mila miliardi di euro), contro i 1.900 miliardi di euro dell’Italia; il Paese è molto più grande e potente, ma un divario del debito di questa portata può invogliare qualche speculatore a puntare la lente d’ingrandimento sugli USA.
Per la verità, gli USA hanno un altro vantaggio sull’Europa: hanno una banca centrale – la Federal Riserve – che sa fare il proprio mestiere e le leggi americane glielo consentono, mentre in Europa la BCE non è né carne né pesce, nel senso che non riesce ad aumentare la massa di moneta in circolazione per coprire i bond e neppure riesce a porsi come ultimo baluardo contro gli attacchi al debito sovrano di alcuni stati.
Solo questo ci darebbe tranquillità; ma al momento non è possibile!!
Qualcuna di queste ipotesi sarà quella vera, ma adesso mi interessa vagliarle tutte e vedere come siamo arrivati a questa situazione; l’ultima: il nostro Premier, Mario Monti, che si rivolge alla Merkel implorandone l’aiuto per sistemare le questioni con le tre sorelle del rating e si sente rispondere: “l’Italia deve farcela da sola; ne ha i mezzi”.
Oppure l’atteggiament6o dell’Inghilterra che non ne vuol, sapere di legarsi con l’Europa continentale e non accetta di tartassare un pochino le transazioni di borsa, mandando così in visibilio tutti gli operatori della City.
Dobbiamo ammettere che il matrimonio europeo non regge, ma altrettanto dobbiamo stringere i denti e cercare di reggere la barca, in modo che la stessa non vada a picco o affondi il più tardi possibile. In alternativa c’è solo il divorzio, che significa in parole povere, buttare all’aria tutto quello che è stato costruito (male, lo so!!) in campo europeo.
Per combattere i salti dei rating pilotati da “gente interessata” ci sarebbero un paio di mosse da compiere: la prima è in mano al nostro Draghi che, dall’alto della sua carica di Direttore della BCE, dovrebbe affermare a chiare lettere che “salva tutti lui, comprando i debiti di tutti gli stati”; semplice ed efficace, peccato però che la Merkel non glielo consenta.
La seconda è quella di ammonire la Francia che continua a lanciare allarmi sulla possibile, imminente fine dell’euro, affermazione che non può certo portare serenità nella finanza internazionale.
Ci sarebbe poi una terza mossa: un patto fra tutti i paesi europei per una sorta di unità fiscale (l’unica che non lo vuole è l’Inghilterra, tanto per cambiare); questa operazione porterebbe a compimento un muro di buon cemento che potrebbe respingere gli attacchi della speculazione i9nternazionale.
Tra gli spettatori – “interessati” – c’è poi il Presidente USA, Obama, il quale non perde occasione per dirsi “preoccupato, ma fiducioso” della situazione dei Paesi europei; noi siamo ben felici di essere nel cuore dell’uomo più potente del mondo (almeno per un po’ ancora), ma se desse un’occhiata a casa sua, la sua preoccupazione si sposterebbe su quello che avviene a Washington.
A detta di molti economisti, la grande speculazione si è concentrata sull’Europa, ignorando gli Stati Uniti, ma quando si accorgerà della fragilità del bilancio americano sposterà l’attenzione anche verso Wall Street.
Non a caso, gli Stati Uniti hanno un debito pubblico di quasi 15/mila miliardi di dollari (circa 14/mila miliardi di euro), contro i 1.900 miliardi di euro dell’Italia; il Paese è molto più grande e potente, ma un divario del debito di questa portata può invogliare qualche speculatore a puntare la lente d’ingrandimento sugli USA.
Per la verità, gli USA hanno un altro vantaggio sull’Europa: hanno una banca centrale – la Federal Riserve – che sa fare il proprio mestiere e le leggi americane glielo consentono, mentre in Europa la BCE non è né carne né pesce, nel senso che non riesce ad aumentare la massa di moneta in circolazione per coprire i bond e neppure riesce a porsi come ultimo baluardo contro gli attacchi al debito sovrano di alcuni stati.
Solo questo ci darebbe tranquillità; ma al momento non è possibile!!