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sabato, novembre 22, 2008

MAMMA MIA CHE SILENZIO !! 

Dopo un primo periodo in cui le immagini televisive e i reportage giornalistici ci hanno fatto vivere il dramma che si sta consumando nel Congo, adesso – anzi da diversi giorno – di questo problema non se ne parla più.
Per la verità, al di là delle immagini dei bambini barbaramente uccisi, non si è neppure capito bene da cosa sia stato determinato questo ennesimo rilancio della brutalità degli eserciti; ci viene detto che è l’antico odio etnico tra hutu e tutsi che ha ripreso vigore in particolare per l’azione incisiva di Laurent Nkunda, il guerrigliero di origine hutu che sta cercando di detronizzare il presidente del Congo, Kabila.
Se guardiamo con maggiore attenzione, notiamo che la guerra tribale lascia il passo ad una lotta per il potere economico: non a caso tra i propositi del rivoluzionario c’è la messa in discussione del vecchio accordo con la Cina da 9 miliardi di dollari, che consente al gigante asiatico di sfruttare tutte le miniere della Repubblica del Congo.
Questa è una motivazione che mi convince di più di quella etnica, ed infatti in questa lotta tra Kabila e Nkunda, varie Nazioni africane stanno prendendo posizione: l’Angola si schiera con Cabila, mentre il Ruanda è alleato con il ribelle; altri leader africani si stanno adoperando per ricomporre il dissidio e, soprattutto, per evitare le montagne di morti – in particolare bambini – che giornalmente insanguinano il territorio del Congo.
A tutti queste Nazioni non possiamo aggiungerne nessuna della nostra Europa, la quale, dopo le prime prese di posizione di Sarkozy e del britannico Browne per un intervento militare dei 27 paesi U.E., è sceso un silenzio assordante; tutti i Paesi si erano dichiarati disposti a muovere un contingente per creare un corridoio umanitario, ma dopo le prime prese di posizione, tutti evidentemente sono stati occupati nel cercare di risolvere le problematiche della crisi finanziaria ed economica e del Congo non se ne parla più.
Ovviamente i bambini del Congo continuano ad uccidere – in quanto fanno parte di eserciti in miniatura – e ad essere uccisi, sia nelle “battaglie” con gli avversari e sia nelle ritorsioni che i ribelli compiono nei villaggi a ridosso della frontiera con il Ruanda.
Un’altra cosa che ha lasciato le prime pagine dei giornali è la situazione politica in Iraq, Paese del quale si parla soltanto per quanto riguarda gli attentati – per la verità in netto calo – e gli errori degli alleati che, con il loro cosiddetto “fuoco amici” combinano più disastri dei terroristi.
Sotto il profilo politico il Paese è adesso stabilizzato in quanto è caduto – per buona parte – in mano agli integralisti sciiti che non hanno più interesse ad alimentare la guerriglia, almeno nei territori da loro controllati.
È appena il caso di accennare che gli sciiti iracheni sono fratelli gemelli di quelli che governano a Terheran e quindi l’attuale situazione vede buona parte del Paese in mano a gente vicina all’Iran: sotto il profilo del risultato mi sembra che stiamo rasentando il ridicolo, in quanto l’America ha fatto per 50 anno il diavolo a quattro perché non si saldasse l’asse con l’Iran e se lo è ritrovato rinvigorito dall’ex nemico Iraq: tutti ricordano la tragica guerra Iraq-Iran che andò avanti per anni, specie perché gli Stati Uniti rimpinzavano Saddam con le loro armi per lanciarlo in funzione anti Iran.
Questo mio intervento non è volto a disegnare gli scenari mediorientali o africani, ma si propone di ricordare ai miei amici lettori che tutto quello che la stampa o la televisione non cita “non esiste”; ecco, queste due situazioni sono tipiche di tale atteggiamento e invece raccomando di seguirne – per canali meno ufficiali – l’evolversi dei fatti.

venerdì, novembre 21, 2008

MA COSA C'ENTRA ?? 

In questo momento di viva preoccupazione di quasi tutti gli italiani per le prossime feste natalizie che non potranno essere festeggiate con il solito splendore, io ho pensato di ricercare il sorriso – se non si può ridere – dei miei lettori parlando di due argomenti che non c’entrano niente l’uno con l’altro e che neppure si legano con la crisi economica in atto.
Per prima cosa vorrei tornare all’elezione di Barack Obama ed all’affermazione del nostro Presidente del Consiglio che si trattava di un “giovane, bello, alto e abbronzato”; la battuta venne effettuata durante una visita di stato in Russia e tutti i giornalisti al seguito la usarono come elemento centrale degli incontri, alla faccia della politica energetica, la crisi con la Georgia ed il dispiegamento dei missili.
In realtà si è trattato di una manifestazione dello smisurato “io” che possiede Berlusconi, in virtù del quale si crede, oltre a tutto il resto, anche un uomo molto spiritoso; ho già avuto modo di dire che quando si fa una battuta e si deve spiegare “che è una battuta” vuol dire che è una battuta malriuscita; specie in un Paese come il nostro nel quale tutti ci consideriamo “anti-razzismo” ma insorgiamo troppo violentemente quando si tratta di manifestazioni del genere, tanto da far supporre che in fondo, in fondo….
A titolo di ricordo, vorrei riferire di una disavventura capitata al commentatore sportivo e telecronista Bruno Pizzul che in occasione di una partita della nazionale inglese, apostrofò amabilmente il terzino della compagine britannica con il termine di “simpatico negretto”; da notare che siamo in un periodo storico in cui i giocatori di colore che giocano nelle nazionali occidentali erano rarissimi.
Ebbene, in quella occasione il povero Pizzul venne mazzolato da destra ma soprattutto da sinistra e non gli venne risparmiato il famigerato insulto di essere razzista, quando invece il bravo telecronista aveva tentato una battuta di spirito e basta: sfortuna che non gli era riuscita molto bene!
La seconda notizia che tento di portare alla vostra attenzione – come ho già detto non ha nessun legame con la prima – si riferisce ad una sentenza della Cassazione nella quale è sancito l’inesistenza del “danno esistenziale” ai fini del rimborso in sede civile.
In pratica viene stabilito che non vale – ai fini del rimborso – invocare diritti immaginari come quello alla qualità della vita, allo stato di benessere ed alla serenità; e questo perché – per dirla con due parole – non esiste il diritto “ad essere felice”.
Questa asserzione così categorica della Magistratura, ci pone di fronte alla domanda di “che cosa sia la felicità” e quindi, visto il nostro essere circonvoluti e complicati, si è tolto di circolazione il concetto stesso e così è tutto più chiaro.
A quanto mi è dato sapere, l’unica struttura giuridica che mette “la felicità” tra i diritti inalienabili dell’individuo è la Costituzione Americana che riserva all’argomento un ben preciso spazio.
Pensate se una tale possibilità fosse stata introdotta anche nella nostra Costiutuzione, che peraltro è stata redatta molto tempo dopo; anzitutto i tifosi di una squadra potrebbero affermare di “essere infelici” quando la propria squadra perde e quindi, a titolo di risarcimento, potrebbero fare causa alla società o, in subordine, all’arbitro.
Insomma, nel nostro Paese, le occasioni non mancherebbero ed allora è meglio non avere la possibilità di adire le vie legali, altrimenti tutti gli “infelici” intaserebbero i Tribunali in un modo amcora maggiore di quello che sono al momento.

giovedì, novembre 20, 2008

MACCHE' TAGLI, SIAMO BARONI !! 

Non è solo Tremonti a cercare di tagliare le spese, in quanto anche i Rettori delle Università oberate dai debiti cercano di fare qualche risparmio ed in particolare, dalle mie parti, si sono orientati su due fronti: chiusura del sabato e quindi niente luce e riscaldamento per quel giorno e riduzione del riscaldamento sia come orario che come gradi di potenza.; non mi sono sembrati grossi interventi, ma tant’è.
Apriti cielo, spalancati terra!! Tutti si sono ribellati a queste due – a mio modo di vedere – innocue disposizioni; per la prima si sono scatenati i signori “baroni” universitari, affermando che il sabato è proprio uno dei giorni di maggior lavoro (per loro!!) e che quindi la ricerca e la didattica ne risentirebbe tantissimo; nessuno che gli risponda a tono e cioè con un bel “egregio professore, vada a lavorare negli altri cinque giorni della settimana e vedrà che la ricerca e la didattica saranno entrambe felici; certo che se in questi cinque giorni lei ha altri impegni e non può dedicarsi alla ricerca ed alla didattica,. beh… allora… comunque io di sabato non l’ho mai visto!! “
Pensate che ho letto anche questa dichiarazione di un noto cattedratico: “Forse non a tutti è chiaro che la ricerca porta anche dei fondi, ma io come faccio ad ottenere buoni risultati se mi mandano il sabato a casa e mi fanno fare le festività lunghe?”
Per la diminuzione del riscaldamento mi è sembrato di essere tornato a quando ero io a scuola e – da bravo studente bighellone – approfittavo del carente funzionamento del riscaldamento per organizzare un bello “sciopero” durante il quale andare a spasso con qualche ragazzina; adesso le strutture sindacali sono molto più organizzate di come eravamo noi e possono addirittura lanciare un comunicato stampa nel quale dichiarano che l’idea di ridurre di un’ora il riscaldamento è considerata “una proposta irricevibile” rilanciando che “ci sono strutture in cui si trema dal freddo già adesso”; forse hanno acceso l’aria condizionata, per sbaglio, per avere tutto questo freddo durante le ore di lavoro. Se ne accorgeranno che sono ridicoli??
Insomma la situazione è molto semplice: tutti vogliono agire in completa autonomia ma quando poi siamo al momento di ripianare i debiti di bilancio, si rivolgono allo “zio Tremonti” che dovrebbe sistemare tutte le pendenze; ormai mi sembra che dovrebbe essere chiaro a tutti che non ci sono fondi per sistemare le malefatte di tante Università e di altri settori della vita culturale, insomma come si dice: “non c’è trippa per gatti”..
A proposito del comparto culturale, la musicale classica ed operistica è una delle strutture che finora ha beneficiato di forti aiuti statali; adesso che il ministero è per il risparmio, si rivendica l’indispensabilità della musica (o di altre arti) per la vita della gente; non che questo non sia vero, le arti sono fondamentali per una elevazione spirituale, ma ovviamente, in periodi di crisi sono le prime cose che vengono tagliate.
Comunque, teniamo presente che i “Baroni” sopra citati, albergano anche tra le nobili arti e, ovviamente, si comportano come prevede il ruolo; sentite questa dichiarazione di un famoso Direttore d’Orchestra sui tagli (che poi sono minori provvidenze) al Teatro di cui è direttore stabile: “Sono pronto ad andare con Bondi dal ministro dell’economia, perché non è solo quel poveraccio di Bondi che decide”.
Oltre a manifestare una solenne maleducazione, il “barone/direttore” mostra anche una grande supponenza ed un sostanziale disinteresse per le difficoltà nelle quali si muove il Paese che lo ospita; mai che nessuno dica: rinuncio a qualcosa pur di continuare nel programma che era previsto!! I sacrifici li faccia qualche altro, “IO” sono un “barone” e quindi non posso rimetterci neppure un soldino bucato!!

mercoledì, novembre 19, 2008

COME TROVARE I FONDI 

Su tutta la stampa nostrale, oggi si legge un ampio resoconto su “le forbici di Tremonti” dal quale si rilevano gli interventi che il Ministro dell’Economia intende effettuare nei confronti della pubblica amministrazione: sinceramente non mi sono sembrate adeguate al momento storico e neppure alle necessità di fare cassa per ridistribuire queste risorse ai comparti che più ne hanno bisogno.
Si riparla di tagli alle auto blu ed alle consulenze esterne, nonché di risparmi so luce e riscaldamento, oltre a tagli alla carta usata per le relazioni ed ai cellulari in mani a coloro che ne hanno diritto: se pensa di fare molti soldi con queste “solite” chiacchiere, si sbaglia di grosso.
A me invece è venuto in mente – o meglio è ritornato in mente, perché ne ho già parlato in passato su questo blog – che esiste un comparto nel quale lo Stato profonde milioni (di euro) a profusione: quello delle Regioni e Province autonome.
Mi è ritornato in mente perché la vittoria di Dellai alla Provincia di Trento è stata motivata – da quasi tutti gli osservatori politici – all’acume con cui il presidente ha speso i 350milioni di euro che lo Stato gli passa annualmente.
Caspita, mi sono detto, proviamo a fare qualche conto: mi sembra che in Italia abbiamo 4 Regioni Autonome (Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige), ognuna delle quali percepisce delle cifre pazzesche da questo Stato sprecone; si parla di alcuni miliardi per ogni anno e quindi la sommatoria darebbe delle cifre interessanti.
Ma torniamo alle Province: non ho dati precisi, ma penso che le autonomie che sono in questa condizione non dovrebbero essere meno di una ventina; se ognuna di loro si becca 350milioni all’anno, abbiamo un gettito (per lo Stato) ed un introito (per le Province) di 7 miliardi, che sommato a quello delle Regioni darebbe un bel risparmio
Cosa occorrerebbe per eliminare questa uscita “assurda”? Anzitutto rendersi conto che sono retaggi di un passato che ormai non c’è più e che questi soldi servono solo ad ingrassare gli amici ed i sodali degli amministratori di queste strutture.
Se poi il Trentino dovesse minacciare si staccarsi ed andare con l’Austria, propongo di pagargli anche le spese per il trasloco; analogamente se la Valle d’Aosta minaccia di unirsi alla Francia e la Sicilia e la Sardegna asseriscono di essere desiderate….ma da chi? Forse dalla Libia di Gheddafi? Ma mi facciano il piacere!!
Proprio questi discorsi fanno comprendere appieno l’assurdità del diverso trattamento che i residenti in queste isole felici hanno rispetto al resto d’Italia.
Anzitutto nella Pubblica Amministrazione degli Enti locali, si ha una fortissima sperequazione tra gli emolumenti di un impiegato alla Regione Siciliana ed uno analogo che invece presta servizio presso la Regione Emilia: mi dicono che siamo nell’ordine del doppio, ovviamente a favore di quello che lavora presso una Regione Autonoma a statuto speciale.
Che cosa occorre per smettere di sperperare queste “provvidenze”? Non so tecnicamente, ma da un punto di vista concreto, basterebbe una norma che rimette in discussione l’autonomia di queste strutture e, di conseguenza, i particolari sussidi che pervengono loro; ovviamente i partiti che compongono la maggioranza non dovrebbero avere paura di perdere voti in tali regioni, in quanto se si opera nel giusto, non esiste timore di nessun genere.
Lo so che è una delle tante mie proposte bislacche, ma rifletteteci sopra e poi mi saprete dire se è poi così campata in aria.

martedì, novembre 18, 2008

"NOI" E LE RISULTANZE DEL G 20 

Come era facile prevedere, la pletorica assemblea dei 20 Paesi definiti “grandi” non ha dato esito alcuno, almeno in termini di collaborazione tra gli Stati che poi era la ragione principale dell’incontro; ci sono stati dei progetti delle singole Nazioni che sono stati annunciati in quella sede, ma sta poi a vedere se verranno realizzati.
A questa categoria appartengono le fumose e generiche dichiarazioni del nostro Ministro Tremonti: “troveremo i soldi per pensionati, bebé e imprese”; poche righe di commento: anzitutto è interessante il terzetto, cioè quel mettere i bebé insieme ai pensionati ed alle imprese; poi c’è da riflettere sul concetto di “trovare i soldi” che significa che al momento non ci sono e bisogna andare a toglierli a qualcuno per impiegarli in questo modo. Come ho già avuto modo di dire, questa sarebbe una vera e propria azione politica in quanto verrebbe effettuata una scelta sulla ridistribuzione delle risorse: staremo a vedere.
Occupiamoci al momento di coloro che non appartengono a nessuna delle tre categorie interessate, cioè non è pensionato (o almeno non è un “povero pensionato”) non ha figli da chiamare bebé in quanto i suoi vanno già a scuola o sono in cerca di un lavoro e non è neppure un titolare d’impresa: se ci pensate bene quelli che ho descritto rappresentano la maggioranza del Paese.
Dunque vediamo cosa possiamo suggerire a questa “maggioranza silenziosa” del Paese che non è aiutata dal ministro Tremonti: alcuni scrittori catastrofisti danno come indicazione per il futuro, quella di tornare all’economia di villaggio e cioè comprare un terreno coltivabile, due mucche e qualche gallina ; dalla mucca si ricava latte e carne, nonché vitellini da scambiare con il vicino per avere altri generi di prima necessità, le galline e altri animali domestici forniscono il pasto quotidiano e dai derivati (uova e pellame) supporti sia all’alimentazione che al vestiario.
Vedo già che molti dei miei amici-lettori storcono il naso alla mia proposta ed allora provo a farne un’altra mitigando la cruda realtà sulla quale intervenire: cambiare il nostro atteggiamento di consumatore, rendendolo più cosciente e meno servile.
Mi spiego: il mondo industriale della produzione ha al momento tre sistemi per indurre il consumatore ad acquistare sempre più beni, magari che al momento neppure gli servono: il primo è quello “dell’obsolescenza programmata del prodotto”, cioè l’abbandono del concetto di durata nel tempo, pur in presenza di una tecnologia capace di forgiare materiali quasi indistruttibili; un altro sistema è quello di introdurre su beni già esistenti delle continue varianti tecniche – quasi sempre superflue – per attirare l’interesse del consumatore; la terza è “creare nuovi bisogni da soddisfare con nuovi beni”, cioè in pratica rovesciare lo slogan che l’offerta segue la domanda, con l’altro più “moderno” in cui è l’offerta che crea la domanda.
Se l’uomo dei nostri tempi arriverà a liberarsi dalla schiavitù del consumo a tutti i costi ed acquisterà quella responsabilità economica di fronte all’acquisto, il sistema capitalistico dovrà mutare direzione ed approdare a nuovi lidi produttivi.
E si arriverà anche a rivedere il concetto di “sviluppo” che al momento è simile ad un veicolo lanciato in una corsa a velocità esponenziale che – se rallentata per un qualsiasi motivo congiunturale – fa deragliare il mezzo, cioè il sistema; spero che ci si renda conto che tale concetto è assolutamente assurdo, ma purtroppo completamente realistico; infatti in questa situazione recessiva, siamo qui ad invocare la ripresa dei consumi e non genericamente il miglioramento della vita del singolo e dell’impresa.

lunedì, novembre 17, 2008

IL LAVORO (CHE SI PERDE) 

A margine dell’intrigata vicenda Alitalia, si è potuto capire che i cosiddetti “esuberi” –del cui numero non si può essere certi, in quanto le forze in campo divergono notevolmente – avranno uno “scivolo” garantito ed assistito di 7 anni di lavoro, al termine del quale molti di loro, direi la quasi totalità, raggiungerà la “meritata” pensione e gli altri avranno un qualche aiutino per arrivare alla stessa meta.
Dico questo perché ai margini della mia città, una azienda tessile ha chiuso i battenti e ha messo in mezzo ad una strada 98 persone (tra operai e impiegati); a questi è stata riconosciuta la CiG (cassa integrazione guadagni) a zero ore – ovviamente, dato che è chiuso – e queste 98 famiglie dovranno trovare il modo di campare fino al prossimo gennaio in quanto è previsto per tale data il primo pagamento dell’INPS.
Una di questi 98 sfortunati dipendenti – una donna che ha lavorato nell’azienda per 28 anni consecutivi – ha fatto notare, a me e ad altri - che mentre ci sono state, ci sono attualmente e ci saranno anche nel prossimo futuro, mobilitazioni ed interventi di politici e sindacalisti per risolvere la crisi della nostra compagnia area di bandiera, per la situazione intervenuta nell’azienda dove ha lavorato la signora in questione c’è un silenzio assordante.
Il giornale locale al quale la donna si è rivolta, le ha detto –ovviamente in tono sarcastico ma venato di malinconia – che la signora ed i suoi 97 colleghi hanno alcuni “difetti”, dei quali il primo è senz’altro quello di non essere dell’Alitalia, ma hanno anche quello di non “provocare alcun disagio” in caso di manifestazione o corteo di protesta e, per ultimo, hanno il difetto di non creare confusione, picchetti, turbative, come fanno migliaia di loro colleghi; insomma tutti e 98 hanno il difetto di non essere “nessuno”.
Questo che ho prospettato è uno dei tanti, tantissimi casi di ingiustizia sociale che in Italia si continua a perpetrare; ed è proprio in questo guazzabuglio di schifezze, che si apre il teatrino delle nefandezze, dove si esibiscono politici che giocano a fare gli interessi di qualcuno mentre in effetti se ne fregano di tutti e fanno solo i propri, sindacalisti che hanno tentazioni politiche e quindi fanno solo il proprio gioco ed altri furbi che in tali caotiche situazioni cercano il proprio tornaconto e quasi sempre lo trovano: se volete appiccicare ad ognuna di queste categorie alcuni nomi e cognomi, fatelo pure da soli, tanto è facile!!
Voglio chiudere con una cosa curiosa: negli Stati Uniti, dove si stanno perdendo oltre 500.000 posti di lavoro, si coniano dei “modi di dire” per sostituire il termine licenziamento; ed infatti la eBay non licenzia 1.500 dipendenti, ma “semplifica le forze lavoro” e la Fidelity Investment non taglia 1.300 teste, ma ”migliora i costi” ed il celebre motore di ricerca Yahoo per ridurre del 10% gli occupati, “alleggerisce la società”.
A leggere queste prese in giro, sembrerebbe quasi che nel mondo dell’economia sempre più soggetta alla finanza, il termine “licenziamento” faccia .paura e quindi è ufficialmente bandito; anche perché da qui alla fine dell’anno dovrà essere ripetuto parecchie volte e quindi si apre la caccia ai “modi di dire” più graziosi e simpatici.
Ma ricordiamoci, amici carissimi, che il significato ultimo è lo stesso, sotto ogni latitudine, ed è quello di una famiglia che sprofonda nel baratro della precarietà e, a gioco lungo, dell’indigenza: certo che a situazione politico economica diversa, corrisponde anche una diversa sistemazione delle persone, ma sarà sempre una tragedia, anche quella mitigata dall’intervento più o meno tempestivo dello Stato.
E quindi, meditiamo, gente, meditiamo, magari facendo anche un po’ di rumore!!

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