sabato, gennaio 28, 2006
I HAVE A DREAM
Era lo slogan con cui Martin Luther King voleva alludere ad un sogno che lo tormentava: quello di una sostanziale uguaglianza fra bianchi e neri; questo avveniva oltre quaranta anni fa e da allora molti passi sono stati fatti per mutare la situazione: vi basti pensare che, i due candidati che si sfideranno alle prossime elezioni per la Presidenza degli Stati Uniti potrebbero essere entrambi donna e una delle due nera (Hilary Clinton e Condoleza Rice).
Modestamente, anch’io ho un sogno che voglio sottoporre ai miei amici lettori, pur non volendo con questo né paragonarmi al grande leader nero e neppure paragonare il suo sogno con il mio; comunque ce l’ho anch’io e adesso ve lo dico: ci potrebbe essere in Italia un partito – diciamo un “Hamas nostrale” che si presenta alle elezioni teorizzando una vera e propria rivoluzione?
Quali dovrebbero essere le linee portanti del suo programma: anzitutto la completa estromissione di “TUTTI” coloro che hanno partecipato alla cosa pubblica da trenta anni a questa parte; mi si domanderà: e di questi signori (e qualche signora) che cosa ne facciamo? Coloro che si mettono buoni e tranquilli a fare il “pensionato” (tanto i soldi per mantenersi ce ne hanno assai: ne hanno guadagnati (rubati) tanti!) vengono “tollerati”; se non accettano questa nuova posizione sociale, vengono “esiliati”, cioè fatti forzosamente emigrare all’estero: del resto è sempre molto meglio di quello che riserviamo alla popolazione di colore che viene “costretta” ad approdare da noi usando quei marci e fetidi barconi.
Un'altra linea guida per il programma: uscita immediata dalla U.E. e da tutti gli altri organismi correlati; accanto a questa nuova normativa, ci metterei quella sulla produzione di manufatti: gli industriali che desiderano andare all’estero a fabbricare i loro prodotti lo possono fare tranquillamente purché non rientrino in Italia né loro e neppure la loro mercanzia.
Dopo aver lasciato in pace tutti gli altri paesi della terra (quindi pace globale), in politica interna questa nuova formazione dovrebbe occuparsi – prioritariamente ed anzi, esclusivamente fino a quando non li avrà risolti – di tre problemi: vecchi, bambini e malati; dovrebbero essere queste le priorità da risolvere senza guardare in faccia a nessuno, senza tenere conto di baronie o di altri tipici e cronici centri di potere (universitari o sanitari).
Dopo avere sognato apro gli occhi e torno alla realtà: le cose che ho detto fino ad ora non possono realizzarsi perché avrebbero bisogno di una vera e propria azione rivoluzionaria e questa invece, almeno attualmente non è assolutamente ipotizzabile.
Vi spiego anche perché questa azione rivoluzionaria non è proponibile in un paese come l’Italia: diceva Marx che per fare la rivoluzione occorrono due condizioni irrinunciabili, la prima è la presenza di un partito autenticamente rivoluzionario e la seconda è la condizione socio-politica del paese che abbia dentro di se una sorta di tendenza rivoluzionaria.
La prima (il partito) non merita neppure molte spiegazioni: chi potrebbe essere il capo rivoluzionario, forse Bertinotti? Ma non facciamo ridere la storia!
La seconda, cioè la situazione autenticamente rivoluzionaria non esiste in un paese come il nostro nel quale manca completamente la coscienza di classe ed anche “i bisogni” tipici dai quali scaturiscono di solito le rivoluzioni: fame, freddo, ingiustizie sociali; o meglio, tutte queste condizioni ci sono, ma non in maniera determinante dentro l’attuale società.
Dopo essermi svegliato completamente non mi resta che prendere un caffè e rimuginare sulle “fesserie” che mi sono sentito di raccontarvi; vi prego, non voletemene!
Modestamente, anch’io ho un sogno che voglio sottoporre ai miei amici lettori, pur non volendo con questo né paragonarmi al grande leader nero e neppure paragonare il suo sogno con il mio; comunque ce l’ho anch’io e adesso ve lo dico: ci potrebbe essere in Italia un partito – diciamo un “Hamas nostrale” che si presenta alle elezioni teorizzando una vera e propria rivoluzione?
Quali dovrebbero essere le linee portanti del suo programma: anzitutto la completa estromissione di “TUTTI” coloro che hanno partecipato alla cosa pubblica da trenta anni a questa parte; mi si domanderà: e di questi signori (e qualche signora) che cosa ne facciamo? Coloro che si mettono buoni e tranquilli a fare il “pensionato” (tanto i soldi per mantenersi ce ne hanno assai: ne hanno guadagnati (rubati) tanti!) vengono “tollerati”; se non accettano questa nuova posizione sociale, vengono “esiliati”, cioè fatti forzosamente emigrare all’estero: del resto è sempre molto meglio di quello che riserviamo alla popolazione di colore che viene “costretta” ad approdare da noi usando quei marci e fetidi barconi.
Un'altra linea guida per il programma: uscita immediata dalla U.E. e da tutti gli altri organismi correlati; accanto a questa nuova normativa, ci metterei quella sulla produzione di manufatti: gli industriali che desiderano andare all’estero a fabbricare i loro prodotti lo possono fare tranquillamente purché non rientrino in Italia né loro e neppure la loro mercanzia.
Dopo aver lasciato in pace tutti gli altri paesi della terra (quindi pace globale), in politica interna questa nuova formazione dovrebbe occuparsi – prioritariamente ed anzi, esclusivamente fino a quando non li avrà risolti – di tre problemi: vecchi, bambini e malati; dovrebbero essere queste le priorità da risolvere senza guardare in faccia a nessuno, senza tenere conto di baronie o di altri tipici e cronici centri di potere (universitari o sanitari).
Dopo avere sognato apro gli occhi e torno alla realtà: le cose che ho detto fino ad ora non possono realizzarsi perché avrebbero bisogno di una vera e propria azione rivoluzionaria e questa invece, almeno attualmente non è assolutamente ipotizzabile.
Vi spiego anche perché questa azione rivoluzionaria non è proponibile in un paese come l’Italia: diceva Marx che per fare la rivoluzione occorrono due condizioni irrinunciabili, la prima è la presenza di un partito autenticamente rivoluzionario e la seconda è la condizione socio-politica del paese che abbia dentro di se una sorta di tendenza rivoluzionaria.
La prima (il partito) non merita neppure molte spiegazioni: chi potrebbe essere il capo rivoluzionario, forse Bertinotti? Ma non facciamo ridere la storia!
La seconda, cioè la situazione autenticamente rivoluzionaria non esiste in un paese come il nostro nel quale manca completamente la coscienza di classe ed anche “i bisogni” tipici dai quali scaturiscono di solito le rivoluzioni: fame, freddo, ingiustizie sociali; o meglio, tutte queste condizioni ci sono, ma non in maniera determinante dentro l’attuale società.
Dopo essermi svegliato completamente non mi resta che prendere un caffè e rimuginare sulle “fesserie” che mi sono sentito di raccontarvi; vi prego, non voletemene!
venerdì, gennaio 27, 2006
TERRORISMO AL POTERE ?
Le elezioni nei territori Palestinesi hanno rappresentato una novità di carattere eccezionale che al momento è soltanto commentabile senza però che si possa trarre delle conclusioni che possano avere un minimo di credibilità.
Il primo commento da fare è che il partito “Hamas”, quello delle bombe, quello dei kamikaze-bambini, quello degli attentati ai civili, ha stravinto le elezioni, raggiungendo la maggioranza assoluta e stracciando i vecchi mandarini del partito “Al-Fatah” creato da Arafat. I dirigenti di “Hamas” hanno subito tenuto a precisare che la loro “politica del mitra” non veniva affatto considerata in contrasto con la vittoria elettorale e che non si sarebbero seduti al tavolo delle trattative con gli israeliani.
Da notare che alle spalle di “Hamas” c’è la Siria di Assad e, soprattutto l’Iran di Ahmadinejad, oltre ai gruppi oltranzisti della Jjad islamica, primi fra tutti gli Hezbollah.
Questo è il panorama che si è creato nei territori palestinesi con questa elezioni, questi sono gli attori che stanno per andare in scena; la grande novità – non ancora “digerita appieno dall’occidente – è che una fazione di terroristi si sia presentata ad una elezione democratica e l’abbia vinta: credo sia la prima volta che accade.
Dopo il ritiro degli Israeliani da Gaza e dai territori occupati, una grande speranza di pace aveva buon diritto di essere sognata; prima la grave malattia di Sharon – comunque sostituito al meglio da Olmert – e adesso questo risultato elettorale: entrambe le cose inducono ad una grandissima prudenza sul futuro delle trattative di pace, ma non debbono scoraggiare completamente i due negoziatori; non dimentichiamo anche che tra non molto ci saranno le elezioni in Israele e non ci sarebbe da meravigliarsi che, sull’onda delle dichiarazioni dei nuovi dirigenti palestinesi, la destra del Likud riprenda in mano le redini del paese e allora la “road map” sarebbe una cosa da museo.
Come uscire da questa situazione? E’ difficile dirlo, forse al momento attuale resta solo da fare alcune ipotesi di lavoro e niente più, in attesa che il clima incandescente del dopo elezioni si raffreddi un po’
La prima è che entrambe le popolazioni (palestinesi e israeliani) sono “condannate” a vivere accanto e in pace; non vi sembri un paradosso, ma l’un popolo ha bisogno dell’altro e viceversa. Questo perché da tempo immemorabile le due popolazioni sono abituate alla lotta, al duello e quindi ora possono “solo” desiderare la pace, ed è quello che stanno cercando con insistenza in questi ultimi due anni.
Mi direte: ma allora perché i palestinesi non hanno votato “Al-Fatah”, cioè il partito attualmente al governo, quello che emana Abu Mazen (Presidente della Repubblica) e Abu Ala (Presidente del Consiglio), quello che era impegnato nelle trattative per la pace? La risposta è molto semplice: la prima volta che ha potuto votare senza che nessuno vigilasse su questa espressione democratica, la gente si è scagliata contro i ladroni di Arafat che hanno messo il paese alla fame, arricchendosi però personalmente con le varie sovvenzioni che da tutto il mondo gli pervenivano e sparivano nelle loro capaci tasche.
La seconda ipotesi è che il popolo palestinese, la gente, capisca che dopo il voto di protesta – comprensibile ma avventato – ora c’è bisogno di costruire la pace e per fare questo non c’è modo migliore che condizionare “Hamas” a comportarsi come una formazione politica e non come un gruppo terroristico che predica l’annientamento fisico dello stato e del popolo israeliano.
Sarà possibile che ciò avvenga? Non lo so, ma credo che sia l’unica cosa che ci resta da sperare; in alternativa c’è solo il ritorno alle bombe che credo nessuno dei due popoli desideri, proprio perché l’ha già provato.
Il primo commento da fare è che il partito “Hamas”, quello delle bombe, quello dei kamikaze-bambini, quello degli attentati ai civili, ha stravinto le elezioni, raggiungendo la maggioranza assoluta e stracciando i vecchi mandarini del partito “Al-Fatah” creato da Arafat. I dirigenti di “Hamas” hanno subito tenuto a precisare che la loro “politica del mitra” non veniva affatto considerata in contrasto con la vittoria elettorale e che non si sarebbero seduti al tavolo delle trattative con gli israeliani.
Da notare che alle spalle di “Hamas” c’è la Siria di Assad e, soprattutto l’Iran di Ahmadinejad, oltre ai gruppi oltranzisti della Jjad islamica, primi fra tutti gli Hezbollah.
Questo è il panorama che si è creato nei territori palestinesi con questa elezioni, questi sono gli attori che stanno per andare in scena; la grande novità – non ancora “digerita appieno dall’occidente – è che una fazione di terroristi si sia presentata ad una elezione democratica e l’abbia vinta: credo sia la prima volta che accade.
Dopo il ritiro degli Israeliani da Gaza e dai territori occupati, una grande speranza di pace aveva buon diritto di essere sognata; prima la grave malattia di Sharon – comunque sostituito al meglio da Olmert – e adesso questo risultato elettorale: entrambe le cose inducono ad una grandissima prudenza sul futuro delle trattative di pace, ma non debbono scoraggiare completamente i due negoziatori; non dimentichiamo anche che tra non molto ci saranno le elezioni in Israele e non ci sarebbe da meravigliarsi che, sull’onda delle dichiarazioni dei nuovi dirigenti palestinesi, la destra del Likud riprenda in mano le redini del paese e allora la “road map” sarebbe una cosa da museo.
Come uscire da questa situazione? E’ difficile dirlo, forse al momento attuale resta solo da fare alcune ipotesi di lavoro e niente più, in attesa che il clima incandescente del dopo elezioni si raffreddi un po’
La prima è che entrambe le popolazioni (palestinesi e israeliani) sono “condannate” a vivere accanto e in pace; non vi sembri un paradosso, ma l’un popolo ha bisogno dell’altro e viceversa. Questo perché da tempo immemorabile le due popolazioni sono abituate alla lotta, al duello e quindi ora possono “solo” desiderare la pace, ed è quello che stanno cercando con insistenza in questi ultimi due anni.
Mi direte: ma allora perché i palestinesi non hanno votato “Al-Fatah”, cioè il partito attualmente al governo, quello che emana Abu Mazen (Presidente della Repubblica) e Abu Ala (Presidente del Consiglio), quello che era impegnato nelle trattative per la pace? La risposta è molto semplice: la prima volta che ha potuto votare senza che nessuno vigilasse su questa espressione democratica, la gente si è scagliata contro i ladroni di Arafat che hanno messo il paese alla fame, arricchendosi però personalmente con le varie sovvenzioni che da tutto il mondo gli pervenivano e sparivano nelle loro capaci tasche.
La seconda ipotesi è che il popolo palestinese, la gente, capisca che dopo il voto di protesta – comprensibile ma avventato – ora c’è bisogno di costruire la pace e per fare questo non c’è modo migliore che condizionare “Hamas” a comportarsi come una formazione politica e non come un gruppo terroristico che predica l’annientamento fisico dello stato e del popolo israeliano.
Sarà possibile che ciò avvenga? Non lo so, ma credo che sia l’unica cosa che ci resta da sperare; in alternativa c’è solo il ritorno alle bombe che credo nessuno dei due popoli desideri, proprio perché l’ha già provato.
giovedì, gennaio 26, 2006
LICENZA DI UCCIDERE ?
Ne avevamo già parlato nel luglio del 2005, quando il provvedimento sull’uso delle armi per “legittima difesa” era stato approvato dal Senato; adesso è passato anche alla Camera dei Deputati e quindi entra in vigore; guardiamo meglio allora di cosa si tratta e facciamoci sopra qualche commento.
In pratica la grossa novità è che all’art. 52 del Codice Penale sono aggiunti i seguenti due casi nei quali l’uso delle armi – legittimamente detenute – è consentito: difendere la propria e l’altrui incolumità; difendere i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.
Il primo caso (difendere la propria e l’altrui incolumità) non necessita di particolari spiegazioni e si riferisce esclusivamente alla propria abitazione; il secondo invece riguarda la rapina classica e – dice la nuova normativa – si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni luogo ove venga esercitato un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Nel primo caso un commento mi sorge spontaneo: se la classica rapina, a mano armata ovviamente, è regolamentata dal comma due, cosa riguarda il comma uno? Forse che anche nel caso di una litigata tra moglie e marito, qualora uno dei due impugni una pistola, l’altro è autorizzato a rispondere con un’arma similare? Ma allora siamo ai duelli del far-west, allora siamo a John Wayne, allora siamo a Billy the Kid, e potrei seguitare all’infinito; insomma, mi sembra di capire che la persona che si trova un’arma puntata contro, si sente in regola se spara per prima, sia al “ladro” e sia in altri casi..
Ho qualche perplessità su questa mia interpretazione, forse non correttissima, ma soprattutto ho delle perplessità su quello che poi andrà a giudicare e sentenziare la magistratura, perché, naturalmente – dovrà essere valutata l’intenzionalità del primo a recare danno e allora si entra nel campo delle congetture che – come ben sappiamo – fanno la fortuna degli avvocati.
Nel secondo comma è chiarissimo l’intento di consentire al privato di tutelare i propri beni, sia in casa che nel luogo deve egli esercita un’attività commerciale; possiamo fare qualche commento: uno Stato che autorizza i propri cittadini a fare giustizia da soli è uno Stato che non sa difenderli, né con le Forze dell’Ordine e neppure con la Magistratura (questa è l’immagine che balza fuori).
Il discorso è grosso modo il seguente: io (Stato) non ce la faccio a tutelare la vostra proprietà, i vostri beni, la vostra stessa vita e allora vi autorizzo a difendervi da soli, con tutto quello che vi ritrovate in mano, fino ad arrivare all’atto estremo, cioè all’omicidio, il quale sarà considerata una “difesa proporzionata”.
Un secondo commento è che se la nuova legge “mette in mano un’arma ai cittadini”, ne mette anche una ai malviventi, intendendo con questo che adesso i “cattivi”, subito dopo aver pronunciato il fatidico “o la borsa o la vita”, al minimo movimento del rapinato, si sentono quasi in dovere di aprire il fuoco: spero di sbagliarmi!!
Voglio solo aggiungere che in un vecchio film western c’era questa frase lapidaria che mi sembra appropriata: “se porti un’arma devi essere in grado di servirtene, sennò è meglio che stai senza” alludendo con questo che chi porta un’arma deve anche portare il coraggio di usarla; cosa che non tutti hanno o hanno a sproposito.
Questo è il mio pensiero, anche se posso condividere alcune situazioni “limite” nelle quali l’uso di un’arma può essere accettato; quello che invece vorrei sottolineare è il messaggio profondamente diseducativo che questa legge, sia pure involontariamente, si porta dietro.
In pratica la grossa novità è che all’art. 52 del Codice Penale sono aggiunti i seguenti due casi nei quali l’uso delle armi – legittimamente detenute – è consentito: difendere la propria e l’altrui incolumità; difendere i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.
Il primo caso (difendere la propria e l’altrui incolumità) non necessita di particolari spiegazioni e si riferisce esclusivamente alla propria abitazione; il secondo invece riguarda la rapina classica e – dice la nuova normativa – si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all’interno di ogni luogo ove venga esercitato un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale.
Nel primo caso un commento mi sorge spontaneo: se la classica rapina, a mano armata ovviamente, è regolamentata dal comma due, cosa riguarda il comma uno? Forse che anche nel caso di una litigata tra moglie e marito, qualora uno dei due impugni una pistola, l’altro è autorizzato a rispondere con un’arma similare? Ma allora siamo ai duelli del far-west, allora siamo a John Wayne, allora siamo a Billy the Kid, e potrei seguitare all’infinito; insomma, mi sembra di capire che la persona che si trova un’arma puntata contro, si sente in regola se spara per prima, sia al “ladro” e sia in altri casi..
Ho qualche perplessità su questa mia interpretazione, forse non correttissima, ma soprattutto ho delle perplessità su quello che poi andrà a giudicare e sentenziare la magistratura, perché, naturalmente – dovrà essere valutata l’intenzionalità del primo a recare danno e allora si entra nel campo delle congetture che – come ben sappiamo – fanno la fortuna degli avvocati.
Nel secondo comma è chiarissimo l’intento di consentire al privato di tutelare i propri beni, sia in casa che nel luogo deve egli esercita un’attività commerciale; possiamo fare qualche commento: uno Stato che autorizza i propri cittadini a fare giustizia da soli è uno Stato che non sa difenderli, né con le Forze dell’Ordine e neppure con la Magistratura (questa è l’immagine che balza fuori).
Il discorso è grosso modo il seguente: io (Stato) non ce la faccio a tutelare la vostra proprietà, i vostri beni, la vostra stessa vita e allora vi autorizzo a difendervi da soli, con tutto quello che vi ritrovate in mano, fino ad arrivare all’atto estremo, cioè all’omicidio, il quale sarà considerata una “difesa proporzionata”.
Un secondo commento è che se la nuova legge “mette in mano un’arma ai cittadini”, ne mette anche una ai malviventi, intendendo con questo che adesso i “cattivi”, subito dopo aver pronunciato il fatidico “o la borsa o la vita”, al minimo movimento del rapinato, si sentono quasi in dovere di aprire il fuoco: spero di sbagliarmi!!
Voglio solo aggiungere che in un vecchio film western c’era questa frase lapidaria che mi sembra appropriata: “se porti un’arma devi essere in grado di servirtene, sennò è meglio che stai senza” alludendo con questo che chi porta un’arma deve anche portare il coraggio di usarla; cosa che non tutti hanno o hanno a sproposito.
Questo è il mio pensiero, anche se posso condividere alcune situazioni “limite” nelle quali l’uso di un’arma può essere accettato; quello che invece vorrei sottolineare è il messaggio profondamente diseducativo che questa legge, sia pure involontariamente, si porta dietro.
mercoledì, gennaio 25, 2006
CI ABBIAMO ANCHE "er mutanda"
Proprio nel post di ieri stavamo celebrando il ritorno in grande stile del re di tutti i reality: “Il Grande Fratello”; e proprio domenica, tra tutta una serie di reduci da vari reality è scoppiato una lite furibonda durante la prima parte di “Domenica in” proprio tra due di questi reduci: Antonio Pappalardo e Antonio Zequila, detto “er mutanda”.
Prima di andare avanti, sono certo che sarete in preda alla curiosità più viva per sapere il motivo del soprannome affibbiato al signor Zequila: sembra che questa parola derivi dall’indumento omonimo da lui tolto quasi completamente per mostrare il posteriore, in occasione dell’”Isola dei famosi” (è un reality anche questo) al quale ha partecipato; chi mi ha informato di questo, mi ha anche aggiunto che questo gesto e il dubbio insorto tra vari partecipanti circa la sponda sessuale del citato Zequila (“è ghe”, sembra abbia detto la Lori del Santo – che se ne intende,eccome se ne intende – non usando il termine gay ma facendo intendere una propensione gay) sono le uniche cose che gli hanno dato notorietà.
Dunque, dicevamo, grande litigata tra i due con offese a madri, e collaterali, mani quasi sulla faccia, la povera Venier che non sa che pesci prendere e…la pubblicità che ha permesso un po’ di calma, ma ormai la frittata era stata fatta: ha cominciato il Direttore di Rai 1, Del Noce, sospendendo quella parte di programma assegnato alla Venier e intimando la radiazione a vita dagli schermi Rai dei due reprobi; ha continuato il Direttore Generale, facendo intendere che altri provvedimenti sono allo studio e che stanno per calare sulle teste dei “cattivoni”.
Entrambi i direttori mi fanno proprio ridere: quando si mette un piedi una trasmissione nella quale si prendono una serie di “personaggi” che non hanno nessun titolo per essere lì e li invitiamo a parlare come se fossero degli esperti, cosa volete che ci scappi fuori se non parolacce ed insulti; questi signori, infatti, non sanno fare niente, né cantare (Pappalardo vive ancora di rendita su una canzone degli anni ‘70), né ballare, né argomentare con un po’ di conoscenza delle cose e neppure, infine parlare con una certa dimestichezza della lingua italiana; l’unica cosa che hanno a disposizione per rimanere a galla è creare il caso, fare baccano, fare che i giornali e le televisioni parlino di loro: e porca miseria ci sono riusciti anche questa volta.
State certi che i cachet d’ingaggio dei due personaggi per le loro apparizioni in discoteche e balere varie, saranno assai aumentati, perché la loro esposizione mediatica è stata esponenzialmente maggiorata da tutti coloro (i TG e i Quotidiani) che ne hanno parlato.
Notare che nella trasmissione c’era anche un prete – il solito Don Mazzi che non capisco quando compia le sue opere di carità, dato che è sempre in TV – che, dopo avere stigmatizzato tutta la sceneggiata, ha ammesso di avere sbagliato a non andarsene; no, caro Don Mazzi, hai sbagliato ad andarci, altro che a non andartene!
Una delle associazioni di tutela dei consumatori ha invitato i suoi iscritti a non pagare il canone RAI – che scade tra pochi giorni, tra l’altro – e questa sarebbe una idea niente affatto peregrina, se questa struttura contasse qualcosa, ma invece…; una cosa però la gente può farla: spenga il televisore quando si trova in presenza di queste porcherie.
E invece, volete sapere l’ultima? “Domenica In” stava perdendo rispetto a “Buona Domenica” cinque punti di share (20% contro 25%); allo scoppio della rissa e subito dopo RAI 1 è schizzata al 27% superando la concorrenza; in pratica circa mezzo milione di telespettatori ha lasciato Canale % ed è andato a sintonizzarsi sulla trasmissione dove si stava leticando, con la speranza che non avessero ancora finito del tutto!
Cari amici, così è se vi pare e se non vi pare fa lo stesso!!
Prima di andare avanti, sono certo che sarete in preda alla curiosità più viva per sapere il motivo del soprannome affibbiato al signor Zequila: sembra che questa parola derivi dall’indumento omonimo da lui tolto quasi completamente per mostrare il posteriore, in occasione dell’”Isola dei famosi” (è un reality anche questo) al quale ha partecipato; chi mi ha informato di questo, mi ha anche aggiunto che questo gesto e il dubbio insorto tra vari partecipanti circa la sponda sessuale del citato Zequila (“è ghe”, sembra abbia detto la Lori del Santo – che se ne intende,eccome se ne intende – non usando il termine gay ma facendo intendere una propensione gay) sono le uniche cose che gli hanno dato notorietà.
Dunque, dicevamo, grande litigata tra i due con offese a madri, e collaterali, mani quasi sulla faccia, la povera Venier che non sa che pesci prendere e…la pubblicità che ha permesso un po’ di calma, ma ormai la frittata era stata fatta: ha cominciato il Direttore di Rai 1, Del Noce, sospendendo quella parte di programma assegnato alla Venier e intimando la radiazione a vita dagli schermi Rai dei due reprobi; ha continuato il Direttore Generale, facendo intendere che altri provvedimenti sono allo studio e che stanno per calare sulle teste dei “cattivoni”.
Entrambi i direttori mi fanno proprio ridere: quando si mette un piedi una trasmissione nella quale si prendono una serie di “personaggi” che non hanno nessun titolo per essere lì e li invitiamo a parlare come se fossero degli esperti, cosa volete che ci scappi fuori se non parolacce ed insulti; questi signori, infatti, non sanno fare niente, né cantare (Pappalardo vive ancora di rendita su una canzone degli anni ‘70), né ballare, né argomentare con un po’ di conoscenza delle cose e neppure, infine parlare con una certa dimestichezza della lingua italiana; l’unica cosa che hanno a disposizione per rimanere a galla è creare il caso, fare baccano, fare che i giornali e le televisioni parlino di loro: e porca miseria ci sono riusciti anche questa volta.
State certi che i cachet d’ingaggio dei due personaggi per le loro apparizioni in discoteche e balere varie, saranno assai aumentati, perché la loro esposizione mediatica è stata esponenzialmente maggiorata da tutti coloro (i TG e i Quotidiani) che ne hanno parlato.
Notare che nella trasmissione c’era anche un prete – il solito Don Mazzi che non capisco quando compia le sue opere di carità, dato che è sempre in TV – che, dopo avere stigmatizzato tutta la sceneggiata, ha ammesso di avere sbagliato a non andarsene; no, caro Don Mazzi, hai sbagliato ad andarci, altro che a non andartene!
Una delle associazioni di tutela dei consumatori ha invitato i suoi iscritti a non pagare il canone RAI – che scade tra pochi giorni, tra l’altro – e questa sarebbe una idea niente affatto peregrina, se questa struttura contasse qualcosa, ma invece…; una cosa però la gente può farla: spenga il televisore quando si trova in presenza di queste porcherie.
E invece, volete sapere l’ultima? “Domenica In” stava perdendo rispetto a “Buona Domenica” cinque punti di share (20% contro 25%); allo scoppio della rissa e subito dopo RAI 1 è schizzata al 27% superando la concorrenza; in pratica circa mezzo milione di telespettatori ha lasciato Canale % ed è andato a sintonizzarsi sulla trasmissione dove si stava leticando, con la speranza che non avessero ancora finito del tutto!
Cari amici, così è se vi pare e se non vi pare fa lo stesso!!
lunedì, gennaio 23, 2006
E' TORNATO IL GRANDE FRATELLO
Come dicevamo alcuni giorni or sono, l’inclemenza di questo tempo – oltre che da noi anche nelle regioni della Russia, Armenia, Urbekistan, Georgia e, ovviamente Siberia – ha generato una nuova, gravissima emergenza: quella dell’approvvigionamento del gas naturale e, di conseguenza quella dell’erogazione alle famiglie del normale gas da riscaldamento e da cucina.
In Russia i tantissimi “poveri – senza tetto” stanno morendo come mosche e le autorità statali hanno deciso di incrementare l’erogazione del gas, togliendolo dalle forniture all’Europa occidentale.
QUI IN ITALIA, E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
L’Iran ha continuato a “pretendere” di andare avanti nell’arricchimento dell’uranio con lo scopo di realizzare, al più presto, dei reattori nucleari (a scopo pacifico dicono loro!).
I governi di tutto l’occidente sono in preallarme per questa palese violazione delle norme dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ma tutti sono cauti poiché l’Iran è tra i massimi produttori di petrolio.
Il leader iraniano, Ahmadinejad, continua a minacciare Israele con frasi che definirle pesanti è un eufemismo: la settimana scorsa è stato in visita ufficiale in Palestina e, anziché invitare quel popolo e quel governo, a usare moderazione, ora che anche Israele sta marciando sulla via della pace, ha incitato i terroristi ad aumentare la loro attività.
QUI IN ITALIA E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
Il Presidente Chirac ha minacciato i terroristi, in particolare quelli di Al Qaeda, di fare ricorso anche all’arma atomica in caso di loro attacchi a persone e interessi francesi.
Mi chiedo dove e in che modo potrà sganciare l’atomica se non si sa dove sono nascosti: oppure c’è qualcuno che lo sa ma non lo dice e li tiene lì in attesa di usarli al meglio?
QUI IN ITALIA E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
In Italia, non sono ancora chiuse le Camere e quindi non è ancora aperta la campagna elettorale, ma la competizione è iniziata da tempo ed è al calor bianco, come si dice in gergo militare.
I due leader non si risparmiano offese e contumelie degne di una discussione sportiva all’osteria; come ci giudicheranno all’estero? Come al solito!
QUI IN ITALIA E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
Dopo gli “anti-tav” abbiamo dovuto scoprire anche gli “anti-ponte”, quelli cioè contrari alla realizzazione del ponte sullo stretto che dovrebbe congiungere la Sicilia al continente
Il miglior commento su questa manifestazione mi è sembrato quello di Folco Quilici -.il documentarista che ha sempre rappresentato la natura – quando ha affermato che anche nel Medio Evo i più fanatici sostenevano che costruire un ponte fosse una bestemmia, “perché univa quello che Dio aveva creato diviso”.
QUI IN ITALIA E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA DATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
Il tormentone che mi sono permesso di intercalare 5 volte durante questo post, vuole soltanto rammentare a me e a voi tutti che questo è il nostro Paese, questa è la gente che ci vive, questa è la realtà che siamo chiamati ad affrontare tutti i giorni.
Meditiamo, gente, meditiamo!!
In Russia i tantissimi “poveri – senza tetto” stanno morendo come mosche e le autorità statali hanno deciso di incrementare l’erogazione del gas, togliendolo dalle forniture all’Europa occidentale.
QUI IN ITALIA, E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
L’Iran ha continuato a “pretendere” di andare avanti nell’arricchimento dell’uranio con lo scopo di realizzare, al più presto, dei reattori nucleari (a scopo pacifico dicono loro!).
I governi di tutto l’occidente sono in preallarme per questa palese violazione delle norme dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, ma tutti sono cauti poiché l’Iran è tra i massimi produttori di petrolio.
Il leader iraniano, Ahmadinejad, continua a minacciare Israele con frasi che definirle pesanti è un eufemismo: la settimana scorsa è stato in visita ufficiale in Palestina e, anziché invitare quel popolo e quel governo, a usare moderazione, ora che anche Israele sta marciando sulla via della pace, ha incitato i terroristi ad aumentare la loro attività.
QUI IN ITALIA E’ RIPRESO “IL GRANDE FRATELLO” E HA FATTO SUBITO IL 40% DI SHARE (CIOE’ 4 ITALIANI SU 10 HANNO VISTO QUEL REALITY).
Il Presidente Chirac ha minacciato i terroristi, in particolare quelli di Al Qaeda, di fare ricorso anche all’arma atomica in caso di loro attacchi a persone e interessi francesi.
Mi chiedo dove e in che modo potrà sganciare l’atomica se non si sa dove sono nascosti: oppure c’è qualcuno che lo sa ma non lo dice e li tiene lì in attesa di usarli al meglio?
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In Italia, non sono ancora chiuse le Camere e quindi non è ancora aperta la campagna elettorale, ma la competizione è iniziata da tempo ed è al calor bianco, come si dice in gergo militare.
I due leader non si risparmiano offese e contumelie degne di una discussione sportiva all’osteria; come ci giudicheranno all’estero? Come al solito!
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Dopo gli “anti-tav” abbiamo dovuto scoprire anche gli “anti-ponte”, quelli cioè contrari alla realizzazione del ponte sullo stretto che dovrebbe congiungere la Sicilia al continente
Il miglior commento su questa manifestazione mi è sembrato quello di Folco Quilici -.il documentarista che ha sempre rappresentato la natura – quando ha affermato che anche nel Medio Evo i più fanatici sostenevano che costruire un ponte fosse una bestemmia, “perché univa quello che Dio aveva creato diviso”.
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Il tormentone che mi sono permesso di intercalare 5 volte durante questo post, vuole soltanto rammentare a me e a voi tutti che questo è il nostro Paese, questa è la gente che ci vive, questa è la realtà che siamo chiamati ad affrontare tutti i giorni.
Meditiamo, gente, meditiamo!!
WILLY, LA BALENA NEL TAMIGI
Non ce l’ha fatta Willy, la giovane balena capitata improvvisamente nel Tamigi, dove per un po’ di tempo è scorrazzata attraverso la capitale britannica; non ce l’ha fatta a riprendere il mare ed a tornare nel suo logico ed elementare mondo, fatto di amici pesci e non di bambini e adulti vocianti dalle spallette dei ponti.
I londinesi l’avevano adottata, battezzandola con il nome del delfino protagonista di una fortunata saga cinematografica; l’insolito turista era capitato nel Tamigi non sappiamo per quale recondito e stranissimo motivo, probabilmente perché non a posto fisicamente, (l’animale non aveva tutte le sue bussole direzionali funzionanti); oppure – come osserva qualche giornale inglese – la balena è stata ingannata da qualche test militare o addirittura dai sonar anti sommergibile che evidentemente sono presenti alla foce del fiume.
Mi piace pensare invece che i suoi amici e colleghi pesci abbiano incaricato Willy di venire a dare un’occhiata a quello che succede tra gli uomini; e lei – obbediente e servizievole – si è andata a infognare nel Tamigi, attraversando così più volte Londra e vedendo così, da un osservatorio specialissimo, un po’ della vita caotica della metropoli inglese.
Cosa avrà pensato delle cose che gli è capitato di vedere? Come avrà preso la presenza di tutta quella gente che dalle spallette del ponte l’acclamava e la chiamava affettuosamente per nome?
Ma guarda, avrà pensato, sono già diventata famosa, eppure non mi conoscono neppure!
Torniamo un attimo a parlare di cose serie: dopo l’avvistamento della balena, un gruppo di biologi marini le è stato sempre accanto e ha così potuto assistere al progressivo peggioramento delle condizioni di salute della balena.
Ieri l’altro è stato il giorno decisivo: quando il livello del Tamigi è cominciato a calare e la balena si è addirittura arenata, la situazione è precipitata; a quel punto è scattato un piano di emergenza che prevedeva di imbracare e sollevare il cetaceo che veniva attaccata ad una chiatta che procedeva verso la foce del fiume e, successivamente avrebbe dovuto essere trasferita su una nave che l’avrebbe liberata in mare aperto, nelle grandi profondità marine, dove c’era “casa sua”.
Durante questo viaggio – eseguito a lentissima velocità per ovvi motivi di sicurezza dell’animale – il gruppo di soccorso ha prelevato il sangue della balena ed ha provveduto a compiere delle analisi per determinare l’insorgenza di qualche malattia.
Il gruppo che si è occupato di questo intervento, ha emesso anche “bollettini sanitari” sempre più preoccupanti in quanto il disagio di sopportare il proprio peso fuori dall’acqua è apparso come un ostacolo insormontabile; nella tarda serata di ieri, quando la chiatta si trovava a poche centinaia di metri dalla foce del Tamigi, Willy è spirata: appena appresa la notizia i londinesi si sono precipitati davanti alle televisioni per conoscere meglio i particolari.
La commozione ha preso tutti – non solo i bambini che ormai l’avevano adottata come una di loro – e credo che non verrà dimenticata presto, tanto è stata seguita e amata da tutti i londinesi.
Se mi concedete ancora alcuni secondi, continuo nel mio sogno e mi immagino Willy che si trova adesso a riferire agli amici e colleghi su ciò che ha visto e, sono certo, il racconto sarà interessante per i pesci, ma l’uomo non ci farà una gran bella figura!!
Figuratevi, c’è addirittura qualcuno che afferma che l’uomo – con tutta la bramosia creata attorno alla balena nell’intento di salvarla – sia stato una delle componenti che ha accelerato la fine del povero Willy; sarà vero? Le balene dicono così!
I londinesi l’avevano adottata, battezzandola con il nome del delfino protagonista di una fortunata saga cinematografica; l’insolito turista era capitato nel Tamigi non sappiamo per quale recondito e stranissimo motivo, probabilmente perché non a posto fisicamente, (l’animale non aveva tutte le sue bussole direzionali funzionanti); oppure – come osserva qualche giornale inglese – la balena è stata ingannata da qualche test militare o addirittura dai sonar anti sommergibile che evidentemente sono presenti alla foce del fiume.
Mi piace pensare invece che i suoi amici e colleghi pesci abbiano incaricato Willy di venire a dare un’occhiata a quello che succede tra gli uomini; e lei – obbediente e servizievole – si è andata a infognare nel Tamigi, attraversando così più volte Londra e vedendo così, da un osservatorio specialissimo, un po’ della vita caotica della metropoli inglese.
Cosa avrà pensato delle cose che gli è capitato di vedere? Come avrà preso la presenza di tutta quella gente che dalle spallette del ponte l’acclamava e la chiamava affettuosamente per nome?
Ma guarda, avrà pensato, sono già diventata famosa, eppure non mi conoscono neppure!
Torniamo un attimo a parlare di cose serie: dopo l’avvistamento della balena, un gruppo di biologi marini le è stato sempre accanto e ha così potuto assistere al progressivo peggioramento delle condizioni di salute della balena.
Ieri l’altro è stato il giorno decisivo: quando il livello del Tamigi è cominciato a calare e la balena si è addirittura arenata, la situazione è precipitata; a quel punto è scattato un piano di emergenza che prevedeva di imbracare e sollevare il cetaceo che veniva attaccata ad una chiatta che procedeva verso la foce del fiume e, successivamente avrebbe dovuto essere trasferita su una nave che l’avrebbe liberata in mare aperto, nelle grandi profondità marine, dove c’era “casa sua”.
Durante questo viaggio – eseguito a lentissima velocità per ovvi motivi di sicurezza dell’animale – il gruppo di soccorso ha prelevato il sangue della balena ed ha provveduto a compiere delle analisi per determinare l’insorgenza di qualche malattia.
Il gruppo che si è occupato di questo intervento, ha emesso anche “bollettini sanitari” sempre più preoccupanti in quanto il disagio di sopportare il proprio peso fuori dall’acqua è apparso come un ostacolo insormontabile; nella tarda serata di ieri, quando la chiatta si trovava a poche centinaia di metri dalla foce del Tamigi, Willy è spirata: appena appresa la notizia i londinesi si sono precipitati davanti alle televisioni per conoscere meglio i particolari.
La commozione ha preso tutti – non solo i bambini che ormai l’avevano adottata come una di loro – e credo che non verrà dimenticata presto, tanto è stata seguita e amata da tutti i londinesi.
Se mi concedete ancora alcuni secondi, continuo nel mio sogno e mi immagino Willy che si trova adesso a riferire agli amici e colleghi su ciò che ha visto e, sono certo, il racconto sarà interessante per i pesci, ma l’uomo non ci farà una gran bella figura!!
Figuratevi, c’è addirittura qualcuno che afferma che l’uomo – con tutta la bramosia creata attorno alla balena nell’intento di salvarla – sia stato una delle componenti che ha accelerato la fine del povero Willy; sarà vero? Le balene dicono così!
domenica, gennaio 22, 2006
CHE SUCCEDE NEI CIELI ?
Non alludo, ovviamente ai cieli con la “C” maiuscola, dove il Padreterno e i suoi collaboratori cercano di mandare avanti tutta la baracca; alludo, più modestamente, ai cieli solcati dagli aerei e, in particolare, alla vicenda Alitalia che – ormai da tempo immemorabile – é in stato di crisi, con scioperi un giorno sì e l’altro pure.
Chiariamo un concetto: se scioperano i treni (regionali o intercity o pendolini che siano) si blocca l’intera nazione, poiché sui binari non ci sono alternative a Trenitaliai, al massimo puoi prendere un autobus oppure – se ce l’hai – usare la macchina.
Con l’aereo il discorso è diverso: siamo pieni di compagnie aeree, nazionali e straniere, tutte vogliose di accaparrarsi la maggior quantità di “tratte” possibili; finora la parte del leone nelle assegnazione di queste benedette “tratte” l’ha fatta Alitalia, in virtù del fatto che si trattava della cosiddetta Compagnia di bandiera, cioè un po’ come se si dicesse la “FIAT”.
Il continuare a voler privilegiare la “roba nostra” mi sembra profondamente sbagliato e – dobbiamo aggiungere – anche non rispondente alla normativa europea; in più abbiamo avuto modo di vedere quello che è successo con le scalate bancarie, laddove una nostra autorità cercava di privilegiare l’italianità dello scalatore contro lo straniero.
Torniamo ad Alitalia e notiamo che l’azienda è in crisi profonda da alcuni anni: il governo ha già fatto una iniezione di quattrini – sotto forma di prestito (credo che non li rivedrà) – ma non è bastata; il rapporto con i sindacati è pessimo (non so dire di chi sia la colpa) tant’è vero che la dirigenza non è riuscita a impostare un discorso del genere: “ragazzi, diamoci da fare altrimenti qui si chiude”.
Anzi, le maestranze – guidate da un sindacato “autonomo” ma con la benedizione anche dei confederati – hanno indetto gli ultimi scioperi con delle motivazioni assai fumose, scritte in perfetto sindacalese, ma che sostanzialmente rivendicano la mancanza di un piano aziendale per il futuro; forse l’azienda non è in grado di realizzare questo piano in quanto la cassaforte è vuota e non è pensabile di ritornare alla carica con il Ministero.
Allora che si fa? In questi giorni ho letto un’intervista dell’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che invita caldamente il Ministro dei Trasporti a “far fallire Alitalia”, visto e considerato che l’azienda si è dimostrata decotta e non più recuperabile.
Sono d’accordo con lui, anzi vorrei aggiungere qualcosa di più: in caso di fallimento i dipendenti dovrebbero ritrovarsi - come si dice dalle mie parti – “col culo per terra”, alla stessa stregua di quello che accade quando l’azienda che fallisce è in mani private; vorrei chiarire che nel novero dei lavoratori “col culo per terra” ci metto innanzi tutto i dirigenti, con l’A.D. in testa e tutto il C.d.A. Direttore Generale e Direttori vari, e solo dopo tutti gli altri, partendo da quelli che trattano con il sindacato, poi i sindacalisti e – per ultimi - i lavoratori “ultima ruota del carro”, ai quali cercherei di rimediare un qualche posto di lavoro.
Sicuramente non si potrà fare perché ne andrebbe del prestigio del paese (come se avere la Compagnia di bandiera che cancella 200 voli si possa considerare prestigioso), però sarebbe bello e, ritengo, anche assai istruttivo per tutti; e non mi tacciate di antisindacalismo perché senno non avete capito lo spirito e la provocatorietà della proposta.
Chiariamo un concetto: se scioperano i treni (regionali o intercity o pendolini che siano) si blocca l’intera nazione, poiché sui binari non ci sono alternative a Trenitaliai, al massimo puoi prendere un autobus oppure – se ce l’hai – usare la macchina.
Con l’aereo il discorso è diverso: siamo pieni di compagnie aeree, nazionali e straniere, tutte vogliose di accaparrarsi la maggior quantità di “tratte” possibili; finora la parte del leone nelle assegnazione di queste benedette “tratte” l’ha fatta Alitalia, in virtù del fatto che si trattava della cosiddetta Compagnia di bandiera, cioè un po’ come se si dicesse la “FIAT”.
Il continuare a voler privilegiare la “roba nostra” mi sembra profondamente sbagliato e – dobbiamo aggiungere – anche non rispondente alla normativa europea; in più abbiamo avuto modo di vedere quello che è successo con le scalate bancarie, laddove una nostra autorità cercava di privilegiare l’italianità dello scalatore contro lo straniero.
Torniamo ad Alitalia e notiamo che l’azienda è in crisi profonda da alcuni anni: il governo ha già fatto una iniezione di quattrini – sotto forma di prestito (credo che non li rivedrà) – ma non è bastata; il rapporto con i sindacati è pessimo (non so dire di chi sia la colpa) tant’è vero che la dirigenza non è riuscita a impostare un discorso del genere: “ragazzi, diamoci da fare altrimenti qui si chiude”.
Anzi, le maestranze – guidate da un sindacato “autonomo” ma con la benedizione anche dei confederati – hanno indetto gli ultimi scioperi con delle motivazioni assai fumose, scritte in perfetto sindacalese, ma che sostanzialmente rivendicano la mancanza di un piano aziendale per il futuro; forse l’azienda non è in grado di realizzare questo piano in quanto la cassaforte è vuota e non è pensabile di ritornare alla carica con il Ministero.
Allora che si fa? In questi giorni ho letto un’intervista dell’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che invita caldamente il Ministro dei Trasporti a “far fallire Alitalia”, visto e considerato che l’azienda si è dimostrata decotta e non più recuperabile.
Sono d’accordo con lui, anzi vorrei aggiungere qualcosa di più: in caso di fallimento i dipendenti dovrebbero ritrovarsi - come si dice dalle mie parti – “col culo per terra”, alla stessa stregua di quello che accade quando l’azienda che fallisce è in mani private; vorrei chiarire che nel novero dei lavoratori “col culo per terra” ci metto innanzi tutto i dirigenti, con l’A.D. in testa e tutto il C.d.A. Direttore Generale e Direttori vari, e solo dopo tutti gli altri, partendo da quelli che trattano con il sindacato, poi i sindacalisti e – per ultimi - i lavoratori “ultima ruota del carro”, ai quali cercherei di rimediare un qualche posto di lavoro.
Sicuramente non si potrà fare perché ne andrebbe del prestigio del paese (come se avere la Compagnia di bandiera che cancella 200 voli si possa considerare prestigioso), però sarebbe bello e, ritengo, anche assai istruttivo per tutti; e non mi tacciate di antisindacalismo perché senno non avete capito lo spirito e la provocatorietà della proposta.