sabato, settembre 30, 2006
LA PICCOLA MARIA E' TORNATA IN PATRIA ?
La piccola Maria, la piccola bielorussa “nascosta” per alcuni giorni dai genitori affidatari italiani per evitare che tornasse in patria dove aveva – a suo dire – subito delle violenze, è sparita e probabilmente è rientrata nel suo paese con una operazione che, a dire poco, lascia perplessi.
Il Tribunale dei Minori aveva sanzionato l’obbligo dei genitori di restituire la bambina alle autorità della Bielorussia (nel caso particolare l’Ambasciatore); a questa sentenza i genitori affidatari avevano ricorso alla Corte d’Appello che si era presa alcuni giorni prima di decidere in merito.
Nelle more di queste due sentenze – una già emanata, l’altra in corso di emanazione – i Carabinieri di Genova si sono presentati nella struttura pubblica alla quale la bambina era stata affidata in attesa della decisione della Corte d’Appello e l’hanno portata con se; dove? Non si sa! È stata affidata all’Ambasciata bielorussa per il rimpatrio? Non si sa neppure questo!! Ci sono delle voci che vorrebbero la bambina imbarcata segretamente su un aereo diretto a Minsk, ma sono soltanto voci che non vengono confermate da nessuno.
I miei commenti, come gli amici lettori ormai sanno bene, sono sempre filtrati attraverso il “modo” con cui i mezzi di comunicazione di massa gestiscono una certa vicenda; ebbene, in questo caso ho avuto la netta impressione che giornali e TV avessero avuto come una specie di “ordine dall’alto” affinché di questa storia se ne parlasse il meno possibile.
Mi chiedo e vi chiedo: la bambina ospite di un Istituto genovese viene prelevata dai Carabinieri e la stampa (giornali e TV) non è lì a riprendere l’evento? No, c’è qualcosa che mi puzza su questo modo di “bucare” una notizia, come si dice in gergo.
Ancora: la bambina dov’è stata portata? Nessuno è in grado di dirlo e la stampa neppure, eppure se al posto della piccola Maria ci fosse stato un calciatore con una velina al seguito state certi che saremmo stati invasi da notizie e da immagini; qui invece niente; perché, mi chiedo e vi chiedo?
Possibile che i Carabinieri abbiano deciso di dare esecuzione al rimpatrio richiesto dalla Bielorussia senza attendere le decisione della nostra magistratura di secondo grado? Comunque il caso non è chiuso – anche se le nostre autorità si sono tolte il “peso” di Maria che intralciava i rapporti con la Bielorussia – perché il Comitato Internazionale dei Diritti Umani ha presentato un ricorso alla Corte Europea di Strasburgo contro la Bielorussia accusandola di “abuso di potere e crudeltà mentale nei confronti di minori”.
In una nota dello stesso Comitato si legge che “è semplicemente indecoroso e crudele ciò che sta subendo Maria che chiede solo di dimenticare e di rimanere tra persone che l’amano e che per lei hanno messo a rischio la loro stessa libertà”; la nota prosegue affermando che “il governo italiano non può rendersi complice di abusi e reati contro l’infanzia, compiacendo le richieste della Bielorussia”.
Ed a questa gravissima presa di potere non corrisponde nessuna inchiesta da parte dei mass media italiani che, partendo dai Carabinieri che hanno eseguito il “prelievo” di Maria dall’Istituto, potrebbe proseguire verso il luogo dove è stata trasportata e da lì fino a dove si trova adesso; mi sembra di non dire niente di scandaloso né di rivoluzionario, ma di indicare il logico percorso di una inchiesta giornalistica; perché non è stato seguito? Questa è la domanda alla quale non so rispondere!!
Il Tribunale dei Minori aveva sanzionato l’obbligo dei genitori di restituire la bambina alle autorità della Bielorussia (nel caso particolare l’Ambasciatore); a questa sentenza i genitori affidatari avevano ricorso alla Corte d’Appello che si era presa alcuni giorni prima di decidere in merito.
Nelle more di queste due sentenze – una già emanata, l’altra in corso di emanazione – i Carabinieri di Genova si sono presentati nella struttura pubblica alla quale la bambina era stata affidata in attesa della decisione della Corte d’Appello e l’hanno portata con se; dove? Non si sa! È stata affidata all’Ambasciata bielorussa per il rimpatrio? Non si sa neppure questo!! Ci sono delle voci che vorrebbero la bambina imbarcata segretamente su un aereo diretto a Minsk, ma sono soltanto voci che non vengono confermate da nessuno.
I miei commenti, come gli amici lettori ormai sanno bene, sono sempre filtrati attraverso il “modo” con cui i mezzi di comunicazione di massa gestiscono una certa vicenda; ebbene, in questo caso ho avuto la netta impressione che giornali e TV avessero avuto come una specie di “ordine dall’alto” affinché di questa storia se ne parlasse il meno possibile.
Mi chiedo e vi chiedo: la bambina ospite di un Istituto genovese viene prelevata dai Carabinieri e la stampa (giornali e TV) non è lì a riprendere l’evento? No, c’è qualcosa che mi puzza su questo modo di “bucare” una notizia, come si dice in gergo.
Ancora: la bambina dov’è stata portata? Nessuno è in grado di dirlo e la stampa neppure, eppure se al posto della piccola Maria ci fosse stato un calciatore con una velina al seguito state certi che saremmo stati invasi da notizie e da immagini; qui invece niente; perché, mi chiedo e vi chiedo?
Possibile che i Carabinieri abbiano deciso di dare esecuzione al rimpatrio richiesto dalla Bielorussia senza attendere le decisione della nostra magistratura di secondo grado? Comunque il caso non è chiuso – anche se le nostre autorità si sono tolte il “peso” di Maria che intralciava i rapporti con la Bielorussia – perché il Comitato Internazionale dei Diritti Umani ha presentato un ricorso alla Corte Europea di Strasburgo contro la Bielorussia accusandola di “abuso di potere e crudeltà mentale nei confronti di minori”.
In una nota dello stesso Comitato si legge che “è semplicemente indecoroso e crudele ciò che sta subendo Maria che chiede solo di dimenticare e di rimanere tra persone che l’amano e che per lei hanno messo a rischio la loro stessa libertà”; la nota prosegue affermando che “il governo italiano non può rendersi complice di abusi e reati contro l’infanzia, compiacendo le richieste della Bielorussia”.
Ed a questa gravissima presa di potere non corrisponde nessuna inchiesta da parte dei mass media italiani che, partendo dai Carabinieri che hanno eseguito il “prelievo” di Maria dall’Istituto, potrebbe proseguire verso il luogo dove è stata trasportata e da lì fino a dove si trova adesso; mi sembra di non dire niente di scandaloso né di rivoluzionario, ma di indicare il logico percorso di una inchiesta giornalistica; perché non è stato seguito? Questa è la domanda alla quale non so rispondere!!
venerdì, settembre 29, 2006
OLTRE I 70 MILA EURO
Al momento in cui scrivo queste note, sembra che la parte del leone della prossima finanziaria di risanamento la faccia l’IRPEF che, secondo indiscrezioni, verrebbe alzata per i reddito oltre i 70.000 (o 75, notizia dell’ultimissima ora) euro l’anno, ma anche per quello compresi tra i 40 e i 70 mila euro.
Le aliquote dovrebbero essere del 43% per i redditi da 70 o 75 mila euro e del 40 o 41% per quelli tra i 40 e i 70 mila euro: volete sapere chi appartiene alla prima categoria? Per il 70,3% sono dipendenti e pensionati (oltre 452.000 persone), per il 20,4% sono professionisti (oltre 130.000 persone), per l’8% sono imprenditori (poco più di 51.000 contribuenti) e solo l’1,3% sono agricoltori (la miseria di 7.633 contribuenti).
L’impostazione generale mi sta bene e mi sembra anche profondamente equa, quello invece che mi lascia perplessa è l’appartenenza a questa fascia delle varie categorie che ho sopra indicato: ma come, solo l’8% di imprenditori contro il 70,3% di dipendenti e pensionati? Oppure il 20,4% di professionisti?
Ecco, qui mi sembra che ci sia materia per riflettere sulla giustizia sociale che questo provvedimento vuole impersonificare; evidentemente siamo in presenza di dati IRPEF che sono falsati alla base in quanto provenienti da una serie di provvedimenti che consentono l’elusione fiscale a imprenditori e professionisti mentre non consente proprio niente a dipendenti e pensionati.
E badate bene che questa è “la madre di tutte le ingiustizie”: l’amministrazione statale sa che il dipendente ed il pensionato è l’unico soggetto fiscale a dover pagare per intero il suo debito con l’erario mentre gli altri hanno varie forme per “scantonare” ed allora cerca di colpire questi ultimi con provvedimenti di “imposte dirette” tipo la tassazione speciale per i possessori di SUV (sport utilità vehicle), partendo dalla presunzione che questi sono appannaggio di ricchi industriali o professionisti.
Ma così procedendo, si dà la stura ad un sacco di storture e di proteste: perché tassare colui che utilizza i suoi soldi per comprare il gippone e non si va invece a ricercare colui che acquista altri generi di lusso (gioielli, orologi di gran pregio, ecc)?
Poiché “la madre di tutte le ingiustizie” continua a ripetere che lo stato non riesce a determinare con una certa esattezza quanto guadagna “tizio” (imprenditore) oppure “caio” (professionista), allora si ricorre a questa forma di tassazione surrettizia che provoca altrettante ingiustizie perché consente ai più di nascondere non solo i redditi ma anche gli utilizzi.
Nelle prime denuncie dei redditi dei tempi della buonanima Vanoni, si doveva indicare l’auto posseduta e, sulla base della sua importanza, il fisco calcolava induttivamente il reddito dell’individuo: a quei tempi si gridò allo scandalo perché non si teneva conto di altri parametri di ricchezza, ed oggi ci stiamo ritornando sopra: complimenti per l’originalità.
Vi lascio per ultime altre due percentuali che, se ve le avessi citate prima, avrebbero sgonfiato tutto il resto; volete sapere quanti sono i “fortunati” che guadagnano oltre i 70 mila euro? Ebbene, sono l’1,59% della massa dei contribuenti; e quelli invece che guadagnano tra i 40 e i 70 mila euro? Sono il 3,42%.
E il resto dei contribuenti, pari al 94,99%, guadagna (o meglio dichiara di guadagnare) sotto i 40 mila euro e, da questa manovra non viene investita; forse è proprio lì che bisognava cercare, non vi pare??!!
Le aliquote dovrebbero essere del 43% per i redditi da 70 o 75 mila euro e del 40 o 41% per quelli tra i 40 e i 70 mila euro: volete sapere chi appartiene alla prima categoria? Per il 70,3% sono dipendenti e pensionati (oltre 452.000 persone), per il 20,4% sono professionisti (oltre 130.000 persone), per l’8% sono imprenditori (poco più di 51.000 contribuenti) e solo l’1,3% sono agricoltori (la miseria di 7.633 contribuenti).
L’impostazione generale mi sta bene e mi sembra anche profondamente equa, quello invece che mi lascia perplessa è l’appartenenza a questa fascia delle varie categorie che ho sopra indicato: ma come, solo l’8% di imprenditori contro il 70,3% di dipendenti e pensionati? Oppure il 20,4% di professionisti?
Ecco, qui mi sembra che ci sia materia per riflettere sulla giustizia sociale che questo provvedimento vuole impersonificare; evidentemente siamo in presenza di dati IRPEF che sono falsati alla base in quanto provenienti da una serie di provvedimenti che consentono l’elusione fiscale a imprenditori e professionisti mentre non consente proprio niente a dipendenti e pensionati.
E badate bene che questa è “la madre di tutte le ingiustizie”: l’amministrazione statale sa che il dipendente ed il pensionato è l’unico soggetto fiscale a dover pagare per intero il suo debito con l’erario mentre gli altri hanno varie forme per “scantonare” ed allora cerca di colpire questi ultimi con provvedimenti di “imposte dirette” tipo la tassazione speciale per i possessori di SUV (sport utilità vehicle), partendo dalla presunzione che questi sono appannaggio di ricchi industriali o professionisti.
Ma così procedendo, si dà la stura ad un sacco di storture e di proteste: perché tassare colui che utilizza i suoi soldi per comprare il gippone e non si va invece a ricercare colui che acquista altri generi di lusso (gioielli, orologi di gran pregio, ecc)?
Poiché “la madre di tutte le ingiustizie” continua a ripetere che lo stato non riesce a determinare con una certa esattezza quanto guadagna “tizio” (imprenditore) oppure “caio” (professionista), allora si ricorre a questa forma di tassazione surrettizia che provoca altrettante ingiustizie perché consente ai più di nascondere non solo i redditi ma anche gli utilizzi.
Nelle prime denuncie dei redditi dei tempi della buonanima Vanoni, si doveva indicare l’auto posseduta e, sulla base della sua importanza, il fisco calcolava induttivamente il reddito dell’individuo: a quei tempi si gridò allo scandalo perché non si teneva conto di altri parametri di ricchezza, ed oggi ci stiamo ritornando sopra: complimenti per l’originalità.
Vi lascio per ultime altre due percentuali che, se ve le avessi citate prima, avrebbero sgonfiato tutto il resto; volete sapere quanti sono i “fortunati” che guadagnano oltre i 70 mila euro? Ebbene, sono l’1,59% della massa dei contribuenti; e quelli invece che guadagnano tra i 40 e i 70 mila euro? Sono il 3,42%.
E il resto dei contribuenti, pari al 94,99%, guadagna (o meglio dichiara di guadagnare) sotto i 40 mila euro e, da questa manovra non viene investita; forse è proprio lì che bisognava cercare, non vi pare??!!
giovedì, settembre 28, 2006
ALCUNE NOTIZIE IMBARAZZANTI
In questi giorni ho letto (o visto sui TG) alcune notizie che francamente mi hanno sconcertato: partiamo dalla più recente e cioè dai “cori da stadio” e dagli “applausi” che hanno salutato la “liberazione” della piccola Maria dalle grinfie delle nonne che la tenevano nascosta alla gente in una sorta di buen retiro valdostano; quello che mi ha sconcertato è che queste manifestazioni da stadio sono avvenute davanti al Parlamento dove il Ministro della Giustizia, l’ineffabile Clemente Mastella, ha dato la bella notizia al “Coordinamento delle famiglie Adottanti in Bielorussia” che si trovavano colà riunite per chiedere che la situazione si sbloccasse in modo che le loro pratiche di adozione potessero riprendere il normale iter burocratico.
Perché questa notizia mi ha lasciato sconcertato? Perché nessuno dei “futuri genitori” in attesa di un bambino/a dalla Bielorussia si è preoccupato del vero oggetto di tutta questa diatriba e cioè delle sorti e dello stato di salute psico fisico della piccola Maria che – come ha tenuto a dichiarare l’Ambasciatore bielorusso – “deve tornare subito in patria, nella sua patria”; tutti, invece, ad applaudire la bella notizia che potrebbe essere foriera di una piccola Maria per ognuno di loro: auguri, ma con l’egoismo si va poco lontano e non si costruisce niente.
Un’altra vicenda le cui notizie mi hanno lasciato perplesso è quella che ha visto come protagonista Silvia Baraldini, condannata a trenta anni dalla giustizia statunitense con varie accuse di terrorismo e – a seguito di un accordo tra l’Italia e gli U.S.A. – autorizzata a finire di scontare la pena nelle nostre carceri (e successivamente agli arresti domiciliari) stante le gravissime condizioni di salute della detenuta.
Ebbene, la signora Baraldini – che a stare alle immagini diffuse da TG e dalla stampa – sembra rifiorita da quando è in Italia – è stata ammessa a fruire dell’indulto e rimessa in libertà, anche se negli accordi tra i due stati veniva precisato che la Baraldini “non sarebbe stata ammessa a nessuno sconto di pena da parte dello stato italiano”; sentite il commento del ministro (ancora il Mastella) alla eventuale contestazione degli americani: “ciascuna parte può accordare la grazia, l’amnistia o la commutazione della condanna, conformemente alla propria Costituzione o ad altre leggi”; ed ha aggiunto “i reati contestati dalle autorità americane sono stati riqualificati in associazione per delinquere semplice, tentata rapina, estorsione, sequestro di persona e falsa testimonianza, tutti reati ai quali l’indulto può essere applicato”.
Commento: tutto giusto, bastava che queste postille, anziché essere dichiarate ai giornalisti, facessero parte dell’accordo italo-statunitense per l’estradizione della Baraldini, in modo che tutto fosse chiaro fin dall’inizio; dette adesso, sinceramente, mi ricordano il detto “fatta la grazia, gabbato lo santo”.
L’ultima notizia che mi ha lasciato perplesso è quella del Prof. Rossi (non il motociclista ma il neo Presidente Telecom) che afferma di sentire puzzo di restaurazione statalista e che da una Telecon privatizzata non si torna indietro: se lo dice lui, avrà le sue fonti e, viste le frequentazioni con il governo, le avrà apprese in altissimo loco (tipo Palazzo Chigi), ma comunque sia l’allarme per una società quotata in borsa mi sembra eccessivo.
Però, come si dice: mai dire mai!
Perché questa notizia mi ha lasciato sconcertato? Perché nessuno dei “futuri genitori” in attesa di un bambino/a dalla Bielorussia si è preoccupato del vero oggetto di tutta questa diatriba e cioè delle sorti e dello stato di salute psico fisico della piccola Maria che – come ha tenuto a dichiarare l’Ambasciatore bielorusso – “deve tornare subito in patria, nella sua patria”; tutti, invece, ad applaudire la bella notizia che potrebbe essere foriera di una piccola Maria per ognuno di loro: auguri, ma con l’egoismo si va poco lontano e non si costruisce niente.
Un’altra vicenda le cui notizie mi hanno lasciato perplesso è quella che ha visto come protagonista Silvia Baraldini, condannata a trenta anni dalla giustizia statunitense con varie accuse di terrorismo e – a seguito di un accordo tra l’Italia e gli U.S.A. – autorizzata a finire di scontare la pena nelle nostre carceri (e successivamente agli arresti domiciliari) stante le gravissime condizioni di salute della detenuta.
Ebbene, la signora Baraldini – che a stare alle immagini diffuse da TG e dalla stampa – sembra rifiorita da quando è in Italia – è stata ammessa a fruire dell’indulto e rimessa in libertà, anche se negli accordi tra i due stati veniva precisato che la Baraldini “non sarebbe stata ammessa a nessuno sconto di pena da parte dello stato italiano”; sentite il commento del ministro (ancora il Mastella) alla eventuale contestazione degli americani: “ciascuna parte può accordare la grazia, l’amnistia o la commutazione della condanna, conformemente alla propria Costituzione o ad altre leggi”; ed ha aggiunto “i reati contestati dalle autorità americane sono stati riqualificati in associazione per delinquere semplice, tentata rapina, estorsione, sequestro di persona e falsa testimonianza, tutti reati ai quali l’indulto può essere applicato”.
Commento: tutto giusto, bastava che queste postille, anziché essere dichiarate ai giornalisti, facessero parte dell’accordo italo-statunitense per l’estradizione della Baraldini, in modo che tutto fosse chiaro fin dall’inizio; dette adesso, sinceramente, mi ricordano il detto “fatta la grazia, gabbato lo santo”.
L’ultima notizia che mi ha lasciato perplesso è quella del Prof. Rossi (non il motociclista ma il neo Presidente Telecom) che afferma di sentire puzzo di restaurazione statalista e che da una Telecon privatizzata non si torna indietro: se lo dice lui, avrà le sue fonti e, viste le frequentazioni con il governo, le avrà apprese in altissimo loco (tipo Palazzo Chigi), ma comunque sia l’allarme per una società quotata in borsa mi sembra eccessivo.
Però, come si dice: mai dire mai!
martedì, settembre 26, 2006
UN NOSTRO MILITARE UCCISO IN AFGANISTAN
Questa mattina, in occasione di una normale operazione di controllo eseguita dalle nostre Forze Armate con tre mezzi blindati, una bomba collocata al lato della strada, è deflagrata in coincidenza del passaggio del terzo veicolo creando un morto, due feriti gravi e tre leggeri; è naturale che tra le forze politiche è scoppiata nuovamente la polemica sull’invio di queste truppe all’estero, proprio adesso che si sta discutendo in Parlamento l’autorizzazione alla missione di pace in Libano.
Tutte queste operazioni svolte dalle nostre truppe sotto l’egida di NATO o ONU, sono marchiate come operazioni di “peacekeeping”, cioè mantenimento della pace: prima osservazione da fare è che se la pace c’è già, mantenerla sembrerebbe facile e invece così non è.
I paesi interessati a queste operazioni sono attualmente tre: Iraq, Libano e Afganistan; se togliamo il Libano – nel quale siamo arrivati da poco tempo – in entrambi i luoghi ci sono stati attentati e morti italiani.
Cerchiamo allora di fare un discorso un po’ più generale che prende l’avvio da una domanda di base: è possibile esportare la democrazia?
Rispondo: non solo non è possibile, ma non è neppure gradito dai paesi che sono destinatari di questa iniziativa, in quanto questa democrazia viene vista come un qualcosa non adatto al loro modo di vita.
Mi spiego meglio: quei tre paesi che ho sopra elencati sono tutti a maggioranza islamica, che hanno avuto fino ad un certo momento una “teocrazia” che – a vedere i risultati – è addirittura più feroce di una dittatura.
Però, evidentemente alla maggioranza dei cittadini di questi paesi sta bene quel tipo di governo, quel tipo di amministrazione della cosa pubblica e della giustizia, quel tipo di dipendenza dalle leggi coraniche.
Ed allora mi chiedo – e vi chiedo – come è possibile che in pochi anni si possa passare da una dittatura a sfondo religioso ad una democrazia, sia pure con le imperfezioni del caso e le ruberie che l’occidente ha portato con se sulla punta dei fucili.
Da aggiungere poi che la “sharia” impone a questi esaltati di contrapporre alla nostra peacekeeping una forma brutale e violenta di terrorismo; sono i loro capi, quelli dai quali vorremmo liberarli che li guidano contro l’occidente e noi stiamo lì a prendere le bombe, gli attentati, credendo di essere lì per portare la pace!
Come potremmo fare a disincagliarsi da questa situazione? Non è facile perché gli abitanti di questi paesi ci vedono come “invasori”, mentre noi ci sentiamo dei pacificatori; il tutto poi viene acuito – in particolare per l’Afganistan – dalla questione della droga, in base alla quale siamo andati a cacciare il naso anche in questo sudicio – ma redditizio – mercato, creando più scontenti che altro.
Una parola chiave è stata forse detta dal Papa nell’incontro sull’Islam, quando ha affermato che per rendere fruttifero il dialogo interreligioso è indispensabile fare ricorso alla “reciprocità”: questo ad indicare che non è tollerabile che tu islamico possa continuare nelle tue pratiche, anche esteriori, quando sei nel nostro paese e che io, quando sono nel tuo paese devo adottare gli usi specifici dell’islam (velo, barba, ecc).
Ecco, se riusciremo a vedere le cose del mondo con questa ottica forse faremo dei progressi: si può parlare di tutto, ma con senso di reciprocità che dimostra la disponibilità al dialogo e che lo fa diventare veramente fruttifero.
Tutte queste operazioni svolte dalle nostre truppe sotto l’egida di NATO o ONU, sono marchiate come operazioni di “peacekeeping”, cioè mantenimento della pace: prima osservazione da fare è che se la pace c’è già, mantenerla sembrerebbe facile e invece così non è.
I paesi interessati a queste operazioni sono attualmente tre: Iraq, Libano e Afganistan; se togliamo il Libano – nel quale siamo arrivati da poco tempo – in entrambi i luoghi ci sono stati attentati e morti italiani.
Cerchiamo allora di fare un discorso un po’ più generale che prende l’avvio da una domanda di base: è possibile esportare la democrazia?
Rispondo: non solo non è possibile, ma non è neppure gradito dai paesi che sono destinatari di questa iniziativa, in quanto questa democrazia viene vista come un qualcosa non adatto al loro modo di vita.
Mi spiego meglio: quei tre paesi che ho sopra elencati sono tutti a maggioranza islamica, che hanno avuto fino ad un certo momento una “teocrazia” che – a vedere i risultati – è addirittura più feroce di una dittatura.
Però, evidentemente alla maggioranza dei cittadini di questi paesi sta bene quel tipo di governo, quel tipo di amministrazione della cosa pubblica e della giustizia, quel tipo di dipendenza dalle leggi coraniche.
Ed allora mi chiedo – e vi chiedo – come è possibile che in pochi anni si possa passare da una dittatura a sfondo religioso ad una democrazia, sia pure con le imperfezioni del caso e le ruberie che l’occidente ha portato con se sulla punta dei fucili.
Da aggiungere poi che la “sharia” impone a questi esaltati di contrapporre alla nostra peacekeeping una forma brutale e violenta di terrorismo; sono i loro capi, quelli dai quali vorremmo liberarli che li guidano contro l’occidente e noi stiamo lì a prendere le bombe, gli attentati, credendo di essere lì per portare la pace!
Come potremmo fare a disincagliarsi da questa situazione? Non è facile perché gli abitanti di questi paesi ci vedono come “invasori”, mentre noi ci sentiamo dei pacificatori; il tutto poi viene acuito – in particolare per l’Afganistan – dalla questione della droga, in base alla quale siamo andati a cacciare il naso anche in questo sudicio – ma redditizio – mercato, creando più scontenti che altro.
Una parola chiave è stata forse detta dal Papa nell’incontro sull’Islam, quando ha affermato che per rendere fruttifero il dialogo interreligioso è indispensabile fare ricorso alla “reciprocità”: questo ad indicare che non è tollerabile che tu islamico possa continuare nelle tue pratiche, anche esteriori, quando sei nel nostro paese e che io, quando sono nel tuo paese devo adottare gli usi specifici dell’islam (velo, barba, ecc).
Ecco, se riusciremo a vedere le cose del mondo con questa ottica forse faremo dei progressi: si può parlare di tutto, ma con senso di reciprocità che dimostra la disponibilità al dialogo e che lo fa diventare veramente fruttifero.
lunedì, settembre 25, 2006
LA BAMBINA BIELORUSSA
Anzitutto un riepilogo della vicenda, come si usa fare anche in campo cinematografico: sembra che sia invalso l’uso da parte della Bielorussia di inviare in “affido temporaneo” una serie di bambini e bambine che, in pratica vengono in Italia a fare le vacanza estive e vengono affidate a famiglie italiane che, al termine del soggiorno, devono riconsegnarle alle persone incaricate di inviarle nuovamente nella loro patria.
Una di queste famiglie riceve una bambina che – non sappiamo con quanta verità – afferma di essere stata sottoposta, nell’Istituto baltico di provenienza, a violenza da parte di maschietti più grandi di lei che avrebbero anche tentato (non sappiamo se ci sono riusciti) di usarle violenza.
Comprensibilmente la famiglia italiana rimane sconvolta da questo racconto e si rifiuta di riconsegnare la bambina alle autorità della Bielorussia per ricondurla in patria; interviene addirittura l’Ambasciatore in Italia che dapprima tenta una mediazione e successivamente cerca di imporre la propria volontà anche attraverso una formale denuncia alle autorità di polizia italiane che stanno accusando la coppia di “ratto di minore”; nessuna di queste mosse smuove la ferma volontà degli affidatari della bambina che, in un tentativo di mediazione, affermano di essere disposti a riconsegnare la bambina ma soltanto tra un anno, quando cioè avrà smaltito tutti i postumi della violenza; ovviamente le autorità della Bielorussia non accettano e si giunge quasi alla crisi diplomatica, perché l’Ambasciatore non vede un grande attivismo né da parte della Magistratura italiana e neppure da parte della Polizia e sospetta una connivenza tutta patriottica.
L’unica struttura italiana che si schiera decisamente dalla parte della Bielorussia e quindi contro la coppia italiana, è una associazione che si occupa di adozioni da effettuare nella Bielorussia e che con questa vicenda vede svanire la possibilità di continuare questa attività; arrivano a ingiungere alla coppia loro compatriota di restituire la bambina per non ostacolare il futuro “traffico” (sia detto senza malizia) di bambini con quel paese e di scusarsi (un po’ come il Papa!) per il comportamento scorretto.
Trovo molte difficoltà a dirimere la questione, specie perché tutto è tenuto in forma ovattata e ha toni poco chiari da entrambe le parti; difficile anche stabilire il grado di verità contenuto nelle affermazioni della bambina; estremamente difficile, per concludere, mettersi nei panni dei protagonisti e tirare fuori una “nostra verità”: certo che la coppia italiana agisce in questo modo e paga di persona, quindi ha senz’altro meriti più alti di coloro che si limitano a manifestare.
L’unica considerazione voglio farla a proposito dell’associazione che si è scagliata contro i propri compatrioti e gli ha ingiunto di restituire la bambina ai legittimi – starei per scrivere “proprietari” – destinatari, comportandosi in modo assolutamente egoistico e vedendo soltanto il proprio desiderio di ricevere il bambino dai bielorussi, così come si aspetta il cagnolino frutto di una canina di cui si conosce e si apprezza le origini.
Forse sbaglio, forse sono troppo duro su chi desidererebbe avere un figlio e non può, però mi viene così e con voi che siete i miei amici non posso che dire l’assoluta verità che mi sgorga dall’intelletto, la sciando a voi il giudicarmi.
Una di queste famiglie riceve una bambina che – non sappiamo con quanta verità – afferma di essere stata sottoposta, nell’Istituto baltico di provenienza, a violenza da parte di maschietti più grandi di lei che avrebbero anche tentato (non sappiamo se ci sono riusciti) di usarle violenza.
Comprensibilmente la famiglia italiana rimane sconvolta da questo racconto e si rifiuta di riconsegnare la bambina alle autorità della Bielorussia per ricondurla in patria; interviene addirittura l’Ambasciatore in Italia che dapprima tenta una mediazione e successivamente cerca di imporre la propria volontà anche attraverso una formale denuncia alle autorità di polizia italiane che stanno accusando la coppia di “ratto di minore”; nessuna di queste mosse smuove la ferma volontà degli affidatari della bambina che, in un tentativo di mediazione, affermano di essere disposti a riconsegnare la bambina ma soltanto tra un anno, quando cioè avrà smaltito tutti i postumi della violenza; ovviamente le autorità della Bielorussia non accettano e si giunge quasi alla crisi diplomatica, perché l’Ambasciatore non vede un grande attivismo né da parte della Magistratura italiana e neppure da parte della Polizia e sospetta una connivenza tutta patriottica.
L’unica struttura italiana che si schiera decisamente dalla parte della Bielorussia e quindi contro la coppia italiana, è una associazione che si occupa di adozioni da effettuare nella Bielorussia e che con questa vicenda vede svanire la possibilità di continuare questa attività; arrivano a ingiungere alla coppia loro compatriota di restituire la bambina per non ostacolare il futuro “traffico” (sia detto senza malizia) di bambini con quel paese e di scusarsi (un po’ come il Papa!) per il comportamento scorretto.
Trovo molte difficoltà a dirimere la questione, specie perché tutto è tenuto in forma ovattata e ha toni poco chiari da entrambe le parti; difficile anche stabilire il grado di verità contenuto nelle affermazioni della bambina; estremamente difficile, per concludere, mettersi nei panni dei protagonisti e tirare fuori una “nostra verità”: certo che la coppia italiana agisce in questo modo e paga di persona, quindi ha senz’altro meriti più alti di coloro che si limitano a manifestare.
L’unica considerazione voglio farla a proposito dell’associazione che si è scagliata contro i propri compatrioti e gli ha ingiunto di restituire la bambina ai legittimi – starei per scrivere “proprietari” – destinatari, comportandosi in modo assolutamente egoistico e vedendo soltanto il proprio desiderio di ricevere il bambino dai bielorussi, così come si aspetta il cagnolino frutto di una canina di cui si conosce e si apprezza le origini.
Forse sbaglio, forse sono troppo duro su chi desidererebbe avere un figlio e non può, però mi viene così e con voi che siete i miei amici non posso che dire l’assoluta verità che mi sgorga dall’intelletto, la sciando a voi il giudicarmi.
domenica, settembre 24, 2006
PIATTO RICCO MI CI FICCO
Il detto “piatto ricco mi ci ficco” è tipico dei giocatori di poker e sta ad indicare la situazione nella quale – data la ricchezza del piatto, cioè della posta in gioco – il giocatore avido sta al gioco indipendentemente dalla bontà delle carte che ha in mano.
È esattamente la situazione del nostro Ministro della Giustizia che, visto tutto il movimento attorno alle intercettazioni Telecom, ha pensato bene di inviare alla società di Tronchetti Provera anche gli ispettori del suo Ministero.
Da notare che sulla vicenda già stanno indagando i magistrati della Procura di Milano, nonché l’Autority delle telecomunicazioni e quella della privacy; sorgerebbe spontanea la domanda: cosa andranno a verificare gli ispettori del Ministero della Giustizia che già non abbiano visionato tutti gli altri “indagatori” che si trovano in azione?
Ed allora facciamo un breve passo indietro: il nostro ministro, Clemente Mastella, magari non sarà un’aquila e neppure un fulmine di guerra per le cose tecniche del suo ministero (o di qualsiasi altro, tanto non sa niente di niente), ma sotto il profilo del fiuto politico, ce ne sono pochi che possono stargli al pari.
Sarà forse la lunga militanza nella vecchia D.C., la “balena bianca” come veniva chiamata dai più per indicare l’onnicomprensività delle posizioni politiche che ruotavano al suo interno; sarà anche il fare politica da una trentina di anni, senza un attimo di tregua, sarà quel che volete, ma il buon Clemente ha fiutato che nella vicenda Telecom ci sia materiale ancora inesplorato, di grande interesse e molto pericoloso se andasse nelle mani sbagliate.
E allora si è deciso ed ha mandato i propri emissari, con l’incarico di distruggere – oppure, ancora meglio, portare a lui – tutto quello che riguardi uomini politici di qualsiasi partito o corrente.
Dico uomini politici, perché per quanto riguarda il resto delle intercettazioni, stanno già uscendo e con dovizia di particolari, come ad esempio l’incarico dato dal Presidente dell’Inter, Massimo Moratti, (quoque tu) all’investigatore fiorentino Cipriani, legato a Telecom che ha subito provveduto a mettere sotto controllo il cellulare dell’arbitro De Santis, presunto “nemico” della squadra nerazzurra, al fine di scoprire qualche “altarino” da utilizzare in forma ricattatoria.
Di questa storia – decreto o non decreto – sono già pieni i giornali (sportivi e non), proprio perché riguarda cose non attinenti strettamente alla sfera politica; la figuraccia che sta facendo il povero (non di soldi, ma di qualcos’altro) Moratti è già molto palese e le squadre condannate nella prima fase di calciopoli si fregano le mani: staremo a vedere.
Un’ultima cosa sul decreto anti-intercettazioni: i magistrati sono tutti ampiamente contrari, in quanto ritengono lo strumento difficilmente sostituibile; si arriva addirittura ad affermare che “anche quelle illegali” sono da salvare perché possono costituire uno spunto per ulteriori indagini.
E adesso come la mettiamo? Come possiamo fare a spiegare a quelli cui era stata promessa la distruzione delle trascrizioni che invece, potrebbero servire e che quindi….ecc.ecc.? Non sarà una cosa facile! Non li invidio affatto!! Certo che se la Procura di Milano afferma con forza che non si devono distruggere, voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di andare contro a siffatto “potere”.
È esattamente la situazione del nostro Ministro della Giustizia che, visto tutto il movimento attorno alle intercettazioni Telecom, ha pensato bene di inviare alla società di Tronchetti Provera anche gli ispettori del suo Ministero.
Da notare che sulla vicenda già stanno indagando i magistrati della Procura di Milano, nonché l’Autority delle telecomunicazioni e quella della privacy; sorgerebbe spontanea la domanda: cosa andranno a verificare gli ispettori del Ministero della Giustizia che già non abbiano visionato tutti gli altri “indagatori” che si trovano in azione?
Ed allora facciamo un breve passo indietro: il nostro ministro, Clemente Mastella, magari non sarà un’aquila e neppure un fulmine di guerra per le cose tecniche del suo ministero (o di qualsiasi altro, tanto non sa niente di niente), ma sotto il profilo del fiuto politico, ce ne sono pochi che possono stargli al pari.
Sarà forse la lunga militanza nella vecchia D.C., la “balena bianca” come veniva chiamata dai più per indicare l’onnicomprensività delle posizioni politiche che ruotavano al suo interno; sarà anche il fare politica da una trentina di anni, senza un attimo di tregua, sarà quel che volete, ma il buon Clemente ha fiutato che nella vicenda Telecom ci sia materiale ancora inesplorato, di grande interesse e molto pericoloso se andasse nelle mani sbagliate.
E allora si è deciso ed ha mandato i propri emissari, con l’incarico di distruggere – oppure, ancora meglio, portare a lui – tutto quello che riguardi uomini politici di qualsiasi partito o corrente.
Dico uomini politici, perché per quanto riguarda il resto delle intercettazioni, stanno già uscendo e con dovizia di particolari, come ad esempio l’incarico dato dal Presidente dell’Inter, Massimo Moratti, (quoque tu) all’investigatore fiorentino Cipriani, legato a Telecom che ha subito provveduto a mettere sotto controllo il cellulare dell’arbitro De Santis, presunto “nemico” della squadra nerazzurra, al fine di scoprire qualche “altarino” da utilizzare in forma ricattatoria.
Di questa storia – decreto o non decreto – sono già pieni i giornali (sportivi e non), proprio perché riguarda cose non attinenti strettamente alla sfera politica; la figuraccia che sta facendo il povero (non di soldi, ma di qualcos’altro) Moratti è già molto palese e le squadre condannate nella prima fase di calciopoli si fregano le mani: staremo a vedere.
Un’ultima cosa sul decreto anti-intercettazioni: i magistrati sono tutti ampiamente contrari, in quanto ritengono lo strumento difficilmente sostituibile; si arriva addirittura ad affermare che “anche quelle illegali” sono da salvare perché possono costituire uno spunto per ulteriori indagini.
E adesso come la mettiamo? Come possiamo fare a spiegare a quelli cui era stata promessa la distruzione delle trascrizioni che invece, potrebbero servire e che quindi….ecc.ecc.? Non sarà una cosa facile! Non li invidio affatto!! Certo che se la Procura di Milano afferma con forza che non si devono distruggere, voglio proprio vedere chi avrà il coraggio di andare contro a siffatto “potere”.