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sabato, ottobre 07, 2006

ZIBALDONE N. 9/2006 

Era un po’ di tempo che non ricorrevo all’espediente dello zibaldone per trattare più argomenti e adesso lo faccio perché intendo parlare di due faccende che, pur simili tra loro, non sono identiche e quindi hanno bisogno di due approcci diversi.
Il PRIMO riguarda ancora la finanziaria e, in modo particolare una battuta di Cofferati, Sindaco di Bologna, che così recita: “non intendo essere lo Sceriffo di Sherwood e andare a riscuotere le imposte per conto del re”.
Dobbiamo subito dire che “il cinese”, in mezzo a tutti i sindaci incavolati neri che recitavano le più svariate litanie, ha almeno avuto il pregio di essere spiritoso e, così facendo, di cogliere pienamente nel segno.
Mi spiego meglio: in questa finanziaria il governo ha operato tagli importanti rivolti alla finanza locale, suggerendo – a bassa voce - a sindaci, presidenti di regione e di provincia, di operare a tutto gas sulla leva fiscale in modo da riequilibrare il bilancio dell’ente locale interessato.
Questo modo di operare è, per l’appunto, quello che Cofferati definisce il riscuotere per conto del re le gabelle locali: infatti, nessuna norma impone ai capi della politica locale di regolarsi in modo diverso da come stanno facendo adesso, per quanto riguarda le municipalizzate e i tanti posti nei consigli di amministrazione a circa 40 mila euro l’uno; ma come si può continuare a mungere la vacca che ha le mammelle sempre più avvizzite? Semplice, basta ricorrere a nuove tasse e gabellare queste imposizioni come se riguardassero un’opera di nuova realizzazione che riveste particolare importanza per la vita dell’intera comunità (la cosiddetta “tassa di scopo”); in effetti si tratta soltanto di mantenere l’attuale livello di spesa al fine di continuare a retribuire munificamente i vari amici, sodali, famigli e altro ancora.
Il problema, per il governo, è che queste autorità locali hanno subito affermato che questa situazione non l’avrebbe creata neppure Berlusconi, e questa forse è stata una mossa fatale, perché il solo nome del Cavaliere fa venire l’orticaria a buona parte dei ministri in carica.
Il SECONDO argomento riguarda la diatriba Prodi/Tronchetti Provera sulla vicenda Telecom e se il premier era a conoscenza di questo famoso piano oppure no; andiamo con ordine: proprio ieri Prodi ha riferito in Senato e ha detto, in pratica, le stesse cose affermate alla Camera e cioè ha confermato di aver visto l’allora Presidente Telecom, ma che questi non gli disse assolutamente niente a proposito delle strategie che l’azienda aveva in animo di mettere in campo per la riduzione del mostruoso debito con le banche; peccato – per Prodi – che proprio il giorno precedente, il signor Telecom aveva rilasciato una intervista al Corriere, nella quale affermava l’esatto contrario, e cioè che il governo sapeva tutto a proposito dell’operazione “spezzatino” e che il tutto aveva preso le mosse dal piano messo a punto dal consulente economico di Prodi, quell’Angelo Rovati, precipitosamente “dimissionato” e utilizzato come tipico capro espiatorio.
È evidente che uno dei due mente: sarebbe interessante chiedere a Prodi di che cosa si sia parlato in quel famoso colloquio e, se allo stesso era presente qualcun altro che possa confermare o smentire l’uno o l’altro; lo so che non è in chiave politichese questa mia proposta, perché nel mondo ovattato della politica non c’è mai niente di netto e di definitivo, non c’è mai chi ha ragione e chi torto, ma si naviga in un mare di quasi verità e di quasi bugie: per una cosa del genere in America si sono dimessi vari Presidenti, ma da noi – che pure insegniamo a tutto il mondo – non si usa!!

giovedì, ottobre 05, 2006

ALITALIA SEMPRE PIU' NEL BARATRO 

Ormai sono svariati anni che la nostra Compagnia Aerea di bandiera, l’Alitalia appunto, versa in miserevoli condizioni e continua a perdere soldi a tutto spiano; era stata riposta grande fiducia nel nuovo Amministratore Delegato, Giancarlo Cimoli, meglio conosciuto come “il tagliatore di teste”, per la smodata passione che il manager ha nel licenziare il personale, ma le speranze sembra che stiano per naufragare.
Infatti, anche Cimoli sembra sul punto di arrendersi, stando almeno alle anticipazioni di una sua prossima audizione in Parlamento; sentite questa dichiarazione: “Nell’attuale scenario non c’è spazio per la sopravvivenza dell’Alitalia, né tantomeno per lo sviluppo dell’attività, visto che a maggior numero di ore volate corrisponderebbero maggiori perdite”. Detto in soldoni: più si vola – cioè si fa il nostro mestiere – più ci si rimette e quindi aumentano le perdite: non c’è che dire, è proprio una bella prospettiva!
Il bravo Cimoli indica anche i quattro punti salienti, necessari per cercare di raddrizzare la situazione: il PRIMO è quello di “eliminare le evidenti distorsioni della concorrenza”, cioè dei voli “Low Cost”, che garantirebbero vantaggi sleali alle nuove Compagnie che stanno nascendo come funghi; ma, caro Amministratore, non si può dire che bisognerebbe eliminare la concorrenza, perché se così fosse, sarebbero tutti bravi a mandare avanti le grandi Aziende, non le pare??.
Con il SECONDO punto se la prende con le inefficienze del sistema (aeroporti scadenti, ENAV idem, ecc.), avvertendo che queste causano costi che vanno a collocarsi nei conti economici delle linee aeree. Anche in questo caso, non riesco a capire il punto di vista di Cimoli: sacrosanto il richiamo alle inefficienze dalle quali discendono aggravi di costi, ma è bene ricordare che questa situazione vede tutte le compagnie aree accomunate da un unico destino, e quindi….
Il TERZO punto richiama le carenze delle infrastrutture (stradali e ferroviarie) a supporto delle varie realtà aeroportuali e richiama la parcellizzazione degli interventi come elemento di grave distonia nel campo del volo, cioè si fanno troppi aeroporti (forse per motivi campanilistici) e non si riesce a supportarli in modo adeguato: anche in questo caso, non posso che essere d’accordo con la denuncia, in quanto le strade o i treni per raggiungere gli aeroporti, sono in condizioni disastrose, ma – come ho detto sopra – questa è una condizione che accomuna tutte le compagnie aeree e quindi…
Il QUARTO e ultimo punto delle lamentazioni di Cimoli è una richiesta di soldi – mascherata ma neppure tanto bene – con la quale si invocano “logiche di intervento accettabili in sede internazionale”; dal criptico linguaggio si capisce che si dovrebbero cercare soluzioni che non possano poi essere bocciate in sede comunitaria dai soloni di Bruxelles: e in questo caso mi sembra che siamo in piena richiesta di aiuto, senza neppure una minima motivazione di carattere operativo, perché se la premessa è che “più si vola e più si perde”, come si può invitare il Governo a mettere mano ancora una volta al portafoglio?!
Tutti gli interessati si mostrano “sconcertati” dalle anticipazione del documento di Cimoli, a cominciare dai Sindacati che nelle loro numerose sigle (credo che ce ne siano almeno una ventina) si sono dichiarati pronti a scendere in piazza con l’ennesimo sciopero generale: e ti pareva!!

martedì, ottobre 03, 2006

ANCORA SULL'ONDA DELLA FINANZIARIA 

Dopo avere dato la mia approvazione “di massima” alla filosofia fiscale della finanziaria, mi debbo rimangiare – almeno in parte – quanto affermato, perché c’è tutta una serie di questioni che non mi tornano; vediamone qualcuna insieme.
Cominciamo dalla stromazzata “caccia agli sprechi” che, sia detto ben chiaro, non è affatto accaduta, anzi…; l’unica cosa che è stata posta in essere è una diminuzione dei trasferimenti di risorse agli enti locali, con alti lai da parte di questi ultimi e con preannunci di nuove tasse o imposte: avrebbero inventato anche la “tassa di scopo”, destinata a nuovi interventi o a migliorie delle strade o altro ancora. A nessuno negli enti locali è venuto in mente di tagliare consulenze e appannaggi dorati; non sia mai detto, la soluzione ottimale è quella di aumentare in forma indifferenziata le tasse al cittadino e buonanotte al secchio.
Il quale cittadino deve subire le angherie dello stato centrale e degli enti locali, con questi ultimi di gran lunga più voraci e difficili da contentare: sentite la dichiarazione di Chiamparino, sindaco di Torino: “La cifra di 3 miliardi con cui si chiede ai Comuni di contribuire all’operazione rientro, è sostenibile solo con un aumento generalizzato delle tasse”: come volevasi dimostrare!!
Un’altra cosa che mi ha lasciato perplesso sono i due interventi preannunciati dalla ministra della Sanità, Livia Turco: il primo si riferisce ad un ticket da applicare per il ricorso al pronto soccorso “non pienamente giustificato” (e chi lo stabilisce?), mentre il secondo è ancora più curioso e si riferisce a sanzioni da tremila e seimila euro a chi venderà alcolici ai minorenni nelle aree di servizio autostradali. Quindi, in sostanza, se ci fermiamo a prendere un toast in un Autogrill ed abbiamo con noi un giovane minorenne, dobbiamo stare attenti a cosa beve, perché non sono più vietati i “superalcolici”, ma anche i semplici alcolici, cioè un bicchiere di vino, tanto per intenderci.
E siamo nuovamente ad una delle manchevolezze della sinistra, cioè voler insegnare a tutti come campare, cioè lo stato etico che impone ai propri sudditi come si fa per stare bene; da notare che, oltre ai minorenni, si sta ventilando l’ipotesi di allargare a tutti il divieto di bere alcolici negli autogrill, limitato al solo periodo notturno: ma, quando comincia la notte? E quando finisce?
C’è poi una furbata che è proprio niente male: spinti da ogni parte a diminuirsi lo stipendio, i politici hanno emanato una norma che cala del 30% la busta paga dei ministri; ma questi signori chi vogliono prendere in giro? I ministri sono quasi tutti onorevoli o senatori ed a queste categorie non è stato abbassato proprio niente; nella rete c’è rimasto il solo Padoa Schioppa, ma lui ha la pensione della Banca d’Italia e credo che riuscirà a mettere insieme il pranzo con la cene.
Un’altra diminuzione, già fortemente contestata dagli interessati, riguarderebbe i neo assunti nella magistratura che dovrebbero guadagnare meno dei colleghi assunti l’anno scorso: è ingiusto? Certo che si, ma ha anche una sua logica: da qualche punto bisogna pure cominciare e, fermo restando gli immancabili “diritti acquisiti” si può cominciare solo dai nuovi assunti; ma non si preoccupino, perché si rifaranno abbondantemente nel prosieguo della carriera!!

lunedì, ottobre 02, 2006

DUE PAROLE SUL "CETO MEDIO" 

Voglio subito dire che questa “finanziaria” nelle sue linee guida, nella sua filosofia di fondo, mi trova abbastanza consenziente; infatti si è cercato di recuperare i denari che dobbiamo rimettere in cassa (pena la bancarotta) attingendo alle tasche (non di tutti gli italiani come dice Tremonti) ma soltanto di quelli che veleggiano su redditi da 40/45 mila euro in su.
Ed a questo proposito vorrei proprio sapere come possa l’opposizione affermare che si sta colpendo il ceto medio: ma come, secondo loro tutti quelli che guadagnano da circa cento milioni del vecchio conio in su possono essere considerati “ceto medio”, cioè middle class, come si usa dire nei paesi anglosassoni.
No, cari amici, questi signori che vedono incrementare la loro IRPEF di cifre che variano dalle 700 alle 1200 euro, non sono la classe media, ma sono coloro che guadagnano bene, ma parecchio bene, anzi benissimo e che si possono permettere ben altro che un prelievo forzoso di una cifra che loro impiegano per una cena con alcuni amici in un ristorantino di gran lusso.
Comunque, detto bene della manovra, debbo anche manifestare alcune perplessità che continuano a frullarmi in testa; anzitutto il volere colpire – con imposte dirette – certi tipi di consumi (i S.U.V.) anziché altri: mi sembra un modo di voler selezionare i consumi degli italiani, quasi a dare valore etico ad alcune spese invece che ad altre e questo, un liberale puro come me, non lo tollera.
Un’altra cosa che non mi è andata giù è l’abbandono – o giù di lì – della famosa lotta all’evasione, battaglia che tanti ministri e tanti governi hanno invano tentato, salvo poi rifugiarsi nel già collaudato “condono” che è l’esatto contrario della lotta all’evasione.
Non vorrei che per lotta all’evasione si contrabbandasse la lotta ad alcuni consumi, perché non c’entra niente, anzi sono due cose diverse, distinte e distanti tra loro.
La lotta all’evasione si fa con una profonda riforma del nostro sistema fiscale, con una sistemizzazione degli scarichi fiscali che inducano il contribuente a richiedere la necessaria pezza d’appoggio per tutte le spese; in pratica si otterrebbe che il contribuente diventi anche “aiutante” della tributaria in quanto richiedendo sempre e comunque la fattura o lo scontrino fiscale, si ritrova a fare il gioco dell’erario; ma per fare ciò il contribuente deve avere “la sua brava convenienza”, cioè deve essere facoltizzato a scaricare “tutto”, anche la colazione del mattino composta di cornetto e cappuccino.
Un’ultima perplessità su questa manovra fiscale mi viene spontaneo tirarla fuori: mi sarei aspettato che il governo – ammesso e non concesso che ne avesse l’autorità – si frapponesse in qualche modo tra la rapacità degli enti locali (ora anche con prebende diminuite) e il povero cittadino che si aspetta con terrore di vedere aumentata l’ICI e di vedere applicata qualche addizionale IRPEF.
Forse non poteva farci niente, ma il Ministro dell’Economia, nel comunicare ai Sindaci, convocati appositamente a Roma, di dover diminuire la cifra di competenza degli Enti locali, avrebbe potuto invitare questi ultimi a non rivalersi sui loro cittadini/sudditi, perché sennò non se ne esce: lo Stato diminuisce il gettito a Comuni e Regioni e questi si rivalgono sui loro amministrati; e qui, statene certi, non ci sarà “ceto medio” o ceto basso o alto, tutti verremo colpiti a tappeto, e questa è la vera autentica ingiustizia di questa manovra finanziaria: peccato!!

domenica, ottobre 01, 2006

CHE TIPO DI PAESE STIAMO DIVENTANDO? 

Le ultime cose che mi è capitato di vedere riguardo al nostro bellissimo paese, mi inducono a fare – insieme a voi – alcune riflessioni sulle domande tipiche, da che mondo è mondo, e cioè: “chi siamo e dove andiamo?”.
Chi siamo: si fa presto a dirlo, basandoci su un paio di parametri dei quali conosciamo le cifre; il primo dice che il 5% degli alunni che frequentano le scuole non è italiano e tra venti anni sarà il 30%, ed il secondo indica in 3 milioni i lavoratori extra comunitari.
Da queste due cifre si capisce chiaramente che entro dieci, al massimo venti anni, la nostra sarà una società multietnica sul tipo di altre che vediamo in Europa, ma ancora prima negli Stati Uniti d’America.
Il punto è vedere se siamo preparati, soprattutto psicologicamente, ad affrontare questa mutazione antropologica della nostra società: a vedere come ci comportiamo adesso sarei abbastanza scettico, ma ricordiamoci che abbiamo ancora degli anni per imparare; a cosa mi riferisco? Ancora – come ho detto varie volte – alle violenze sulle donne che continuiamo ad imputare a giovani magrebini, salvo poi scoprire che è stato un italiano dalla pelle bianca o addirittura un parente della vittima (ricordiamoci che la più alta percentuale di violenze sessuali ha luogo in casa).
Diciamo francamente che “l’uomo nero” è per noi un “diverso” che – proprio in virtù di questa caratteristica – ci incute timore; abbiamo poi degli odi ancestrali nei confronti del “nero” e ciò soprattutto in base alla loro potenza sessuale che noi bianchi rachitici abbiamo sempre invidiato loro.
Non è facile superare questi stereotipi ed affrontare il problema nella sua giusta realtà, la quale si racchiude in pochissime parole: questa è gente che scappa dai propri luoghi dove – a parte le lotte etniche che mietono vittime come mosche – si continua a morire di fame; e i padri scappano – soli o in compagnia della famiglia – sperando di andare incontro ad un futuro migliore, nel quale vivere e mettere su casa: molte volte queste speranze sono vanificate dalla nostra cattiveria, ma loro continuano a provarci.
In un’azienda che conosco, c’è un caso che ci deve far riflettere: un senegalese cinquantenne, laureato in sociologia nel proprio paese, viene in Italia e trova un posto da saldatore: è il meglio che può offrirgli il mercato e lui ovviamente accetta; lavora bene,trova un datore di lavoro onesto, guadagna il giusto e risparmia al massimo per mandare a casa il maggior numero di soldi possibili: in dieci anni si è già comprato due case in Senegal per altrettanti fratelli rimasti nel paese africano e adesso sta mettendo da parte i soldi per comprarsene una per se e la sua famiglia.
Cosa significa questo esempio? Anzitutto ci conferma che questi emigranti non rappresentano un “pericolo” per i nostri lavoratori e quindi ci induce anche a rivedere i nostri stereotipi su questa gente che crediamo tutta ignorante e affamata; in parte lo sarà, ma in altra parte dobbiamo vedere meglio caso per caso.
Chiudiamo con la scuola: se è vero che tra venti anno il 30% degli alunni sarà “non italiano”, vi rendete conto dei mastodontici problemi che si stanno ponendo ad una struttura asfittica e poco produttiva come la nostra scuola, nella quale – è discussione udita da me proprio oggi – ci fermiamo ancora a contestare i programmi ministeriali sulla base dei periodi storici e su come questi vengono “spalmati” nell’arco della vita scolastica: vi immaginate i nostri amici “non italiani” ai quali viene propinato per ben tre volte nell’arco della vita studentesca “I promessi sposi” del Manzoni?
Ed ancora nessuno ha lanciato uno straccio di idea su come affrontare questo futuro!!

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