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sabato, ottobre 05, 2013

ED ORA CHE SI FA? 



Sapete che non sono uso parlate di “politica” e non lo farò neppure questa volta che una presa di posizione di Berlusconi sta mandando a carte quarantotto un già traballante governo di coalizione.
Ma questo non significa fare finta che non ci siano problemi da risolvere: IVA, IMU, IRPEF, IRPEG, tassa sui rifiuti, cuneo fiscale sono queste le parole che interessano i lavoratori e gli imprenditori i quali si aspettano che venga deciso qualcosa che sistemi le loro posizioni traballanti.
Per IVA e IMU il governo non ha saputo fare altro che prendere tempo e rinviare, mentre di IRPEF e IRPEG neppure se ne parla, il tutto nonostante le sollecitazioni sempre più impellenti di tutte le categoria economiche.
Per la tassa sui rifiuti si ipotizza una maxi tassa che raccolga diversi balzelli e magari li ritocchi, ovviamente all’insù.
Comunque questo governo è in buona compagnia: sono 17 anni che chi siede a Palazzo Chigi si impegna per la riduzione: meno costi per le imprese, più soldi in tasca ai lavoratori; ebbene, nessuna delle due cose è stato realizzato, anzi l’aumento della pressione fiscale ha ulteriormente dilatato il cuneo e ci ha portato in testa alla classifica degli Stati che fanno pagare più tasse ai loro cittadini/sudditi.
Gli allarmi di tutti i comparti produttivi scorrono come acqua sotto i ponti; tutti dicono di preoccuparsi ma di fatto con combinano proprio nulla: siamo arrivati ad una situazione in cui l’economia reale sta perdendo i pezzi dappertutto, perfino i discount hanno le vendite in calo; ma non si può certo dire che la politica si stia preoccupando del primo problema del Paese, quello cioè di rimettere in moto i consumi facendo in modo di mettere in tasca a lavoratori e pensionati un po’ più di soldi.
Per fare alla svelta credo che ci sia un solo sistema; provvedere al collocamento in Borsa di Poste italiane e di Trenitalia, lasciando la rete a Ferrovie e conferendo prima Trenitalia alla Cassa Depositi e Prestiti; con l’attuale fase positiva dei mercati si potrebbe ottenere tra i 15 e i 20 miliardi di euro con i quali creare le condizioni per far decollare la modernizzazione del Paese.
E ricordiamoci che il compito della politica – di qualunque segno sia – è quello di decidere con coraggio e determinazione e non rinviare il problema a tempi migliori; magari la politica, proprio in questi periodi bui, può trovare quello slancio che serve.
Ricordiamoci che i nostri problemi ce li dobbiamo risolvere in casa; le grandi imprese, per esempio Finmeccanica, ricevono continui schiaffi dalle agenzie di rating: Moody’s ha tagliato il rating portandolo giù di un gradino a “Ba1” alla prima soglia di “no investiment grade”, che corrisponde al frase “non  investite su questi titoli perché sono terribilmente pericolosi”.
Cerchiamo di non  gettare al vento, quella “grande” notizia che ci ha raggiunto dagli Stati Uniti: la Federal Riserve Bank ha lasciato immutata l’iniezione di liquidità che già era stata decisa in passato e cioè i famosi 85/miliardi di dollari al mese continueranno ad arrivare sui mercati finanziari.
Insomma, in un modo o nell’altro, bisogna fare qualcosa ed è proprio quel “qualcosa” che io, ovviamente, non sono in grado di dirvi; se c’è qualcuno di voi che ne sa più di me, lo dica e gliene sarò grato.
Scherzo, sulla richiesta ai miei amici, ma fino ad un certo punto, dato che sono dell’avviso che io e voi  siamo in grado di “suggerire qualcosa di valido”; chiaro??

giovedì, ottobre 03, 2013

LA NASCITA DEL "MATTONE" 



Era il 3 aprile del 1973 quando Martin Cooper, ingegnere della Motorola” fece la prima telefonata stando in mezzo alla strada a Manhattan e, manco a dirlo, chiamò il suo diretto rivale, John Engel, capo dei laboratori Bell, a circa 40 miglia di distanza da dove si trovava il nostro Martin.
Quel gesto, quella telefonata ha cambiato la storia della telefonia, ma anche quella del costume, visto come è considerato attualmente l’oggetto/cellulare; a proposito, nel titolo parlo del mattone, perché questo fu il primo nomignolo che gli venne affibbiato, visto che pesava 1,3 chili di peso ed era lungo circa 30 centimetri: un supplizio essere costretti a portarselo dietro, eppure da allora diventerà uno degli oggetti ai quali l’uomo contemporaneo non rinuncerà a nessun costo.
Pensate che Martin Cooper ebbe l’idea di costruire “il mattone” guardando “Star Trek”, dove il capitano Kirk usa un dispositivo di quel tipo per comunicare con la base e con l’equipaggio; i rivali della Bell Lab, puntavano  invece su un’idea diversa: costruire un telefono senza fili da usare in auto e quindi dotare, in prospettiva ogni auto che usciva dalla fabbrica di un telefono.
Sappiamo tutti come è andata a finire e come la Motorola è risultata vincente.
Ma facciamo un passo indietro: possiamo immaginare una vita senza lavatrice, senza forno a microonde, senza lavastoviglie, ma che cosa saremmo se all’improvviso sparissero i cellulari, inghiottiti per sempre da una sorta di buco nero oppure banditi per ragioni sanitarie?
Saremmo dei poveretti in crisi di astinenza, dei bambini ai quali hanno tolto il ciuccio; se non ce ne fossero altri, questo sarebbe il primo motivo per detestare l’apparecchio che si è fatto sempre più sottile, sempre più piccolo, ma anche sempre più complicato.
Dice Cooper che tra i difetti che rileva al “suo” telefono, c’è la pessima tecnologia che prevede una laurea in ingegneria per configurarlo; non è proprio la situazione che lui aveva previsto.
Ed anche noi “persone normali” dovremmo allinearci al pensiero di Cooper e rilevare che l’oggetto ha provocato una rivoluzione antropologica di cui non possiamo più fare a meno; ci vediamo tutti costretti a sottomettersi al piccolo rettangolo di plastica e questo è peggio di una tossicodipendenza, è una forma di dannazione collettiva che genera una schiavitù assoluta mascherata da assoluta libertà.
Qual è il primo pensiero al nostro risveglio? Mi sarò ricordato di metterlo in carica? Come se dalla situazione di questo aggeggio dipendesse l’andamento dell’intera giornata; e il pensiero fisso che abbiamo è quello di vedere se qualcuno mi ha chiamato o mi ha mandato un messaggio e per fare questo, siamo costretti a controlli compulsivi dell’apparecchio che, nelle donne, si nasconde nei più reconditi meandri dello loro capaci borse.
C’è qualcosa di positivo in questo apparecchio? Provate a pensare di trovarvi con una gomma forata in aperta campagna in una notte di pioggia!!
L’oggetto diventa sempre più difficile da usare, proprio perché riesce a fare quasi tutto (non ancora il caffé!!), ma soprattutto ci ha reso illusi che il mondo non possa fare a meno di noi; da qui il compulsivo controllo della situazione degli arrivi delle chiamate e dei messaggi; e se nessuno chiama? Prima pensiamo ad un guasto nella rete e poi passiamo a dubitare della nostra “importanza” per gli altri: da qui a prendere delle fissazioni il passo è brevissimo!!

martedì, ottobre 01, 2013

SUPERMARKET ITALIA 



In questi ultimi giorni abbiamo assistito all’acquisto, da parte di altre Nazioni, di un paio di grosse aziende nazionali: la spagnola Telefonica ha raggiunto la maggioranza del pacchetto azionario della nostra Telecom, mentre Alitalia sta prendendo – sembra a prezzi di liquidazione – la strada di Air France e Klm.
Non mi straccio le vesti e dico: ma non stiamo sbandierando all’estero che l’assoluta sicurezza del nostro Paese dovrebbe indurre le aziende di altre Nazioni ad investire su nostre aziende; l’ultimo della serie è stato il Presidente Letta che parlando alla Borsa di New York ha invitato i finanzieri stranieri a investire in Italia.
E allora, mi dico: perché hanno creato tanto scalpore quelle due acquisizioni? Telecom non è una azienda fortemente attiva, ma forse ha una sua importanza strategica nel settore delle telecomunicazioni; l’Alitalia è nello stesso drammatico deficit di alcuni anni or sono cioè per oltre 5/miliardi di euro (ci si paga l’IMU e l’IVA e altro) e quindi non è che l’acquisto da parte dei francesi rappresenti proprio un grande affare.
Ci sarebbe poi da aggiungere che già due comparti importanti per il Paese, sono stati saccheggiati dagli stranieri e sono di loro proprietà: il francese Arnault ha acquistato Fendi, Bulgari e Loro Piana, aveva anche acquistato Gucci ma poi l’ha ceduta a Henry Pinault; Ferrè è degli arabi di Paris Group e Valentino è nel portafoglio della casa reale del Qatar.
L’altro comparto saccheggiato – quando dico così, non intendo che ce l’hanno rubato ma che è diventato di loro proprietà – è quello del cibo, con particolare riferimento a Olio, latte e Vino: il colpo più clamoroso è stata l’acquisizione della Parmalat da parte dei francese di Lactalis, ma in precedenza Nestlé si era presa Buitoni e Perugina; e l’oligarca russo della vodka, Tarino, ha comprato i vini Gancia. Mentre gli oli Bertolli, Carapelli e Sasso sono diventati di proprietà degli spagnoli della Deoleo.
Quindi, se vogliamo rimanere attaccati alle regole del mercato, è inutile strapparci i capelli dalla testa e invocare insensate e impraticabili politiche di difesa nazionalistica; non dimentichiamo quando l’allora premier Berlusconi, con una azienda come Alitalia, assolutamente decotta e con Air France disposta a comprarla ed a rimetterla in sesto, grido la carica e radunò una serie di capitalisti da quattro soldi (furono chiamati “capitani coraggiosi) che subentrarono all’azionariato perdente e respinsero tutti gli attacchi dei francesi; il risultato: lo Stato si accollò i debiti (5/miliardi di euro) e quindi i nostri eroi subentrarono nella gestione di una compagnia “pulita dai debiti”; è passato poco tempo fino al momento in cui la situazione è tornata nuovamente al punto di partenza e i debiti risultano decisamente ingestibili.
Quanto sarebbe stato meglio mollare l’azienda a quei tempi, senza cioè rimetterci una balla di soldi e non facendo la miserevole figura che stiamo facendo.
La storia della Telecom è più complessa ma non molto dissimile: viene privatizzata dal governo Prodi nel 1997 (i soldi servivano per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici) con la tecnica di tenere un “nocciolo duro” per gli italiani (Agnelli e pochi altri; questi nocciolai però non mostrarono un grande interesse per Telecom e quindi la cedettero a Colaninno, ma non succede niente di particolare, è infatti qualche anno dopo che questi “capitani coraggiosi” cedono a un prezzo iperbolico a Tronchetti Provera e ai Benetton; mentre il primo ci crede (tenterà anche un accordo con Murdoch, che viene bloccato e anche lui cederà la sua quota a Telefonica, senza che se ne faccia – allora - tanta pubblicità, Benetton se ne disfà subito.

domenica, settembre 29, 2013

QUALCHE COMMENTO SUL TRIONFO DELLA MERKEL 



Angela Merkel ha compiuto, dopo la sua vittoria, alcune mosse che la qualificano al vertice della politica mondiale: anzitutto, anziché formare subito il nuovo governo (con il 42% se lo sarebbe potuto permettere) ha chiamato il leader socialdemocratico per proporgli un accordo di governo.
Quindi, dopo pochissimi giorni dai risultati, la Germania avrà il suo governo, anche perché la Merkel ha precisato che “la Germania ha bisogno di stabilità e quindi di una maggioranza certa”. Ovviamente la SPD alzerà il prezzo dell’accordo ma ne propizierà l’esito; se non lo facesse, sarebbe penalizzata dall’opinione pubblica e alle prossime elezioni la Merkel otterrebbe la maggioranza assoluta.
A commento della situazione tedesca, la Merkel ha ricordato che dieci anni fa la Germania era “il malato d’Europa” (anche se stava meglio dell’Italia) e la situazione si è sbloccata con l’avvento della “grande coalizione” (CDU/SPD che ha governato la Germania dal 2005 al 2009, facendo le riforme di cui il paese aveva bisogno; dopo questo periodo, ognuno dei due partiti è andato per la sua strada.
Da noi, sappiamo benissimo le difficoltà di governo per “le larghe intese”, con i partiti che vi partecipano sempre più rissosi e pieni di ricatti e con i cittadini esasperati che si isolano sempre più dalla politica che ormai non rappresenta il Paese, ma solo “se stessa”. Urlano fra loro in una realtà avulsa da quella che dovrebbe rappresentare l’Italia e in mezzo a loro ci sono i cittadini – quelli che pagano i loro stipendi – che non ci capiscono più niente.
Ma se la Merkel fosse in Italia, dove si siederebbe nel nostro Parlamento? Non ci dimentichiamo che il suo partito (la CDU) possiamo considerarlo paritario alla nostra DC, che però al momento è scomparsa. Comunque, la nostra Angela si troverebbe a sinistra dei vari D’Alema, Veltroni e di Letta; la Merkel infatti, cresciuta sotto la dittatura comunista può considerarsi una “conservatrice”, ma alla tedesca, anzi alla prussiana; sia chiaro che da quelle parti, conservatore non vuol dire reazionario, oppressore dei deboli, tant’è vero che le prime riforme sociali le realizzò Bismarck.
E questo da sempre è stata la maggiore difficoltà della sinistra: per vincere deve dimostrare di volere qualcosa di meglio per la gente e di poterlo realizzare; e quindi i confronti elettorali diventano dei confronti tra “professionalità”: vince chi dà più affidamento all’elettorato.
Figlia di un pastore luterano, educata al rispetto degli altri, non avrebbe mai stangato gli indifesi pensionati: la prima regola di chi governa è “non cambiare le regole del gioco mentre si sta giocando”.
Laureata in fisica, ha dimostrato di conoscere le regole dell’economia: ha diminuito le imposte ed ha incassato di più perché la gente consuma e quindi c’è più lavoro e più contribuenti,
Angela viene sempre da noi in vacanza, ma ho molti dubbi che potrebbe fare in Italia quello che le è riuscito di fare in Germania; il nostro istrionico Beppe Grillo le ha scritto una lettera sulla “Zeit” in cui le dice: “Frau Merkel, bitte, ci invada e ci salvi”; la signora è brava, anzi bravissima, ha resistito ai rossi (quelli di una volta) e al muro, alla Stasi e ai suoi compagni maschilisti, ma se dovesse avere a che fare con i politici italiani, avrebbe probabilmente un esaurimento nervoso; è brava ma non fa miracoli (wunder).
Noi dobbiamo tenerci i nostri; a proposito, sapete che Bossi ha annunciato il suo rientro in politica? Lo chiameremo “il nuovo che arranca”.

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