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sabato, maggio 09, 2009

L'ISLAM E NOI 

Intendo – con quel titolo sull’Islam – parlare delle problematiche che continuano a dividerci e, temo, non si appianeranno a breve; quindi c’è da chiedersi: che fare?
Intanto, mentre in occidente si continua a stigmatizzare, la teocrazia iraniana continua imperterrita ad eseguire condanne a morte; l’ultima è stata quella della ragazza di 23 anni, Delara Darabi, impiccata per un reato commesso all’età di 17 anni (quindi da minorenne), del quale si era in un primo tempo auto-accusata per salvare il fidanzato (maggiorenne) convinta che non sarebbe incappata nella pena capitale; il boia non ha inteso ragioni ed ha spalancato la botola.
Nei primi quattro mesi di quest’anno le esecuzioni capitali in Iran sono raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2008, raggiungendo la bella cifra di 164; non tutte sono impiccagioni, tant’è vero che una delle ultime è stata una lapidazione a danno di un marito adultero; l’occidente protesta, ogni tanto organizza qualche marcia, ma poi non se ne parla più; ed è giusto che sia così, visto che apparteniamo a due mondi, due culture, due religioni profondamente diversi che mal conciliano una unicità etica.
Facciamo un esempio: il Mullah Omar, per gli americani – in particolare – e per gli occidentali – in generale – rappresenta l’”orrore” allo stato puro, forse addirittura più di Bin Laden, un “alieno” che proponeva cose inconcepibili per noi tutti.
Quali? Le possiamo ricomprendere nello slogan “medioevo sostenibile”, cioè una società regolata sul piano del costume da leggi arcaiche risalenti al VII e VIII secolo arabo-islamico, ma non completamente aliena dall’adottare alcune conquiste tecnologiche dell’era moderna. Se portiamo sul piano dell’immagine questa visione filosofica, ben ci sta l’affresco che Omar si è fatto dipingere su una parete della sua camera da letto: un immenso prato verde attraversato da una autostrada e con qualche rara ciminiera sullo sfondo: insomma una Arcadia appena un po’ ritoccata.
Una cosa il mullah l’aveva capita e bene: se le conquiste del modello di vita occidentale entrano in una società tradizionale (come quella afgana, ma vale anche per altre) questa ne viene irrimediabilmente disgregata, distrutta e ridotta in miseria, come è successo in tutti i Paesi del cosiddetto Terzo Mondo.
Gli americani hanno posto sulla testa del Mullah Omar una taglia di 50 milioni di dollari, una cifra con la quale in Afghanistan si compra un’intera città, eppure non c’è stato nessuno che abbia provato ad incassare la bella sommetta; mi si dirà che molti temono per la loro vita, ma qualcuno “un po’ pazzo” si sarebbe dovuto trovare e invece niente; forse significa che il personaggio è molto ben visto da quel popolo che non desidera essere “conquistato” dalle mode occidentali ma vuole rimanere con le sue tradizioni.
Insomma, questo progresso che noi sventoliamo a tutto il Terzo Mondo come una nostra conquista, “non ha partorito l’uomo migliore, una società migliore ma anzi comincia ad essere una minaccia per il genere umano”; la frase virgolettata non è mia ma addirittura del Cardinale Ratzinger – non ancora Benedetto XVI – ed è stata fatta propria anche dalla Fallaci per un articolo apparso nel 2005 sul Corriere della Sera.
Se quanto sopra risponde a verità, rendiamoci conto che andiamo in giro per il mondo ad affibbiare delle “patacche” e quindi molto meglio faremmo a stare a casa nostra senza illudere nessuno sulla bellezza della nostra società; se poi invece mi dite che sotto, sotto ci sono degli interessi di bottega, allora mi cheto, ma diciamocelo, almeno tra noi, che è tutta una truffa; allora si capirebbero tante cose!!.

venerdì, maggio 08, 2009

ZIBALDONE N.5/2009 

Tre argomenti riporto in questo zibaldone primaverile, con la speranza che suscitino l’interesse dei miei amici lettori come hanno suscitato il mio.
IL PRIMO argomento si riferisce ad una frase che vi riporto integralmente e dopo se ne parla: “è uno scandalo che si parli di scandalo; veder ferire gli organismi che hanno offerto la loro opera con tanto disinteresse mi intristisce; mi chiedo in che razza di Paese viviamo!”.
Domandina facile, facile: chi è l’uomo di governo che ha pronunciato questa frase? Risposta altrettanto facile: Berlusconi, in occasione delle polemiche suscitate dalla trasmissione di Santoro “Annozero”, in relazione a vere o presunte carenze nell’organizzazione degli aiuti ai terremotati d’Abruzzo.
Sbagliato! La frase è stata pronunciata da Massimo D’Alema – allora Presidente del Consiglio – in relazione alle polemiche sulla missione “Arcobaleno” che sfociarono in provvedimenti della magistratura circa presunti episodi di appropriazione indebita; l’anno è il 1999 e la missione era diretta in Albania. Qualcuno ricorda??
IL SECONDO argomento riguarda un braccio di ferro tra Sarkozy e Obama sull’ingresso della Turchia nell’Europa: il primo è nettamente contrario e cerca di tirare dalla sua parte più paesi possibili, il secondo – pur non entrandoci niente con l’Europa – muove le proprie pedine per fare in modo che quel paese venga accolto nella U.E.
Mentre il Presidente francese valuta attentamente l’opportunità di immettere nella comunità europea una nazione che ha un governo islamico ed un Presidente della stessa religione, il leader americano, in questo caso insieme anche alla Russia, ritiene la Turchia un paese assolutamente strategico sia per quanto riguarda eventuali transiti di aerei e truppe dirette in Medio Oriente e sia perché un “islam moderato” messo come cuneo ai confini di stati come l’Iran, l’Iraq e la Siria, potrebbe rappresentare un elemento di coalizione di altri stati della regione che abbiamo vocazione musulmana.
C’è poi da aggiungere che l’attuale Presidente Erdogan è un europeista convinto, ma forse uno schiaffo dalla nostra parte potrebbe condurlo su altri lidi a noi molto distanti.
IL TERZO argomento è più “letterario” e riguarda la progressiva sostituzione del termine “cittadino” con l’altro “consumatore”: per il primo il Devoto Oli ci dice che il suo significato è “colui che partecipa dei diritti e dei doveri sanciti dalla legge di uno Stato”, mentre il secondo recita “utilizzatore dei beni economici, in quanto inserito (e spesso confuso) nella massa cui è destinata la produzione”.
Adesso il primo termine (cittadino) inteso quale protagonista della società, suona come una espressione datata, come il gettone telefonico o la coccoina, mentre l’altro (consumatore) appare quanto mai contemporaneo e infatti ha una definizione che vale per tutti noi – quasi nessuno escluso – che veniamo invitati pressantemente dalla società ad appassionarci alla moda imperante: quella di fare acquisti che magari non ci servono, ma che ci fanno risparmiare.
Anche al momento attuale, nonostante la crisi imperante, “dobbiamo” comprare, specialmente l’inutile, soprattutto perché queste merci ci vengono vendute a pochi soldi e quindi rappresentano un affare: ma quale affare, se quella roba non mi serve? Ecco, questo passaggio il “consumatore tipo” non riesce a farlo e si trova sommerso da una serie di oggetti che non userà mai, ma che ha acquistato in un “outlet” (struttura di moda) e che gli sono stati ceduti ad un prezzo da vero affare. Ma non mi servono, continuo a dire! Vengo tacitato con un “hai fatto un affare!” e devo tacere e pagare.

giovedì, maggio 07, 2009

MA DOV'E' QUESTA CRISI?! 

Mentre gli analisti economici avvertono che non ci sono i presupposti per gridare allo scampato pericolo e che la crisi è ancora da svilupparsi – specie nel settore dell’occupazione – gli italiani assistono ad alcune manifestazioni che sono in netta controtendenza con il giramento di scatole che si dovrebbe avere.
La prima è il recente “ponte” 25 aprile 3 maggio, dove le autostrade erano intasate da cittadini (o meglio consumatori) che si stavano spostando per fare vacanza e i luoghi deputati a questa occorrenza erano tutti strapieni e saturi in ogni ordine di posti.
Allora, c’è da chiedersi, chi sono quelli che piangono miseria e chi quelli che vanno in vacanza? Semplice: i soliti! Con l’avvertenza che per la crisi si è bloccata una fascia medio bassa, ma è aumentata quella medio alta; nella prima ci sono i salariati che hanno subito taglieggiamenti di ogni genere, nella seconda, oltre ai soliti “ricchi” sono approdati una serie di persone che, parrà strano, ma con la crisi ci stanno guadagnando, in particolare piccoli imprenditori che sono così in grado di liberarsi della zavorra/operaio senza che i sindacati facciano tante storie.
L’altra cosa che ci dovrebbe far dubitare sulla reale portata della crisi in Italia è la lettura dei quotidiani e la visione dei TG: in entrambi i mezzi, una gran parte dello spazio è ancora rivolto alla vicenda Berlusconi/consorte, a dimostrazione che se i politici e i pennivendoli al loro servizio possono sbizzarrirsi su questa squallida faccenda, evidentemente tutti gli altri problemi sono già stati risolti.
Ricorderete che anche io – quando la vicenda era “politica” in quanto si parlava delle liste elettorali per le europee – ebbi a dire la mia; a quell’epoca non si parlava di divorzio, ma erano solo punture di spillo da parte di due coniugi; adesso che la rottura sta diventando un fatto compiuto, non ho più alcun interesse, caso mai vorrei ribadire quanto già detto alla signora Veronica: quando ha sposato il Cavaliere (1990) e poi ci ha fatto tre figli, egli era esattamente come è adesso: già multimiliardario, sbruffone e millantatore e, come accade a molti di noi uomini, sempre teso ad esorcizzare la vecchiaia e poi la morte, circondandosi di donne giovani e belle; se poi qualcuna ci finisce a letto, mi scappa di dire solo un “beato lui, magari mi capitasse anche a me”.
Ma dove la vicenda travalica il comune buon senso e va a finire nel grottesco è quando il Berlusconi – a proposito delle candidate donne – ebbe a dire, con la “classe” che lo caratterizza, che “non poteva candidare tutte Rosy Bindi”; fin qui il testo cialtronesco, ma la replica delle deputate del PD (non della Bindi) è stata quella di chiedere le pubbliche scuse di Berlusconi, cosa che lui si è ben guardato dal fare; le deputatre hanno anche affermato che “Rosy Bindi è una bellissima donna” il che mi sembra una solenne presa in giro; e anche qui, pagine di giornali, talk show sull’argomento, insomma tutto a corroborare l’idea che questo è un paese “senza problemi”.
A proposito della signora Bindi – che si vanta di essere ancora vergine, alla stessa stregua di Formigoni (bella coppia farebbero) – la più bella battuta la fece anni addietro Vittorio Sgarbi che ebbe a dichiarare: “è una donna che ha più bellezza che cervello”; la frase è di una ferocia estrema e si commenta da sola.
Ovviamente il pensiero dominante di Berlusconi è quello di non perdere consensi e a questo scopo, si è affrettato a dichiarare che un sondaggio da lui commissionato (sarà vero??) gli assegna il 75% del gradimento degli italiani: mi sembra tanto, ma con gli italiani non si sa mai dove si va a cascare!!

martedì, maggio 05, 2009

UN'OCCHIATA ALLA CINA 

Non dico che tutto quello che viene fatto in Cina debba essere preso per oro colato (ad esempio i diritti umani lasciamo parecchio a desiderare) ma alcune cose hanno un senso anche per noi occidentali, specie per quanto riguarda le modalità applicative.
Dobbiamo premettere che stiamo parlando di uno Stato “a regime comunista”, almeno secondo le strutture messe in piedi, ma queste vengono sovrastate dal capitalismo di regime, come alcuni economisti definiscono il modello cinese, e uno dei capisaldi – il sistema della sanità pubblica – è stato smantellato e rimodellato, con una riserva di fondi aggiuntivi che, per il triennio 2009-2011 raggiunge i 124 miliardi di dollari, quasi 100 miliardi di euro.
La manovra è ispirata da due motivazioni principali: la prima, di stampo sociale, è volta ad ottenere quella che il governo definisce “la società armoniosa”, mentre il secondo motivo è di carattere economico ed è teso all’eliminazione di sprechi e inefficienze, garantendo – specie nelle campagne – condizioni di vita migliori di quelle attuali.
Quello che le autorità definiscono la “società armoniosa” dovrebbe andare a sostituire l’attuale sistema sanitario garantito per tutti ma scadente nella qualità, specie nelle zone rurali e molto costoso in termini assoluti, quindi di ostacolo alla crescita economica della società nel suo complesso.
In pratica, si avverte una situazione in cui la società cinese, mano a mano che smantella alcune garanzie sociali, si trova ad essere meno gravata da fardelli economici che, a lungo andare, potrebbero ostacolarne la crescita; questo smantellamento, peraltro, genera una situazione di grande incertezza e di confusione legislativa, accompagnata da grossi problemi per le famiglie – specie quelle dei centri rurali – finora garantiti sotto il profilo sanitario.
Ovviamente, tale politica sta generando grossi problemi alla dirigenza che vede acuirsi le instabilit6à sociali, frutto di queste disuguaglianze che per il momento non sono state ancora sistemate.
Ma in un paese come la Cina, nel quale il comunismo è solo di facciata, la riforma è la logica conclusione di una serie di operazioni che hanno smantellato lo stato sociale ed hanno consentito enormi risparmi sotto il profilo economico; nelle ipotesi ci sono grandi intenzioni per eliminare sprechi e inefficienze, garantendo servizi migliori a coloro che ne fanno ricorso (cioè non a tutti).
La campagna verrà inizialmente privilegiata in modo da portare i suoi servizi il più vicino possibile a quelli delle grandi città; peraltro, a tutte queste innovazioni, segue l’auspicio (leggasi ordine) che i nuovi sistemi porteranno a liberare molte risorse pubbliche che, in tempo di crisi, potranno essere destinate a incrementare la domanda globale; fateci caso e vedrete che un discorso del genere potrebbe essere opera di Tremonti o di un qualsiasi altro Ministro dell’economia di un governo occidentale.
Però, cosa che differenzia la Cina dagli altri, quando si pianificano differenze, siamo fuori da una economia comunista e stiamo approdando ad un sistema capitalistico, del quale non ci portiamo dietro quelle che potrebbero rappresentare le zavorre: i sindacati, l’opposizione parlamentare, una libera stampa, insomma queste quisquiglie che sono il sale della democrazia liberale.
Molti economisti parlano di questo modo di governare dicendo che i cinesi “truccano le carte” o meglio, giocano con un mazzo che noi non abbiamo: può essere vero, ma al momento la forza del paese li mette al riparo da qualunque discorso!

lunedì, maggio 04, 2009

NON SONO PIU' SOLO 

Ricorderete che varie volte me la sono presa con le “regioni a Statuto Speciale”, quelle istituzioni nate nell’immediato dopoguerra ed alle quali era stato fornito uno status particolare (e soldi in abbondanza) per svariati motivi, il principale dei quali si chiama “ricatto”: questi signori infatti – tutti ai confini dell’Italia – minacciavano di andare con la Nazione vicina che, a loro dire, avrebbe fatto salti mortali dalla gioia per acquisirla.
Così, la Val d’Aosta parlava a proposito della Francia e il Trentino e l’Alto Adige dell’Austria, mentre la Sicilia pensava forse alla “mafia” (o alla Libia) come sovrastruttura alla quale aderire in caso di abbandono da parte dell’Italia.
Adesso, a darmi ragione, è un altro signore – ben più importante e titolato di me – e cioè il Ministro Brunetta che afferma, senza tanti giri di parole, che “è l’ora di dire basta ai privilegi delle Regioni a statuto speciale”.
La presa di posizione del ministro parte in risposta ad una affermazione del sindaco valdostano che – ponendo la sua regione in contrapposizione con le altre - critica “il taglio di organici nel resto del territorio nazionale in applicazione alle leggi Gelmini e Brunetta”; come dire: io posso fare a modo mio!!
A margine di un convegno, il nostro ministro – già noto nelle vesti di sanificatore degli assenteisti – afferma che “tutte le regioni italiane saranno speciali, cioè non ci saranno più privilegi”; e questa novità, a detta del ministro, avverrà con la completa realizzazione del federalismo e del federalismo fiscale in particolare, per effetto del quale tutte le regioni non potranno più avvalersi dei trasferimenti privilegiati da parte dello Stato centrale, ma dovranno operare sull’efficienza, la qualità, la trasparenza e la produttività; e saranno tutte più eque; e che nessuno strilli alla lesa autonomia, in quanto si tratta di ridistribuire meglio le risorse della collettività”.
L’assessore della Regione Valle d’Aosta, anziché spiegare agli altri italiani il motivo per cui i suoi correligionari “debbono” ricevere dallo Stato maggiori risorse degli altri, si arrampica sui soliti specchi: “attacchi inauditi contro l’autonomia della Valle d’Aosta”.
Poi, quando non si hanno altri argomenti “materiali”, si ricorre alla solita Costituzione che – come un grande lenzuolo – copre tutto e tutti: “Ho l’impressione che il ministro non conosca la Costituzione”, tuona il Governatore dell’Alto Adige, non rendendosi conto che questo delle Regioni a statuto speciale è un altro dei problemi per i quali la nostra carta costituzionale risulta “datata”, cioè valida per i principi di ordine generale, ma quando si entra nei particolari si scopre che le norme sono state varate sulla spinta del momento e che adesso risultano quanto meno assurde, se non peggio.
Insomma, come si fa a spiegare ad un comune impiegato che il dipendente di una regione a statuto speciale guadagna non qualcosa di più di lui, ma tre volte la sua busta paga; e per questa differenza non c’è un briciolo di spiegazione, cosicché non si può parlare altro che di “privilegi”, proprio quello che i beneficiati non vogliono sentire parlare, attaccandosi alla “lesa autonomia”.
Però, il Governo che varerà questa disposizione egualitaria, sa benissimo che perderà un sacco di voti in queste “sacche di privilegi” e quindi ci va con i piedi di piombo prima di procedere; forse, se la norma è ricompressa nelle disposizioni sul federalismo, la cosa può cambiare aspetto, ma i rischi ci sono sempre e i nostri politici non amano i rischi, ma preferiscono la poltrona assicurata fino a quando gli rimane un refolo di fiato.
Riusciremo a fare questa normativa che elimini questi privilegi per i quali andiamo “famosi” in Europa? Forse, ma non c’è da esserne certi; finché non vedo non credo!!

domenica, maggio 03, 2009

NOTIZIE DAL "PALAZZO" 

Ricorderete che subito dopo il terremoto abruzzese, si diede la stura a tutta una serie di aiuti, di collette, insomma, l’uomo (e la donna) della strada si dimostrava particolarmente sensibile all’evento e di conseguenza, disponibile a frugarsi in tasca.
In quell’occasione mi sembrò assai commendevole l’iniziativa presa dal Presidente del Senato Schifani che invitò i senatori a mettere mano al portafoglio ed a donare “almeno” mille euro a testa per i terremotati; guarda, mi dissi, l’iniziativa è molto valida e se riscuote il successo sperato, i trecento senatori, con una dazione di mille euro a testa, mettono insieme trecento mila euro che non sono proprio da buttare; se poi la Camera dei Deputati, punta sul vivo della competizione, farà altrettanto, si potrebbe arrivare vicinissimi alla soglia del milione di euro.
Fermi tutti con le congratulazioni: al 28 aprile scorso, solo sette senatori avevano devoluto i mille euro (qualcuno anche di più) alla nobile causa; e gli altri?? Al momento la maggior parte sta adottando le scuse più banali: alcuni dicono che li devolveranno autonomamente per essere sicuri che arrivino a destinazione (dubitano forse del Presidente del Senato?), altri assicurano che lo faranno appena troveranno un po’ di tempo, insomma siamo in pieno “squallore” e, simili comportamenti denotano una sola cosa: avere “le braccia corte”.
Altri, comunque, si sono ben comportati, dando mandato di versare “tutti gli emolumenti di aprile a favore della ricostruzione”; in testa, ovviamente il Presidente Schifani, poi Ciampi, Colombo, Lusi, Perduca, Gasparri, e D’Alia.
A proposito di figuracce, il senatore Perduca, ricorda che per gli operai della Tyssen Krupp, venne effettuata una raccolta, alla quale alcuni parteciparono addirittura con 10 euro: vergogna, questa è la nostra classe politica!
Ma rimaniamo all’interno dei “palazzi” per commentare una notizia interessante: sull’onda del buonismo del 25 aprile, il segretario PD Franceschini chiese a Berlusconi di ritirare il progetto di legge che avrebbe introdotto un riconoscimento ai combattenti della R.S.I., in analogia a quanto già praticato con i partigiani.
Come risposta, il Premier assicurò il capo dell’opposizione che il provvedimento sarebbe stato ritirato; da notare che i beneficiari che avrebbero percepito circa 200 euro al mese, sarebbero stati un migliaio di novantenni, quindi il problema è solo di forma e non di sostanza..
Sulla vicenda, mi corre l’obbligo di notare che il provvedimento non è di iniziativa governativa ma parlamentare, quindi Berlusconi dovrà attivarsi per chiamare l’estensore del progetto di legge e “chiedergli” di ritirarlo; quindi ne risulta che il capo dell’opposizione ha chiesto al premier di “imporsi” sul Parlamento per modificarne un atteggiamento legislativo.
Non occorre notare che questa forma di imposizione è quanto viene più spesso di tutto imputata a Berlusconi che, invece, in questa vicenda dovrebbe fare ciò che l’opposizione gli rinfaccia come “autoritarismo”.
Qualcuno ha detto che la politica ha una “doppia morale”, intendendo che gli atteggiamenti e le prese di posizione possono essere “piegate” all’interesse di bottega; l’ultimo che mi ricordi è quello di D’Alema che da premier, nominò Sottosegretario quel Misserville grandissimo “fascista” d’annata, ma che al momento, con il suo voto, era determinante in Parlamento. Parafrasando il “pecunia non olet”, si può dire che la stabilità di un governo va avanti a qualsiasi cosa.

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