venerdì, ottobre 14, 2011
CONTINUANO I PROBLEMI DELLE BANCHE
L’ultima banca – in ordine di tempo – a chiedere aiuto allo Stato e all’U.E., è la Dexia che, dopo aver sfiorato il crac, sarà nazionalizzata e smembrata in vari pezzi; in parte verrà acquisita dallo stato belga e in parte dalla Francia e dal Lussemburgo; i belgi pagheranno 4 miliardi di euro a cui si aggiungeranno a breve altri 90 miliardi che verranno utilizzati per “garantire” i titoli tossici e assicurati da Bruxelles, insieme a Parigi e al Lussemburgo.
Gli enti locali di questi tre paesi hanno peraltro un conto aperto con la banca, in quanto la specializzazione della Dexia era il famoso giochetto degli Swap, che tanto è andato di moda nei comuni e nelle regioni dell’Europa in quest’ultimo decennio.
Ma che cosa sono questi swap, detti anche “derivati”, in quanto non sono titoli o obbligazioni veri e propri ma altre cose derivate, appunto, da alcuni fattori finanziari; facciamo un esempio: un soggetto - che chiameremo A - può acquistare un'obbligazione a tasso variabile e corrispondere gli interessi che percepisce a un soggetto – che chiameremo B -; B, a sua volta, acquista un bond a tasso fisso, percepisce gli interessi variabili di A e gli gira gli interessi a tasso fisso. In tutto questo rigiro, del quale si perde il filo, chi ci guadagna è solo chi conosce appieno il meccanismo, mentre chi ci rimette – di sicuro – sono gli sprovveduti degli uffici finanziari dei nostri enti locali che si atteggiano a “finanzieri”, ma purtroppo lo fanno con i soldi della popolazione e non con i loro.
Il combinato delle Banche che hanno messo in piedi questi strumenti tossici e i fessi che hanno abboccato utilizzando soldi pubblici è una delle cause che ha messo in ginocchio i meccanismi finanziari mondiali ed anche le economie di tutti i Paesi.
Non sono certo che questi strumenti “derivati” siano stati messi al bando, anzi ho paura che ancora facciano parte dei portafogli di alcuni nostri enti locali; un vecchio proverbio recita che “errare umano est, ma perseverare è diabolico”.
Sempre nell’intento di mettere una pezza alla situazione drammatica nel quale ci stiamo avviluppando, l’Unione Europea attraverso la Banca Centrale, sta mettendo in piedi uno strumento detto “fondo salva stati”, la cui gestione spetterà al Presidente, nello specifico il nostro Draghi che subentrerà a giorni al francese Trichet.
Ebbene, il provvedimento relativo, con le linee guida per l’ utilizzo del fondo, è all’approvazione del Consiglio dell’Ecofin, e dovrà essere approvato all’unanimità dei 17 Paesi dell’Eurozona; ma, sorpresa delle sorprese, la Slovacchia, ultimo Paese chiamato a pronunciarsi su queste norme, ha detto “NO” salvo poi ripensarci il giorno seguente e, approvare la norma ma il Governo si è praticamente dimesso e le elezione sono state indette per il prossimo marzo 2012.
Uno tra i primi fondatori dell’Europa Unita ebbe a dire – tanti anni or sono – che il numero degli Stati aderenti al progetto avrebbe dovuto essere controllato con attenzione; intendeva dire che se gli Stati fossero stati pochi si sarebbe rischiata una sorta di anarchia nel resto dei Paesi europei, ma se all’inverso, gli Stati fossero stati troppi e avessero compreso anche realtà economicamente distanti anni luce dai Paesi trainanti, ci sarebbe stato il rischio opposto: caos all’interno della funzionalità dei paesi aderenti; ed allora? Allora, un altro modo di dire – questo in latino - ci viene in aiuto: “in medio stat virtus”, intendendo che un giusto equilibrio sarebbe stato auspicabile.
Certo che il voto della Slovacchia contasse quanto quello della Germania mi sembra eccessivo! Non siete d’accordo??
Gli enti locali di questi tre paesi hanno peraltro un conto aperto con la banca, in quanto la specializzazione della Dexia era il famoso giochetto degli Swap, che tanto è andato di moda nei comuni e nelle regioni dell’Europa in quest’ultimo decennio.
Ma che cosa sono questi swap, detti anche “derivati”, in quanto non sono titoli o obbligazioni veri e propri ma altre cose derivate, appunto, da alcuni fattori finanziari; facciamo un esempio: un soggetto - che chiameremo A - può acquistare un'obbligazione a tasso variabile e corrispondere gli interessi che percepisce a un soggetto – che chiameremo B -; B, a sua volta, acquista un bond a tasso fisso, percepisce gli interessi variabili di A e gli gira gli interessi a tasso fisso. In tutto questo rigiro, del quale si perde il filo, chi ci guadagna è solo chi conosce appieno il meccanismo, mentre chi ci rimette – di sicuro – sono gli sprovveduti degli uffici finanziari dei nostri enti locali che si atteggiano a “finanzieri”, ma purtroppo lo fanno con i soldi della popolazione e non con i loro.
Il combinato delle Banche che hanno messo in piedi questi strumenti tossici e i fessi che hanno abboccato utilizzando soldi pubblici è una delle cause che ha messo in ginocchio i meccanismi finanziari mondiali ed anche le economie di tutti i Paesi.
Non sono certo che questi strumenti “derivati” siano stati messi al bando, anzi ho paura che ancora facciano parte dei portafogli di alcuni nostri enti locali; un vecchio proverbio recita che “errare umano est, ma perseverare è diabolico”.
Sempre nell’intento di mettere una pezza alla situazione drammatica nel quale ci stiamo avviluppando, l’Unione Europea attraverso la Banca Centrale, sta mettendo in piedi uno strumento detto “fondo salva stati”, la cui gestione spetterà al Presidente, nello specifico il nostro Draghi che subentrerà a giorni al francese Trichet.
Ebbene, il provvedimento relativo, con le linee guida per l’ utilizzo del fondo, è all’approvazione del Consiglio dell’Ecofin, e dovrà essere approvato all’unanimità dei 17 Paesi dell’Eurozona; ma, sorpresa delle sorprese, la Slovacchia, ultimo Paese chiamato a pronunciarsi su queste norme, ha detto “NO” salvo poi ripensarci il giorno seguente e, approvare la norma ma il Governo si è praticamente dimesso e le elezione sono state indette per il prossimo marzo 2012.
Uno tra i primi fondatori dell’Europa Unita ebbe a dire – tanti anni or sono – che il numero degli Stati aderenti al progetto avrebbe dovuto essere controllato con attenzione; intendeva dire che se gli Stati fossero stati pochi si sarebbe rischiata una sorta di anarchia nel resto dei Paesi europei, ma se all’inverso, gli Stati fossero stati troppi e avessero compreso anche realtà economicamente distanti anni luce dai Paesi trainanti, ci sarebbe stato il rischio opposto: caos all’interno della funzionalità dei paesi aderenti; ed allora? Allora, un altro modo di dire – questo in latino - ci viene in aiuto: “in medio stat virtus”, intendendo che un giusto equilibrio sarebbe stato auspicabile.
Certo che il voto della Slovacchia contasse quanto quello della Germania mi sembra eccessivo! Non siete d’accordo??
mercoledì, ottobre 12, 2011
GIOVANI E VECCHI
È un post che si riferisce a due episodi – assolutamente non “emblematici” – dei quali in uno è protagonista un ragazzo giovanissimo e nell’altro una donna vecchissima; come vedremo la felicità (o il contrario) non si sa bene dove possa andare ad abitare.
Il caso del giovane (14 anni) prende le mosse da Prato, dove il nostro ragazzo – che chiameremo Giorgio – abita con la famiglia; giorni fa, scrive un biglietto e lascia la sua casa; in questo foglio c’è scritto: “Vado a Bologna in treno, raggiungo la Torre degli Asinelli, compro un biglietto per salire e mi butto giù”. E Giorgio lo ha fatto veramente anche se non rispettando completamente il programma: è giunto a Bologna, ma anziché dirigersi verso la celebre torre, ha cambiato programma e si è diretto verso la periferia, ma percorrendo i binari della ferrovia; a circa cinque chilometri dalla città, si è straiato sui binari e si è fatto travolgere dal Bologna-Rimini; il macchinista del treno non si è neppure accorto dell’evento e la scoperta del cadavere è avvenuta ad opera di alcuni operai che percorrevano la ferrovia, allertati dalla Polizia di Prato.
Il motivo di questo piano sciagurato resterà probabilmente un mistero, come restano misteriosi quasi tutti i suicidi; l’unico evento a cui i genitori possono riferirsi è un brutto voto preso a scuola, ma che al mondo d’oggi ci si ammazzi per un brutto voto mi sembra quasi impossibile; eppure è così, eppure i due genitori sono straziati dal dolore e quasi altrettanto dolore immagino che lo abbia l’insegnante che ha dato il brutto voto. Un giovane che si uccide per un brutto voto è veramente un caso strano e molto raro, ma accade, anzi è accaduto.
Così come è strano il fatto che una donna di 85 anni – la parte vecchia del mio post – è convolata a giuste nozze per la terza volta nella sua vita, impalmando un “giovane” di appena 60 anni. L’arzilla vecchietta è Maria del Rosario Cayetana Fitz-James Stuart, Duchessa di Alba, e già dal nome si deduce l’origine nobile e, probabilmente, il patrimonio della signora; il marito è un “normale borghese”, tale Alfonso Diez.
La cerimonia si è svolta nella cappella del Palacio de Duenas a Siviglia, uno dei tanti della famiglia della donna, davanti a una quarantina di invitati e a una torma di giornalisti di stampa e televisioni. La signora Cayetana – che vanta più quarti di nobiltà della Regina Elisabetta – era vestita dagli stilisti andalusi Victorio & Lucchino e dopo la cerimonia si è scatenata in un bollente flamenco.
Ovviamente il matrimonio era osteggiato più di quello di Romeo e Giulietta: la donna infatti ha dovuto combattere contro l’opposizione dei sei figli – avuti dai due matrimoni precedenti – ed anche da una sorta di ostracismo della Casa Reale di Madrid che pare non vedesse di buon occhio il matrimonio con il borghese quasi nullatenente Alfonso, sospettato di essere unicamente un arrampicatore sociale.
Ma la brava Cayetana l’ha avuta vinta, anche perché ha distribuito ai figli, anticipatamente, una buona parte del suo patrimonio (stimato in tre miliardi di euro), mentre al povero Alfonso, dopo averlo costretto a rinunciare al titolo di Duca di Alba, ha assegnato un modesto vitalizio di poche migliaia di euro; a questo punto anche Juan Carlos di Borbone ha “benedetto” le nozze, augurando salute e felicità.
Tiriamo una modesta conclusione all’abbinamento di questi due eventi: il giovane non è riuscito a vedere un suo futuro e questo lo ha indotto all’insano gesto, mentre la nobildonna, a 85 anni di età, programma il suo futuro con un uomo più giovane di 25 anni: bellissimo e tragico allo stesso tempo, ma comunque è dimostrazione che la mente dell’essere umano è veramente imperscrutabile.
Il caso del giovane (14 anni) prende le mosse da Prato, dove il nostro ragazzo – che chiameremo Giorgio – abita con la famiglia; giorni fa, scrive un biglietto e lascia la sua casa; in questo foglio c’è scritto: “Vado a Bologna in treno, raggiungo la Torre degli Asinelli, compro un biglietto per salire e mi butto giù”. E Giorgio lo ha fatto veramente anche se non rispettando completamente il programma: è giunto a Bologna, ma anziché dirigersi verso la celebre torre, ha cambiato programma e si è diretto verso la periferia, ma percorrendo i binari della ferrovia; a circa cinque chilometri dalla città, si è straiato sui binari e si è fatto travolgere dal Bologna-Rimini; il macchinista del treno non si è neppure accorto dell’evento e la scoperta del cadavere è avvenuta ad opera di alcuni operai che percorrevano la ferrovia, allertati dalla Polizia di Prato.
Il motivo di questo piano sciagurato resterà probabilmente un mistero, come restano misteriosi quasi tutti i suicidi; l’unico evento a cui i genitori possono riferirsi è un brutto voto preso a scuola, ma che al mondo d’oggi ci si ammazzi per un brutto voto mi sembra quasi impossibile; eppure è così, eppure i due genitori sono straziati dal dolore e quasi altrettanto dolore immagino che lo abbia l’insegnante che ha dato il brutto voto. Un giovane che si uccide per un brutto voto è veramente un caso strano e molto raro, ma accade, anzi è accaduto.
Così come è strano il fatto che una donna di 85 anni – la parte vecchia del mio post – è convolata a giuste nozze per la terza volta nella sua vita, impalmando un “giovane” di appena 60 anni. L’arzilla vecchietta è Maria del Rosario Cayetana Fitz-James Stuart, Duchessa di Alba, e già dal nome si deduce l’origine nobile e, probabilmente, il patrimonio della signora; il marito è un “normale borghese”, tale Alfonso Diez.
La cerimonia si è svolta nella cappella del Palacio de Duenas a Siviglia, uno dei tanti della famiglia della donna, davanti a una quarantina di invitati e a una torma di giornalisti di stampa e televisioni. La signora Cayetana – che vanta più quarti di nobiltà della Regina Elisabetta – era vestita dagli stilisti andalusi Victorio & Lucchino e dopo la cerimonia si è scatenata in un bollente flamenco.
Ovviamente il matrimonio era osteggiato più di quello di Romeo e Giulietta: la donna infatti ha dovuto combattere contro l’opposizione dei sei figli – avuti dai due matrimoni precedenti – ed anche da una sorta di ostracismo della Casa Reale di Madrid che pare non vedesse di buon occhio il matrimonio con il borghese quasi nullatenente Alfonso, sospettato di essere unicamente un arrampicatore sociale.
Ma la brava Cayetana l’ha avuta vinta, anche perché ha distribuito ai figli, anticipatamente, una buona parte del suo patrimonio (stimato in tre miliardi di euro), mentre al povero Alfonso, dopo averlo costretto a rinunciare al titolo di Duca di Alba, ha assegnato un modesto vitalizio di poche migliaia di euro; a questo punto anche Juan Carlos di Borbone ha “benedetto” le nozze, augurando salute e felicità.
Tiriamo una modesta conclusione all’abbinamento di questi due eventi: il giovane non è riuscito a vedere un suo futuro e questo lo ha indotto all’insano gesto, mentre la nobildonna, a 85 anni di età, programma il suo futuro con un uomo più giovane di 25 anni: bellissimo e tragico allo stesso tempo, ma comunque è dimostrazione che la mente dell’essere umano è veramente imperscrutabile.
lunedì, ottobre 10, 2011
A PROPOSITO DELLA "CRESCITA"
È ovvio che la soluzione di qualsiasi crisi si ha quando il mercato – sia interno che estero – ha ripreso a crescere; in particolare, la crescita di quello interno è dettata dall’aumento dei consumi, autentico termometro dell’andamento della crisi.
Per dare una mano al nostro premier che – mi si dice – è impegnato allo spasimo nello studio di questo problema e dei modi di risolverlo, cercherò di tirar fuori qualcuna delle mie idee “bislacche” che potrebbero andargli bene e così tornare alle sue escort, ai suoi festini, ai suoi bunga bunga che, sempre secondo le voci, in questi giorni sarebbero passati in secondo piano; insomma, prima il lavoro e poi…”il resto”!
Riprendo un concetto che ho già espresso tempo addietro: gli studi – gli ultimi sono di Confcommercio e Confindustria – ci dicono unanimemente che le famiglie italiane hanno perduto negli ultimi quattro anni la bellezza di 10/mila euro; cioè, nelle nostre tasche sono entrati 10/mila euro in meno rispetto a cinque anni fa e quindi è facile dedurre che siamo alla stretta sulle spese, addirittura anche quelle alimentari.
C’è poi da aggiungere che la tassazione record di questi ultimi tempi ha corroso il reddito pro-capite del 7% in termini reali e quindi parlare di “fuga dagli scaffali” non è più solo una battuta, ma una triste realtà.
Una recentissima statistica ha posto una semplice domanda agli italiani – scelti ovviamente secondo campionature attendibili – e cioè se prevede di spendere meno nei prossimi 12 mesi di quanto ha speso negli scorsi 12 mesi e, in caso di risposta positiva, in quali settori calerà la scure del taglio; il risultato è stato agghiacciante: solo il 14,7% degli intervistati dice che non cambierà sistema di consumo in nessun settore e quindi, in concreto, non ha risentito della crisi.
Gli altri, circa l’85% arranca con segni meno in tutti i settori, anche in quelli che finora erano risultati al riparo da qualunque crisi: l’alimentare e l’elettronica.
Il primo ha un dato del 42,7%, cioè – lo ripeto ancora una volta – il 42,7% degli italiani prevede di spendere meno dell’anno scorso; il secondo settore, che mi ha meravigliato in quanto ha sempre segnato il segno più, cioè quello dell’elettronica (televisori, computer, macchine fotografiche e videocamere) che ha fatto segnare un meno 20% circa. Comunque, il comparto che prevede una diminuzione maggiore di tutti gli altri è quello dell’abbigliamento, sia esterno che intimo, il quale marca un meno 44,4%; come dire che i vestiti di quest’anno devono fare anche per il prossimo anno.
Comunque, tutto questo che ho segnalato è quanto meno “scontato”; fate mente locale e seguite questo mio ragionamento: qual è l’unica cosa che il cittadine non può dismettere o consumare di meno: in primis le tasse e subito dopo le bollette per le utenze domestiche, tutte cose che segnalano aumenti non indifferenti (il gas segnala un prossimo +5,5%); quindi, mentre la gente ha delle uscite improcrastinabili, può arrangiarsi con il vestito dell’altro anno oppure può comprare meno frutta e più pasta, ammesso che ne valga la pena dal punto di vista pecuniario.
Guarda caso, le cose sulle quali il cittadino non ha voce in capitolo, cioè non può scegliere, sono tutte gestite in un modo o nell’altro dalle strutture statali; quindi basterebbe che si potesse attuare un blocco di queste spese per un anno o due e probabilmente, il cittadine ritornerebbe a spendere per il vestito, per la carne o per il televisore nuovo.
Spero di essere stato chiaro in questa mia disanima del mercato alla ricerca di un modo per aumentare i consumi; se poi è tutto sbagliato, me ne scuso.
Per dare una mano al nostro premier che – mi si dice – è impegnato allo spasimo nello studio di questo problema e dei modi di risolverlo, cercherò di tirar fuori qualcuna delle mie idee “bislacche” che potrebbero andargli bene e così tornare alle sue escort, ai suoi festini, ai suoi bunga bunga che, sempre secondo le voci, in questi giorni sarebbero passati in secondo piano; insomma, prima il lavoro e poi…”il resto”!
Riprendo un concetto che ho già espresso tempo addietro: gli studi – gli ultimi sono di Confcommercio e Confindustria – ci dicono unanimemente che le famiglie italiane hanno perduto negli ultimi quattro anni la bellezza di 10/mila euro; cioè, nelle nostre tasche sono entrati 10/mila euro in meno rispetto a cinque anni fa e quindi è facile dedurre che siamo alla stretta sulle spese, addirittura anche quelle alimentari.
C’è poi da aggiungere che la tassazione record di questi ultimi tempi ha corroso il reddito pro-capite del 7% in termini reali e quindi parlare di “fuga dagli scaffali” non è più solo una battuta, ma una triste realtà.
Una recentissima statistica ha posto una semplice domanda agli italiani – scelti ovviamente secondo campionature attendibili – e cioè se prevede di spendere meno nei prossimi 12 mesi di quanto ha speso negli scorsi 12 mesi e, in caso di risposta positiva, in quali settori calerà la scure del taglio; il risultato è stato agghiacciante: solo il 14,7% degli intervistati dice che non cambierà sistema di consumo in nessun settore e quindi, in concreto, non ha risentito della crisi.
Gli altri, circa l’85% arranca con segni meno in tutti i settori, anche in quelli che finora erano risultati al riparo da qualunque crisi: l’alimentare e l’elettronica.
Il primo ha un dato del 42,7%, cioè – lo ripeto ancora una volta – il 42,7% degli italiani prevede di spendere meno dell’anno scorso; il secondo settore, che mi ha meravigliato in quanto ha sempre segnato il segno più, cioè quello dell’elettronica (televisori, computer, macchine fotografiche e videocamere) che ha fatto segnare un meno 20% circa. Comunque, il comparto che prevede una diminuzione maggiore di tutti gli altri è quello dell’abbigliamento, sia esterno che intimo, il quale marca un meno 44,4%; come dire che i vestiti di quest’anno devono fare anche per il prossimo anno.
Comunque, tutto questo che ho segnalato è quanto meno “scontato”; fate mente locale e seguite questo mio ragionamento: qual è l’unica cosa che il cittadine non può dismettere o consumare di meno: in primis le tasse e subito dopo le bollette per le utenze domestiche, tutte cose che segnalano aumenti non indifferenti (il gas segnala un prossimo +5,5%); quindi, mentre la gente ha delle uscite improcrastinabili, può arrangiarsi con il vestito dell’altro anno oppure può comprare meno frutta e più pasta, ammesso che ne valga la pena dal punto di vista pecuniario.
Guarda caso, le cose sulle quali il cittadino non ha voce in capitolo, cioè non può scegliere, sono tutte gestite in un modo o nell’altro dalle strutture statali; quindi basterebbe che si potesse attuare un blocco di queste spese per un anno o due e probabilmente, il cittadine ritornerebbe a spendere per il vestito, per la carne o per il televisore nuovo.
Spero di essere stato chiaro in questa mia disanima del mercato alla ricerca di un modo per aumentare i consumi; se poi è tutto sbagliato, me ne scuso.