venerdì, settembre 20, 2013
I REATI PIU' ODIOSI
Sono indubbiamente quelli in cui le vittime
sono persone anziane, persone cioè che i malviventi prendono di mira proprio
per la loro età; lo Stato ha messo una nuova normativa in occasione del recente “decreto sicurezza”,
per la quale se la persona rapinata ha più di 65 anni, l’indiziato verrà
giudicato dal Tribunale con composizione collegiale e le pene saranno più
severe in quanto si procede comunque per “rapina aggravata”.
Ma la malavita, composta in genere da
giovanotti stranieri dediti a questo tipo di vita, sembra disinteressarsi di
questi aggravi e punta la loro attenzione su anziani; è il caso che mi accingo
a raccontarvi, accaduto vicino a dove abito: una donna, un’anziana di 83 anni
che percorreva una strada in bicicletta
è stata affrontata da due giovani che viaggiavano su uno scooter, l’hanno scaraventata per terra e l’hanno
scippata della borsa che l’anziana signora teneva nel cestino della bici, ma
anche con la tracolla legata intorno al collo.
Soccorsa da alcuni passanti che provvedevano
a chiamare l’ambulanza, la signora è stata ricoverata e le è stato
diagnosticata la frattura della clavicola.
Intanto, per quanto riguarda gli aggressori,
fortunatamente i due giovani erano stati notati da un poliziotto libero dal
servizio e segnalati alla centrale che – attraverso la targa della motoretta – ha
rilevato la provenienza furtiva del mezzo e pertanto è stata diramata la nota
di ricerca.
È così che l’equipaggio di una volante ha
rintracciato lo scooter rubato usato per questo assalto con solo uno dei due
malviventi a bordo; il giovane – un serbo di 24 anni – è stato arrestato mentre
stava fuggendo dal luogo in cui era stata commessa la rapina, mentre il
complice era riuscito a dileguarsi e rimane, per il momento, senza un nome.
Nei confronti del giovane serbo fermato, si
procederà per due reati: il furto della motoretta e la rapina aggravata nei
confronti della donna rimasta ferita.
Non voglio assolutamente apparire come
xenofobo, ma da quello che sta succedendo credo che sia giunto il momento di prendere delle decisioni: questi
reati, nella maggior parte dei casi, vengono commessi da persone provenienti da
altri Paesi e giunti in Italia più o meno clandestinamente; questa considerazione
ci pone una serie di problemi: il primo è quello dell’accoglienza e subito dopo
bisogna chiedersi se accogliere il migrante “e basta” sia sufficiente oppure
serva una specifica politica dell’accoglienza che comprende anche un minimo di
lavoro con cui l’extra comunitario possa campare lui e – nel caso ci sia –
anche la famiglia.
Ma siamo in una situazione di crisi
drammatica in cui il posto d’onore è riservato al lavoro e quindi non è
pensabile che lo Stato possa devolvere delle risorse importanti a questo
problema; e allora si fa finta di “essere buoni”, si accoglie queste persone e
poi ci scandalizziamo se una gran parte di questi si mette a delinquere per
ricavare il minimo vitale.
C’è poi il problema del sovraffollamento
delle nostre carceri e delle conseguenti sollecitazioni della U.E. perché si
risolva il problema; questo induce la Magistratura a comminare pene modeste o
addirittura a non condannare i migranti per piccoli reati e questi – una volta
rimessi in libertà – si ritrovano al punto di prima: dove si va a mangiare? Ed
allora si riprende a delinquere!
È una spirale senza sbocco che non ci
permette di “vedere” il problema!!
mercoledì, settembre 18, 2013
ZIBALDONE N.9
Sta cominciando a imperversare l’autunno, con
le sue piogge e l’abbassamento della temperature, ma le notizie sono abbastanza
“simili” a quelle del solleone; a dimostrazione che sotto il nostro cielo non
cambia molto, sia che faccia caldo o freddo. Vediamo le notizie cui mi
riferisco.
LA PRIMA si riferisce a quanto accaduto in un piccolo
paese in Provincia di Lucca: abbiamo una azienda di piccole dimensioni, una
diecina di dipendenti addetti alla fabbricazione di scarpe; all’inizio
dell’estate – in giugno – i dipendenti concordano con la proprietà di adottare la C.I.G. (Cassa integrazione
guadagni) per i mesi di luglio e agosto; trascorsi questi due mesi, cioè i
primi di settembre, i dipendenti si presentano regolarmente al lavoro ma
trovano lo stabilimento chiuso ermeticamente; il titolare è sparito e non
risponde al cellulare.
Un dipendente più intraprendente degli altri,
prova a sbirciare all’interno del capannone sprangato e il risultato e
disarmante: è desolatamente vuoto, niente scrivanie, niente macchinari, sparito
anche il condizionatore; è a questo punto che a tutti risulta chiara la
situazione: il titolare ha venduto tutto o lo ha trasferito in qualche altro
Paese e non ha avuto il coraggio di dire ai dipendenti: “scusate ragazzi, ho
venduto e ho chiuso tutto; mi dispiace ma siete tutti licenziati”.
Alcune ore più tardi appare sui vetri
dell’edificio un cartellone bianco che reca questa indicazione: “affittasi, mq
500, capannone industriale con uffici”.
Torniamo ai motivi; ha venduto tutto e se ne è andato, lasciando
nella merda dieci famiglie di un piccolo paese toscano; mi chiedo e vi chiedo:
c’è una legge che possa sanzionare un simile comportamento? Temo proprio di no
e quindi anche in questo caso c’è il principio “chi ha avuto ha avuto”. Ma vi sembra
giusto??
Oppure esaminiamo il caso del trasferimento
all’estero di tutti i macchinari e strutture varie; anche in questo caso non
credo che ci sia niente di ostativo a questo comportamento desolatamente
squallido e allora propongo io una piccola normativa: chi trasferisce
all’estero la propria azienda, venga obbligato anche a vendere all’estero i
prodotti realizzati; mi chiederete in che modo: semplice, quando arrivano in
Italia li rimandiamo al luogo di origine e basta. Vi sembra chiaro e soprattutto
vi sembra giusto?
LA SECONDA prende l’avvio da una notizia che mi ha
fatto sobbalzare: nella Repubblica Popolare Cinese è stato raggiunto il numero
di 315 persone che hanno un patrimonio superiore al miliardo di dollari; questa categoria di “ricchi”
è aumentata dallo scorso anno di 64 unità, a dimostrazione che da quelle parti
la crisi non ha dato fastidio; il “Paperone” cinese è tale Wang Janlin,
presidente del gruppo Dalian Wanda, che ha un patrimonio di 22 miliardi di
dollari.
Lo sapete già, ma mi piace ricordarvelo: in
Cina abbiamo un regime “comunista”; per completezza d’informazione, vi fornisco
una definizione di “comunismo”: dottrina politica, economica e sociale fondata
sulla proprietà non individuale ma “comune” dei beni esistenti e dei mezzi di
produzione; una volta si diceva che “la proprietà è un furto”, ma evidentemente
ne è passata di acqua sotto i ponti da allora ad oggi!!
Tra questi ricconi ci sono anche delle donne:
la regina dell’immobiliare Wu Yajun è scesa dall’ottavo al ventiduesimo posto
dopo che il suo divorzio le è costato la bellezza di 3/miliardi di dollari,
l’accordo di divorzio più costoso mai avvenuto a favore di un ex marito.
lunedì, settembre 16, 2013
LA MANIA LAICISTA DI HOLLANDE
Il socialista Hollande, dopo avere fatto
approvare il matrimonio gay – scatenando una miriade di proteste che i francesi
non ricordavano da tempo – si sta avventurando su un altro terreno scivoloso,
quello che riguarda la cosiddetta “morale laique” (morale laica), normativa
elaborata dal ministro dell’istruzione Peillon.
A partire da alcuni giorni addietro, in tutte
le scuole della Repubblica dovrà essere esposta in modo ben visibile la “carta
della laicità”, documento che in 15 punti ribadisce il principio della separazione dei poteri tra Stato e
Chiesa, già espresso dalla legge del 1905 e ribadito dalla legge del 2004 nella
quale veniva precisato il divieto di ostentare, in classe, qualsiasi simbolo religioso.
Non è una cosa che ci riguarda, ma per amore
di discussione mi sembra opportuno fare alcune considerazioni su questa
normativa: anzitutto una domanda, cioè “ma
ce n’era bisogno?” e la risposta non è facile darla.
Diamo comunque una nostra definizione di “laicismo”
o “laicità”: “atteggiamento che propugna l’indipendenza e/o l’autonomia dello
Stato nei confronti di qualunque confessione religiosa.
Ma vediamo di cosa si tratta in questa
“carta”. L’articolo 1 afferma che i
valori della Repubblica debbono essere condivisi da tutti gli alunni, mentre
all’articolo 2 si ribadisce che i cittadini debbono essere tutti uguali di
fronte alla legge e, all’articolo 3, si afferma che “non esiste una religione
di Stato” e, all’articolo 10 si stabilisce che è vietata ogni forma di violenza
e di discriminazione.
Un primo commento è che si tratta di “acqua
calda”, cioè di cose sapute e risapute che vengono codificate per l’ennesima
volta, ma che fanno parte di una sorta di “legge naturale” che è al di sopra
anche dello Stato; infatti nessuna Nazione avrà nel suo ordinamento una norma
che ammette la violenza e la discriminazione.
Ma da questo codice morale, nasce un problema
non di poco conto: il ministro Peillon, infatti, non si è reso conto di
compiere egli stesso una discriminazione, sia nei confronti della stragrande
maggioranza dei musulmani di Francia, peraltro perfettamente integrata nel
Paese e rispettosa della morale laica ed anche nei confronti degli allievi di
ispirazione cattolica, obbligata a nascondere catenine e crocifissi al momento
dell’entrata in classe.
Ed infatti le proteste non si sono fatte
attendere: ha cominciato Dalil Boubakeur, rettore della Grande Moschea di
Parigi che ha detto “è una nuova stigmatizzazione della nostra comunità” ed è
proseguita con un intervento del Difensore dei diritti dei cittadini, Dominique
Baudis, che ha immediatamente chiesto “chiarimenti” al Consiglio di Stato.
È naturale che la sola “carta della laicità”
non è sufficiente per reprimere l’ostentazione dei segni religiosi; a questo
proposito, si rischia che i musulmani possano essere tentati di rifugiarsi in
quell’integralismo “nascosto” che il ministro Peillon cerca di contrastare e
che – almeno in Francia – sembrerebbe superato nei fatti, ma pronto a
riprendere nuova lena.
In questo secolo di multiculturalismo,
ciascuno tende a considerare la propria cultura, quella che è in testa alla
classifica; fare in modo che questa classifica non esista dovrebbe essere il
compito degli stati laici, ma le modalità con cui giungere a questo risultato
non discendono certo da mere imposizioni circa la esternalizzazione della
propria religione; mostratele tutte, ma integratele!! Questo mi sembra un motto
che possa valere la pena di attualizzare.