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sabato, novembre 22, 2003

Ragioniamo un po' su questi "scuri"  

E’ ovvio che i discorsi che faccio e che ho fatto finora sono frutto della mia esperienza di “anziano” normale, cioè normalmente acculturato, senza alcuna carica pubblica, con la paura di tutti non solo e non tanto per se stesso, quanto per i figli e per i nipoti. Sono discorsi quindi fatti “a pelle”, senza grandi riflessioni intellettualistiche.
Dobbiamo essere coscienti, però, che il moderno terrorismo nasce con la dissoluzione del califfato islamico nel 1924 ad opera di Mustafa Kemal Ataturk, il fondatore della Repubblica Turca e che il sogno di Osama bin Laden è quello di riesumare l’impero islamico diventandone ovviamente il suo califfo.
La situazione internazionale presenta, come è noto, un grosso focolaio, Israele e la Palestina; il recente conflitto in Irak è stato naturalmente un altro focolaio. Ebbene, storici che conoscono a fondo bin Laden e il suo pensiero, affermano categoricamente che egli se ne frega (anzi, addirittura “odia”) sia i palestinesi che Saddam.
Però è così furbo da usare entrambi chi scacchieri per ergersi a protettore del popolo arabo, lui arcimiliardario con ville e palazzi costretto a vivere in grotte umide e buie. E’ la moderna favola di Robin Hood!!
Spregiudicatezza, odio viscerale, immense fortune di famiglia e una religione che considera “il martirio” come la massima aspirazione del credente; tutto questo è ciò che ci impaurisce. Che fare? Ne parliamo nel prossimo intervento

venerdì, novembre 21, 2003

Ancora sulla "sicurezza". Ma chi sono "gli scuri"? 

Torniamo sul problema affrontato ieri, sull’onda del terribile attentato a Istanbul (27 morti, al momento) e in questo intervento cerchiamo di vedere – sia pure in modo sommario – da chi dobbiamo guardarci, cioè, essendo noi “i chiari”, chi sono “gli scuri”.
E quindi dobbiamo affrontare la figura di Osama bin Laden e della sua organizzazione, Al Qaeda: il vertice ideologico è sempre stato in mano a Sayyad Qutb, detto “il Karl Marx dell’Islam” e il suo obiettivo (o sogno) è quello di ricostituire l’antico califfato su tutte le terre islamiche (e quindi anche la Turchia, oltre al Medio Oriente, all’Africa e ai vari paesi dell’Oriente tipo l’Indonesia e la Malesia, le Filippine e la Russia, l’Egitto e l’India.
Costituito tale califfato, ovviamente sotto il potere di bin Laden, l’Islam deve partire all’attacco del resto del mondo non islamizzato (cristiano ed ebraico), per conquistarlo e sottometterlo alla parola di Maometto.
Non a caso gli attentati maggiori si hanno non in Occidente (escluso le Twin Towers che rappresentavano un simbolo diverso), ma in paesi islamici “moderati” come l’Arabia Saudita, il Marocco, la Turchia, dove cioè si cerca di dare una pennellata di modernità all’antica concezione islamica.
In questi attentati, sembrerebbero i cittadini e i beni occidentali l’obiettivo delle autobombe, come a Riad, a Casablanca ed ora a Istanbul, ma se guardiamo meglio il vero “target” dei kamikaze è il governo del paese, che viene “avvertito” di non procedere sulla strada della modernizzazione e della occidentalizzazione, pena i peggiori sfracelli.
Intanto, un primo obiettivo immediato è quello di scoraggiare il turismo; e non è poco, per nazioni che traggono assai profitto da tale attività.
Questi dunque “gli scuri” da cui guardarci. Nel prossimo intervento continueremo a ragionarci sopra.


giovedì, novembre 20, 2003

Come attuare la "sicurezza"? 

Sto guardando la televisione e tutti i telegiornali sono centrati sugli attentati a Istanbul rivendicati dal solito Bin Laden. Tutti i servizi si concludono con l’auspicio della “sicurezza”, auspicio comune a tutti i paesi occidentali, a partire ovviamente dall’Italia. Ma questa benedetta “sicurezza” – vera e propria cappa di piombi per l’uomo contemporaneo – come è possibile realizzarla?
Voglio dare anch’io il mio contributo, certo di dire un sacco di castronerie, ma certo anche che, più ci penso e più non trovo nient’altro di meglio.
Dunque, torniamo a bomba: la sicurezza – specie quella psicologica – si attua essenzialmente con il non aver paura tutte le volte che si incontra un individuo di colore (più o meno accentuato), a non considerarlo un terrorista e a non farci caso se costui gira tra noi.
Attualmente, invece, le antenne sono alzate e dirette verso gli “scuri”, da noi considerati potenziali autori di attentati.
Tutto ciò premesso, ne consegue che l’unica soluzione al problema è quella di “andare a colore”, come si usa dire nel poker; mi spiego meglio: dividersi, da una parte – cioè nei paesi occidentali –“i chiari” e negli altri paesi “gli scuri”.
Voi mi direte: non si può fare, eppoi c’è tanta brava gente anche tra “loro”. D’accordo, anzi d’accordissimo, però dovete convenire con me che uno sfondo formato solo da individui del tuo stesso colore è più rassicurante. Magari poi succede lo stesso, però….
Badate bene che questo concetto è completamente privo di concezioni razzistiche; è solo il lancio di una provocazione polemica che per realizzarsi prevederebbe condizioni socio economiche ben diverse da quelle attuali, o comunque una disponibilità di tutti a rivedere i comportamenti.
Potremo riparlarne …..

martedì, novembre 18, 2003

Le trasmissioni sportive 3.puntata 

Allora, con questa terza puntata vorrei concludere il sommario esame delle trasmissioni sportive, viste, ovviamente, attraverso le persone che le animano.
Eravamo rimasti ai presidenti delle società calcistiche, definendoli “ricchi scemi”, strani personaggi, bravi nella loro attività, ma scarsi nell’amministrare le squadre di calcio.
Ci dovremmo attendere, quindi, una pletora di industriali o finanzieri che si possono incontrare per le strade delle grandi e piccole città mentre chiedono l’elemosina per poter tirare avanti nella loro triste esistenza rovinata dagli investimenti nel mondo del calcio
Invece di tali scenette non mi risulta che ci sia traccia!
Anzi – con l’esclusione di Cecchi Gori, ma lì i fattori sono diversi e i più disparati – nessun presidente di società ha scaricato le ristrettezze della propria squadra sulla propria azienda.
E allora, come si spiega questo arcano? Come si spiega che un Gaucci, presidente del Perugia, nello stesso tempo che si lancia contro il sistema calcio che non può sopravvivere, acquista altre due squadre – il Catania e un’altra di serie C che non ricordo – investendo un bel pacco di soldi? Eppure non ha certo l’aria dello sprovveduto! Oppure lo Zamparini che dopo aver acquistato il Venezia, si è spostato su una platea ancora più grande (il Palermo) investendo anche qui cifre considerevoli specie per l’ambizione di andare in Serie A? Ma allora, si produce reddito oppure no?
La risposta, ammesso che ce ne sia una “logica”, io non la conosco; certo che è tutto molto strano. Non vorrei che la trovasse un qualche Commissario della Comunità Europea, sull’onda delle scoperte di Monti sui vari scamotti organizzati per chiudere i bilanci, perché non ci dimentichiamo che siamo in Italia, dove “tutto è possibile, soprattutto l’impossibile”.

domenica, novembre 16, 2003

Le trasmissioni sportive 2.puntata 

Nel precedente intervento ci siamo lasciati con un discorso a mezzo sui presidenti delle società (principalmente quelle di calcio che sono anche quotate in borsa).
A sentire i loro interventi, al di là del tifo per la propria squadra che può impregnare questi discorsi,
c’è veramente da rimanere attoniti, specie se si considera che la bocca dalla quale fuoriescono appartiene a magnati dell’industria o della finanza, a petrolieri o proprietari di grandi catene di ipermercati, e potremmo continuare. Insomma sono persone che per effetto del potere del loro denaro, gestiscono uomini e strutture tecnologiche, dalle quali traggono utili per loro e stipendi per i dipendenti.
Una domanda è d’obbligo: se nelle loro attività lavorative si comportano allo stesso modo che nella conduzione della società sportiva, gli utili potranno solo diminuire (e gli stipendi dei dipendenti…);infatti, se i concetti sulla conduzione manageriale di una struttura sportiva che ho ascoltato da un facoltoso industriale venissero applicati anche alla sua azienda, ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli.
Ma insomma, se questi riescono a fare i soldi, non dovrebbe essere poi una impresa molto difficile, pensa colui che assiste agli sproloqui dei vari presidenti; e questo provoca anche una sorta di frustrazione: ma come, io che sono tanto più intelligente di lui non ho un becco di un quattrino e lui, invece…Magari non è vera né la premessa né la conclusione, ma tant’è!
Oppure siamo in presenza di una sorta di Dr.Jekyll/MrHide, cioè di uno sdoppiamento di personalità di un individuo tra quando indossa l’abito dell’industriale a quando invece dirige la società calcistica.
E allora dobbiamo considerare la psicanalisi come una specie di struttura “antidoping” nella quale colui che “esagera” viene squalificato e …fallisce (il caso Cecchi Gori è di questo genere?).
Ma poi, per concludere questo episodio, è sempre vero che questi signori ci rimettono fior di miliardi (di tasca loro) nella gestione delle società calcistiche? Ne parliamo nella prossima puntata.

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