venerdì, luglio 01, 2005
Protezione Civile
Nei Palazzi della politica – sponda centro sinistra – ieri sono avvenute delle manifestazioni talmente rumorose che è dovuta intervenire addirittura, insieme alla Forza Pubblica, la Protezione Civile, fatta venire per gli scoppi che si susseguivano senza soluzione di continuità e nessuno, dall’esterno, riusciva a rendersi conto di quanto stesse accadendo.
Finalmente uno dei segretari della coalizione che usciva dalla “riunione” con l’aria un po’ alticcia e sparando numerosi ruttini, ha svelato il mistero: gli scoppi erano docuti ai numerosi tappi che venivano fatti saltare dalle bottiglie di spumante che stava scorrendo a fiumi e i vari Prodi, Fassino, Parisi e compagnia bella brindavano a tutto spiano, accompagnando le bevute con gridi di gioia e con svariati “dammi il cinque” che testimoniavano l’esultanza dei convenuti.
Cosa era successo, cosa c’era da festeggiare di così gioioso?
I giornalisti convenuti ci hanno pensato un po’ e quindi hanno risolto il mistero – aiutati, è bene dirlo, dall’infido Mastella che è stato l’unico a non brindare – facendo ricorso esclusivamente agli ultimi lanci delle Agenzie che annunciavano la decisione di Berlusconi di candidarsi alle prossime elezioni del 2006 (“mi sarei fatto da parte, ma nessuno si è proposto”).
Con la bella notizia ormai metabolizzata e con la consapevolezza di avere dei sondaggi favorevoli per le prossime politiche, i segretari dei partiti della coalizione di centro sinistra – dopo essersi scusati con le forze dell’ordine e con la Protezione Civile per la immonda caciara messa in piedi – si sono diretti verso le rispettive abitazioni dove, è ragionevole pensarlo, hanno continuato i festeggiamenti con le famiglie, andando a dormire tutti un po’ brilli.
Fin qui abbiamo scherzato, spero anzi di avervi fatto anche un po’ sorridere, ma adesso cerchiamo di vedere la vicenda con un minimo di serietà: è ovvio che la candidatura del Cavaliere porta acqua al mulino della sinistra che può rinfacciargli tutti i guai in economia, ma – come dice Mastella – stiamo attenti a due cose.
La prima è che questa atmosfera di “elezioni già vinte” è profondamente deleteria perché induce sia la dirigenza che la base ad una sorta di lassismo; della serie “è inutile dannarsi l’anima, tanto si vince a mani basse!”, che potrebbe essere l’anticamera di una clamorosa sconfitta.
La seconda è l’arma dei sondaggi: il Berlusca – grande utilizzatore di questi dati – continuerà fino all’ultima data utile a commissionare ogni sorta di rilevazioni che al momento – fermo restando la sconfitta – sembra che non divergano sia con la leadership del Cavaliere e sia con quella di un altro capo del centro destra (Casini in testa e poi Fini o addirittura Follini).
State però tranquilli che, qualora nel febbraio–marzo del prossimo anno i sondaggi gli indichino una diversa realtà – cioè preferenza per un altro candidato – Berlusconi non ci penserà due volte e, dopo un ulteriore rilevazione, promuoverà sul capo il “prescelto” alla qualifica di leader della coalizione e lui – più modestamente – si accingerà a correre per la carica di Presidente ella Repubblica (primavera 2007).
Questi sono gli scenari politici che si respirano a margine della “sofferta” decisione del Cavaliere di ricandidarsi alle prossime elezioni; chiaro che in caso di novità clamorose nelle primarie del centro sinistra (tipo una mezza sconfitta di Prodi con risultati clamorosi di Bertinotti) la coalizione berlusconiana ha tutto il tempo per ripensare alla decisione, specie ora che i sondaggi la danno nettamente in svantaggio: ancora una volta per la serie: “tanto, peggio di così non si può!”.
Finalmente uno dei segretari della coalizione che usciva dalla “riunione” con l’aria un po’ alticcia e sparando numerosi ruttini, ha svelato il mistero: gli scoppi erano docuti ai numerosi tappi che venivano fatti saltare dalle bottiglie di spumante che stava scorrendo a fiumi e i vari Prodi, Fassino, Parisi e compagnia bella brindavano a tutto spiano, accompagnando le bevute con gridi di gioia e con svariati “dammi il cinque” che testimoniavano l’esultanza dei convenuti.
Cosa era successo, cosa c’era da festeggiare di così gioioso?
I giornalisti convenuti ci hanno pensato un po’ e quindi hanno risolto il mistero – aiutati, è bene dirlo, dall’infido Mastella che è stato l’unico a non brindare – facendo ricorso esclusivamente agli ultimi lanci delle Agenzie che annunciavano la decisione di Berlusconi di candidarsi alle prossime elezioni del 2006 (“mi sarei fatto da parte, ma nessuno si è proposto”).
Con la bella notizia ormai metabolizzata e con la consapevolezza di avere dei sondaggi favorevoli per le prossime politiche, i segretari dei partiti della coalizione di centro sinistra – dopo essersi scusati con le forze dell’ordine e con la Protezione Civile per la immonda caciara messa in piedi – si sono diretti verso le rispettive abitazioni dove, è ragionevole pensarlo, hanno continuato i festeggiamenti con le famiglie, andando a dormire tutti un po’ brilli.
Fin qui abbiamo scherzato, spero anzi di avervi fatto anche un po’ sorridere, ma adesso cerchiamo di vedere la vicenda con un minimo di serietà: è ovvio che la candidatura del Cavaliere porta acqua al mulino della sinistra che può rinfacciargli tutti i guai in economia, ma – come dice Mastella – stiamo attenti a due cose.
La prima è che questa atmosfera di “elezioni già vinte” è profondamente deleteria perché induce sia la dirigenza che la base ad una sorta di lassismo; della serie “è inutile dannarsi l’anima, tanto si vince a mani basse!”, che potrebbe essere l’anticamera di una clamorosa sconfitta.
La seconda è l’arma dei sondaggi: il Berlusca – grande utilizzatore di questi dati – continuerà fino all’ultima data utile a commissionare ogni sorta di rilevazioni che al momento – fermo restando la sconfitta – sembra che non divergano sia con la leadership del Cavaliere e sia con quella di un altro capo del centro destra (Casini in testa e poi Fini o addirittura Follini).
State però tranquilli che, qualora nel febbraio–marzo del prossimo anno i sondaggi gli indichino una diversa realtà – cioè preferenza per un altro candidato – Berlusconi non ci penserà due volte e, dopo un ulteriore rilevazione, promuoverà sul capo il “prescelto” alla qualifica di leader della coalizione e lui – più modestamente – si accingerà a correre per la carica di Presidente ella Repubblica (primavera 2007).
Questi sono gli scenari politici che si respirano a margine della “sofferta” decisione del Cavaliere di ricandidarsi alle prossime elezioni; chiaro che in caso di novità clamorose nelle primarie del centro sinistra (tipo una mezza sconfitta di Prodi con risultati clamorosi di Bertinotti) la coalizione berlusconiana ha tutto il tempo per ripensare alla decisione, specie ora che i sondaggi la danno nettamente in svantaggio: ancora una volta per la serie: “tanto, peggio di così non si può!”.
giovedì, giugno 30, 2005
Ancora sulla Cina
Spero che mi vorrete scusare se torno su un argomento che tratto da un paio di giorni, ma vi prometto che dopo questo post mi fermo e cambio obiettivo; lo spunto per affrontare ancora una volta il discorso sulla Cina mi proviene da alcune notizie apparse oggi sulla stampa internazionale che hanno, se non altro, il pregio di rendere il problema ancora più attuale e variegato.
La prima notizia arriva dalla Banca Mondiale e contiene un duro attacco agli U.S.A. e alla Unione Europea per le “restrizioni” sulle quali si discute – da vario tempo peraltro – per arginare la valanga cinese; ed è proprio con una similitudine che l’organismo finanziario internazionale inizia le sue critiche: “qualunque restrizione che verrà posta in atto è sbagliata, sleale e inefficace; è come cercare di arginare la marea con un muretto di sabbia”.
E prosegue: “è anche ipocrita imporre restrizioni a paesi che sono riusciti a sviluppare le proprie economie, mentre contemporaneamente si afferma di voler aiutare i paesi meno avanzati a uscire dalla povertà proprio incoraggiandone lo sviluppo; davanti ai successi dello sviluppo, dazi e restrizioni sul commercio sono la peggiore delle risposte”.
Tutto giusto, tutto condivisibile, anche se non si affronta il problema nella sua complessità circa l’impatto che si ha con i paesi di sbocco di questo nuovo mercato; poi non si dice come dovrebbe essere invece affrontato – e possibilmente risolto – poiché sta mettendo in serie difficoltà le economie di vari paesi; ed infine non si fa cenno alla condivisione di alcune regole che dovrebbero essere uguali per tutti e dovrebbero contenere una sostanziale lealtà operativa: il W.T.O., del quale anche la Banca Mondiale fa parte se non altro come “uditore” lo ha detto a chiare lettere, senza però possedere il necessaro deterrente per fare imporre a tutti queste regole.
Certo che se guardiamo un po’ indietro nel tempo – diciamo una cinquantina di anni – la stessa Italia ha messo in piedi il boom del dopoguerra attraverso una spregiudicata politica di restrizione dei salari, volta a rendere maggiormente competitiva la nostra merce sui mercati internazionali, ma non dimentichiamo che in Italia c’erano comunque i sindacati (ed erano anche più forti degli attuali e sicuramente i più forti d’Europa) e non era certo neppure lontanamente ipotizzabile una qualsiasi forma di schiavitù nel mondo del lavoro, come invece viene dato per scontato anche da alti dirigenti cinesi.
A proposito di dirigenti cinesi, la magistratura spagnola ha accolto una denuncia penale nei confronti dell’ex presidente Jiang Zemin e contro l’ex primo ministro Li Peng, accusandoli di genocidio in Tibet.; insieme a loro sono sotto accusa tutta una serie di funzionari minori che dovranno rispondere di crimini gravissimi.
Quando il procedimento verrà assegnato ad un giudice, questi – se lo riterrà opportuno – potrà anche chiedere l’arresto di questi personaggi, anche perché al momento attuale nessuno delle persone incriminate gode di particolari immunità.
Gli avvocati spagnoli che seguono il caso hanno dichiarato che “otto anni di indagini hanno dimostrato che la sistematica violazione dei diritti umani, comprese le torture, continua in Tibet, malgrado la Cina abbia firmato la Convenzione contro il genocidio e le torture”.
Perché ho messo insieme le due notizie? Perché la prima mostra un “paese in via di sviluppo che cerca il proprio posto nel contesto dell’economia mondiale”, mentre la seconda presenta “un paese e una dirigenza autenticamente imperialista e reazionaria”.
La prima notizia arriva dalla Banca Mondiale e contiene un duro attacco agli U.S.A. e alla Unione Europea per le “restrizioni” sulle quali si discute – da vario tempo peraltro – per arginare la valanga cinese; ed è proprio con una similitudine che l’organismo finanziario internazionale inizia le sue critiche: “qualunque restrizione che verrà posta in atto è sbagliata, sleale e inefficace; è come cercare di arginare la marea con un muretto di sabbia”.
E prosegue: “è anche ipocrita imporre restrizioni a paesi che sono riusciti a sviluppare le proprie economie, mentre contemporaneamente si afferma di voler aiutare i paesi meno avanzati a uscire dalla povertà proprio incoraggiandone lo sviluppo; davanti ai successi dello sviluppo, dazi e restrizioni sul commercio sono la peggiore delle risposte”.
Tutto giusto, tutto condivisibile, anche se non si affronta il problema nella sua complessità circa l’impatto che si ha con i paesi di sbocco di questo nuovo mercato; poi non si dice come dovrebbe essere invece affrontato – e possibilmente risolto – poiché sta mettendo in serie difficoltà le economie di vari paesi; ed infine non si fa cenno alla condivisione di alcune regole che dovrebbero essere uguali per tutti e dovrebbero contenere una sostanziale lealtà operativa: il W.T.O., del quale anche la Banca Mondiale fa parte se non altro come “uditore” lo ha detto a chiare lettere, senza però possedere il necessaro deterrente per fare imporre a tutti queste regole.
Certo che se guardiamo un po’ indietro nel tempo – diciamo una cinquantina di anni – la stessa Italia ha messo in piedi il boom del dopoguerra attraverso una spregiudicata politica di restrizione dei salari, volta a rendere maggiormente competitiva la nostra merce sui mercati internazionali, ma non dimentichiamo che in Italia c’erano comunque i sindacati (ed erano anche più forti degli attuali e sicuramente i più forti d’Europa) e non era certo neppure lontanamente ipotizzabile una qualsiasi forma di schiavitù nel mondo del lavoro, come invece viene dato per scontato anche da alti dirigenti cinesi.
A proposito di dirigenti cinesi, la magistratura spagnola ha accolto una denuncia penale nei confronti dell’ex presidente Jiang Zemin e contro l’ex primo ministro Li Peng, accusandoli di genocidio in Tibet.; insieme a loro sono sotto accusa tutta una serie di funzionari minori che dovranno rispondere di crimini gravissimi.
Quando il procedimento verrà assegnato ad un giudice, questi – se lo riterrà opportuno – potrà anche chiedere l’arresto di questi personaggi, anche perché al momento attuale nessuno delle persone incriminate gode di particolari immunità.
Gli avvocati spagnoli che seguono il caso hanno dichiarato che “otto anni di indagini hanno dimostrato che la sistematica violazione dei diritti umani, comprese le torture, continua in Tibet, malgrado la Cina abbia firmato la Convenzione contro il genocidio e le torture”.
Perché ho messo insieme le due notizie? Perché la prima mostra un “paese in via di sviluppo che cerca il proprio posto nel contesto dell’economia mondiale”, mentre la seconda presenta “un paese e una dirigenza autenticamente imperialista e reazionaria”.
mercoledì, giugno 29, 2005
La Cina é visina...ma non sui diritti umani
E’ il titolo della “raccolta firme” messa in piedi dal giornalista Aldo Forbice nel contesto della trasmissione radiofonica (RAI 1-ore 19.30 ca.) “Zapping”, di cui facevo cenno nel mio post di ieri.
Forbice, da quel bravo giornalista che è, faceva notare nei giorni scorsi che analoghe iniziative avevano successi molto maggiori a questa e, aggiungeva, sembra quasi che ci sia una sorta di parola d’ordine strisciante che invoca l’oblio per tutto quanto succede in Cina; certo – aggiungeva ancora – a vedere come si sdilinquiscono i nostri personaggi politici nelle loro frequenti visite in quel Paese, c’è da temere questa specie di “congiura del silenzio” su quanto accade in quella nazione asiatica: non ci dimentichiamo che anche il nostro Presidente della Repubblica, nella sua recente visita di Stato, dopo aver inneggiato ai grandiosi progressi cinesi, ha preso “quasi” un impegno per far rivedere all’Unione Europea la posizione di embargo sulle armi nei confronto della Cina e non ha fatto il minimo accenno alla situazione dei diritti umani in quel paese.
Effettivamente, a ben valutare tutte queste circostanze, riviene alla memoria il detto andreottiano “a pensare male si fa peccato ma molto spesso ci si indovina”. A quale proposito si può invocare questa sorta di maldicenza-verità? Mi sembra che – per ripetere le parole di Aldo Forbice – sembra che ci sia una notevole quantità di “poteri forti” che fanno il tifo per la Cina e per una sua affermazione a livello mondiale con qualunque mezzo sia realizzata: l’industria manifatturiera cinese è definitivamente in mano a “mercanti di schiavi” che manovrano gli operai come fossero delle pedine in una dama gigante quanto può esserlo in un paese che è tre volte l’Europa.
Proprio la grandezza della nazione, la sua popolosità, l’assenza di qualunque controllo di natura sindacale, la sostanziale “dittatura del partito” che si è instaurata da anni, avrebbe dovuto indurre le potenze occidentali a trattare il giusto desiderio di sviluppo di quel paese “con le pinze”; e invece tutti – noi in testa – si sono precipitati in Cina con l’obiettivo di fare man bassa in questo sterminato esercito di nuovi consumatori che apparivano bisognosi di tutte le stupidaggini che sono importanti per l’occidente e che – governanti cinesi permettendo – dovrebbero diventare importanti anche per loro.
Certo che un mercato “vergine” o quasi, composto da quasi un miliardo e mezzo di individui ha fatto gola a tutti, ma come si chiede adesso di regolamentare in qualche modo l’afflusso di merce cinese, altrettanto avrebbe dovuto esser fatto con la nostra che andava là.
Comunque sia, la schiavitù in forma più o meno violenta è un dato di fatto ormai acclarato per quanto riguarda le fabbriche cinesi; l’uso indiscriminato di bambini nel contesto della catena produttiva è altrettanto accertato; ma lo è anche il fatto che tale sistema di produzione vale non solo per le industrie cinesi ma anche per quelle occidentali installate nel suolo cinese per realizzare merce destinata all’esportazione e all’immissione nei nostri mercati: le ammissioni in questo senso della NIKE e di altre aziende americane che hanno trasferito buona parte della loro produzione sul suolo cinese, sono esemplificative di quanto sta accadendo.
È una corsa a chi riesce a fregare maggiormente, nella quale non dobbiamo dimenticarci che l’alto numero della popolazione cinese è a loro vantaggio.
A proposito, un'altra carognata che si consuma in Cina – anche questa accertata – è la soppressione dei figli non autorizzati, eccedenti il primo; come volete che si possa competere con queste situazioni di “pelo sullo stomaco” noi che abbiamo come motto “tengo famiglia”?
Forbice, da quel bravo giornalista che è, faceva notare nei giorni scorsi che analoghe iniziative avevano successi molto maggiori a questa e, aggiungeva, sembra quasi che ci sia una sorta di parola d’ordine strisciante che invoca l’oblio per tutto quanto succede in Cina; certo – aggiungeva ancora – a vedere come si sdilinquiscono i nostri personaggi politici nelle loro frequenti visite in quel Paese, c’è da temere questa specie di “congiura del silenzio” su quanto accade in quella nazione asiatica: non ci dimentichiamo che anche il nostro Presidente della Repubblica, nella sua recente visita di Stato, dopo aver inneggiato ai grandiosi progressi cinesi, ha preso “quasi” un impegno per far rivedere all’Unione Europea la posizione di embargo sulle armi nei confronto della Cina e non ha fatto il minimo accenno alla situazione dei diritti umani in quel paese.
Effettivamente, a ben valutare tutte queste circostanze, riviene alla memoria il detto andreottiano “a pensare male si fa peccato ma molto spesso ci si indovina”. A quale proposito si può invocare questa sorta di maldicenza-verità? Mi sembra che – per ripetere le parole di Aldo Forbice – sembra che ci sia una notevole quantità di “poteri forti” che fanno il tifo per la Cina e per una sua affermazione a livello mondiale con qualunque mezzo sia realizzata: l’industria manifatturiera cinese è definitivamente in mano a “mercanti di schiavi” che manovrano gli operai come fossero delle pedine in una dama gigante quanto può esserlo in un paese che è tre volte l’Europa.
Proprio la grandezza della nazione, la sua popolosità, l’assenza di qualunque controllo di natura sindacale, la sostanziale “dittatura del partito” che si è instaurata da anni, avrebbe dovuto indurre le potenze occidentali a trattare il giusto desiderio di sviluppo di quel paese “con le pinze”; e invece tutti – noi in testa – si sono precipitati in Cina con l’obiettivo di fare man bassa in questo sterminato esercito di nuovi consumatori che apparivano bisognosi di tutte le stupidaggini che sono importanti per l’occidente e che – governanti cinesi permettendo – dovrebbero diventare importanti anche per loro.
Certo che un mercato “vergine” o quasi, composto da quasi un miliardo e mezzo di individui ha fatto gola a tutti, ma come si chiede adesso di regolamentare in qualche modo l’afflusso di merce cinese, altrettanto avrebbe dovuto esser fatto con la nostra che andava là.
Comunque sia, la schiavitù in forma più o meno violenta è un dato di fatto ormai acclarato per quanto riguarda le fabbriche cinesi; l’uso indiscriminato di bambini nel contesto della catena produttiva è altrettanto accertato; ma lo è anche il fatto che tale sistema di produzione vale non solo per le industrie cinesi ma anche per quelle occidentali installate nel suolo cinese per realizzare merce destinata all’esportazione e all’immissione nei nostri mercati: le ammissioni in questo senso della NIKE e di altre aziende americane che hanno trasferito buona parte della loro produzione sul suolo cinese, sono esemplificative di quanto sta accadendo.
È una corsa a chi riesce a fregare maggiormente, nella quale non dobbiamo dimenticarci che l’alto numero della popolazione cinese è a loro vantaggio.
A proposito, un'altra carognata che si consuma in Cina – anche questa accertata – è la soppressione dei figli non autorizzati, eccedenti il primo; come volete che si possa competere con queste situazioni di “pelo sullo stomaco” noi che abbiamo come motto “tengo famiglia”?
martedì, giugno 28, 2005
Ingiustizie della storia e...della vita
In questi giorni di canicola sfrenata, avrete letto tutte le avvertenze che la stampa e la televisione ci propina, specialmente agli anziani, per combattere il gran caldo; è di oggi una gustosa vignetta di Angese che riporta i “soliti” consigli: bere molta acqua, mangiare tanta frutta e verdura e non uscire nelle ore calde: e la conclusione è che ormai “lo sanno cani e porci”.
Ma l’ingiustizia (la prima) che appare nel titolo è di altra natura: a causa del gran caldo, già dall’anno scorso si è incrementato di molto l’acquisto di condizionatori d’aria, ovviamente chi se lo può permettere, e così facendo si hanno continue impennate nei consumi di energia elettrica con notevoli rischi di black-out; ieri, per esempio, le previsioni sono state ampiamente superate in due momenti della giornata, alle ore 12.12 e alle 17.30. Il Gestore dell’energia rassicura che il sistema per il momento “sta tenendo”, ma invita anche a cercare di limitare il consumo di elettricità.
Ed ecco l’ingiustizia: il pensionato beneficiato da Berlusconi del milione mensile non si è potuto certo permettere il condizionatore, ma in caso di black-out sarà privato dell’essenziale frigo, ascensore, ecc. alla stessa stregua degli scialacquatori di energia che tanto se lo possono permettere; questi ultimi, se dovesse persistere il problema sanno come risolverlo: abbandonano le città infuocate e si trasferiscono in una delle loro ville al mare o in montagna.
E il pensionato? No, lui non può trasferirsi da nessuna parte se non ce lo portano i Servizi Sociali ma, ligio all’impegno di risparmiare energia (per farla consumare agli altri), si trasferisce ai…giardinetti pubblici e armato di un ventaglio simula una surrettizia ventilazione oppure prende possesso di una sedia in un Supermercato e gode dell’aria condizionata a sbafo (ricordate il consiglio dell’ex ministro Sirchia?)
A latere della problematica sul consumo di energia si ha anche l’impennata del costo del petrolio, derivante – a detta degli esperti – da due fattori: il continuo, smodato aumento della richiesta di greggio da parte della Cina e l’aspetto psicologico della vittoria nelle elezioni iraniane del reazionario Ahmadinejad, assertore della via al nucleare, circostanza che potrebbe indurre gli Stati Uniti a montare una nuova guerra in contemporanea con quella irakena o subito dopo: mi sembrano novelle e, mi sembra soprattutto che questo secondo motivo non regga, secondo me c’è lo zampino della speculazione.
Ma dove sarebbe l’ingiustizia? Semplice, poiché non credo alla faccenda psicologica iraniana, se faccio perno sulla pista cinese debbo rilevare che dopo averci semidistrutto l’industria del tessile e delle calzature, dopo averci propinato marchi fasulli delle nostre merci, dopo averci impestato di sudici ristoranti che poco hanno dell’autentica cucina cinese, adesso ci condizionano anche la vita delle nostre gite fuori porta facendoci aumentare a dismisura la benzina. Se non è un’ingiustizia questa non so cosa potrebbe esserlo!
Ma a proposito della Cina dovremo tornarci sopra e parlarne in modo più approfondito; intanto un consiglio: la trasmissione radiofonica (RAI 1 ore 19.30) “Zapping” di Aldo Forbice manda in onda una sorta di raccolta firme per i diritti civili in quel paese asiatico; seguitela e seguite in particolare i commenti che vengono fatti a proposito delle sempre più frequenti forme di schiavitù che sono colà presenti.
Ma l’ingiustizia (la prima) che appare nel titolo è di altra natura: a causa del gran caldo, già dall’anno scorso si è incrementato di molto l’acquisto di condizionatori d’aria, ovviamente chi se lo può permettere, e così facendo si hanno continue impennate nei consumi di energia elettrica con notevoli rischi di black-out; ieri, per esempio, le previsioni sono state ampiamente superate in due momenti della giornata, alle ore 12.12 e alle 17.30. Il Gestore dell’energia rassicura che il sistema per il momento “sta tenendo”, ma invita anche a cercare di limitare il consumo di elettricità.
Ed ecco l’ingiustizia: il pensionato beneficiato da Berlusconi del milione mensile non si è potuto certo permettere il condizionatore, ma in caso di black-out sarà privato dell’essenziale frigo, ascensore, ecc. alla stessa stregua degli scialacquatori di energia che tanto se lo possono permettere; questi ultimi, se dovesse persistere il problema sanno come risolverlo: abbandonano le città infuocate e si trasferiscono in una delle loro ville al mare o in montagna.
E il pensionato? No, lui non può trasferirsi da nessuna parte se non ce lo portano i Servizi Sociali ma, ligio all’impegno di risparmiare energia (per farla consumare agli altri), si trasferisce ai…giardinetti pubblici e armato di un ventaglio simula una surrettizia ventilazione oppure prende possesso di una sedia in un Supermercato e gode dell’aria condizionata a sbafo (ricordate il consiglio dell’ex ministro Sirchia?)
A latere della problematica sul consumo di energia si ha anche l’impennata del costo del petrolio, derivante – a detta degli esperti – da due fattori: il continuo, smodato aumento della richiesta di greggio da parte della Cina e l’aspetto psicologico della vittoria nelle elezioni iraniane del reazionario Ahmadinejad, assertore della via al nucleare, circostanza che potrebbe indurre gli Stati Uniti a montare una nuova guerra in contemporanea con quella irakena o subito dopo: mi sembrano novelle e, mi sembra soprattutto che questo secondo motivo non regga, secondo me c’è lo zampino della speculazione.
Ma dove sarebbe l’ingiustizia? Semplice, poiché non credo alla faccenda psicologica iraniana, se faccio perno sulla pista cinese debbo rilevare che dopo averci semidistrutto l’industria del tessile e delle calzature, dopo averci propinato marchi fasulli delle nostre merci, dopo averci impestato di sudici ristoranti che poco hanno dell’autentica cucina cinese, adesso ci condizionano anche la vita delle nostre gite fuori porta facendoci aumentare a dismisura la benzina. Se non è un’ingiustizia questa non so cosa potrebbe esserlo!
Ma a proposito della Cina dovremo tornarci sopra e parlarne in modo più approfondito; intanto un consiglio: la trasmissione radiofonica (RAI 1 ore 19.30) “Zapping” di Aldo Forbice manda in onda una sorta di raccolta firme per i diritti civili in quel paese asiatico; seguitela e seguite in particolare i commenti che vengono fatti a proposito delle sempre più frequenti forme di schiavitù che sono colà presenti.
lunedì, giugno 27, 2005
Incontro scontro tra Ciampi e Ratzinger
Nei giorni scorsi è avvenuta la prima visita ufficiale del nuovo Papa Benedetto XVI al nostro Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. La visita è avvenuta ovviamente al Quirinale e .la cosa che più è stata rilevata dalla stampa quotidiana è stato il gran caldo che ha letteralmente liquefatto il povero Ratzinger costretto sotto pesanti paramenti a subire una sorta di bagno turco a base di sudore, tant’è vero che la brava signora Franca ha fatto portare all’illustre ospite un fresco bicchiere d’acqua.
Al di là delle cortesie che si sono sprecate in entrambi i fronti, le due parti in causa hanno rilasciato due dichiarazioni che si distinguono per l’assoluta difformità e – apparentemente – anche per la inconciliabilità delle posizioni.
Ciampi, con quel “ancien” liberalismo che spesso lo riconduce addirittura a Mazzini, ha dichiarato di “essere orgoglioso” di rappresentare uno stato laico nel quale tutte le religioni hanno uguale dignità di fronte alla legge. Affermazione forte ma generica, diciamo una formula per lasciare all’altro la posizione di rilancio.
Benedetto XVI dal canto suo, ha riaffermato l’indispensabilità del sentimento cattolico, così pregnante nelle anime e nelle manifestazioni del popolo italiano, al quale – ha continuato il Santo Padre – dobbiamo ribadire che non deve vergognarsi di portare avanti posizioni antiaboriste o comunque tese all’affermazione del valore primario della vita in ogni sua espressione.
Come si vede le due posizioni appaiono divergenti ma sostanzialmente sono la stretta affermazione di quello che ognuno di loro rappresenta: uno stato – più o meno laico se non laicista – e una confessione che ha comunque la maggioranza dei consensi degli italiani e che si è trovata a cavalcare una vittoria nei referenda sulla procreazione assistita, dopo una dura battaglia fortemente voluta dalle gerarchie della Chiesa, Ratzinger in testa.
Per conferire ancora maggiore chiarezza alle dichiarazioni sopra riportate, è di oggi una intervista rilasciata da Mons. Merisi – vescovo e giurista di fama internazionale e responsabile della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea – che amplia le affermazioni di Benedetto XVI circa il concetto di “stato laico”: è ovvio che una moderna democrazia non può che essere laica, nel senso di “non confessionale”; ciò non toglie che lo Stato debba avere alle spalle un riferimento ai “valori alti”.
Ed è per domani l’appuntamento alla presentazione del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, redatto dal dicastero vaticano che era presieduto dall’allora Cardinale Ratzinger; alla domanda circa l’obbedienza alle leggi, si legge – testualmente – che “il cittadino non deve obbedire quando le leggi si oppongono alle esigenze dell’ordine morale” e quindi entra in pieno nel concetto di obiezione, sia essa al servizio militare o per la pratica dell’aborto; per inciso entrambe le forme di obiezione sono previste espressamente dalle vigenti normative.
Si potrebbe pero – aggiunge Mons Merisi – estendere questa obiezione ad altre problematiche e, nel caso del “cittadino cristiano”, riferirsi alla legge di Dio, così come altre culture si pongono in chiara contraddizione con queste affermazioni.
Come si vede il solco tra le due sponde del Tevere, come si diceva una volta per identificare lo Stato e la Chiesa, si allarga ancora di più,. Come peraltro avevo previsto in sede di elezione di questo Pontefice il quale dice le stesse cose di Giovanni Paolo II ma in modo diverso, meno scherzoso e in forma più netta, senza lasciare adito a interpretazioni di qualsiasi natura: non ci dimentichiamo che il suo lottare contro il “relativismo etico” è stata la bandiera sulla quale ha costruito l’elezione a Sommo Pontefice e non è certo il tipo da abbandonare la lotta.
Al di là delle cortesie che si sono sprecate in entrambi i fronti, le due parti in causa hanno rilasciato due dichiarazioni che si distinguono per l’assoluta difformità e – apparentemente – anche per la inconciliabilità delle posizioni.
Ciampi, con quel “ancien” liberalismo che spesso lo riconduce addirittura a Mazzini, ha dichiarato di “essere orgoglioso” di rappresentare uno stato laico nel quale tutte le religioni hanno uguale dignità di fronte alla legge. Affermazione forte ma generica, diciamo una formula per lasciare all’altro la posizione di rilancio.
Benedetto XVI dal canto suo, ha riaffermato l’indispensabilità del sentimento cattolico, così pregnante nelle anime e nelle manifestazioni del popolo italiano, al quale – ha continuato il Santo Padre – dobbiamo ribadire che non deve vergognarsi di portare avanti posizioni antiaboriste o comunque tese all’affermazione del valore primario della vita in ogni sua espressione.
Come si vede le due posizioni appaiono divergenti ma sostanzialmente sono la stretta affermazione di quello che ognuno di loro rappresenta: uno stato – più o meno laico se non laicista – e una confessione che ha comunque la maggioranza dei consensi degli italiani e che si è trovata a cavalcare una vittoria nei referenda sulla procreazione assistita, dopo una dura battaglia fortemente voluta dalle gerarchie della Chiesa, Ratzinger in testa.
Per conferire ancora maggiore chiarezza alle dichiarazioni sopra riportate, è di oggi una intervista rilasciata da Mons. Merisi – vescovo e giurista di fama internazionale e responsabile della Commissione degli episcopati dell’Unione Europea – che amplia le affermazioni di Benedetto XVI circa il concetto di “stato laico”: è ovvio che una moderna democrazia non può che essere laica, nel senso di “non confessionale”; ciò non toglie che lo Stato debba avere alle spalle un riferimento ai “valori alti”.
Ed è per domani l’appuntamento alla presentazione del nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, redatto dal dicastero vaticano che era presieduto dall’allora Cardinale Ratzinger; alla domanda circa l’obbedienza alle leggi, si legge – testualmente – che “il cittadino non deve obbedire quando le leggi si oppongono alle esigenze dell’ordine morale” e quindi entra in pieno nel concetto di obiezione, sia essa al servizio militare o per la pratica dell’aborto; per inciso entrambe le forme di obiezione sono previste espressamente dalle vigenti normative.
Si potrebbe pero – aggiunge Mons Merisi – estendere questa obiezione ad altre problematiche e, nel caso del “cittadino cristiano”, riferirsi alla legge di Dio, così come altre culture si pongono in chiara contraddizione con queste affermazioni.
Come si vede il solco tra le due sponde del Tevere, come si diceva una volta per identificare lo Stato e la Chiesa, si allarga ancora di più,. Come peraltro avevo previsto in sede di elezione di questo Pontefice il quale dice le stesse cose di Giovanni Paolo II ma in modo diverso, meno scherzoso e in forma più netta, senza lasciare adito a interpretazioni di qualsiasi natura: non ci dimentichiamo che il suo lottare contro il “relativismo etico” è stata la bandiera sulla quale ha costruito l’elezione a Sommo Pontefice e non è certo il tipo da abbandonare la lotta.