sabato, marzo 11, 2006
VIOLENZA, SEMPRE VIOLENZA !
L’ultimo episodio nasce a Pavullo, nel modenese, dove un commerciante di telefonia mobile è stato ucciso, a seguito di una rapina, da un immigrato tunisino di 19 anni, in Italia con regolare visto d’ingresso per “ricongiungimento familiare”.
Il commerciante ucciso, un uomo di 40 anni, dopo due furti subiti in poco tempo, alla terza esperienza non sappiamo cosa gli sia scattato dentro e ha deciso di reagire, scagliandosi contro il rapinatore che lo ha ucciso con due coltellate, una al torace ed una allo stomaco.
Il giovane tunisino è fuggito e dopo qualche giro si è diretto verso la stazione di Parma, evidentemente per prendere un treno ed allungare così i tempi della sua fuga: allertate da un testimone oculare che lo aveva visto uscire dal negozio di telefonia, le Forze dell’Ordine lo hanno catturato facilmente e da questa cattura è venuto fuori un’identikit dell’immigrato in questione quanto meno singolare.
Anzitutto la passione per gli abiti griffati, poi nel suo trolley – molto elegante, prelevato da casa prima di fuggire – erano custoditi, oltre ai 25 cellulari rubati a Pavullo, una dozzina di maglie e magliette firmate che aveva regolarmente acquistato.
Facciamo allora un passo indietro: il giovane tunisino era arrivato in Italia due anni fa ed era andato ad abitare con il padre, operaio ceramista, e con il fratello, studente, in una palazzina di sei appartamenti a Serramazzoni; si è guardato un po’ attorno e si deve essere convinto che si guadagna di più a rubare che a lavorare e così ha fatto.
In questo caso, quindi, non vale la motivazione dell’indigenza, né quella del bisogno estremo o del sottosviluppo, bensì siamo in presenza di un tunisino che si è comportato come fanno tanti italiani, cioè ha cercato una scorciatoia verso il benessere.
A Pavullo, però, la gente è in forte ebollizione ed accusa le Forze dell’Ordine di essere poco presenti e di non agire severamente contro questi – tanti, forse troppi – immigrati; basta sentire quello che la gente del paese dice alle telecamere dei vari TG che sono andate ad intervistarli: si va da richieste di maggiori carabinieri in giro per le strade del paese ad estreme dichiarazioni del tipo: “ci sono troppo immigrati, ormai non ce la facciamo più” oppure “questi immigrati se ne devono andare, tutti, tutti devono essere cacciati via”.
La zona del modenese dove si è svolto l’episodio violento, ospita un gran numero di immigrati – specialmente nordafricani – perché ci sono tante richieste di mano d’opera per le aziende ceramiche del posto; c’è un sostanziale benessere negli abitanti quasi tutti occupati e quindi queste situazioni sono come un macigno scagliato in uno stagno: provoca tanti cerchi concentrici che faticano a ricomporsi.
Tutti però dovrebbero ricordare che il benessere che si respira nella zona è anche “merito” degli immigrati che risultano quasi tutti operai occupati e conseguentemente “contribuenti attivi”; danno a loro volta lavoro, e quindi benessere, alle varie strutture commerciali e di servizi: in sostanza vengono considerati “dei nostri” e ci si ricorda che sono “scuri di pelle” soltanto quando qualcuno di loro compie qualche reato di sangue, ma il giovane tunisino – a differenza degli altri componenti della sua famiglia – è uno che non ha voglia di lavorare ed è alla ricerca soltanto di un effimero benessere (abiti e magliette griffate, telefonini cellulari, ecc.).
Lo possiamo assimilare quindi ad uno di noi, ad uno che – come recita una battuta splendida – “cerca lo stipendio, non il lavoro”: di questi ne abbiamo a bizzeffe dei nostri, e quindi non dovremmo meravigliarci che ce ne siano anche tra gli immigrati.
Il commerciante ucciso, un uomo di 40 anni, dopo due furti subiti in poco tempo, alla terza esperienza non sappiamo cosa gli sia scattato dentro e ha deciso di reagire, scagliandosi contro il rapinatore che lo ha ucciso con due coltellate, una al torace ed una allo stomaco.
Il giovane tunisino è fuggito e dopo qualche giro si è diretto verso la stazione di Parma, evidentemente per prendere un treno ed allungare così i tempi della sua fuga: allertate da un testimone oculare che lo aveva visto uscire dal negozio di telefonia, le Forze dell’Ordine lo hanno catturato facilmente e da questa cattura è venuto fuori un’identikit dell’immigrato in questione quanto meno singolare.
Anzitutto la passione per gli abiti griffati, poi nel suo trolley – molto elegante, prelevato da casa prima di fuggire – erano custoditi, oltre ai 25 cellulari rubati a Pavullo, una dozzina di maglie e magliette firmate che aveva regolarmente acquistato.
Facciamo allora un passo indietro: il giovane tunisino era arrivato in Italia due anni fa ed era andato ad abitare con il padre, operaio ceramista, e con il fratello, studente, in una palazzina di sei appartamenti a Serramazzoni; si è guardato un po’ attorno e si deve essere convinto che si guadagna di più a rubare che a lavorare e così ha fatto.
In questo caso, quindi, non vale la motivazione dell’indigenza, né quella del bisogno estremo o del sottosviluppo, bensì siamo in presenza di un tunisino che si è comportato come fanno tanti italiani, cioè ha cercato una scorciatoia verso il benessere.
A Pavullo, però, la gente è in forte ebollizione ed accusa le Forze dell’Ordine di essere poco presenti e di non agire severamente contro questi – tanti, forse troppi – immigrati; basta sentire quello che la gente del paese dice alle telecamere dei vari TG che sono andate ad intervistarli: si va da richieste di maggiori carabinieri in giro per le strade del paese ad estreme dichiarazioni del tipo: “ci sono troppo immigrati, ormai non ce la facciamo più” oppure “questi immigrati se ne devono andare, tutti, tutti devono essere cacciati via”.
La zona del modenese dove si è svolto l’episodio violento, ospita un gran numero di immigrati – specialmente nordafricani – perché ci sono tante richieste di mano d’opera per le aziende ceramiche del posto; c’è un sostanziale benessere negli abitanti quasi tutti occupati e quindi queste situazioni sono come un macigno scagliato in uno stagno: provoca tanti cerchi concentrici che faticano a ricomporsi.
Tutti però dovrebbero ricordare che il benessere che si respira nella zona è anche “merito” degli immigrati che risultano quasi tutti operai occupati e conseguentemente “contribuenti attivi”; danno a loro volta lavoro, e quindi benessere, alle varie strutture commerciali e di servizi: in sostanza vengono considerati “dei nostri” e ci si ricorda che sono “scuri di pelle” soltanto quando qualcuno di loro compie qualche reato di sangue, ma il giovane tunisino – a differenza degli altri componenti della sua famiglia – è uno che non ha voglia di lavorare ed è alla ricerca soltanto di un effimero benessere (abiti e magliette griffate, telefonini cellulari, ecc.).
Lo possiamo assimilare quindi ad uno di noi, ad uno che – come recita una battuta splendida – “cerca lo stipendio, non il lavoro”: di questi ne abbiamo a bizzeffe dei nostri, e quindi non dovremmo meravigliarci che ce ne siano anche tra gli immigrati.
venerdì, marzo 10, 2006
ZIBALDONE N.3/2006
Vorrei parlare, in questo terzo zibaldone del 2006, di tre argomenti abbastanza dissimili l’uno dall’altro e vedere se questi destano – dopo il mio – anche l’interesse dei miei amici lettori.
IL PRIMO si riferisce alla reazione dell’Iran al suo deferimento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la vicenda dell’arricchimento dell’uranio a fini pacifici (a detta della nazione araba), per la costruzione della bomba atomica (per gli occidentali, Stati Uniti in testa).
Il suo Presidente, il bellicoso Ahmadinejad, ha tuonato – dopo una serie di fesserie sulla loro invincibilità e altre amenità del genere – che nei confronti delle nazioni che voteranno a favore delle sanzioni ci sarà una sorta di rappresaglia sul loro fabbisogno petrolifero; insomma, chi mi vota contro si può scordare il mio petrolio: questo in sintesi il pensiero del governante iraniano.
Come se ne esce da una situazione del genere? Da notare che nessuno può perdere la faccia e fare marcia indietro in quanto ne va della propria “reputazione”; e allora sembrerebbe proprio che l’unica via d’uscita sia il “solito” intervento armato di una coalizione (ammesso che riesca a trovarla) guidata dagli Stati Uniti.
Ma come, direte voi, dopo aver sbattuto pesantemente la faccia nella guerra in Iraq, l’ineffabile Presidente americano, Gorge W. Bush, ha ancora voglia di andare a imbarcarsi in una avventura militare?
Il suo entourage, i suoi consiglieri economici sono di parere contrastante, ma statene certi che basterebbe un minimo di accordo al loro interno per sviluppare in quattro e quattr’otto un’altra bella invasione, ed allora saremmo veramente alla frutta, anzi, allo sparecchiamento della tavola, perché il mondo non credo che potrebbe tollerare un altro intervento armato “preventivo” sull’ipotesi che l’Iran possa costruire l’atomica.
Il SECONDO argomento è di strettissima attualità in questi giorni: l’introduzione dell’insegnamento della religione islamica nelle scuole italiane, ovviamente a titolo facoltativo e solo per gli studenti di quella formazione religiosa.
Per il momento è stata la Consulta Islamica ad avanzare la proposta e il Vaticano – per primo – ad accettarla; lo stato ancora non si è pronunciato se non per dichiarazioni di singoli uomini politici, la maggioranza dei quali ha subordinato il tutto ad una forma di “reciprocità” con il mondo islamico.
Il Vaticano – per bocca del Cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – dopo avere detto sì all’insegnamento della religione islamica ha anche aggiunto: “Se attendiamo la reciprocità nei rispettivi paesi dove ci sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che negano questa possibilità. L’Europa e l’Italia sono arrivate a livelli di democrazia e di rispetto dell’altro che non si può fare marcia indietro”.
Chi l’avrebbe detto che la Chiesa sarebbe stata all’avanguardia di queste problematiche e senza chiedere niente in cambio!
Il TERZO argomento si riferisce al problema delle periferie francesi, le famose banlieu, divenute tristemente note un po’ di tempo fa e poi scomparse dalle prime, ma anche dalle altre pagine dei giornali.
Eppure non è stato risolto ancora un bel niente, le devastazioni ci sono ancora, i raid notturni dei giovani arrabbiati permangono, ma nessuno ne parla; come mai? Credo che sia una specie di autocensura che i giornalisti francesi si sono imposti dopo tutto il bordello per le vignette su Maometto; la finalità? Cercare di riconquistare un minimo di pace sociale e poi provare ad andare avanti con il dialogo.
In Italia questo atteggiamento non sarebbe possibile!!
IL PRIMO si riferisce alla reazione dell’Iran al suo deferimento al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per la vicenda dell’arricchimento dell’uranio a fini pacifici (a detta della nazione araba), per la costruzione della bomba atomica (per gli occidentali, Stati Uniti in testa).
Il suo Presidente, il bellicoso Ahmadinejad, ha tuonato – dopo una serie di fesserie sulla loro invincibilità e altre amenità del genere – che nei confronti delle nazioni che voteranno a favore delle sanzioni ci sarà una sorta di rappresaglia sul loro fabbisogno petrolifero; insomma, chi mi vota contro si può scordare il mio petrolio: questo in sintesi il pensiero del governante iraniano.
Come se ne esce da una situazione del genere? Da notare che nessuno può perdere la faccia e fare marcia indietro in quanto ne va della propria “reputazione”; e allora sembrerebbe proprio che l’unica via d’uscita sia il “solito” intervento armato di una coalizione (ammesso che riesca a trovarla) guidata dagli Stati Uniti.
Ma come, direte voi, dopo aver sbattuto pesantemente la faccia nella guerra in Iraq, l’ineffabile Presidente americano, Gorge W. Bush, ha ancora voglia di andare a imbarcarsi in una avventura militare?
Il suo entourage, i suoi consiglieri economici sono di parere contrastante, ma statene certi che basterebbe un minimo di accordo al loro interno per sviluppare in quattro e quattr’otto un’altra bella invasione, ed allora saremmo veramente alla frutta, anzi, allo sparecchiamento della tavola, perché il mondo non credo che potrebbe tollerare un altro intervento armato “preventivo” sull’ipotesi che l’Iran possa costruire l’atomica.
Il SECONDO argomento è di strettissima attualità in questi giorni: l’introduzione dell’insegnamento della religione islamica nelle scuole italiane, ovviamente a titolo facoltativo e solo per gli studenti di quella formazione religiosa.
Per il momento è stata la Consulta Islamica ad avanzare la proposta e il Vaticano – per primo – ad accettarla; lo stato ancora non si è pronunciato se non per dichiarazioni di singoli uomini politici, la maggioranza dei quali ha subordinato il tutto ad una forma di “reciprocità” con il mondo islamico.
Il Vaticano – per bocca del Cardinale Martino, presidente del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace – dopo avere detto sì all’insegnamento della religione islamica ha anche aggiunto: “Se attendiamo la reciprocità nei rispettivi paesi dove ci sono cristiani, allora ci dovremmo mettere sullo stesso piano di quelli che negano questa possibilità. L’Europa e l’Italia sono arrivate a livelli di democrazia e di rispetto dell’altro che non si può fare marcia indietro”.
Chi l’avrebbe detto che la Chiesa sarebbe stata all’avanguardia di queste problematiche e senza chiedere niente in cambio!
Il TERZO argomento si riferisce al problema delle periferie francesi, le famose banlieu, divenute tristemente note un po’ di tempo fa e poi scomparse dalle prime, ma anche dalle altre pagine dei giornali.
Eppure non è stato risolto ancora un bel niente, le devastazioni ci sono ancora, i raid notturni dei giovani arrabbiati permangono, ma nessuno ne parla; come mai? Credo che sia una specie di autocensura che i giornalisti francesi si sono imposti dopo tutto il bordello per le vignette su Maometto; la finalità? Cercare di riconquistare un minimo di pace sociale e poi provare ad andare avanti con il dialogo.
In Italia questo atteggiamento non sarebbe possibile!!
giovedì, marzo 09, 2006
LA MONACA PREFERITA A MONICA
Il settimanale “Elle”, una delle più vecchie riviste francesi (fondata nel 1945), in occasione dell’8 marzo, Festa della Donna, ha commissionato ad un prestigioso Istituto Demoscopico, una ricerca per stilare una sorta di hit parade che metta una dietro l’altra le donne più amate, più seducenti e – per dirla con una sola parola – più rappresentative del nostro tempo.
In questa classifica rosa composta da ben 100 nomi, al primo posto troviamo – e con notevole vantaggio sulle altre – tale Emmanuelle; tutti a chiedersi: sarà la Emmanuelle dell’omonimo film (la splendida Sylvia Kristel) oppure la bionda Emmanuelle Beart, oppure la bruna Emmanuelle Seigneur.
Niente affatto, avete sbagliato tutti, infatti i francesi e le francesi considerano la “icona” dei nostri giorni Suor Emmanuelle, una suora belga di 97 anni, piena di rughe e di vitalità che, dopo aver passato l’esistenza a correre in aiuto dei poveri al Cairo, ad Istambul, nel Sudan e nelle Filippine, si è ritirata a vita meditativa nel Sud della Francia; il che comunque non le impedisce di partecipare a trasmissioni televisive, di registrare canzoni per beneficenza e di andare all’Eliseo a ricevere l’onorificenza di Comandante della Legion d’Onore.
Sono belle notizie, sono notizie che ti riappacificano con i tuoi simili che – alcune volte – sono molto meglio di quello che arriviamo ad immaginare.
Proseguiamo comunque nell’hit parade, perché al secondo posto troviamo un’altra sconosciuta al grande pubblico che segue i VIP: si tratta di Mimy Mathy, una nana che ha saputo superare il suo notevole handicap diventando una popolarissima attrice comica.
A dimostrazione che la ricerca è stata eseguita in modo scientifico e non in qualche sacrestia di una delle tante Chiese francesi, al quinto e sesto posto troviamo, finalmente, Sophie Marceau e Monica Bellucci: quindi, come si dice, anche lo star system è degnamente rappresentato, però al suo posto e non prevaricando le altre particolari espressioni della femminilità.
Una particolarità dell’inchiesta è data dalla totale scomparsa della “icone” di una volta, Brigitte Bardot, mentre Catherine Deneuve si è piazzata all’undicesimo posto, e l’altra italiana, Carla Bruni, celebre top model, è addirittura trentanovesima.
Ancora peggio è andata per le donne impegnate in politica: Segolène Royal, prossima candidata per la corsa all’Eliseo è solo settantunesima, il Ministro della Difesa, Michèle Alliot-Marie è ottantaseiesima a pari merito con la moglie del Presidente Chirac, Bernadette.
Cosa possiamo dire di questi risultati; anzitutto che almeno per una volta “il dentro ha fatto aggio sul fuori”, intendendo con questo che la grande interiorità e la grande ricchezza morale di Suor Emmanuelle ha stracciato tutte le curve, i seni più o meno rifatti, le tante liposuzioni, insomma tutte le diavolerie messe in opera dalle belle donne per essere ancora più belle: le rughe che la novantasettenne suora mostra senza alcun imbarazzo, hanno contribuito a creare questo vantaggio abissale tra lei e le altre donne.
Poi c’è da fare un’altra riflessione: l’influsso dei media nella compilazione della classifica è stato insignificante, poiché la suora ha stravinto nonostante la scarsissima presenza sulla TV e sulla radio; evidentemente queste pur scarse apparizioni hanno inciso così tanto negli ascoltatori da rimanere stampate nei loro cuori, dai quali poi estrarne il ricordo al momento della decisione tra chi sia la migliore.
Debbo dire che non ci resta che complimentarsi con i cugini d’oltralpe e, come direbbero loro, “chapeau”!
In questa classifica rosa composta da ben 100 nomi, al primo posto troviamo – e con notevole vantaggio sulle altre – tale Emmanuelle; tutti a chiedersi: sarà la Emmanuelle dell’omonimo film (la splendida Sylvia Kristel) oppure la bionda Emmanuelle Beart, oppure la bruna Emmanuelle Seigneur.
Niente affatto, avete sbagliato tutti, infatti i francesi e le francesi considerano la “icona” dei nostri giorni Suor Emmanuelle, una suora belga di 97 anni, piena di rughe e di vitalità che, dopo aver passato l’esistenza a correre in aiuto dei poveri al Cairo, ad Istambul, nel Sudan e nelle Filippine, si è ritirata a vita meditativa nel Sud della Francia; il che comunque non le impedisce di partecipare a trasmissioni televisive, di registrare canzoni per beneficenza e di andare all’Eliseo a ricevere l’onorificenza di Comandante della Legion d’Onore.
Sono belle notizie, sono notizie che ti riappacificano con i tuoi simili che – alcune volte – sono molto meglio di quello che arriviamo ad immaginare.
Proseguiamo comunque nell’hit parade, perché al secondo posto troviamo un’altra sconosciuta al grande pubblico che segue i VIP: si tratta di Mimy Mathy, una nana che ha saputo superare il suo notevole handicap diventando una popolarissima attrice comica.
A dimostrazione che la ricerca è stata eseguita in modo scientifico e non in qualche sacrestia di una delle tante Chiese francesi, al quinto e sesto posto troviamo, finalmente, Sophie Marceau e Monica Bellucci: quindi, come si dice, anche lo star system è degnamente rappresentato, però al suo posto e non prevaricando le altre particolari espressioni della femminilità.
Una particolarità dell’inchiesta è data dalla totale scomparsa della “icone” di una volta, Brigitte Bardot, mentre Catherine Deneuve si è piazzata all’undicesimo posto, e l’altra italiana, Carla Bruni, celebre top model, è addirittura trentanovesima.
Ancora peggio è andata per le donne impegnate in politica: Segolène Royal, prossima candidata per la corsa all’Eliseo è solo settantunesima, il Ministro della Difesa, Michèle Alliot-Marie è ottantaseiesima a pari merito con la moglie del Presidente Chirac, Bernadette.
Cosa possiamo dire di questi risultati; anzitutto che almeno per una volta “il dentro ha fatto aggio sul fuori”, intendendo con questo che la grande interiorità e la grande ricchezza morale di Suor Emmanuelle ha stracciato tutte le curve, i seni più o meno rifatti, le tante liposuzioni, insomma tutte le diavolerie messe in opera dalle belle donne per essere ancora più belle: le rughe che la novantasettenne suora mostra senza alcun imbarazzo, hanno contribuito a creare questo vantaggio abissale tra lei e le altre donne.
Poi c’è da fare un’altra riflessione: l’influsso dei media nella compilazione della classifica è stato insignificante, poiché la suora ha stravinto nonostante la scarsissima presenza sulla TV e sulla radio; evidentemente queste pur scarse apparizioni hanno inciso così tanto negli ascoltatori da rimanere stampate nei loro cuori, dai quali poi estrarne il ricordo al momento della decisione tra chi sia la migliore.
Debbo dire che non ci resta che complimentarsi con i cugini d’oltralpe e, come direbbero loro, “chapeau”!
martedì, marzo 07, 2006
IL RAPIMENTO DEL PICCOLO TOMMASO
Sono quattro giorni che il piccolo Tommaso è stato misteriosamente sottratto all’affetto dei suoi genitori; sono quattro giorni che si fanno le ipotesi più strane e anche strampalate sui motivi del rapimento e sulle modalità adottate dai quattro lestofanti.
Diciamo subito che la malattia gravissima del bambino che viene curata con prodotti farmaceutici a ferrea dose giornaliera, è probabilmente stata la deterrenza maggiore per innescare nell’animo della gente la pietà e la riprovazione per l’infame gesto.
In aggiunta c’è anche la non straripante ricchezza del padre e della madre che sono due semplici impiegati – anche se di grado medio – e questo ha prodotto nella gente comune un sentimento di maggiore comunanza, come se fossero due di loro, due come tutti, due che ci possono capitare vicini; non siamo infatti in presenza della solita vittima stramiliardaria che afferma di essere disposta a pagare purché non si faccia del male al bambino, qui siamo davanti a due “esseri normali” che non riescono ancora a capacitarsi delle motivazioni del reato.
Si vocifera di una vendetta, di una atroce vendetta che si sta consumando “in pagamento” di uno sgarro che il padre avrebbe effettuato ad un cliente dell’Ufficio Postale dove lui presta servizio.
Se qualcuno di voi ha avuto modo di frequentare locali pubblici, bar. Ristoranti ed altro, in questi quattro giorni si sono sentite le cose più atroci riferite a quello che andrebbe fatto agli autori del sequestro; se poi – come purtroppo diventa sempre più probabile di ora in ora – il sequestro si tramuta in un omicidio orrendo e particolarmente efferato, queste tragiche pene alle quali la gente vorrebbe sottoporre i banditi aumentano ancora di più.
Siamo arrivato a questo (l’ho sentito io con i miei occhi) detto da una gentile signora anche anzianotta: andrebbero presi e messi sul fuoco, ma vivi in modo che si rendano conto del male che hanno fatto e della pena che gli viene inflitta; e i genitori dovrebbero essere quelli che rincalzano il fuoco.
Ed allora ci sarebbe da chiedersi: ma perché la gente pensa in questo modo? Perché proferisce queste frasi che hanno del barbarico? E perché al primo posto viene messa la vendetta e quindi la legge del taglione (occhio per occhio)?
Sarebbe un interessante studio di antropologia se non fosse che stiamo parlando di persone vere che rischiano la vita (il piccolo Tommaso) oppure di genitori che, in caso di disgrazia, resterebbero segnati per sempre.
Ma se la gente in massima parte vuole queste atrocità nei confronti di chi commette crimini efferati, ci sarà pure qualcosa che ha provocato questa reazione: a prima vista direi che l’accumularsi della violenza in tutti i discorsi che vengono fatti in radio, televisione e stampa provoca non già un assuefarsi al concetto ma un accumulare tossine sempre più dannose che poi scoppiano nel momento in cui si verifica l’evento particolarmente drammatico e sul quale i media decidono di fare scorrere fiumi di inchiostro.
Quando scrivo questo post non conosciamo ancora come andrà a finire; se il piccolo Tommaso – Dio non voglia – dovesse soccombere alla barbarie degli uomini, altri uomini si faranno un dovere di essere altrettanto barbari e inveiranno contro i delinquenti invocando la pena di morte; auguriamoci che tutto questo non accada, anche se al momento appare come una delle ipotesi più probabile. Auguriamoci di sbagliare!
Diciamo subito che la malattia gravissima del bambino che viene curata con prodotti farmaceutici a ferrea dose giornaliera, è probabilmente stata la deterrenza maggiore per innescare nell’animo della gente la pietà e la riprovazione per l’infame gesto.
In aggiunta c’è anche la non straripante ricchezza del padre e della madre che sono due semplici impiegati – anche se di grado medio – e questo ha prodotto nella gente comune un sentimento di maggiore comunanza, come se fossero due di loro, due come tutti, due che ci possono capitare vicini; non siamo infatti in presenza della solita vittima stramiliardaria che afferma di essere disposta a pagare purché non si faccia del male al bambino, qui siamo davanti a due “esseri normali” che non riescono ancora a capacitarsi delle motivazioni del reato.
Si vocifera di una vendetta, di una atroce vendetta che si sta consumando “in pagamento” di uno sgarro che il padre avrebbe effettuato ad un cliente dell’Ufficio Postale dove lui presta servizio.
Se qualcuno di voi ha avuto modo di frequentare locali pubblici, bar. Ristoranti ed altro, in questi quattro giorni si sono sentite le cose più atroci riferite a quello che andrebbe fatto agli autori del sequestro; se poi – come purtroppo diventa sempre più probabile di ora in ora – il sequestro si tramuta in un omicidio orrendo e particolarmente efferato, queste tragiche pene alle quali la gente vorrebbe sottoporre i banditi aumentano ancora di più.
Siamo arrivato a questo (l’ho sentito io con i miei occhi) detto da una gentile signora anche anzianotta: andrebbero presi e messi sul fuoco, ma vivi in modo che si rendano conto del male che hanno fatto e della pena che gli viene inflitta; e i genitori dovrebbero essere quelli che rincalzano il fuoco.
Ed allora ci sarebbe da chiedersi: ma perché la gente pensa in questo modo? Perché proferisce queste frasi che hanno del barbarico? E perché al primo posto viene messa la vendetta e quindi la legge del taglione (occhio per occhio)?
Sarebbe un interessante studio di antropologia se non fosse che stiamo parlando di persone vere che rischiano la vita (il piccolo Tommaso) oppure di genitori che, in caso di disgrazia, resterebbero segnati per sempre.
Ma se la gente in massima parte vuole queste atrocità nei confronti di chi commette crimini efferati, ci sarà pure qualcosa che ha provocato questa reazione: a prima vista direi che l’accumularsi della violenza in tutti i discorsi che vengono fatti in radio, televisione e stampa provoca non già un assuefarsi al concetto ma un accumulare tossine sempre più dannose che poi scoppiano nel momento in cui si verifica l’evento particolarmente drammatico e sul quale i media decidono di fare scorrere fiumi di inchiostro.
Quando scrivo questo post non conosciamo ancora come andrà a finire; se il piccolo Tommaso – Dio non voglia – dovesse soccombere alla barbarie degli uomini, altri uomini si faranno un dovere di essere altrettanto barbari e inveiranno contro i delinquenti invocando la pena di morte; auguriamoci che tutto questo non accada, anche se al momento appare come una delle ipotesi più probabile. Auguriamoci di sbagliare!
lunedì, marzo 06, 2006
SPIGOLATURE DAL MONDO DEL CALCIO
Dopo la sbornia Olimpica di Torino, dopo essersi innamorati del “curling”, quella buffa disciplina tanto simile al gioco delle bocce, il mondo sportivo è tornato a tuffarsi nel dorato Campionato di Calcio e, proprio da questo traggo alcuni spunti d’ilarità che mi piace condividere con i miei amici lettori.
La prima situazione grottesca è accaduta a Firenze, dove la squadra locale stava pareggiando nel derby con il Siena; mancano venti miniti alla fine dell’incontro e l’allenatore sostituisce l’idolo dei tifosi, Luca Toni, con un giovanotto di belle speranza, tale Pazzini, il quale imbrocca la palla buona e, con una buona dose di fortuna, proprio allo scadere dell’incontro, porta in vantaggio la Fiorentina che così si aggiudica la partita.
Fin qui la cronaca, diciamo così, sportiva; adesso arriva la gioia del marcatore del gol decisivo e le sue dichiarazioni nel post partita: la prima “Dedico il mio gol al piccolo Tommasino, rapito dai banditi”; la seconda “Chiediamo che venga subito liberato”.
Un primo commento: il giovane Pazzini, discretamente abile con la palla, fa quel che può con la dialettica e, quando si vede osannato da tutti, compagni, tifosi e giornalisti, imbrocca , probabilmente inconsciamente, la strada più facile, cioè quella di legare la sua gioia ad una immensa tristezza che in questi giorni sta pervadendo l’intero paese e unisce il suo gol alla richiesta di liberazione del piccolo Tommaso.
Ingenuo fin che si vuole, ma niente affatto riprovevole, poiché sono certo che l’appello sgorga dal cuore e altrettanto fa la dedica del gol.
Quello che invece trovo profondamente disdicevole sono i titoloni a otto colonne che ne fanno i giornali – sportivi e non – che ribattono su questo aspetto delle dichiarazioni di Pazzini; addirittura uno di questi quotidiani riporta sulla “civetta” – il foglio che è all’esterno dell’edicola e che dovrebbe contenere le notizie più importanti – “Dedico il mio gol al piccolo Tommaso”: ecco, questo strumentale utilizzazione dell’evento calcistico in chiave pietistica sul fatto del giorno non mi trova per niente consenziente.
Un altro evento ha scosso il mondo del pallone e si è svolto a Brescia dove il Presidente Corioni, ha licenziato in tronco l’allenatore – reduce da una vittoria per tre a zero e quinto in classifica – sostituendolo con Zeman, un altro bel tipo, abituato a sputare sul piatto dove mangia (lautamente) e perennemente incolpevole per le sue molte sconfitte: da notare che da quando è in Italia - e ormai saranno quasi venti anni – non ha mai vinto niente, ma la colpa è sempre stata degli arbitri o dei poteri forti.
Non vi riporto la civilissima reazione del povero Maran alle decisioni del suo presidente, preferisco invece segnalarvi le motivazioni che avrebbero mosso Corioni a intraprendere questa strada; sentite bene: “Se fosse rimasto Maran, da qui alla fine avremmo vinto al massimo sei o sette partite (e le altre vengono perse o pareggiate?); non bastano per arrivare in Serie A, ce ne vogliono almeno otto o nove”; e prosegue:”Il boemo (Zeman) è l’unico allenatore che poteva fare al caso nostro”.
Dopo avere fatto i complimenti al signor Corioni per i poteri divinatori che mostra di avere, indicando con pochissimo scarto le partite che vincerà, potremmo chiedergli se anche nella sua azienda – credo che sia nel ramo acciaierie – si comporta allo stesso modo, perché se fossi nei panni di un suo operaio (non del Direttore) sarei molto preoccupato; e invece c’è da stare tranquilli, perché tutti i nostri presidenti di squadre calcistiche sono talmente affidabili nel loro “vero” lavoro quanto sono inaffidabili nel loro “dopolavoro” calcistico: sembra che dicano “i soldi sono miei e li sperpero come voglio”; giusto, ma quanti modi migliori ci sarebbero, dalle ballerine brasiliane alle opere di beneficenza!
La prima situazione grottesca è accaduta a Firenze, dove la squadra locale stava pareggiando nel derby con il Siena; mancano venti miniti alla fine dell’incontro e l’allenatore sostituisce l’idolo dei tifosi, Luca Toni, con un giovanotto di belle speranza, tale Pazzini, il quale imbrocca la palla buona e, con una buona dose di fortuna, proprio allo scadere dell’incontro, porta in vantaggio la Fiorentina che così si aggiudica la partita.
Fin qui la cronaca, diciamo così, sportiva; adesso arriva la gioia del marcatore del gol decisivo e le sue dichiarazioni nel post partita: la prima “Dedico il mio gol al piccolo Tommasino, rapito dai banditi”; la seconda “Chiediamo che venga subito liberato”.
Un primo commento: il giovane Pazzini, discretamente abile con la palla, fa quel che può con la dialettica e, quando si vede osannato da tutti, compagni, tifosi e giornalisti, imbrocca , probabilmente inconsciamente, la strada più facile, cioè quella di legare la sua gioia ad una immensa tristezza che in questi giorni sta pervadendo l’intero paese e unisce il suo gol alla richiesta di liberazione del piccolo Tommaso.
Ingenuo fin che si vuole, ma niente affatto riprovevole, poiché sono certo che l’appello sgorga dal cuore e altrettanto fa la dedica del gol.
Quello che invece trovo profondamente disdicevole sono i titoloni a otto colonne che ne fanno i giornali – sportivi e non – che ribattono su questo aspetto delle dichiarazioni di Pazzini; addirittura uno di questi quotidiani riporta sulla “civetta” – il foglio che è all’esterno dell’edicola e che dovrebbe contenere le notizie più importanti – “Dedico il mio gol al piccolo Tommaso”: ecco, questo strumentale utilizzazione dell’evento calcistico in chiave pietistica sul fatto del giorno non mi trova per niente consenziente.
Un altro evento ha scosso il mondo del pallone e si è svolto a Brescia dove il Presidente Corioni, ha licenziato in tronco l’allenatore – reduce da una vittoria per tre a zero e quinto in classifica – sostituendolo con Zeman, un altro bel tipo, abituato a sputare sul piatto dove mangia (lautamente) e perennemente incolpevole per le sue molte sconfitte: da notare che da quando è in Italia - e ormai saranno quasi venti anni – non ha mai vinto niente, ma la colpa è sempre stata degli arbitri o dei poteri forti.
Non vi riporto la civilissima reazione del povero Maran alle decisioni del suo presidente, preferisco invece segnalarvi le motivazioni che avrebbero mosso Corioni a intraprendere questa strada; sentite bene: “Se fosse rimasto Maran, da qui alla fine avremmo vinto al massimo sei o sette partite (e le altre vengono perse o pareggiate?); non bastano per arrivare in Serie A, ce ne vogliono almeno otto o nove”; e prosegue:”Il boemo (Zeman) è l’unico allenatore che poteva fare al caso nostro”.
Dopo avere fatto i complimenti al signor Corioni per i poteri divinatori che mostra di avere, indicando con pochissimo scarto le partite che vincerà, potremmo chiedergli se anche nella sua azienda – credo che sia nel ramo acciaierie – si comporta allo stesso modo, perché se fossi nei panni di un suo operaio (non del Direttore) sarei molto preoccupato; e invece c’è da stare tranquilli, perché tutti i nostri presidenti di squadre calcistiche sono talmente affidabili nel loro “vero” lavoro quanto sono inaffidabili nel loro “dopolavoro” calcistico: sembra che dicano “i soldi sono miei e li sperpero come voglio”; giusto, ma quanti modi migliori ci sarebbero, dalle ballerine brasiliane alle opere di beneficenza!
domenica, marzo 05, 2006
E' CRISI O INGORDIGIA ?
Un lato relativamente comico delle prossime consultazioni elettorali è l’applicazione integrale del fatidico motto italico “tengo famiglia”; mi spiego meglio: molti onorevoli, leader o comunque pezzi grossi di partito, fanno l’impossibile per includere anche la moglie nelle liste elettorali; questo può significare due cose, la prima è che con un solo stipendio non ce la fanno più, la seconda è che l’ingordigia viene prima di ogni altra considerazione, anche del buongusto.
Vediamo alcuni tra i casi più eclatanti: in questa particolare “hit-parade” troviamo in prima posizione la moglie del segretario dei D.S,, Piero Fassino, candidatasi nelle liste ovviamente care al marito nella circoscrizione del Lazio; altrettanto scalpore ha destato una analoga candidatura della signora Annamaria Carloni, più nota per essere la moglie del Governatore campano Bassolino.
“L’arroganza e la prepotenza hanno soppiantato le più elementari regole democratiche nei D.S. a Napoli”; queste parole di fuoco sono uscite dalla bocca non di un avversario politico ma di un consigliere D.S. alla Regione: questo la dice lunga sul grado di scalpore che ha destato la candidatura.
Un altro che cerca di “aiutare la famiglia” è il “verde” Pecoraro Scanio, che ha piazzato in lista il proprio fratello; c’è poi il caso del celeberrimo Ciriaco De Mita che avrebbe in animo di lanciare il politica addirittura la propria figlia.
Il funambolico Mastella ha addirittura fatto un doppio colpo: dopo aver sistemato la moglie Sandra alla Regione Campania dove ricopre addirittura la carica di Presidente del Consiglio, cerca di piazzare anche il cognato, tale Pasqualino Giuditta, come numero 2 della lista UDEUR in Campania.
Dalla parte opposta si rileva, per il momento, solo il caso dell’ex ufficiale della G.F., Mauro Floriani, marito di Alessandra Mussolini, che anziché nella lista capitanata dalla moglie sembra in procinto di essere inserito nella lista di Forza Italia: l’ex ufficiale continua a smentire, ma i “rumors” si vanno facendo sempre più assordanti; comunque abbiamo pochi giorni prima di scoprire tutte le carte.
Dicevo all’inizio di questo post che i motivi di queste inclusioni di “famigli” discende da due considerazioni: la prima evidentemente è che i 200mila euro annuali (il più povero tra gli onorevoli guadagna questo) del marito non sono sufficienti, visto il grande aumento della vita e quindi anche la moglie si mette in gioco e abbandona i fornelli e la cura dei figli per guadagnarne altrettanti e dare così una mano al bilancio familiare.
La seconda considerazione è l’ingordigia degli esseri umani che non sono mai contenti della loro condizione e pertanto sono sempre in preda all’agitazione psicomotoria dovuta allo smodato desiderio dell’accumulo.
Questi signori – sia i mariti che le mogli – dovrebbero rendersi conto che sono dei super privilegiati, della gente che guadagna mensilmente delle cifre che molti operai non raggiungono neppure in un anno di lavoro; in aggiunta a quelle cifre i benefit non si contano più (dal ristorante al barbiere interno alla Camera, dai treni agli aerei gratis, dai biglietti gratuiti per cinema teatri e quant’altro); ciononostante si impegnano a far entrare “alla greppia” anche coniugi e famigli vari al fine di condividere il benessere con l’intera famiglia.
Se ci pensate bene questa era la tattica che veniva usata in antico dai Papi che, una volta assurti al Sacro Soglio, si dedicavano subito a sistemare figli, amanti e nipoti vari!
A quando la rivolta dei cittadini svillaneggiati e offesi da tali comportamenti?
Vediamo alcuni tra i casi più eclatanti: in questa particolare “hit-parade” troviamo in prima posizione la moglie del segretario dei D.S,, Piero Fassino, candidatasi nelle liste ovviamente care al marito nella circoscrizione del Lazio; altrettanto scalpore ha destato una analoga candidatura della signora Annamaria Carloni, più nota per essere la moglie del Governatore campano Bassolino.
“L’arroganza e la prepotenza hanno soppiantato le più elementari regole democratiche nei D.S. a Napoli”; queste parole di fuoco sono uscite dalla bocca non di un avversario politico ma di un consigliere D.S. alla Regione: questo la dice lunga sul grado di scalpore che ha destato la candidatura.
Un altro che cerca di “aiutare la famiglia” è il “verde” Pecoraro Scanio, che ha piazzato in lista il proprio fratello; c’è poi il caso del celeberrimo Ciriaco De Mita che avrebbe in animo di lanciare il politica addirittura la propria figlia.
Il funambolico Mastella ha addirittura fatto un doppio colpo: dopo aver sistemato la moglie Sandra alla Regione Campania dove ricopre addirittura la carica di Presidente del Consiglio, cerca di piazzare anche il cognato, tale Pasqualino Giuditta, come numero 2 della lista UDEUR in Campania.
Dalla parte opposta si rileva, per il momento, solo il caso dell’ex ufficiale della G.F., Mauro Floriani, marito di Alessandra Mussolini, che anziché nella lista capitanata dalla moglie sembra in procinto di essere inserito nella lista di Forza Italia: l’ex ufficiale continua a smentire, ma i “rumors” si vanno facendo sempre più assordanti; comunque abbiamo pochi giorni prima di scoprire tutte le carte.
Dicevo all’inizio di questo post che i motivi di queste inclusioni di “famigli” discende da due considerazioni: la prima evidentemente è che i 200mila euro annuali (il più povero tra gli onorevoli guadagna questo) del marito non sono sufficienti, visto il grande aumento della vita e quindi anche la moglie si mette in gioco e abbandona i fornelli e la cura dei figli per guadagnarne altrettanti e dare così una mano al bilancio familiare.
La seconda considerazione è l’ingordigia degli esseri umani che non sono mai contenti della loro condizione e pertanto sono sempre in preda all’agitazione psicomotoria dovuta allo smodato desiderio dell’accumulo.
Questi signori – sia i mariti che le mogli – dovrebbero rendersi conto che sono dei super privilegiati, della gente che guadagna mensilmente delle cifre che molti operai non raggiungono neppure in un anno di lavoro; in aggiunta a quelle cifre i benefit non si contano più (dal ristorante al barbiere interno alla Camera, dai treni agli aerei gratis, dai biglietti gratuiti per cinema teatri e quant’altro); ciononostante si impegnano a far entrare “alla greppia” anche coniugi e famigli vari al fine di condividere il benessere con l’intera famiglia.
Se ci pensate bene questa era la tattica che veniva usata in antico dai Papi che, una volta assurti al Sacro Soglio, si dedicavano subito a sistemare figli, amanti e nipoti vari!
A quando la rivolta dei cittadini svillaneggiati e offesi da tali comportamenti?