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sabato, aprile 21, 2007

LE GUERRE "MODERNE" 

Di moderno le guerre attuali hanno una caratteristica principale: non esistono; cioè non ci sono e basta; mi si dirà che i morti ci sono, ma non li chiamiamo caduti, bensì operatori di pace colpiti nell’adempimento della loro missione.

Dovete convenire con me che in questo modo si fa un po’ di confusione, ma – in qualunque modo si rigiri – dalla seconda guerra mondiale, se togliamo le operazioni in Corea e in Vietnam che contenevano già delle anomalie, per esempio la Cina che non veniva considerata, ecc., non siamo più funestati dalle guerre che prima di tale data falcidiavano la migliore gioventù del paese.

Se ci pensate un momento, vi accorgerete delle differenze: un tempo le guerre venivano “dichiarate” e chi si trovava in territorio nemico aveva 48 ore per andarsene, altrimenti veniva rinchiuso in un campo di prigionia; si aveva il ripristino della censura e i giornalisti sul campo erano messi alle dirette dipendenze delle strutture militari, quando addirittura non ne facevano già parte: ovviamente si allude a corrispondenti della stessa nazionalità (loro e del giornale) del fronte nel quale si trovano, perché non esiste che un giornalista – poniamo il caso italiano – vada a bracare sul fronte nemico.

Oggi, invece, non c’è più la vecchia e chiarificatrice “dichiarazione di guerra”; si fa la guerra ma si maschera il tutto dietro l’ipocrisia insita nel nome inglese “peacekeeping” (operatori di pace) o come “operazioni di polizia internazionale” (vedi il Libano).

In queste condizioni il nemico non è più tale, ma è “un criminale” e quindi non merita il minimo rispetto che una volta era riservato ai prigionieri di guerra (convenzione di Vienna ed altre balle del genere sono buttate tutte alle ortiche).

Con questi presupposti, i giornalisti non si sentono “al fronte”, ma solo a seguire una operazione di pace o – nella peggiore delle ipotesi – a ricercare il materiale migliore per informare i loro lettori circa la cattura (o meno) dei criminali che si stanno ricercando.

Volete un esempio concreto? Mastrogiacomo, nella sua ricerca dello scoop rappresentato dall’intervista con Dadullah, lo possiamo paragonare ai vari giornalisti che – oltre 50 anni fa – cercavano ed ottenevano interviste con il celebre bandito Giuliano; nessuno di loro pensava di incontrare un “nemico” bensì un “personaggio”.

Se la stampa continua a scorrazzare liberamente alla ricerca di personaggi da intervistare, rischia di essere facile preda di gente che non ha la minima idea di convenzioni di Vienna ed altre cose del genere, ma è lì soltanto per mostrare la loro ferocia e per ottenere il maggior risalto possibile da questa loro bestialità.

So bene di accingermi a dire una apparente colossale sciocchezza, ma oso proporre un ritorno alle vecchie e sane regole di una volta secondo le quali il nero era nero ed il bianco era bianco; cioè si tratterebbe di ripristinare – in qualche modo – le vecchie regole di guerra, anzitutto rendendosi conto che di questo si tratta, e su questo paradossale canone di “onestà operativa”, impostare le nostre presenze militari, umanitarie e giornalistiche.

Per la verità ci sarebbe anche un altro atteggiamento da tenere in considerazione e cioè quello di restarcene a casina nostra (militari, medici e giornalisti) almeno “ufficialmente”; se poi qualcuno, appartenente a queste o ad altre categorie, decide di recarsi in questi teatri di guerra, ricordargli che fa questo a suo esclusivo rischio e quindi di non aspettarsi nessun aiuto dallo Stato.


giovedì, aprile 19, 2007

UNO STRANO MODO DI RAGIONARE 

I politici hanno uno strano modo di ragionare, specie quando assurgono a scranni prestigiosi e quindi si sentono “unti del Signore”, direi quasi intoccabili da tutto e da tutti.

In questi ultimi giorni abbiamo avuto alcuni esempi di questo assunto e vorrei ragionarne con voi: il primo è del Presidente Prodi che, in piena polemica per la decapitazione dell’interprete di Mastrogiacomo, ha avuto questa infelice – almeno per me – dichiarazione: “A guidare la mia azione è bastato il primo appello del giornalista di Repubblica; ho capito che c’era un problema di angoscia ed era mio dovere assoluto salvargli la vita; anche se ci fosse stata una norma che vietava di trattare avrei trattato lo stesso”.

In questa frase ci sono – a mio modesto avviso – due cose che non vanno: la prima è che il Presidente del Consiglio non può ammettere pubblicamente che in questo caso specifico sarebbe stato disposto anche a “contravvenire” alle leggi vigenti, leggi che è chiamato dalla Costituzione a far rispettare o, se del caso, a modificare attraverso i modi parlamentari usuali.

Se uno invece afferma – con la sicumera tipica dei “timidi” – che se ne sarebbe fregato della legge, pur di rispondere all’appello “angosciante” del giornalista, incappa in una seconda malefatta, mostrando di avere il proprio udito che “ode” soltanto quello che vuole udire: tante sono infatti le grida “angosciate” che si levano alte dal paese e che né l’esimio Romano né altri autorevoli membri della politica mostrano di udire e, soprattutto, di cercare di risolvere; invece, guarda caso, per Mastrogiacomo l’udito di Prodi e di altri membri del Governo ha funzionato a meraviglia e ha talmente inciso nella spiritualità di questi signori che li avrebbe addirittura indotti a violare la legge se ce ne fosse stato bisogno: dalle mie parti si dice “gatta ci cova!”

Il secondo strano modo di ragionare che vi sottopongo è opera di “baffino” D’Alema ed ha avuto luogo in Parlamento in occasione del dibattito sull’Afganistan: nel suo intervento Fini aveva avuto l’ardire di riportare una notizia di stampa – trita e ritrita, data da tutti i giornali – nella quale, in forma virgolettata, il premier afgano, Karzai, affermava di avere subito una sorta di “ricatto” dal nostro Presidente che lo avrebbe indotto a liberare i cinque terroristi dalle carceri; il “ricatto” sarebbe consistito – sempre a detta di Karzai – in questo ragionamento: “se Mastrogiacomo muore, l’estrema sinistra al governo avrebbe votato per il rientro immediato delle truppe e quindi non ci sarebbe stato nient’altro da fare che allinearsi”.

Nella normale dialettica, il nostro Ministro degli Esteri – o meglio, addirittura il Presidente del Consiglio – avrebbe risposto con paroline pepate a Karzai, invitandolo anzitutto a non rivelare cose riservate e, nel caso che queste affermazioni non ci fossero state, a non inventare cose che non sono mai esistite.

Invece, cosa ti combina il buon “baffino”? Prende ad inveire contro Fini, ricordandogli che non poteva affermare cose che non esistevano, ecc. ecc., ed a nulla è valso il timido tentativo di Fini di replicare che le sue parole non erano nient’altro che quanto dichiarato da Karzai alla stampa internazionale.

E se volete divertirvi, provate a controllare come hanno trattato la cosa i maggiori quotidiani, i quali avevano pubblicato le dichiarazioni del premier afgano: se avrete l’occhio vispo potrete rendervi conto delle varie posizioni che i “giornali indipendenti” assumono nella contesa politica.


martedì, aprile 17, 2007

LE SCIOCCHEZZE DELLA POLITICA 

Le sciocchezze degli uomini (e donne) politici, si sono accavallate per la concomitanza di due eventi delittuosi che hanno inorridito il mondo: il primo è il massacro nel Politecnico della Virginia che ha provocato 32 morti e 39 feriti, mentre l’altro si è svolto a Taranto ed ha visto il suicidio di una ragazzina di 13 anni che non ha retto ai due stupri consecutivi cui era stata sottoposta.

Il primo caso è una sorta di riedizione in peggio della strage di Columbine descritta da Michael Moore nel suo film che ha avuto tanto successo in tutto il mondo: in pratica, un giovane studente è entrato nel campus universitario (grande quanto una paese di media grandezza) armato di due grosse pistole e – urlando che cercava la sua fidanzata – ha cominciato a sparare all’impazzata, uccidendo e ferendo quanti incontrava nel suo folle cammino; in un’aula, dove credeva di trovare la ragazza, ha trovato invece un professore che faceva lezione ad un gruppo di studenti e, fattili allineare lungo il muro, li ha uccisi uno dopo l’altro con un grosso fucile da guerra, come se stesse procedendo ad una sorta di esecuzione; il tutto è terminato con il suicidio del pazzo sparatore, almeno così viene dichiarato dalle autorità.

Ed eccoci alla stupidità della politica: il Presidente Bush, dopo essersi dichiarato “inorridito” per quanto accaduto, ha ribadito ancora una volta che “portare le armi è un diritto, ma lo si deve fare nel rispetto della legge, quindi non a scuola”.

Vediamo se ho capito bene: tutti possono portare delle armi, anche da guerra, purché evitino di frequentare determinati ambienti, tipo scuola e altri di cui non conosco il nome, ma posso immaginare, chiese, ambienti politici, e altri; ma mi chiedo, in un Bar posso portare un’arma? Credo di si e mi sembra irrilevante – per la legge americana – che il locale sia frequentato da tanta o da poca gente.

Trovo superfluo continuare nei commenti alle dichiarazioni di Bush, tanta è la stupidità che vi traspare; o meglio tanta è la volontà di continuare a privilegiare alcune lobby ben delineate che lo hanno sostenuto alle elezioni.

Un ultimo commento: mentre le TV americane mandavano in onda i video registrati da alcuni studenti, su alcuni siti islamici dislocati probabilmente in America, si festeggiava l’evento inneggiando al giovane sparatore, visto quasi come un novello kamikaze.

E adesso veniamo a casa nostra e in particolare a Taranto, dove una ragazzina di soli tredici anni, affetta da una patologia psichiatrica, è stata stuprata due volte in pochi giorni da un gruppo di adulti; trascorso un po’ di tempo dal tragico evento, si è lanciata nel vuoto, suicidandosi, senza lasciare niente di scritto.

Commento della ministra (non minestra, mi raccomando) Rosy Bindi che non ha perso l’occasione per dire una stupidata: “è un segnale d’allarme, al Sud manca la rete di assistenza”.

Peccato che quasi nelle stesse ore un’altra donna, di 44 anni, picchiata e stuprata dal branco, si è anch’essa gettata nel vuoto da otto metri, ma si è miracolosamente salvata anche se è ricoverata in Ospedale in condizioni critiche.

E dov’è l’anomalia, mi chiederete? Che l’evento questa volta non si è consumato al sud, ma a Ferrara, che non mi risulta essere al di sotto del parallelo romano (quello che comprende il nostro Parlamento).

Conclusione: i disturbi della psiche sono uguali in ogni parte d’Italia e per quanto riguarda la relativa prevenzione siamo all’anno zero in qualunque zona: bravissimi a concionare dopo, ma scarsi a capire le difficoltà prima che queste si tramutino in tragedie.

domenica, aprile 15, 2007

LE MIE PRIORITA' 

Vi ricorderete che all’atto dell’insediamento di questo governo – analogamente a quanto feci con il precedente – citai al Presidente del Consiglio quelle che, a mio giudizio, ma credo a giudizio di molti, rappresentano le priorità assolute, quelle cioè dove si dovrebbe investire fino a raggiungere una vera equità, quelle nelle quali andrebbe riversato il famoso “tesoretto” che invece vedrà il consueto attacco alla diligenza di notabili di partito dediti al soddisfacimento dei bisogni dei loro “grandi elettori” (leggi: caste); esse erano, e rimangono, tre: gli anziani, i malati e i bambini.

Delle prime due abbiamo parlato varie volte – e sempre male – mentre alla terza, i bambini, abbiamo dedicato poco spazio; adesso cerchiamo di rimediare, utilizzando all’uopo uno studio sugli asili nido di “Cittadinanzattiva” realizzato con la collaborazione dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe.

Da questo studio appare subito un dato quanto mai allarmante: la legge istitutiva è del 1971 e prevedeva un primo “step” al 1976, data nella quale dovevano essere presenti almeno 3.800 asili: ebbene – stento a crederci, ma sembra proprio così – ad oggi, quindi con oltre trenta anni di ritardo sul primo controllo, gli asili sono soltanto 3.000.

Ma del resto non potrebbe essere altrimenti, se consideriamo che il nostro paese destina solo lo 0,9% del PIL, contro il 2,3 della media europea; ed è logica anche la cifra che riporta come un bambino su tre sia escluso dagli asili nido comunali, cioè resta fuori dopo le famose liste di attesa.

Se poi vediamo in dettaglio l’offerta di servizi per l’infanzia, il nostro paese fa veramente la figura del terzomondista rispetto alle altre nazioni europee: pensate che da noi solo il 6% dei bimbi candidati viene ammesso a scuola, mentre in Danimarca siamo al 64%, in Irlanda al 38%, in Francia al 29% e sotto a noi ci sono soltanto Spagna (con il 5%) e Grecia (con il 3%).

Per la verità qualcosa sembra essersi mosso con la finanziaria del 2007, nella quale, ai 13 milioni di euro di dotazione iniziale, se ne sono aggiunti 210 per quest’anno e 180 per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Attenzione però prima di gioire, perché queste cifre confluiscono nel tristemente celebre “Fondo nazionale delle politiche per la famiglia”, uno di quei calderoni inventato a posta dai nostri politici per potere meglio giostrare le proprie esigenze elettorali e quelle degli amici.

E il mio dubbio è che dei bambini – a gioco lungo – non freghi niente a nessuno, anche perché, come è noto, non votano, mentre lo fanno madre e padre e quindi è meglio trovare qualcosa che sia più interessante per loro.

E sapete perché il mio atteggiamento è volto ad un cupo pessimismo? Fate un paio di calcoli: dai primi di marzo (congresso radicale) alla fine di aprile avremo tutta una serie di congressi di partiti (S.D.I. e U.D.C. sono in corso, tra pochi giorni parte quello dei D.S., seguito da quello della Margherita); l’organizzazione di ognuno di questi congressi rappresenta – grosso modo – quanto verrebbe a costare un asilo medio in una grande città; qualcuno dei politici se ne è accorto ed ha improntato la propria assise a parsimonia? Manco per niente, sfarzi e lustrini peggio che ai tempi di Craxi.

Ed un altro risparmio si potrebbe avere dai “giornali di partito”, letti da quattro gatti e finanziati con centinaia di milioni di euro, ma anche di questo non andiamo al di là di dichiarazioni di facciata alle quali non segue nessuna iniziativa concreta.

Meditiamo, gente, meditiamo!!


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