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sabato, dicembre 28, 2013

MA CHI SONO IO, BABBO NATALE?! 



Mi è venuto in  mente lo slogan di uno spot di qualche anno addietro che pubblicizzava i prodotti della Bistefani e il protagonista alludeva a Babbo Natale come grande dissipatore di doni a tutti quelli che glieli chiedevano.
Mi è venuto in mente quando il nostro premier, Enrico Letta, ha affermato che lui non era “Babbo Natale” e quindi non  poteva accontentare tutti nelle loro richieste.
Ebbene, Anche Babbo Natale ha i suoi limiti: solo i bambini buoni, al minimo “discreti”, hanno diritto al premio del regalo, mentre quelli che sono stati cattivi, non possono pretenderlo; quindi, in sostanza, il barbuto nonno del Nord, fa delle scelte e si comporta in conseguenza a queste scelte.
Analogamente a Babbo Natale, il politico non può, anzi, non deve, accontentare tutte le richieste, ma deve fare delle “scelte” e sono proprio queste scelte che caratterizzano la politica; ma come dovrebbe comportarsi il nostro presidente del consiglio? Anzitutto tenere presente che l’intera Europa ci considera dei furbetti evasori e, specie i tedeschi ci considerano “inaffidabili”.
Sarà anche vero, ma non tutti siamo come ci descrivono all’estero, cioè alcuni di noi – forse la maggior parte – paga puntualmente le tasse e non evade neppure un euro; magari perché non può fare altrimenti (individui a reddito fisso), ma insomma le tasse vengono pagate.
Ma l’estero ci impone un “fiscal compact” in virtù del quale dobbiamo abbassare il nostro debito pubblico di 50/miliardi di euro l’anno per 20 anni a partire dal 2015; c’è poi un’altra parolina magica ereditata dall’inglese: “fiscal compact” che significa “riduzione fiscale”, e che agli italiani appare beffarda, almeno quanto il significato che venne appioppato all’IVA (imposta sul valore aggiunto) che viene pagata da chi il valore non l’aggiunge, cioè il consumatore finale, perché chi l’aggiunge lo scarica sull’ultimo anello della catena.
Ma torniamo a Babbo Natale; vorremmo dire al nostro premier che nel nostro Paese le imposte sul lavoro hanno raggiunto livelli paurosi. Ecco i numeri: un dipendente italiano single con un reddito lordo di 20.000 euro annue, versa 3.629 di Irpef, mentre in Francia si scende a 1.461, in Germania a 1.850; come si vede, il divario è notevole, ma questi aumenta con il crescere del reddito, così che a quota 50/mila l’imposta è di 15,153 in Italia, 9.434 in Francia e 6.350 in Germania.
Se poi andiamo a vedere la stessa situazione ma applicata ad una coppia con due figli a carico, reddito cumulato di 50/mila euro lordi, l’irpef è di 13.708, contro i 2.983 della famiglia transalpina e i 4.927 dei lavoratori teutonici.; tutto ciò alla faccia delle tante chiacchiere che vorrebbero farci credere che in Italia la politica si schiera con la famiglia; le differenze si commentano da sole.
Ecco, in questo caso Babbo Natale prenderebbe provvedimenti e analogamente il politico dovrebbe sanare queste sostanziali ingiustizie prendendo posizione a favore dei dipendenti che subiscono delle tassazione quasi doppie rispetto ai colleghi francesi e tedeschi.
Se poi si vuol continuare a sbandierare lo slogan “non ci sono fondi”, ricordiamoci che il popolo – anche se è “bue” – non è proprio stupido e conosce quanto percepisce un politico e quanto sia difficile abbassare questi immorali stipendi e quindi trae delle considerazioni niente affatto positive sul politico in questione; chiaro il concetto??

giovedì, dicembre 26, 2013

TACCHI A SPILLO ALLA RIBALTA 



Da ogni parte si dice che il nostro universo sta cambiando – non posso dire se in meglio o in peggio – e oltre all’ ignoranza che sento, sul tipo di quella che recita che Hitler è salito al potere negli anni ’70, ci sono storici mutamenti del costume, sociale e antropologico; infatti,sullo stesso angolo di Park Avenue dove Audrey Hepburn in “Colazione da Tiffany” si ingegnava per sposare un uomo ricco, adesso ci sono le belle (magari un po’ rifatte”) quarantenni con vestiti alla moda che entrano nelle grandi banche alle 7 del mattino, dopo essersi sciroppate una mezz’ora di metropolitana per arrivare dal ricchi sobborghi del verde Connecticut.
E gli uomini, cioè i mariti? A casa a fare i “casalinghi” e a portare a scuola i figli; tutto questo perché Wall Street  vuole e cerca la competenza e la grinta delle donne anche ai vertici delle grandi banche e dei grandi gruppi finanziari.
E le donne rispondono quasi sempre con successo senza sacrificare né famiglia né marito, ma difendendo il ruolo e difendendolo con i denti, specie perché così facendo guadagnano dieci volte più di quanto guadagnava lui.
Un occhio miope dirà che in questo modo è la carriera dell’uomo ad essere bloccata e quindi l’uguaglianza dei due generi è solo sulla carta, ma in realtà la dinamica della coppia americana si sta sempre più spostando verso un curioso ribaltamento dei ruoli.
E quindi, non ci dobbiamo meravigliare se gli uffici ai piani alti delle mega-banche americane, lasciano sempre più una scia di Chanel e non di sigaro o se le business class dei voli intercontinentali hanno moltiplicato i menu vegetariani tanto apprezzati dalla popolazione femminile che li frequenta.
Ma questi fenomeni possiamo ascriverli solo alle grandi metropoli americane? Solo in parte, perché forti segnali di analoghe situazioni stanno arrivando anche dall’Asia.
Comunque, per il momento possiamo dire che abbiamo due donne “di vertice”: Janet Yellin alla Federal Riserve e Christine Lagarde al Fondo Monetario Internazionale; entrambe non sono incidenti di percorso ma traguardi raggiunti per meriti.
Adesso, sotto i tavoli delle “conference room” ci sono tacchi a spillo in crescita e “Church” in calo; ovviamente non siamo ancora alla sognata “parità”, ma le percentuali – che in economia contano assai – sono raddoppiate, sia a Wall Street che nella politica attiva.
Indubbiamente, se nel 2016 anche l’America votasse un Presidente donna, il consorte potrebbe cominciare a pensare ad una forma di  revisione della “carta dei diritti”, inserendo qualche clausola di salvaguardia per i poveri maschietti che dopo secoli di prevaricazione, stanno per essere sorpassati dalle donne nella guida del Paese.
Ma almeno ricordiamoci che mentre la signora Merkel è ancora lì da tanti anni, i signori Berlusconi, Zapatero e Sarkozy, vengono a malapena ricordati dai loro fans.
Quindi si tratta di un vero e proprio “sorpasso”, il prologo di una rivoluzione prossima ventura, il tutto in un contesto culturale che qualche volta ci spinge a ipotizzare la soppressione delle differenze di genere, magari perché il fisico dell’uomo sta perdendo qualche colpo, mentre le prodezze sportive delle donne si fanno ricordare più di quelle dei maschietti.
Quindi, non preoccupiamoci se in queste festività, al posto di Babbo Natale, il camino ci fornirà una Mamma Natale: prendiamone atto con la massima serenità, tanto nel cambio abbiamo tutto da guadagnare.
Speriamo di campare abbastanza per vedere questa vera “rivoluzione”.

martedì, dicembre 24, 2013

MISERIA E POTERE POLITICO 



Nonostante che siamo alla vigilia di Natale non ho proprio voglia di fare gli stessi discorsi di tutti gli altri anni: “cerchiamo di essere più buoni”, “aiutiamo chi ha meno di noi”, “speriamo che vada meglio” e via di questo passo.
Sono incazzato e quindi scrivo di conseguenza: secondo un rapporto ISTAT, un italiano su 3 è a rischio povertà, quindi se siamo 60/milioni, tale condizione interessa ben 20/milioni; direi che non c’è proprio da stare allegri.
In questi giorni di freddo intenso, pensate che ben il 21% degli italiani non ha soldi per poter provvedere al riscaldamento della propria abitazione e oltre la metà dei nostri connazionali (50,8%) non possono permettersi di andare una settimana in ferie.
Addirittura avanza quella che viene definita “povertà alimentare” che ha raggiunto il 35% delle persone che si vedono costretti a chiedere aiuti alimentari.
Ovviamente, la situazione è particolarmente difficile al Sud e nelle Isole, dove il 48% delle famiglie è a rischio povertà (contro il 29,9% dell’intero Paese e il 24% della media europea.
Le disuguaglianze sono da ulteriore incazzatura: pensate che il 20% delle famiglie più ricche incassa il 37,5% del reddito totale e il 20% più povero percepisce appena l’8%.
Poi ci sono quelli che “stanno bene”: secondo uno studio della UIL, sono oltre un milione gli italiani che vivono di politica, sia che appartengano allo Stato Centrale che alle autonomie territoriali.
Complessivamente questi signori costano ai cittadini la bellezza di 23/miliardi di euro, una cifra che sistemerebbe qualsiasi bilancio, anche quello disastrato dello Stato italiano.
Oltre all’assurdità di certi stipendi e relative diarie (perché ci deve essere questa suddivisione?), l’autonomia della periferia ha prodotto uno scialo nel comparto dei rimborsi tale da interessare – in molti casi – addirittura alcune Procure della Ripubblica che hanno chiamato svariati dirigenti di fronte al magistrato.
Ed oltre ai Giudici ci sono “i forconi”, con il loro carico di confusione ma anche con alcune rivendicazioni che fanno pensare: fuori tutti, politici, amministratori e politici in genere; con questa operazione si risparmierebbe una montagna di soldi ma – diciamocelo chiaramente – è pura utopia; magari l’unica cosa che si potrà ottenere, con il tempo, sarà un taglio più o meno pesante, alle spese pubbliche e, di conseguenza anche alle tasse, vero ostacolo per una ripresa dei consumi.
Intanto è arrivato Renzi, sul quale è riposta molta parte delle speranze per un cambiamento; le sue prime mosse ce lo mostrano come se fosse incartato dalla politica dei politici romani, tant’è vero che si mette a fare polemica con un comico confusionario e farfugliane e tra i due volano battute anche pesanti e non molto divertenti.
Solo che tutta questa confusione non  aiuta a mettere in regola la situazione di un Paese allo sbando che dà la sensazione ai suoi abitanti di essere su uno scivolo che va diritto all’inferno.
Ci vorrebbe un qualcosa provvisto di un robusto freno per invertire la caduta, ma – almeno io – non riesco ad individuarlo; anche quelli che fanno capolino durano solo lo spazio per conquistare una manciata di popolarità che poi trasformano in posti di alto bordo, lautamente retribuiti e ben utilizzabili per l’intera e immancabile “famiglia”.
E con questo spirito  affidiamo la nostra situazione a qualcosa di “superiore”; chiaro??

domenica, dicembre 22, 2013

MA CHI SONO QUESTI "FORCONI"? 



Lo chiamano “il popolo dei forconi”, quello strano agglomerato di gente che invade le città portandoci un discreto scompiglio; non è molto vasto ma dietro a questi che sono in prima fila, si riscontrano molti milioni di italiani che soffrono e rappresentano una nuovissima “maggioranza silenziosa” che tende ad aggiungersi alla già numerosa fila di nuovi poveri, i quali a sua volta si aggiunge a quella dei “vecchi poveri”; insomma, fate voi, ma sempre poveri sono, sia quelli nuovi che quelli vecchi.
Chi sono questi “poveri”? Sono persone – sole o accoppiate – che hanno perduto il lavoro, magari simultaneamente, di cassaintegrati con un solo salario, di persone già adulte espulse dal mondo del lavoro senza un briciolo di welfare.
Ma ci sono anche piccolissimi imprenditori, commercianti, artigiani, agenti di commercio, persino  professionisti che hanno perduto una grossa fetta del loro lavoro e non reggono il vecchio tenore di vita. Per di più hanno quasi sempre figli disoccupati o estremamente precari e al momento non riescono a vedere la famosa luce in fondo al tunnel, ma continuano a vedere il buio.
Con chi possono rifarsela questi disperati? La logica c’insegna che è questo il momento dell’antipolitica, “vadano tutti a casa” è l’invocazione generale, anche perché il Parlamento è considerato “inutile” e al suo posto è indifferente il Duce o Baffone, basta che li rimetta tutti in riga e tolga loro i ricchi privilegi che si sono accaparrati.
Pochi giorni fa il Governo ha varato un provvedimento che abolisce il finanziamento pubblico ai partiti nel modo che conosciamo, cioè con una tranquilla regolarità legata ai risultati elettorali; la novità è che tale finanziamento – sia pure ridimensionato – rimane, ma è demandato alla volontà dei cittadini che potranno indicare a chi devolvere il 2 per mille delle loro tasse: allo Stato o al partito. Ancora non si conosce il meccanismo, ma grosso modo dovrebbe funzionare come vi ho sopra accennato.
Ma la norma più ghiotta e più attesa è quella della riduzione dei parlamentari; per questo servirà un po’ di tempo, dato che si tratta di una modifica costituzionale e dovrà seguire una prassi un po’ lunghetta.
Spero che dopo la riforma saremo tutti ancora vivi e vegeti e in buona salute fisica e mentale, perché sarà interessante vedere come è andata a finire, cioè se gli attuali “rimborsi corrisponderanno a quanto percepiranno dopo il provvedimento governativo o saranno molti meno”; intanto vediamo quanto si portato a casa quest’anno: PD 24,4/milioni, 5stelle 8.3, Pdl 23,2, Scelta civica 2,5/milioni, Lega nord 6,3/milioni e S.E.L. 1,4/milioni; insomma, anche se la cifra che segue non è direttamente collegabile a quelle di cui sopra, è bene sapere che dal 1994 a oggi, secondo la Corte dei Conti,  sono stati erogati 2,5/miliardi ai partiti italiani. Chiaro??
Quindi, fare in fretta una riforma elettorale e mettere al bando i rimborsi ai partiti; solo dopo la gente crederà a questi politici e dare ragione all’Europa che  continua a invitarci a fere i “compiti a casa”; comunque, se continueremo a parlare solo di elezioni o di riforme o di modernizzare la costituzione, la gente s’incazzerà ancora di più, perché quello che si aspetta dai politici è sentire come pensano di risolvere i problemi spiccioli della gente, dal lavoro che manca alla diminuzione dei consumi, dalla vita che è sempre peggiore, fino a ai soldi che fanno arrivare la maggior parte delle famiglie al massimo al 15 del mese.
Quindi è chiaro: parlare di cose che servono “subito”; chiaro??!!

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