venerdì, dicembre 03, 2010
ZIBALDONE N.12
Sono tre le notizie di questo zibaldone di fine anno, notizie che riprendo dalla stampa e commento, in quanto mi hanno colpito e mi hanno fatto pensare; spero che facciano lo stesso effetto a tutti voi.
LA PRIMA è tragica: un delinquente che l’anno scorso accoltella la fidanzata, la riduce in fin di vita e viene arrestato dalla Polizia, ma la magistratura – con poco acume e meno ancora rispetto per la vittima – lo rimette in libertà (agli arresti domiciliari) dopo pochi mesi di carcere, in attesa del processo; l’uomo ricerca la ex fidanzata e, attraverso una conoscenza comune, riesce a combinare un appuntamento con la ragazza, ma l’incontro si conclude con l’accoltellamento della donna e la sua morte.
I familiari della ragazza uccisa denunciano “l’incoscienza dei giudici che dopo pochi mesi di carcere hanno rimandato a casa una persona così pericolosa che aveva già ridotto in fin di vita la fidanzata”; difficile dare torto ai familiari della vittima, anche se l’occhio della giustizia è - o dovrebbe essere – diverso da quello della gente comune; non viene specificato se “in meglio” o “in peggio”: in questo caso mi sembra decisamente “in peggio”.
LA SECONDA ha per oggetto le prossime festività ed il modo come gli italiani le trascorreranno: dall’ADOC (associazione per la difesa e orientamento del consumatore), si apprende che solo un italiano su cinque si sposterà in occasione del prossimo “ponte” dell’Immacolata, mentre le feste natalizie saranno festeggiate “in vacanza” dalla metà degli italiani; tutto questo nonostante il detto “Natale con i tuoi e Pasqua dove vuoi” e, soprattutto in barba alla crisi.
Ma gli italiani, sia quelli che resteranno a casa che quelli che andranno fuori, spenderanno 5miliardi di euro in regali, con una spesa pro-capite di 225 euro. L’agenzia di ricerche che ci fornisce questo dato, aggiunge che le donne sono le maggiori compratrici di regali, anche se – generalmente – il conto poi lo pagherà l’uomo; questa stessa fonte non ci fornisce un dato che sarebbe stato utile: quanti di questi regali saranno considerati ”graditi” e quanti invece provocheranno solo uno o più gesti di stizza; in quest’ultimo caso, avremo la spesa e non il ringraziamento, se non quello formale che la persona educata rivolge a qualunque tipo di omaggio,.
LA TERZA riguarda specificatamente i giovani: secondo il rapporto di “Manageritalia”, l’Italia è il paese europeo con la più bassa percentuale di under 25 (meno del 25% della popolazione, stranieri esclusi); questa percentuale si traduce in una cifra in assoluto di 15 milioni di giovani al di sotto di 25 anni; da notare che questo dato negli anni ’80 era di 20milioni: quindi ne abbiamo persi 5/milioni.
Da notare inoltre che – tra 10 anni - gli elettori “over 50” supereranno gli “under 50” generando quindi un corpo elettorale formato, in maggioranza da ultra cinquantenni; può significare maggiore “esperienza” e maggiore senso di responsabilità, ma anche qualche rincoglionito in più; o mi sbaglio??
Dalla stessa fonte apprendiamo che a fronte di 100 studenti che si laureano in Italia, ben sei decidono di lasciarla per sistemarsi in altri Paesi; da notare che questi numeri sono molto simili a quelli degli altri Paesi, con la differenza che noi non riusciamo ad attrarre giovani che escono dalla altre nazioni, in modo che il saldo tra giovani in entrata e in uscita è costantemente negativo.
Tutto questo naturalmente si riferisce a dati precedenti la nuova legislazione, con le proteste che ha scatenato; sarebbe interessante farne una nuova adesso!!
LA PRIMA è tragica: un delinquente che l’anno scorso accoltella la fidanzata, la riduce in fin di vita e viene arrestato dalla Polizia, ma la magistratura – con poco acume e meno ancora rispetto per la vittima – lo rimette in libertà (agli arresti domiciliari) dopo pochi mesi di carcere, in attesa del processo; l’uomo ricerca la ex fidanzata e, attraverso una conoscenza comune, riesce a combinare un appuntamento con la ragazza, ma l’incontro si conclude con l’accoltellamento della donna e la sua morte.
I familiari della ragazza uccisa denunciano “l’incoscienza dei giudici che dopo pochi mesi di carcere hanno rimandato a casa una persona così pericolosa che aveva già ridotto in fin di vita la fidanzata”; difficile dare torto ai familiari della vittima, anche se l’occhio della giustizia è - o dovrebbe essere – diverso da quello della gente comune; non viene specificato se “in meglio” o “in peggio”: in questo caso mi sembra decisamente “in peggio”.
LA SECONDA ha per oggetto le prossime festività ed il modo come gli italiani le trascorreranno: dall’ADOC (associazione per la difesa e orientamento del consumatore), si apprende che solo un italiano su cinque si sposterà in occasione del prossimo “ponte” dell’Immacolata, mentre le feste natalizie saranno festeggiate “in vacanza” dalla metà degli italiani; tutto questo nonostante il detto “Natale con i tuoi e Pasqua dove vuoi” e, soprattutto in barba alla crisi.
Ma gli italiani, sia quelli che resteranno a casa che quelli che andranno fuori, spenderanno 5miliardi di euro in regali, con una spesa pro-capite di 225 euro. L’agenzia di ricerche che ci fornisce questo dato, aggiunge che le donne sono le maggiori compratrici di regali, anche se – generalmente – il conto poi lo pagherà l’uomo; questa stessa fonte non ci fornisce un dato che sarebbe stato utile: quanti di questi regali saranno considerati ”graditi” e quanti invece provocheranno solo uno o più gesti di stizza; in quest’ultimo caso, avremo la spesa e non il ringraziamento, se non quello formale che la persona educata rivolge a qualunque tipo di omaggio,.
LA TERZA riguarda specificatamente i giovani: secondo il rapporto di “Manageritalia”, l’Italia è il paese europeo con la più bassa percentuale di under 25 (meno del 25% della popolazione, stranieri esclusi); questa percentuale si traduce in una cifra in assoluto di 15 milioni di giovani al di sotto di 25 anni; da notare che questo dato negli anni ’80 era di 20milioni: quindi ne abbiamo persi 5/milioni.
Da notare inoltre che – tra 10 anni - gli elettori “over 50” supereranno gli “under 50” generando quindi un corpo elettorale formato, in maggioranza da ultra cinquantenni; può significare maggiore “esperienza” e maggiore senso di responsabilità, ma anche qualche rincoglionito in più; o mi sbaglio??
Dalla stessa fonte apprendiamo che a fronte di 100 studenti che si laureano in Italia, ben sei decidono di lasciarla per sistemarsi in altri Paesi; da notare che questi numeri sono molto simili a quelli degli altri Paesi, con la differenza che noi non riusciamo ad attrarre giovani che escono dalla altre nazioni, in modo che il saldo tra giovani in entrata e in uscita è costantemente negativo.
Tutto questo naturalmente si riferisce a dati precedenti la nuova legislazione, con le proteste che ha scatenato; sarebbe interessante farne una nuova adesso!!
mercoledì, dicembre 01, 2010
C’E’ CHI VA SUI TETTI E CHI ALL’ESTERO
Mentre i nostri studenti continuano le proteste selvagge contro la nuova legge sulla scuola, circa 50.000 giovani studenti frequentano l’università fuori dai confini nazionali.
Quasi tutti noi abbiamo nel nostro albero genealogico un qualche avo che è andato all’estero per cercare di migliorare la condizione sociale ed economica sua e della sua famiglia;quindi di questi “emigranti di lusso” ci facciamo caso fino ad un certo punto.
L’unica cosa che ci interessa è sapere che in Italia abbiamo circa 50.000 famiglie che possono supportare economicamente questi giovani, sostenendoli economicamente in questo loro percorso di avviamento alla vita; il costo? Un anno di frequenza in un ateneo americano costa almeno 40.000 dollari, fra tasse, vitto e alloggio; in Francia, Germania e Inghilterra (ma qui ora sono aumentate le tasse universitarie in modo spropositato), il costo è leggermente inferiore, ma l’’ordine di grandezza è quello: 40.000 dollari che rapportato all’euro, si riduce a circa 30.000 euro.
Quali i motivi di questa sorta di “fuga di cervelli in formazione”? I più adducono la motivazio0ne che nelle università straniere c’è una maggiore meritocrazia, oltre al fatto che l’ambiente studentesco è molto più stimolante; però, anche se non viene detto pubblicamente, sappiamo che la motivazione principale è che una volta laureati, si trova più facilmente un posto di lavoro – sia in Italia che all’estero – e che si guadagna di più con un titolo accademico preso all’estero.
Sono tutte motivazioni giuste e valide, ma alla base c’è un esborso che alla maggioranza delle famiglie italiane non è permesso; chiaro il concetto??
Ai giovani che attualmente presidiano le stazioni ferroviarie o gli ingressi di alcune autostrade, oppure ancora che salgono sui monumenti principali della nazione e da lì calano striscioni inneggianti alla protesta, vorrei solo ricordare che questi 50.000 loro colleghi continuano la loro strada di studio e di apprendimento e che, molto probabilmente, saranno quelli che “il sistema” farà approdare ai migliori posti di lavoro.
E vorrei ricordare che dopo le manifestazioni definite sessantottine, molte aziende hanno continuato fino a tutti gli anni ’70 a chiedere nei curriculum che gli aspiranti al lavoro presentavano, gli anni di frequenza universitari e se questi anni corrispondevano a periodi particolarmente turbolenti (occupazioni, marce di protesta, ecc.) gli esaminatori segnavano dei punti di penalizzazione sulle graduatorie.
Mi ricordo che veniva detto – in soldoni – che un ingegnere o un architetto (cioè coloro che avevano conoscenze scientifiche) che aveva frequentato l’università nei periodi turbolenti, valeva meno di un geometra che si era diplomato in periodi “tranquilli”.
Non entro nel merito del decreto Gelmini, poiché non lo conosco nei dettagli e non ho le conoscenze per giudicarlo, ma voglio solo dire che la situazione attuale è la peggiore possibile e quindi qualsiasi cambiamento potrebbe solo migliorarla; ho letto che il figlio di un noto uomo politico (purtroppo di sinistra) si è laureato a 23 anni (alla facoltà dove il padre era Preside), e a soli 28 anni è stato nominato “professore associato”, ovviamente nella Università dove il padre, nel frattempo, era diventato Rettore. E questo senza che nessuno si scandalizzi, neppure quelli che adesso vanno sui tetti insieme ai ragazzi che protestano, forse giustamente, ma che non hanno ancora capito che li stanno strumentalizzandoli e che i figli dei politici che adesso li “coccolano”, sono a studiare all’estero o comunque quando usciranno dall’università avranno un posto assicurato; da chi? Dal padre, inserito nel sistema di potere e quindi in grado di disporre delle “leve” giuste; chiaro il concetto??
Quasi tutti noi abbiamo nel nostro albero genealogico un qualche avo che è andato all’estero per cercare di migliorare la condizione sociale ed economica sua e della sua famiglia;quindi di questi “emigranti di lusso” ci facciamo caso fino ad un certo punto.
L’unica cosa che ci interessa è sapere che in Italia abbiamo circa 50.000 famiglie che possono supportare economicamente questi giovani, sostenendoli economicamente in questo loro percorso di avviamento alla vita; il costo? Un anno di frequenza in un ateneo americano costa almeno 40.000 dollari, fra tasse, vitto e alloggio; in Francia, Germania e Inghilterra (ma qui ora sono aumentate le tasse universitarie in modo spropositato), il costo è leggermente inferiore, ma l’’ordine di grandezza è quello: 40.000 dollari che rapportato all’euro, si riduce a circa 30.000 euro.
Quali i motivi di questa sorta di “fuga di cervelli in formazione”? I più adducono la motivazio0ne che nelle università straniere c’è una maggiore meritocrazia, oltre al fatto che l’ambiente studentesco è molto più stimolante; però, anche se non viene detto pubblicamente, sappiamo che la motivazione principale è che una volta laureati, si trova più facilmente un posto di lavoro – sia in Italia che all’estero – e che si guadagna di più con un titolo accademico preso all’estero.
Sono tutte motivazioni giuste e valide, ma alla base c’è un esborso che alla maggioranza delle famiglie italiane non è permesso; chiaro il concetto??
Ai giovani che attualmente presidiano le stazioni ferroviarie o gli ingressi di alcune autostrade, oppure ancora che salgono sui monumenti principali della nazione e da lì calano striscioni inneggianti alla protesta, vorrei solo ricordare che questi 50.000 loro colleghi continuano la loro strada di studio e di apprendimento e che, molto probabilmente, saranno quelli che “il sistema” farà approdare ai migliori posti di lavoro.
E vorrei ricordare che dopo le manifestazioni definite sessantottine, molte aziende hanno continuato fino a tutti gli anni ’70 a chiedere nei curriculum che gli aspiranti al lavoro presentavano, gli anni di frequenza universitari e se questi anni corrispondevano a periodi particolarmente turbolenti (occupazioni, marce di protesta, ecc.) gli esaminatori segnavano dei punti di penalizzazione sulle graduatorie.
Mi ricordo che veniva detto – in soldoni – che un ingegnere o un architetto (cioè coloro che avevano conoscenze scientifiche) che aveva frequentato l’università nei periodi turbolenti, valeva meno di un geometra che si era diplomato in periodi “tranquilli”.
Non entro nel merito del decreto Gelmini, poiché non lo conosco nei dettagli e non ho le conoscenze per giudicarlo, ma voglio solo dire che la situazione attuale è la peggiore possibile e quindi qualsiasi cambiamento potrebbe solo migliorarla; ho letto che il figlio di un noto uomo politico (purtroppo di sinistra) si è laureato a 23 anni (alla facoltà dove il padre era Preside), e a soli 28 anni è stato nominato “professore associato”, ovviamente nella Università dove il padre, nel frattempo, era diventato Rettore. E questo senza che nessuno si scandalizzi, neppure quelli che adesso vanno sui tetti insieme ai ragazzi che protestano, forse giustamente, ma che non hanno ancora capito che li stanno strumentalizzandoli e che i figli dei politici che adesso li “coccolano”, sono a studiare all’estero o comunque quando usciranno dall’università avranno un posto assicurato; da chi? Dal padre, inserito nel sistema di potere e quindi in grado di disporre delle “leve” giuste; chiaro il concetto??
lunedì, novembre 29, 2010
WIKILEAKS
La traduzione del termine che campeggia su tutte le prime pagine dei giornali è: “fuga di notizie” ed è anche il titolo del sito aperto nel 2006 da hackers e giornalisti per raccogliere indiscrezioni e segreti attraverso un “indirizzo mail criptato” al quale si può scrivere restando anonimi; la mente di questa operazione è Julian Assange, un biondino australiano che fa tremare il mondo intero e che dallo stesso mondo è inseguito per un mandato di cattura per reati sessuali; non si sa dove è Assange e neppure dove è allogato il sito.
Non sono molto pratico di traffici “in rete”, ma cercherò di spiegare l’operazione così come mi è stata fatta capire a me: in ogni ufficio pubblico americano, dal più semplice al più segreto, la conduzione delle pratiche è affidata ovviamente alle macchine ma – e qui sta l’anello debole – guidate dall’uomo.
Poniamo che questo “uomo”, per una serie di motivi, dall’arrabbiatura per la mancata promozione a qualche ideale di giustizia sociale, viene in possesso di documenti segreti o segretissimi che deve archiviare; sono quasi tutti rapporti di Ambasciate di tutto il mondo che derivano dai contatti dei diplomatici nei vari paesi e che vanno a confluire nel dossier del singolo paese, per essere ritirati fuori al momento opportuno.
L’impiegato che definiremo “infedele” oppure “idealista”, se mette in linea queste notizie viene scoperto in pochissimo tempo e viene cacciato dal posto di lavoro; se invece invia ad un sito/specchio, cioè ad un contenitore di queste notizie che poi le rimanda in rete, ha l’anonimato assicurato e la certezza di non essere scoperto.
Questo sito/specchio, riceve l’e-mail criptata e – come dice il suo nome – fa “da specchio”, cioè rimanda la notizia all’interno della rete; l’unico che mette la faccia per tutte queste notizie è appunto il titolare del sito “wikileaks.org”, cioè Lulian Assange che, passa la maggior parte del suo tempo a nascondersi ed a sfuggire sia agli estimatori del suo lavoro che a coloro che lo vorrebbero morto.
Come possiamo inquadrare la figura di questo algido australiano? Poiché non è stato ancora dimostrato che il tutto rende miliardario Assange, dobbiamo ritenere che l’intento è di altra natura, più ideale; ed allora ecco che balza una figura che potrebbe bene riferirsi ad Assange: la versione moderna degli anarchici rivoluzionari di fine ottocento, quelli che in nome della libertà, gettavano le bombe sotto le carrozze dei regnanti (quando ci riuscivano) o dei nobili (il più delle volte).La bomba è tutto quello che lui ed i suoi collaboratori hanno ricevuto per e-mail criptato da funzionari o ex funzionari del Dipartimento di Stato americano e la deflagrazione è quando questo materiale viene messo on-line, a disposizione di tutti gli utenti della rete; chiaro??
Ma di che genere sono queste notizie? Se sono rapporti semplici inviati da un Ambasciatore , “non sono classificati”, mentre quelli inviati da agenti dei servizi segreti sono classificati “top secret”.
Non ho letto, ovviamente, la gran massa di documenti che questa volta è stato messo on-line, ma ho la sensazione che si vada poco lontano dal gossip, quello stesso gossip che si può leggere in qualunque giornale che si diletta di questo; faccio un esempio: prendere in giro il nostro Berlusconi per le sue virili avventure amorose che gli toglierebbero energia per il governo, è come sparare sulla Croce Rossa; lo dicono tutti e tutti ci ridono sopra; altra cosa sarebbe se ci fosse qualcosa – oltre il “pecoreccio” – sui rapporti con Putin; ma non mi sembra che tutto questo sia presente; aspettiamo la prossima sfornata?? Aspettiamo!!
Non sono molto pratico di traffici “in rete”, ma cercherò di spiegare l’operazione così come mi è stata fatta capire a me: in ogni ufficio pubblico americano, dal più semplice al più segreto, la conduzione delle pratiche è affidata ovviamente alle macchine ma – e qui sta l’anello debole – guidate dall’uomo.
Poniamo che questo “uomo”, per una serie di motivi, dall’arrabbiatura per la mancata promozione a qualche ideale di giustizia sociale, viene in possesso di documenti segreti o segretissimi che deve archiviare; sono quasi tutti rapporti di Ambasciate di tutto il mondo che derivano dai contatti dei diplomatici nei vari paesi e che vanno a confluire nel dossier del singolo paese, per essere ritirati fuori al momento opportuno.
L’impiegato che definiremo “infedele” oppure “idealista”, se mette in linea queste notizie viene scoperto in pochissimo tempo e viene cacciato dal posto di lavoro; se invece invia ad un sito/specchio, cioè ad un contenitore di queste notizie che poi le rimanda in rete, ha l’anonimato assicurato e la certezza di non essere scoperto.
Questo sito/specchio, riceve l’e-mail criptata e – come dice il suo nome – fa “da specchio”, cioè rimanda la notizia all’interno della rete; l’unico che mette la faccia per tutte queste notizie è appunto il titolare del sito “wikileaks.org”, cioè Lulian Assange che, passa la maggior parte del suo tempo a nascondersi ed a sfuggire sia agli estimatori del suo lavoro che a coloro che lo vorrebbero morto.
Come possiamo inquadrare la figura di questo algido australiano? Poiché non è stato ancora dimostrato che il tutto rende miliardario Assange, dobbiamo ritenere che l’intento è di altra natura, più ideale; ed allora ecco che balza una figura che potrebbe bene riferirsi ad Assange: la versione moderna degli anarchici rivoluzionari di fine ottocento, quelli che in nome della libertà, gettavano le bombe sotto le carrozze dei regnanti (quando ci riuscivano) o dei nobili (il più delle volte).La bomba è tutto quello che lui ed i suoi collaboratori hanno ricevuto per e-mail criptato da funzionari o ex funzionari del Dipartimento di Stato americano e la deflagrazione è quando questo materiale viene messo on-line, a disposizione di tutti gli utenti della rete; chiaro??
Ma di che genere sono queste notizie? Se sono rapporti semplici inviati da un Ambasciatore , “non sono classificati”, mentre quelli inviati da agenti dei servizi segreti sono classificati “top secret”.
Non ho letto, ovviamente, la gran massa di documenti che questa volta è stato messo on-line, ma ho la sensazione che si vada poco lontano dal gossip, quello stesso gossip che si può leggere in qualunque giornale che si diletta di questo; faccio un esempio: prendere in giro il nostro Berlusconi per le sue virili avventure amorose che gli toglierebbero energia per il governo, è come sparare sulla Croce Rossa; lo dicono tutti e tutti ci ridono sopra; altra cosa sarebbe se ci fosse qualcosa – oltre il “pecoreccio” – sui rapporti con Putin; ma non mi sembra che tutto questo sia presente; aspettiamo la prossima sfornata?? Aspettiamo!!
domenica, novembre 28, 2010
UN PENSIERO SUI GIOVANI
Per fare una riflessione sui “giovani di oggi”, così impegnati in manifestazioni di protesta e in affannose ricerche per farsi “un futuro”, mi piace cominciare con un pensiero di Mario Luzi, un grande poeta, mio concittadino, che non ha vinto il Nobel per una “malandrinata”, ma che ha scritto pagine bellissime, sia in prosa che in poesia: “I giovani non hanno ancora radici profonde e perciò rimangono esposti alle tempeste più degli adulti; la loro, continua ad essere una domanda di vita non soddisfatta, frutto del disinganno, cioè dell’incertezza e della paura”.
Le recenti intemperanze nei confronti delle Università, non mi appaiono chiarissime, forse sono frutto di strumentalizzazioni, forse vengono concepite in ambienti vicini alla grande finanza, ma comunque sono operazioni che lasciano le cose così come le trovano, senza voler usare la metafora di Pier Paolo Pasolini che in occasione dei moti del sessantotto parlò dei figli dei borghesi che lanciano le molotov contro i poliziotti, figli degli operai (e ora si direbbe dei cassaintegrati).
Ed a proposito del sessantotto, nella mia città si sono sentiti slogan che ci riportano a quelle date, si sono ripetute le solite scene, le solite occupazioni di luoghi simbolici ed i soliti sit-in di catene umane; le cariche della Polizia in tenuta antisommossa sono state centellinate e portate solo quando non si poteva fare altrimenti, ed infatti le “teste rotte” sono state pochissime (si contano sulle dita di una mano) e stanno in maggioranza tra le forse dell’ordine.
Ma a cosa è servita questa manifestazione a livello nazionale che ha interessato molti luoghi simbolo? Forse, dato che l’attuale protesta, a differenza del sessantotto ha meno cariche ideali e più interessi di bottega, si cerca il luogo particolare che fornisca la motivazione “di alto spessore”. Nel ’68 e negli anni successivi, la protesta cavalcava forti dosi di utopia, diritti sociali per tutti e giustizia sociale che ridistribuisse le ricchezze; il boom economico non sembrò sufficiente a scaldare gli animi dei manifestanti e si ricorse alla piazza per scoprire quale futuro ci si poteva aspettare.
Al contrario del ’68, adesso non si predica più la distruzione della società ma solo il diritto di poter entrare nel mercato della globalizzazione, avere un lavoro, potersi fare una famiglia ed avere la speranza di poter fare qualcosa in più dei loro padri.
Comunque ragazzi, ecco in poche righe il mio modesto pensiero: poiché ho paura (anzi sono certo) che così come noi non combinammo niente di decisivo nel ’68, così temo (anzi sono certo) che non farete la rivoluzione neppure questa volta e quindi state attenti ad un particolare: mentre voi fate a botte con i poliziotti, mentre voi non fate il vostro “lavoro” – cioè imparare qualcosa – mentre voi disertate le aule scolastiche, i vostri insegnanti, tutti con il culo al caldo (come definisco io quelli che non hanno problemi), entrano in aula e se ci siete fanno quel poco di lezione che riesce loro e se non ci siete, si girano e se ne tornano a casa oppure a fare lo scontato secondo lavoro; ed alla fine del mese lo stipendio – che sia stato o meno guadagnato – arriva puntualmente; quindi ragazzi, attenti a non fare il gioco di qualcuno molto più grosso di tutti noi e subire una strumentalizzazione - così come noi la subimmo nel ’68 - nella quale interpretate soltanto la pare di “carne da cannone”; infatti, finita la festa (cioè i pestaggi) voi sarete costretti a rientrare in classe e gli altri riprenderanno imperterriti la loro attività, senza che niente abbia scalfito il loro “potere”.
Se invece le cose andassero “in altro modo”, sarei il primo ad esultare, ma temo che questo non si verificherà; o no???
Le recenti intemperanze nei confronti delle Università, non mi appaiono chiarissime, forse sono frutto di strumentalizzazioni, forse vengono concepite in ambienti vicini alla grande finanza, ma comunque sono operazioni che lasciano le cose così come le trovano, senza voler usare la metafora di Pier Paolo Pasolini che in occasione dei moti del sessantotto parlò dei figli dei borghesi che lanciano le molotov contro i poliziotti, figli degli operai (e ora si direbbe dei cassaintegrati).
Ed a proposito del sessantotto, nella mia città si sono sentiti slogan che ci riportano a quelle date, si sono ripetute le solite scene, le solite occupazioni di luoghi simbolici ed i soliti sit-in di catene umane; le cariche della Polizia in tenuta antisommossa sono state centellinate e portate solo quando non si poteva fare altrimenti, ed infatti le “teste rotte” sono state pochissime (si contano sulle dita di una mano) e stanno in maggioranza tra le forse dell’ordine.
Ma a cosa è servita questa manifestazione a livello nazionale che ha interessato molti luoghi simbolo? Forse, dato che l’attuale protesta, a differenza del sessantotto ha meno cariche ideali e più interessi di bottega, si cerca il luogo particolare che fornisca la motivazione “di alto spessore”. Nel ’68 e negli anni successivi, la protesta cavalcava forti dosi di utopia, diritti sociali per tutti e giustizia sociale che ridistribuisse le ricchezze; il boom economico non sembrò sufficiente a scaldare gli animi dei manifestanti e si ricorse alla piazza per scoprire quale futuro ci si poteva aspettare.
Al contrario del ’68, adesso non si predica più la distruzione della società ma solo il diritto di poter entrare nel mercato della globalizzazione, avere un lavoro, potersi fare una famiglia ed avere la speranza di poter fare qualcosa in più dei loro padri.
Comunque ragazzi, ecco in poche righe il mio modesto pensiero: poiché ho paura (anzi sono certo) che così come noi non combinammo niente di decisivo nel ’68, così temo (anzi sono certo) che non farete la rivoluzione neppure questa volta e quindi state attenti ad un particolare: mentre voi fate a botte con i poliziotti, mentre voi non fate il vostro “lavoro” – cioè imparare qualcosa – mentre voi disertate le aule scolastiche, i vostri insegnanti, tutti con il culo al caldo (come definisco io quelli che non hanno problemi), entrano in aula e se ci siete fanno quel poco di lezione che riesce loro e se non ci siete, si girano e se ne tornano a casa oppure a fare lo scontato secondo lavoro; ed alla fine del mese lo stipendio – che sia stato o meno guadagnato – arriva puntualmente; quindi ragazzi, attenti a non fare il gioco di qualcuno molto più grosso di tutti noi e subire una strumentalizzazione - così come noi la subimmo nel ’68 - nella quale interpretate soltanto la pare di “carne da cannone”; infatti, finita la festa (cioè i pestaggi) voi sarete costretti a rientrare in classe e gli altri riprenderanno imperterriti la loro attività, senza che niente abbia scalfito il loro “potere”.
Se invece le cose andassero “in altro modo”, sarei il primo ad esultare, ma temo che questo non si verificherà; o no???