sabato, gennaio 08, 2011
ED ORA QUALCOSA DI MOLTO PERSONALE
Mi sono accorto che i miei post di fine anno e di inizio 2011, sono tutti pieni di “grandi problemi”, di situazioni che riguardano miliardi di persone; ebbene ora vorrei fare un post che parli di me, di come è andato il “mio” 2010 e con questo stimolare anche i miei lettori a parlare di loro, dei loro bilanci e delle loro aspettative; se ne hanno voglia!
Comincio io. Affermo subito, senza tante perifrasi, che il 2010 non è stato un gran periodo per le mie faccende; per fortuna la salute ha retto bene, ma le altre cose – in particolare le mie vicende sentimentali – hanno lasciato molto a desiderare.
Vedo che serve che io faccia un passo indietro nella narrazione: dunque, dalla fine del 2003, quando cioè ho perduto la seconda donna più importante della mia vita, mi ero rintanato nei miei scritti e nelle mie letture, mi bastava andare periodicamente al cinema e fare le relative letture che mi venivano pubblicate sulla rivista per cui collaboro e questo sostituiva ogni altro “bisogno”; nel primo trimestre del 2009, sono stato fatto uscire dalla mia “tana” e questo lo devo ad una mia parente e ad una sua amica, una donna che si è mostrata interessata a fare un percorso di vita con me.
Cominciammo a vederci con sempre maggiore frequenza e un po’ alla volta nacque in me quello che il sociologo e psicologo Alberoni definisce l’innamoramento, “quell’evento che spezza la quotidianità e pone fine a tutto ciò che c’era prima per dare inizio a qualcosa che nasce in quel tempo”; questo è proprio ciò che era nato in me!
Non posso parlare di quello che stava nascendo in LEI, ma almeno nei primi tempi, mi è sembrato che ci fosse la volontà di fare questo percorso insieme; comunque sia – pur tra alti e bassi – la vicenda è continuata per circa un anno e mezzo, ma si è conclusa “bruscamente” verso la metà del 2010 e tutto è finito con un discorso confuso, o almeno che io non ho compreso, che mi ha ributtato nella “tana” dalla quale ero uscito; sarà stata colpa mia, ma io non mi sono accorto dove ho sbagliato.
Inoltre, il mio abbandono è stato accompagnato da una serie di considerazioni su di me, sulla mia persona e sul mio modo di comportarmi che mi hanno fatto ancora più male, perché è come se fossi stato non solo “bocciato” ma anche marchiato a fuoco con delle definizioni che mi fa male anche soltanto ricordare; tutto questo mi ha costretto a chiudere a doppia mandata la porta della mia “tana” e a non consentire ad altri di entrarci, vista la mia “inadeguatezza” rilevata nel rapporto precedente.
Non so dire se le mie mancanze siano state di ordine fisico o psicologico o di entrambi i generi, ma certamente non sono risultato “all’altezza della situazione”; adesso, nonostante le occasioni che mi si presentano, provo un autentico “ribrezzo” a pensare ad un rapporto, anche solo fisico, con queste nuove signore e quindi rimango chiuso “in tana”, con i miei scritti (circa 230 articoli l’anno, tra questi post e i pezzi sul cinema e la comunicazione di massa); LEI, che mi capita di incontrare qualche volta, ed alla quale non imputo niente, mi sembra che sia rientrata nel “passato”, ma forse mi sbaglio ed è invece “in caccia” di qualcosa di “più adeguato”. Auguri comunque!!
Perché ho scritto questa nota? Non per avere suggerimenti o consigli sul come superare questo mio stato psicologico ma forse perché ho avuto la certezza che i miei lettori sono delle persone alle quali tengo molto e quindi mi sono rivolto a loro come si potrebbe fare con uno di famiglia al quale si raccontano i propri guai.
E volete l’ultima considerazione? Non mi sento depresso, ma “un cretino che spreca gli ultimi giorni che gli rimangono e non riesce ad uscire da questo labirinto”. E se volete sapere se sono ancora innamorato, vi rispondo di “SI” ma non ditelo a nessuno!!
Comincio io. Affermo subito, senza tante perifrasi, che il 2010 non è stato un gran periodo per le mie faccende; per fortuna la salute ha retto bene, ma le altre cose – in particolare le mie vicende sentimentali – hanno lasciato molto a desiderare.
Vedo che serve che io faccia un passo indietro nella narrazione: dunque, dalla fine del 2003, quando cioè ho perduto la seconda donna più importante della mia vita, mi ero rintanato nei miei scritti e nelle mie letture, mi bastava andare periodicamente al cinema e fare le relative letture che mi venivano pubblicate sulla rivista per cui collaboro e questo sostituiva ogni altro “bisogno”; nel primo trimestre del 2009, sono stato fatto uscire dalla mia “tana” e questo lo devo ad una mia parente e ad una sua amica, una donna che si è mostrata interessata a fare un percorso di vita con me.
Cominciammo a vederci con sempre maggiore frequenza e un po’ alla volta nacque in me quello che il sociologo e psicologo Alberoni definisce l’innamoramento, “quell’evento che spezza la quotidianità e pone fine a tutto ciò che c’era prima per dare inizio a qualcosa che nasce in quel tempo”; questo è proprio ciò che era nato in me!
Non posso parlare di quello che stava nascendo in LEI, ma almeno nei primi tempi, mi è sembrato che ci fosse la volontà di fare questo percorso insieme; comunque sia – pur tra alti e bassi – la vicenda è continuata per circa un anno e mezzo, ma si è conclusa “bruscamente” verso la metà del 2010 e tutto è finito con un discorso confuso, o almeno che io non ho compreso, che mi ha ributtato nella “tana” dalla quale ero uscito; sarà stata colpa mia, ma io non mi sono accorto dove ho sbagliato.
Inoltre, il mio abbandono è stato accompagnato da una serie di considerazioni su di me, sulla mia persona e sul mio modo di comportarmi che mi hanno fatto ancora più male, perché è come se fossi stato non solo “bocciato” ma anche marchiato a fuoco con delle definizioni che mi fa male anche soltanto ricordare; tutto questo mi ha costretto a chiudere a doppia mandata la porta della mia “tana” e a non consentire ad altri di entrarci, vista la mia “inadeguatezza” rilevata nel rapporto precedente.
Non so dire se le mie mancanze siano state di ordine fisico o psicologico o di entrambi i generi, ma certamente non sono risultato “all’altezza della situazione”; adesso, nonostante le occasioni che mi si presentano, provo un autentico “ribrezzo” a pensare ad un rapporto, anche solo fisico, con queste nuove signore e quindi rimango chiuso “in tana”, con i miei scritti (circa 230 articoli l’anno, tra questi post e i pezzi sul cinema e la comunicazione di massa); LEI, che mi capita di incontrare qualche volta, ed alla quale non imputo niente, mi sembra che sia rientrata nel “passato”, ma forse mi sbaglio ed è invece “in caccia” di qualcosa di “più adeguato”. Auguri comunque!!
Perché ho scritto questa nota? Non per avere suggerimenti o consigli sul come superare questo mio stato psicologico ma forse perché ho avuto la certezza che i miei lettori sono delle persone alle quali tengo molto e quindi mi sono rivolto a loro come si potrebbe fare con uno di famiglia al quale si raccontano i propri guai.
E volete l’ultima considerazione? Non mi sento depresso, ma “un cretino che spreca gli ultimi giorni che gli rimangono e non riesce ad uscire da questo labirinto”. E se volete sapere se sono ancora innamorato, vi rispondo di “SI” ma non ditelo a nessuno!!
giovedì, gennaio 06, 2011
LA VICENDA BATTISTI
Il nostro Cesare Battisti – da non confondere con l’omonimo irredentista trentino di inizio ‘900 – è nato nel 1954 e, giovanissimo, partecipò alla costituzione dei “P.A.C. – Proletari Armati per il Comunismo” , in nome dei quali svolse varie rapire (a quei tempi si chiamavano “espropri proletari) ed azioni terroristiche nelle quali si ebbero quattro omicidi tutti imputati al Battisti ed ai suoi compagni.
Arrestato nel 1979, riuscì ad evadere nel 1981 ed a riparare inizialmente in Francia e poi in Messico a seconda degli orientamenti politici di questi Paesi e, da ultimo, in Brasile; nel frattempo veniva condannato – in contumacia - a due ergastoli.
Nel 2007, dopo che l’Italia ed il Brasile hanno firmato un trattato di estradizione, Battisti viene arrestato e da quel momento inizia la vicenda giudiziaria che interesserà la Corte Suprema brasiliana ed il Tribunale Supremo di Brasilia; il tutto si è concluso l’ultimo giorno del 2010, quando il Presidente brasiliano Lula ha emesso un suo provvedimento con cui nega l’estradizione in Italia del ricercato al quale viene concesso “asilo politico”; il tutto motivato con la considerazione che “il ritorno in Italia comporterebbe l’aggravamento della sua posizione o rischi personali”.
In Italia la notizia ha avuto l’effetto di una bomba: anzitutto c’è stato “il richiamo” del nostro ambasciatore in Brasile per consultazioni, il che - nel linguaggio diplomatico - rappresenta la prima mossa di un contenzioso tra le due Nazioni; contemporaneamente si è presentato un ricorso formale al Tribunale Supremo brasiliano ed uno alla Corte Internazionale dell’Aja; tra le righe viene fatto trapelare anche un intervento “personale” del nostro premier nei confronti della nuova Presidente brasiliana, Dilma Rousseff, ma quest’ultima mossa mi sembra senza la minima speranza, visto il rapporto esistente tra Lula e Dilma, sua delfina, che è stata appoggiata per l’elezione alla nuova carica dal presidente uscente.
Dico subito che di tutte queste “mosse” ho poca fiducia, visto il modo come i brasiliani hanno gestito la vicenda, facendola approvare da Lula proprio l’ultimo giorno di permanenza in carica e quindi rendendo impossibile un ripensamento da….chi non c’è più; inoltre, debbo aggiungere che le cointeressenze economiche tra l’Italia ed il Brasile sono tali che non meritano un litigio per un oscuro terrorista; vi basti pensare che le due maggiori Aziende italiane sono fortemente insediate in Brasile: sto parlando della FIAT che ha un grandissimo stabilimento e della Telecom che gestisce la telefonia.
Inoltre, è dell’ultimo mese del 2010, la firma di un accordo commerciale tra i due paesi che comprende cifre importantissime; inoltre è stato siglato, sempre recentemente, un accordo per la fornitura di materiale militare da parte dell’Italia, per cifre dell’ordine di alcuni miliardi di euro; c’è qualcuno che pensa che tutto questo possa essere buttato alle ortiche per litigare sulla vicenda Battisti?
È ovvio, naturale e giustissimo che i familiari delle vittime di Battisti e alcuni sopravvissuti sia pure feriti gravemente, manifestino in giro per l’Italia: hanno la mia solidarietà, ma rendiamoci tutti conto che la vicenda sta prendendo sempre più il colore dei soldi e questo snatura qualunque logica, anche quella della ragione e dei torti.
Per concludere, sembra che la stessa Carla Bruni, la “premniere dame” francese, sia intervenuta nei confronti di Lula per caldeggiare l’ospitalità brasiliana al terrorista italiano; per quale motivo l’ha fatto? Ma perché essere di sinistra fa chic – specialmente in Francia – e quindi schierarsi a fianco di un delinquente che ha ucciso quattro persone, è la cosa più “à la page” da fare; complimenti signora!
Arrestato nel 1979, riuscì ad evadere nel 1981 ed a riparare inizialmente in Francia e poi in Messico a seconda degli orientamenti politici di questi Paesi e, da ultimo, in Brasile; nel frattempo veniva condannato – in contumacia - a due ergastoli.
Nel 2007, dopo che l’Italia ed il Brasile hanno firmato un trattato di estradizione, Battisti viene arrestato e da quel momento inizia la vicenda giudiziaria che interesserà la Corte Suprema brasiliana ed il Tribunale Supremo di Brasilia; il tutto si è concluso l’ultimo giorno del 2010, quando il Presidente brasiliano Lula ha emesso un suo provvedimento con cui nega l’estradizione in Italia del ricercato al quale viene concesso “asilo politico”; il tutto motivato con la considerazione che “il ritorno in Italia comporterebbe l’aggravamento della sua posizione o rischi personali”.
In Italia la notizia ha avuto l’effetto di una bomba: anzitutto c’è stato “il richiamo” del nostro ambasciatore in Brasile per consultazioni, il che - nel linguaggio diplomatico - rappresenta la prima mossa di un contenzioso tra le due Nazioni; contemporaneamente si è presentato un ricorso formale al Tribunale Supremo brasiliano ed uno alla Corte Internazionale dell’Aja; tra le righe viene fatto trapelare anche un intervento “personale” del nostro premier nei confronti della nuova Presidente brasiliana, Dilma Rousseff, ma quest’ultima mossa mi sembra senza la minima speranza, visto il rapporto esistente tra Lula e Dilma, sua delfina, che è stata appoggiata per l’elezione alla nuova carica dal presidente uscente.
Dico subito che di tutte queste “mosse” ho poca fiducia, visto il modo come i brasiliani hanno gestito la vicenda, facendola approvare da Lula proprio l’ultimo giorno di permanenza in carica e quindi rendendo impossibile un ripensamento da….chi non c’è più; inoltre, debbo aggiungere che le cointeressenze economiche tra l’Italia ed il Brasile sono tali che non meritano un litigio per un oscuro terrorista; vi basti pensare che le due maggiori Aziende italiane sono fortemente insediate in Brasile: sto parlando della FIAT che ha un grandissimo stabilimento e della Telecom che gestisce la telefonia.
Inoltre, è dell’ultimo mese del 2010, la firma di un accordo commerciale tra i due paesi che comprende cifre importantissime; inoltre è stato siglato, sempre recentemente, un accordo per la fornitura di materiale militare da parte dell’Italia, per cifre dell’ordine di alcuni miliardi di euro; c’è qualcuno che pensa che tutto questo possa essere buttato alle ortiche per litigare sulla vicenda Battisti?
È ovvio, naturale e giustissimo che i familiari delle vittime di Battisti e alcuni sopravvissuti sia pure feriti gravemente, manifestino in giro per l’Italia: hanno la mia solidarietà, ma rendiamoci tutti conto che la vicenda sta prendendo sempre più il colore dei soldi e questo snatura qualunque logica, anche quella della ragione e dei torti.
Per concludere, sembra che la stessa Carla Bruni, la “premniere dame” francese, sia intervenuta nei confronti di Lula per caldeggiare l’ospitalità brasiliana al terrorista italiano; per quale motivo l’ha fatto? Ma perché essere di sinistra fa chic – specialmente in Francia – e quindi schierarsi a fianco di un delinquente che ha ucciso quattro persone, è la cosa più “à la page” da fare; complimenti signora!
martedì, gennaio 04, 2011
ANCORA DUE PAROLE SUL NUOVO ANNO
Il 2011 si è trovato davanti un paio di questioni che definire spinose è poco: la prima è la vicenda Battisti/Brasile, della quale scriverò sul prossimo post e l’altra è la “guerra” che si fanno i cattolici-copti ed i mussulmani. Per quanto riguarda i copti – sia quelli egiziani che quelli etiopi – sembra che la differenziazione con la Chiesa cattolica Romana stia nella non accettazione della duplicità (divina e umana) della figura di Cristo; diciamo che si tratta di una scissione che – ai nostri tempi – si direbbe eseguita per incrementare i posti di comando, ma non vado oltre per non essere blasfemo
Circa tre mesi addietro, in Iraq, un commando di seguaci locali di Al Qaeda uccise due sacerdoti e 44 fedeli bella cattedrale cattolica intitolata alla Vergine del Perpetuo Soccorso; questo attentato – regolarmente rivendicato dagli islamici iracheni – venne motivato con il fatto che le mogli di due preti copti egiziani erano state rinchiuse in un Monastero per impedire la loro conversione all’Islam; gli assalitori diedero 48 ore di tempo per “liberare” le donne; in caso contrario si sarebbe ripetuta la strage di allora.
Puntuali, anzi con un po’ di ritardo, la strage è stata ripetuta proprio in casa dei copti che avevano dato origine alla vicenda – gli egiziani – ed infatti ad Alessandria un’altra autobomba ha mietuto 21 cattolici che si trovavano nella Chiesa dei Santi, annunciando, attraverso la “rete elettronica dei mujiaheddin”, che la cosa non finisce qui e che se le due donne di cui sopra si parla non verranno “rilasciate”, la strage di Alessandria sarà una goccia in un mare di morte.
I miei lettori avranno notato che la vicenda nasce a Bagdad e prosegue in Egitto; come mai questo spostamento del fronte di resistenza anti-cattolici? Quale potrebbe essere il motivo di questo cambiamento del teatro operativo? A mio giudizio i motivi sono due: il primo riguarda l’Egitto e l’immagine che Al Qaeda vuol dare di questo Paese, in procinto di andare a nuove elezioni che dovrebbero sostituire il vetusto Mubarak ed il secondo è la “disponibilità” di molti fondamentalisti islamici che si stanno spostando dall’Iraq e dall’Afghanistan verso il nuovo fronte di battaglia: l’Egitto.
Questo Paese, da sempre considerato un autentico monolite filo occidentale, comincia a far trasparire la sua reale consistenza che è fatta di molti fondamentalisti: si parla di oltre il 15% di popolazione filo islamica; con questi presupposti, il futuro dell’Egitto per quanto riguarda la sua posizione nello scacchiere internazionale, è tutta da decifrare.
Purtroppo, quando si fronteggiano posizioni religiose diverse, siamo alla frutta: non c’è più modo di fermare le morti e le devastazioni.
Sempre sulla stessa lunghezza d’onda, mi sembra di dover collocare l’ennesima morte di un militare italiano – un alpino – in terra afgana, proprio nella zona dove maggiore è la raccolta del papavero da oppio (non dimentichiamoci che sono miliardi di dollari).
Insomma, possiamo dire che tutto il Medio Oriente è in pieno fermento e la presenza di soldati occidentali non riesce a fermare questo stillicidio di morte; ed allora cosa ci stanno a fare? A proteggere “interessi” delle Nazioni impegnate in questa guerra atipica, come ebbe a dire “fuori dai denti” la Cancelliera Merkel?
Può darsi, anzi, la cosa mi convincerebbe per l’impegno che stiamo mettendo in campo, ma allora bisogna che – sia pure sottovoce – la cosa venga fatta conoscere anche al popolo italiano (ed anche alla gente delle altre Nazioni le cui truppe sono presenti in Afghanistan) e si smetta di parlare di “eroe di una guerra che è a tutela della nostra libertà” ogniqualvolta un nostro ragazzo ci rimette la pelle; siamo seri e lasciamo perdere; chiaro il concetto??
Circa tre mesi addietro, in Iraq, un commando di seguaci locali di Al Qaeda uccise due sacerdoti e 44 fedeli bella cattedrale cattolica intitolata alla Vergine del Perpetuo Soccorso; questo attentato – regolarmente rivendicato dagli islamici iracheni – venne motivato con il fatto che le mogli di due preti copti egiziani erano state rinchiuse in un Monastero per impedire la loro conversione all’Islam; gli assalitori diedero 48 ore di tempo per “liberare” le donne; in caso contrario si sarebbe ripetuta la strage di allora.
Puntuali, anzi con un po’ di ritardo, la strage è stata ripetuta proprio in casa dei copti che avevano dato origine alla vicenda – gli egiziani – ed infatti ad Alessandria un’altra autobomba ha mietuto 21 cattolici che si trovavano nella Chiesa dei Santi, annunciando, attraverso la “rete elettronica dei mujiaheddin”, che la cosa non finisce qui e che se le due donne di cui sopra si parla non verranno “rilasciate”, la strage di Alessandria sarà una goccia in un mare di morte.
I miei lettori avranno notato che la vicenda nasce a Bagdad e prosegue in Egitto; come mai questo spostamento del fronte di resistenza anti-cattolici? Quale potrebbe essere il motivo di questo cambiamento del teatro operativo? A mio giudizio i motivi sono due: il primo riguarda l’Egitto e l’immagine che Al Qaeda vuol dare di questo Paese, in procinto di andare a nuove elezioni che dovrebbero sostituire il vetusto Mubarak ed il secondo è la “disponibilità” di molti fondamentalisti islamici che si stanno spostando dall’Iraq e dall’Afghanistan verso il nuovo fronte di battaglia: l’Egitto.
Questo Paese, da sempre considerato un autentico monolite filo occidentale, comincia a far trasparire la sua reale consistenza che è fatta di molti fondamentalisti: si parla di oltre il 15% di popolazione filo islamica; con questi presupposti, il futuro dell’Egitto per quanto riguarda la sua posizione nello scacchiere internazionale, è tutta da decifrare.
Purtroppo, quando si fronteggiano posizioni religiose diverse, siamo alla frutta: non c’è più modo di fermare le morti e le devastazioni.
Sempre sulla stessa lunghezza d’onda, mi sembra di dover collocare l’ennesima morte di un militare italiano – un alpino – in terra afgana, proprio nella zona dove maggiore è la raccolta del papavero da oppio (non dimentichiamoci che sono miliardi di dollari).
Insomma, possiamo dire che tutto il Medio Oriente è in pieno fermento e la presenza di soldati occidentali non riesce a fermare questo stillicidio di morte; ed allora cosa ci stanno a fare? A proteggere “interessi” delle Nazioni impegnate in questa guerra atipica, come ebbe a dire “fuori dai denti” la Cancelliera Merkel?
Può darsi, anzi, la cosa mi convincerebbe per l’impegno che stiamo mettendo in campo, ma allora bisogna che – sia pure sottovoce – la cosa venga fatta conoscere anche al popolo italiano (ed anche alla gente delle altre Nazioni le cui truppe sono presenti in Afghanistan) e si smetta di parlare di “eroe di una guerra che è a tutela della nostra libertà” ogniqualvolta un nostro ragazzo ci rimette la pelle; siamo seri e lasciamo perdere; chiaro il concetto??
domenica, gennaio 02, 2011
L'ANNO CHE ARRIVA
Alcune riflessioni – alla buona, come è mio costume – su quello che ritengo sarà il problema dell’anno nel quale siamo appena entrati; la stagnazione nel comparto dell’occupazione non mi fa dormire sonni tranquilli; in concreto, il lavoro per i giovani e meno giovani, riprenderà un trand positivo o resterà come nel 2010?
E in questo contesto, la cosa che più mi dà da pensare è senza dubbio quello che tutti chiamano “la dottrina Marchionne”; in concreto, diciamo che il nostro “maglioncino blu” non essendo un imprenditore nel senso compiuto del termine, in quanto non investe denaro proprio ma fondi che gli vengono messi a disposizione e che lui deve cercare di utilizzare con minori rischi e con il maggior reddito possibile, attua il noto principio che recita: “il capitale si dirige laddove trova il lavoro a più basso costo”.
In questa ottica, il discorso che ha fatto per gli stabilimento italiani della FIAT è di una semplicità disarmante: se dobbiamo investire in Italia una parte dei fondi a disposizione, dobbiamo farlo alle stesse condizioni che riusciamo ad ottenere in altri stati; quindi ecco la spinta a portare a livelli altissimi lo “sfruttamento” della mano d’opera, sfruttamento che, peraltro, viene retribuito in forma superiore a quello delle altre aziende similari: quindi più “dedizione” dei lavoratori contro maggiori retribuzioni.
Inoltre, dobbiamo aggiungere che l’Europa deve per forza fare i conti – nel 2011 o al massimo l’anno successivo – con il costo del lavoro dei due colossi asiatici: mi viene riferito che in Cina si lavora mediamente a un euro l’ora e che in India siamo addirittura a 0,90!! Temo che queste “miserie” arriveranno prima o poi anche sui nostri mercati.
Ed eccoci allora a quello che secondo me è il nocciolo della questione: la “globalizzazione”, realtà economica che a mio giudizio è all’origine di tutte queste situazioni; facciamo una brevissima storia: per un paio di secoli i Paesi occidentali hanno goduto di una formidabile rendita di posizione dovuta al fatto di essere stati i primi ad avere imboccato la strada dell’industrializzazione e quindi dell’espansione; questo ha consentito che in queste società si formasse un forte ceto medio che faceva da cuscinetto tra i “molto ricchi” ed i “molto poveri”.
Quando la produzione dei beni di consumo non ha più avuto un forte sbocco nei paesi produttori, ci siamo inventati altri mercati che, dapprima sono stati investiti dalle nostre cianfrusaglie (come le perline per i selvaggi) e quindi si è pensato di utilizzare la mano d’opera di quei paesi come “schiavi moderni” per incrementare le nostre produzioni che - dato l’uso smodato della tecnologia – non abbisognano di operai specializzati ma solo di mani che muovono alcune leve; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre,m come se noi avessimo la “verità rivelata”!!
In un primo tempo gli “schiavi” furono fatti entrare nei paesi occidentali per utilizzarne le loro “braccia”, ma poi venne fatto un passo avanti, delocalizzando le nostre produzioni nei paesi di provenienza degli “schiavi” – che rimasero da noi ad accattonare un piatto di ministra - e quindi producendo le merci direttamente all’estero; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre, come se noi avessimo la “verità rivelata” sul bene comune!!
Adesso, tutto è globalizzato, anzi, mi sembra una grandissima marmellata in cui non si capisce bene i ruoli di chi produce e di chi acquista; a questo dovremmo pensare nel 2011, per cominciare così a mettere un po’ d’ordine e cercare così di capire i ruoli di ogni partecipante a questa sorta di “corsa di cani”, nella quale la lepre (cioè il denaro) corre più forte dei concorrenti e infatti non viene mai raggiunto. È chiaro il concetto??
E in questo contesto, la cosa che più mi dà da pensare è senza dubbio quello che tutti chiamano “la dottrina Marchionne”; in concreto, diciamo che il nostro “maglioncino blu” non essendo un imprenditore nel senso compiuto del termine, in quanto non investe denaro proprio ma fondi che gli vengono messi a disposizione e che lui deve cercare di utilizzare con minori rischi e con il maggior reddito possibile, attua il noto principio che recita: “il capitale si dirige laddove trova il lavoro a più basso costo”.
In questa ottica, il discorso che ha fatto per gli stabilimento italiani della FIAT è di una semplicità disarmante: se dobbiamo investire in Italia una parte dei fondi a disposizione, dobbiamo farlo alle stesse condizioni che riusciamo ad ottenere in altri stati; quindi ecco la spinta a portare a livelli altissimi lo “sfruttamento” della mano d’opera, sfruttamento che, peraltro, viene retribuito in forma superiore a quello delle altre aziende similari: quindi più “dedizione” dei lavoratori contro maggiori retribuzioni.
Inoltre, dobbiamo aggiungere che l’Europa deve per forza fare i conti – nel 2011 o al massimo l’anno successivo – con il costo del lavoro dei due colossi asiatici: mi viene riferito che in Cina si lavora mediamente a un euro l’ora e che in India siamo addirittura a 0,90!! Temo che queste “miserie” arriveranno prima o poi anche sui nostri mercati.
Ed eccoci allora a quello che secondo me è il nocciolo della questione: la “globalizzazione”, realtà economica che a mio giudizio è all’origine di tutte queste situazioni; facciamo una brevissima storia: per un paio di secoli i Paesi occidentali hanno goduto di una formidabile rendita di posizione dovuta al fatto di essere stati i primi ad avere imboccato la strada dell’industrializzazione e quindi dell’espansione; questo ha consentito che in queste società si formasse un forte ceto medio che faceva da cuscinetto tra i “molto ricchi” ed i “molto poveri”.
Quando la produzione dei beni di consumo non ha più avuto un forte sbocco nei paesi produttori, ci siamo inventati altri mercati che, dapprima sono stati investiti dalle nostre cianfrusaglie (come le perline per i selvaggi) e quindi si è pensato di utilizzare la mano d’opera di quei paesi come “schiavi moderni” per incrementare le nostre produzioni che - dato l’uso smodato della tecnologia – non abbisognano di operai specializzati ma solo di mani che muovono alcune leve; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre,m come se noi avessimo la “verità rivelata”!!
In un primo tempo gli “schiavi” furono fatti entrare nei paesi occidentali per utilizzarne le loro “braccia”, ma poi venne fatto un passo avanti, delocalizzando le nostre produzioni nei paesi di provenienza degli “schiavi” – che rimasero da noi ad accattonare un piatto di ministra - e quindi producendo le merci direttamente all’estero; la motivazione ufficiale: far sì che queste economie si avvicinassero alle nostre, come se noi avessimo la “verità rivelata” sul bene comune!!
Adesso, tutto è globalizzato, anzi, mi sembra una grandissima marmellata in cui non si capisce bene i ruoli di chi produce e di chi acquista; a questo dovremmo pensare nel 2011, per cominciare così a mettere un po’ d’ordine e cercare così di capire i ruoli di ogni partecipante a questa sorta di “corsa di cani”, nella quale la lepre (cioè il denaro) corre più forte dei concorrenti e infatti non viene mai raggiunto. È chiaro il concetto??