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sabato, dicembre 01, 2007

E' FINITA "L'ISOLA DEI FAMOSI" 

Come tutte le cose belle, come tutte le cose importanti, come tutte le cose che ci piacciono, anche “L’isola dei famosi”, il grande spettacolo, la magica trasmissione messa in piedi dalla splendida Simona Ventura , è finita.

Ha vinto tale Manuela Villa che, a giudicare dal nome dovrebbe essere figlia o comunque parente di Claudio Villa; ma non è tanto importante chi ha vinto o chi ha perso, quanto che il grande spettacolo è finito ed ora, fino al prossimo anno, siamo all’asciutto, vivremo solo di ricordi e di immagini che – sono certo – la televisione ci riproporrà.

È vero, ci sono altre notizie che assumono importanza, ma non così tragiche come la chiusura de “L’isola dei Famosi”; per esempio, quell’inflazione che sta scivolando fuori da ogni controllo, è sicuramente un problema: pensate che in due mesi è cresciuta dello 0,7%, raggiungendo – su base annua – il 2,4% e se pensiamo che il dato dell’inflazione programmata sul quale si calcola l’aumento della scala mobile, è dell’1,9%, comprendiamo subito che sfacelo sta succedendo.

Da notare poi che i maggiori aumenti si hanno sui consumi alimentari, quelli cioè dei quali la brava gente non può fare a meno: possiamo smettere di comprare le barche o gli elicotteri, ma come facciamo con il pane e la pasta, oppure con la verdura e con la frutta?

Ma ripeto, tutto questo è niente: il vero problema è come faremo a stare ben undici mesi senza “L’isola dei famosi”; noi ci scherziamo, ma il programma della Ventura ha fatto il 54% di share, il che sta ad indicare che uno su due telespettatori era sintonizzato su quel canale.

Cosa possiamo inventarci per cercare di dimenticare quello splendido programma? Direi che possiamo provare con un paio di battute di spirito: la prima è quella di Berlusconi che viene citato e minacciato nel messaggio di Osama Bin Laden insieme a Bush, Blair, Brown, Aznar, e Sarkozy insomma insieme a tutti i capi (attuali o passati) degli eserciti presenti in Afganistan; dopo avere incassato la solidarietà di tutti i leader politici italiani, è stato maliziosamente interrogato dai giornalisti se era stato chiamato anche da Prodi; la risposta è molto carina: “no, non mi ha chiamato; spero che non abbia telefonato a Bin Laden”.

E quindi, per tirarci un po’ su di morale dopo che abbiamo perduto “L’isola dei famosi”, vanno bene anche le battute di Berlusconi, che tra l’altro l’ha detta all’uscita del colloquio con Veltroni; domandina facile, facile: a quale titolo il Sindaco di Roma e Segretario di un Partito che ancora non esiste (stanno facendo proprio ora lo Statuto) fa questa sorta di consultazioni quirinalizie, interpellando tutti i leader dei partiti italiani?

Continuiamo a ridere, se ci riusciamo dopo la notizia della fine de ”L’Isola dei famosi”; quest’ultima battuta è di George Best, forse uno dei più grandi calciatori del mondo e di tutti i tempi: “Molti dei miei soldi li ho spesi per donne, alcol, automobili; gli altri li ho sciupati!!” Che dire? Una battuta splendida e fulminante che ci mostra un modo di intendere la vita che è in perfetta chiave con il genio (e la sregolatezza) del magico scozzese.

Ce la facciamo con queste due battute a superare la tragedia della fine de “L’isola dei famosi”? Speriamo, ma non sarà facile; certo che dovremo sforzarci ed anche tanto!!


giovedì, novembre 29, 2007

BANDITO IL DALAI LAMA 

Ricorderete che alcuni giorni fa ho accomunato la democrazia con il capitalismo e, di conseguenza, con l’assenza di qualsiasi valore – sia etico che religioso – in cambio del denaro, vero ed unico dio (minuscolo per calcolo) da adorare e rispettare.

Accanto a questo principio informatore, esiste un corollario di dei minori, ma egualmente importanti, uno dei quali è la continua ricerca di nuovi mercati che possano continuare a ricevere le merci che il mondo capitalista continua (e deve continuare, pena la fine di tutto!!) a produrre.

Nella continua ed incessante ricerca dei mercati da esplorare e colonizzare, al primo posto – per imponenza abitativa e per grandezza geografica – vi è senza dubbio la Cina che è ormai sulla soglia della parificazione con i nostri sistemi politici, anche se lì non c’è una democrazia come noi la intendiamo, in quanto il potere centrale è onnipotente ed è gestito da non più di cinquanta persone.

Ma torniamo al mercato cinese: ogni imprenditore italiano degno di questo nome ha sperato di approvvigionare quella popolazione con la sua produzione e, in tanti sono riusciti nell’intento, tant’è vero che esiste una Fondazione Italia-Cina, diretta da Cesare Romiti, che tiene a battesimo gli ardimentosi esploratori.

Il problema della Cina, a mio avviso, è che non intende affatto essere considerata una zona da colonizzare, forte come è della gran massa di mano d’opera da mettere in campo per realizzare numeri produttivi mirabolanti, per noi inimmaginabili.

Una delle cose che ancora in Cina non riescono a digerire – nonostante tutti i passi sulla modernità che sono stati fatti – è quell’anziano signore che coperto da una lunga tunica color porpora, con le braccia scoperte ed i piedi calzati in semplici ciabatte, gira per il mondo per raccontare – a chi lo vuole ascoltare – di come la Cina abbia “conquistato militarmente” il proprio paese e lo abbia inglobato nel proprio mastodontico impero: sto parlando del Dalai Lama, figura carismatica e rappresentativa degli esuli dal Tibet.

Sembra che a Pechino ci sia un ufficio che si occupa di seguire da lontano le visite del Dalai Lama e intervenire presso i governanti di quei paesi, avvertendoli che se riserveranno al personaggio tibetano delle attenzioni assimilabili a quelle di un capo di stato, i rapporti con la Cina avranno uno sviluppo fortemente negativo; il discorso è sempre lo stesso e va avanti da anni,

Nel suo peregrinare per il mondo, il signore con la tunica passerà anche dall’Italia e si aspetterebbe di essere ricevuto da qualche personalità e di poter fare qualche discorso in qualche sede importante; invece niente! Tutte le autorità, con in testa il compagno Bertinotti, si sono allineati al diktat cinese e gli hanno chiuso in faccia tutte le porte, ripetendogli che lui è un capo spirituale e non politico e quindi vada a farsi ricevere in Vaticano; ma anche lì – ora che sono stati allacciati i primi rapporti per i vescovi cinesi ed europei – non sono previste accoglienze particolari.

Ed i cinesi ringraziano e contraccambiano: timide aperture su una maggiore flessibilità dello Yuan (la moneta cinese) che ha un tasso di cambio troppo basso e che tutte le autorità monetarie europee vorrebbero che subisse un forte apprezzamento.

L’unico che ha ricevuto il Dalai Lama in pompa magna e gli ha consegnato una prestigiosa medaglia del Congresso, è stato Bush, sostenuto nell’occasione da tutti i senatori e deputati: non c’è che dire, un bel coraggio!!

Noi finora avevamo Pannella che lo riceveva, ma temo che abbia smesso anche lui!!


mercoledì, novembre 28, 2007

BRAVO PRODI !! 

Dopo i “bamboccioni” del Ministro Padoa Schioppa, è adesso la volta dei “fannulloni” del Presidente del Consiglio Prodi: proprio così, il nostro Premier ha definito i dipendenti pubblici e lo ha fatto non in una cena privata, ma dal palco dell’assemblea annuale della C.N.A.: “nel pubblico impiego si toccano punte di assenteismo del 30%” ha dichiarato sconsolato.

Facciamo un po’ di conti: dei circa 4 milioni di dipendenti pubblici, quasi un terzo – poco meno di un milione – prende lo stipendio a fine mese senza aver lavorato; si dirà: se è stata individuata la malattia, è facile trovare il rimedio.

E invece Prodi ammette che proprio facile non è: “non si ha idea delle resistenze che incontriamo, non solo nell’amministrazione centrale, ma anche in quella periferica; c’è una volontà corale alla conservazione dello stato delle cose” ed a me è sembrato di risentire il vecchio slogan degli anni settanta che recitava: “l’assenteismo è nostro e ce lo gestiamo noi”, oppure l’altro “lo stipendio è un diritto; se volete che lavori mi dovete pagare a parte”.

E proprio quest’ultimo slogan sembra fatto apposta per quello che ha raccontato Prodi: in occasione di una riunione riguardante la materia dell’assenteismo, qualcuno, senza scomporsi ha dichiarato: “noi abbiamo un’idea chiara da proporre; diamo un premio di presenza a chi lavora”; chi sarà stato? Prodi non lo ha detto, ma si sente puzza di sindacato; comunque il Presidente del Consiglio ha replicato con una battuta degna di nota: “Se il salario non è un premio di presenza non so cosa dire”.

Evidentemente Prodi sta lanciandosi in una sacrosanta battaglia sul fronte della moralizzazione e dell’efficienza della pubblica amministrazione, anche perché i dati parlano da soli e danno una verità sconsolante: se è vero che il 30% degli impiegati pubblici è giornalmente assente, vuol dire due cose: o c’è il 30% di personale in più, oppure viene erogato un 30% di servizi in meno; in entrambi i casi il problema è grosso.

Su questo problema di cattiva amministrazione pubblica, ci sono due commenti da fare: il primo è che alla base di tutto c’è una sorta di “cattivo esempio” che le alte e medie sfere dello Stato danno ai piccoli impiegati, i quali si sentono in dovere di affermare: “ma come, se non fanno niente loro perché dovrei lavorare proprio io??!!”.

Come ho sempre affermato, il problema del pessimo andamento delle amministrazioni pubbliche discende in massima parte dalla poca volontà di impegnarsi da parte della “media dirigenza”, la quale preferisce acquattarsi nel non far niente anziché dare un buon esempio ai dipendenti: così facendo, i sottoposti traggono un pessimo esempio e, a loro volta, si impegnano nel fare il meno possibile.

Il secondo commento discende da una considerazione: 4 milioni di persone sono altrettanti voti, forse ancora di più se contiamo le varie famiglie; è ovvio che ci siano delle lobby che cercano di manovrare questi voti a beneficio di uno o dell’altro partito; se poi ci riescano è tutto un altro discorso, ma il fatto che dalla finanziaria di quest’anno la Commissione Bilancio – in forma, sembra, bipartisan - abbia tolto un articolo che prevedeva la chiusura di 40 sedi provinciali del Ministero del Tesoro la dice lunga: coloro che sono riusciti nell’impresa hanno tolto dai problemi una bella fetta di persone (dirigenti, personale, ecc) ed a questa gente qualcuno potrà andare a chiedere – all’occorrenza – un voto “di riconoscenza”; e perché non dovrebbe riceverlo??


martedì, novembre 27, 2007

TREMATE, LE STREGHE SON TORNATE !! 

Non molti dei miei lettori sapranno che lo slogan che fornisce il titolo a questo post era uno dei gridi di battaglia del movimento femminista negli anni a cavallo tra il ’60 e il ’70: ebbene, quel grido lo abbiamo sentito riecheggiare nuovamente nelle vie e nelle piazze di Roma, nella manifestazione contro la violenza alle donne, argomento che meriterebbe non uno ma cento cortei; vediamo come è andata.

A vederle sfilare con i soliti slogan e con il gesto delle due mani che formano un rombo schiacciato a simboleggiare l’organo femminile, mi sono venuti in menti tanti ricordi di quello che fu il femminismo, di quante speranze erano riposte in quelle lotte che, al momento, erano velleitariamente rivolte soltanto contro l’uomo/maschio.

Sinceramente, in quegli anni avevo sperato che il mondo potesse cambiare per effetto di una rivoluzione condotta dalle donne, ma poi il sistema, il lurido sistema, fece rientrare tutto in un alveo privatistico e tolse dalle strade dei personaggi scomodi che in quel tempo erano diventate famose: anche le dirigenti, le cape del movimento scomparvero dalla circolazione ma solo perché il potere trovò loro dei bei posti lautamente pagati, ma dove non contavano niente.

E adesso? Adesso si assiste ad un rigurgito di volontà di lottare, ma non si capisce (o almeno io non capisco), dove si voglia andare a parare: il motivo della manifestazione era la legge sulla violenza presentata dal ministro Pollastrini (“meno pollastrine e più ribelli galline”) della quale viene contestato il succo del provvedimento con questo slogan “se la violenza è sotto il tetto che ci facciamo con questo pacchetto?”.

In tutti questi slogan, in queste contestazioni, mi sembra di notare un feroce ed esasperato “grillismo”, specie nelle contumelie rivolte alle “donne ministro o solo onorevoli” con una generalizzazione delle colpe che non conduce a niente di buono.

Anche la Turco è stata pesantemente contestata e, con la mascella volitiva che si ritrova, ha replicato che “tutte le donne che stanno sfilando chiedono unità” (sembra una battuta di Berlusconi) al che si è beccata un’altra scarica di fischi e parolacce.

C’erano anche onorevoli dell’opposizione e si sono prese le loro fischiate, tanto per accomunare tutte le donne nello stesso destino; ci potremmo chiedere il motivo per il quale “tutte” queste donne che rappresentavano una qualche autorità sono state fischiate; forse viene loro imputato di essersi vendute al potere per fare carriera e per raggiungere posti di prestigio: non hanno tutti i torti!!

A dimostrazione della poliedricità dell’evento, c’era anche un gruppo di ragazze e bambine rom che innalzavano un cartello – in romeno, albanese, russo ed arabo – nel quale si poteva leggere: “La violenza sulle donne non ha colore, né religione, né cultura, ma solo un sesso: il maschio”. C’è qualcuno che se la sente di dar loro torto??

Ho parlato delle contestazioni alle donne, ma alla manifestazione c’era anche qualche uomo (giornalisti, fotografi, cameraman) che non sono stati soltanto contestati ma…semplicemente cacciati.

Cosa potremmo augurarci da quello che è successo ieri l’altro a Roma? Che il movimento femminista prenda coscienza delle proprie aspettative e cerchi di sviluppare un discorso comune contro il potere, tenendo comunque presente che al giorno d’oggi, il potere – quello vero – non fa distinzione tra uomo e donna e quindi anche loro farebbero bene a comportarsi allo stesso modo se intendono combatterlo.

Sapete qual è il mio timore (ce l’avevo anche quaranta anni fa): che le donne riescano a scardinare la porta del palazzo e che poi i primi ad entrarci siano i soliti uomini!!


domenica, novembre 25, 2007

LEGGE ELETTORALE 

Dopo lo “spariglio” di Berlusconi con il nuovo partito e l’invocazione di nuove elezioni, si fa un gran parlare di legge elettorale e le voci maggiormente ricorrenti si rifanno a quella vigente in Germania, dove si vota con il “proporzionale” e con uno sbarramento al 5%.

Adesso, alla ricerca del “sempre più nuovo”, alcuni commentatori politici stanno portando alla ribalta il sistema elettorale russo; sì, avete letto bene, “russo”, infatti dalla sgangherata patria di Putin, mezza turbocapitalista e mezza fascista, si vorrebbe importare il meccanismo con cui vengono eletti i deputati della Duma; vediamo di cosa si tratta.

Anzitutto diciamo subito che anche qui siamo in presenza di un sistema proporzionale, ma lo sbarramento è al 7% ed il sistema prevede una serie di norme un po’ particolari: anzitutto il divieto di coalizioni strumentali e rescindibili (come controllarlo!!), poi divieto di cambiare partito ad elezione avvenuta.

Come risultato, la Duma ha al momento solo quattro partiti ed alle prossime elezioni del 2 dicembre, se ne prevedono solo due, come in America, dove però vige il maggioritario.

È ovvio che questo meccanismo e le successive disposizioni comportamentali, porta i partiti a fare i loro conti e ad accorparsi con qualcuno, per evitare la tagliola dello sbarramento ed essere spazzati via; ma siamo sicuri che in fase di votazioni e durante l’operatività pratica del governo i partiti non si riprendano il proprio emblema e si atteggino a quello che erano prima del voto e non dopo?

Non conosco i dati riguardanti il funzionamento del meccanismo in Russia, ma la differenza sostanziale con la nostra situazione è che da noi non esiste una sola norma che preveda una figura come quella di Putin, con i super-poteri che si ritrova e con la possibilità di fare e disfare a suo piacimento.

Da noi il Premier subisce una serie infinita di condizionamenti dai partiti della propria coalizione e se non accetta i diktat di questo o di quello, poi si trova a scontare il fio nelle votazioni parlamentari.

Ma questa è democrazia? Gaetano Mosca, nel suo “La classe politica” afferma che “Cento che agiscono sempre di concerto e d’intesa gli uni con gli altri, trionferanno sempre su mille presi uno ad uno che non hanno nessun accordo tra di loro”; dato questo assunto, possiamo dire che la democrazia non è “rappresentativa”, bensì un sistema di “minoranza organizzata”, di oligarchia, di aristocrazie mascherate – sia politiche che economiche – strettamente intrecciate fra di loro e, assai spesso con i poteri non propriamente puliti della società.

E il nostro ruolo? Scegliere, ogni cinque anni – legittimandola, come l’unzione del Signore legittimava il Re – da quale oligarchia preferiamo essere dominati, schiacciati, umiliati: in concreto, rendiamoci conto che il nostro ruolo è solo quello di sudditi, chiamati ad obbedire e basta.

Come se ne esce da questa condizione? Bisogna che prima di ogni altra cosa l’uomo di renda conto di questa truffa politico-istituzionale e solo allora potrà agire per ripristinare un ordine nuovo; non credo che ciò sia imminente, sicuramente non sarà la mia generazione, ma forse neppure la prossima; certo che più si aspetta e più si pensa che “meglio di così non si possa stare” e allora ho paura che siamo fregati veramente!


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